Citazioni e critica a Umberto Boccioni

Citazioni e critica a Umberto Boccioni

La critica su Umberto Boccioni nel Novecento (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)

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Cosa hanno detto le più autorevoli voci della Storia dell’arte su Boccioni

… L’originalità del gruppo futurista di pittura è che esso vuole riprodurre il movimento. Si tratta di una ricerca assolutamente legittima, ma assai da molto tempo i pittori francesi hanno risolto questo problema nella misura in cui può essere risolto …  (G. Apollinaire)

Boccioni è prima di tutto sotto l’ascendente di Picasso che oggi domina tutta la nuova pittura, non soltanto a Parigi ma nel mondo intero … Ebbene questi pittori così influenzati dalla giovane pittura contemporanea francese … si dichiarano ‘assolutamente opposti’ all’arte dei nuovi pittori francesi, e là dove essi si separano dai nuovi pittori francesi mi sembra di scorgere la condanna dell’arte futurista … Tuttavia l’esposizione dei futuristi insegnerà ai nostri giovani pittori ad avere ancora più audacia di quanta non abbiano avuta finora … L’arte futurista fa sorridere un poco a Parigi, ma bisognerebbe che non facesse sorridere gl’italiani: ciò sarebbe tanto peggio per loro.   G. apollinaire  in “Le Petit Bleu’, 9.II.1912

… v’è un’altra soluzione, più intellettuale questa, e profonda, del movimento. La dobbiamo al pittore Boccioni.

La sua dote essenziale, genuinamente artistica, è quella di saper portare sopra un piano lirico colla forza della sua calorosissima pittura, quello che resta per molt’altri mero enunciato. Così la compenetrazione dei piani che nel cubismo non è spesso che un arbitrario prolungamento lineare, in luì è vera e propria compenetrazione materiata di piani colorati, vibranti, pulvisco-lari, atomici … Si è ch’egli possiede un senso enormemente dinamico della materia, e trova ogni spediente fantastico per imprimerle moto. Questo è già manifesto nelle prime opere che pretendono a stati d’animo e fanno parte per sé … Dallo studio dei piani superficiali del cubismo, per non raggelare la materia anzi per scatenarla, egli è venuto a concepirla come un sovrapporsi di piani che si sfogliano, che si smallano come intorno un com­patto nucleo centrale : ed è il moto rotatorio impresso a questo nucleo che gli fa scartocciare la forma all’esterno come Saturno libera da sé gli anelli.

Tutto questo è chiaro nell’osservare come si sollevi … il metallo della ringhiera in Materia: ogni piccola ondulatoria è seguita fino al limite massimo, lanciata nell’orbita più violenta; il piccolo saliente della prima falange del pollice gli basta per farlo risalire m una barriera di carne.   L Longhi in “Pittori Futuristi” 10/04/191 

… Egli è contro il cubismo dell’arte francese, la figura scomposta come una natura morta, la figura privata delle condizioni della sua vita. Con Boccioni si ritorna ai concetti spaziali più propri dell’arte italiana mediterranea. Il plasticismo esasperato lo condusse alla scultura che affrontò con un coraggio ostinato in. una sorta di presentimento, ma che rimane forse la più fortunata esperienza della sua breve e severa carriera d’artista. Boccioni non fu avanguardista alla maniera di oggi, di una leggiadra decadente extemporalisteria. Fu l’uomo delle strade delle grandi città moderne, delle periferie per pittori poveri, dell’asfalto e dei tralicci neri unti di grasso e di benzina, delle stazioni, delle conquiste femminili fulminee e sentimentali, dei caffè sulle piazze. La sua fu una rude scuola d’arte sorretta da un messianismo modernistico che si rifiutava ai compromessi.  M. sironi, Omaggio a Boccioni, in “Spazio”, 1950

Di Umberto Boccioni, morto a poco più di trent’anni, non conosciamo che le esperienze generose e le tappe bruciate di una formazione impaziente, ma in nessun modo inquieta. È difficile dire s’egli avesse tutte le qualità di un grande maestro ; ma ogni atto della sua breve carriera d’artista appare dettato da una scelta motivata e sicura, reca l’impronta di un temperamento deciso ad affrontare tutte le esperienze e a trarre da esse tutte le conseguenze.

Fu pittore, scultore, scrittore: come tale, piuttosto un critico che un teorico, anche se alle sue riflessioni sull’arte moderna europea preferì dar forma di enunciati teorici, di programmi e di manifesti. Là sua prosa critica e la sua opera figurativa nascono dalla stessa volontà, hanno lo stesso carattere impulsivo e riflessivo ad un tempo, mirano ugualmente alla definizione, e alla più chiara definizione possibile, di una posizione ideologica. Nell’una e nell’altra si avverte lo stesso impegno senza risparmio, lo stesso accento dimostrativo e accaldato, lo stesso mescolarsi di intuizioni acutissime e talora abbaglianti con un’irruenza polemica fatta di sdegni e d’entusiasmi fin troppo ovvi; ma soprattutto, la stessa insistenza ostinata sul paragone, in quegli anni più che mai necessario, tra la situazione italiana e la situazione europea.

Nessuno più di lui ebbe chiara coscienza delle difficoltà e delle contraddizioni che fecero del Futurismo l’espressione di tutta una generazione d’artisti italiani; eppure, se la sua figura non può completamente inquadrarsi nello schema corrente del Futurismo, ciò non si deve soltanto al fatto che, al momento della sua adesione al Futurismo di Marinetti, egli avesse già compiuto molte e diverse esperienze artistiche. L’incontro con Marinetti e il Futurismo determinò soprattutto una crisi morale di chiarificazione : gli permise di eliminare dalla propria coscienza talune sopravvissute censure borghesi, di dare una direzione ai proprii impulsi, un senso rivoluzionario e attivistico alla propria critica, di bandire dalla propria personalità (per quanto ciò possa sembrare strano) certi atteggiamenti estremisti che forse era il primo a detestare ma dei quali non sarebbe riuscito altrimenti a liberarsi, di sormontare infine una propria inconfessata ma incontestabile insofferenza per la ‘pittura’.

C’è una necessità logica nell’adesione di Boccioni al Futurismo di Marinetti. come nel suo distacco da esso: un distacco senza abiure e pentimenti, che basterebbe da solo a dimostrare quanta maggior ricchezza di argomenti pittorici l’artista avesse acquistato nel corso della sua fase futurista. Gli stessi manifesti della pittura e della scultura futuriste, che Boccioni formulò e non senza motivo volle chiamare ‘tecnici’, si distinguono nettamente dagli altri programmi futuristi per una serrata e lucidissima revisione della recente storia figurativa europea. Il suo contributo dev’essere dunque cercato non al di là, ma all’interno d’una cultura di cui avvertiva la crisi imminente: superabile, forse, ma soltanto attraverso una severa autocritica e l’intervento di nuove forze. Queste s’identificavano, per Boccioni, con il ‘genio’ italiano, ed era evidentemente un’illazione affatto gratuita; ma era almeno altrettanto ingenuo supporre che la ‘modernità’ di altri paesi europei, o più precisamente il ritmo di vita determinato dal progresso industriale, fosse una specie di vitale e salutare barbarie. Quando Boccioni limita il suo esame al problema artistico, del quale ha un’esperienza più precisa, riconosce che il limite di quella barbarie è lo spirito scientifico e che esso può essere superato solo attraverso lo storicismo, che a sua volta costituisce il limite della vita italiana; sicché la sua obbiezione non investe il valore della storia, ma solo quella sua interpretazione limitativa che conduce a contrapporre la storia antica alla moderna o, più esattamente, la tradizione inerte alla storia viva …

La curiosa combinazione di riflessione critica e d’impazienza creativa determina uno degli aspetti più appariscenti dell’opera di Boccioni, il desiderio di ‘far grande’. È superfluo rilevare che questa persistente aspirazione ad una sorta di tumultuosa monumentalità non trova giustificazione in alcuno dei diversi tipi di visione successivamente sperimentati, si tratti della scomposizione coloristica del Divisionismo o della scomposizione formale del Cubismo. Sul terreno pratico della polemica artistica italiana, però, anche il gusto del colpo di scena pittorico e di una scapigliata grandiosità d’effetti era un argomento : da usarsi contro il ‘piccolo’ degli ultimi epigoni dei Macchiaiuoli, l’impressionismo a buon mercato, l’aneddoto e la macchietta, come contro la rettorica inutile della pittura dannunziana. Ma quell’aspirazione prevalentemente letteraria, che ambienta le opere pre-futuriste nelle confuse intenzioni sociali di Previati o Segantini o Pellizza, sopravvive all’ampliarsi e al precisarsi dell’esperienza figurativa; e ritorna, benché con accento diverso, anche nelle opere futuriste. … Del resto è chiaro che il ‘contenuto’ per Boccioni è tutto di testa, programmatico : i suoi temi riflettono generici ideali sociali e umanitari, motivi già letterariamente scontati di poetica ‘stracittadina’. Ne il parossismo, la forzatura, l’esagerazione voluta hanno altro scopo che di solleci­tare, in un clima di ostentato estremismo, le più audaci defor­mazioni e le più vistose esasperazioni coloristiche.

S’intende che un processo di deformazione stilistica fon­dato su di un’enfasi artificiosa del contenuto rischia sempre di sconfinar nel gratuito; ed un che di gratuito si può indicare in quasi tutte le soluzioni formali di Boccioni, anche se si deve riconoscere che proprio a quell’azzardo s’affida il compito di tener vivo lo spirito rivoluzionario o l’impulso romantico del primo Impressionismo, affatto spenti nella metrica spaziale e luminosa di Seurat o nell’analitica del Cubismo. Lo scopo segreto di Boccioni è, infine, di restituire alla visione impressionista uno slancio polemico, un più caustico mordente espressivo: perché, in Italia, l’esperienza dell’Impressionismo doveva compendiare l’insufficiente esperienza romantica. Per Boccioni, si è parlato molto di Seurat e pochissimo di Toulouse-Lautrec:

eppure alla lezione di Seurat è di contrappeso costante la lezione di Lautrec, facilmente riconoscibile nelle incisioni e nei disegni, in un ritratto a pastello della madre (1907), presente in Maestra di scena e culminante in Idolo moderno. …

Dall’espressionismo alla poetica dello ‘stato d’animo’ il passo è breve; e nella poetica dello ‘stato d’animo’ emergono già alcuni elementi di scomposizione cubista. Ma quella scomposizione non discende da un’analisi del dato di visione; è soltanto la proiezione di uno stato emotivo, di una condizione del soggetto. Si precisano così le ragioni dell’interferenza costante di motivi impressionisti ed espressionisti. Boccioni sa che il Cubismo si fonda interamente sui principi di visione dell’Impressionismo, benché si proponga di contrapporre una costruzione alla dissoluzione plastica impressionista. Avulso da quei principi, svuotato del ‘lirismo’ impressionista, il Cubismo non avrebbe potuto che sviluppare intellettualisticamente le tendenze classi-cistiche, ingresiane, già riaffiorate in Renoir, in Degas e finalmente in Seurat. Una pittura moderna non può nascere dal rifiuto, ma soltanto dalla continuazione dell’Impressionismo, e dall’inquadramento della sua esperienza visiva nella più larga esperienza ideologica romantica: di qui l’insistenza sul valore del contenuto e, implicitamente, dell’oggetto e dell’emozione.  G. C. argan, Umberto Boccioni, 1953.

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