San Trifone esorcizza la figlia dell’Imperatore Giordano di Carpaccio

Carpaccio: San Trifone esorcizza la figlia dell’Imperatore Giordano

Carpaccio: San Trifone esorcizza la figlia dell'Imperatore Giordano
Carpaccio: San Trifone esorcizza la figlia dell’Imperatore Giordano, 141 x 300 cm., anno 1507.

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Sull’opera: “San Trifone esorcizza la figlia dell’Imperatore Giordano” è un dipinto di Carpaccio (?), appartenente al “Ciclo di S. Giorgio degli Schiavoni” (?), realizzato con tecnica a olio su tela nel 1507, misura 141 x 300 cm. ed è custodito nella Scuola di San Giorgio a Venezia. 

Opera, questa, di dubbia appartenenza al ciclo e che, date le molteplici ridipinture e differenze stilistiche, genera alcuni dubbi anche sulla completa autografia del Carpaccio

Il santo del tema era il patrono di Cattaro. Secondo alcuni studiosi di storia dell’arte, tra cui  Ludwig e Molmenti ne sono i principali sostenitori, la fonte letteraria dell’episodio descritto sarebbe stato un codice della Biblioteca Marciana di Venezia, nel quale vengono esposti tutti i miracoli di Tritone. Nella presente composizione egli è raffigurato giovincello nell’atto di liberare dal demonio la figlia dell’imperatore Giordano, che appare – simbolicamente – sotto forma di basilico.

La narrazione si svolge – a differenza dei precedenti dipinti, integrati da accenni orientali – in un ambiente in cui predomina un forte classicismo: si noti l’antico portico – dove si svolge il prodigio – sotto il quale si vede Giordano seduto, il profilo dei volti di imperatori raffigurati sulle tre basi visibili delle colonne e sullo zoccolo dell’edificio, dove la figura centrale pare abbia a fianco la data del 1507.

Pure di raffinato stile rinascimentale appaiono le architetture in secondo piano, ad esclusione di quella dell’edificio a pianta centrale, che richiama il battistero del dipinto della stessa serie: “Il battesimo dei seleniti a opera di S. Giorgio”.

La composizione subì inopportune integrazioni e ridipinture arbitrarie (tra cui l’occupazione della completa zona del fondo sulla sinistra) che fortunatamente vennero efficacemente rimosse dalla restaurazione eseguita nella prima metà dello scorso secolo (Di Carpegna, “AV 1947).

Purtroppo nonostante il pregiato lavoro del Novecento l’opera appare come il più danneggiato telero del ciclo.

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