Citazioni e critica sul Mantegna

Citazioni e critica sul Mantegna: cosa ha detto la critica ufficiale nel corso dei secoli sull’artista (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)

Pagine correlate: Biografia e vita artistica – Mantegna dalle Vite di Giorgio Vasari (pdf) – Le opere – prima serie – Le opere – seconda serie – La critica del Novecento – Bibliografia.

Ciò che gli studiosi di Storia dell’arte scrivono su Mantegna:

… Mes. Andrea Mantinea, el primo homo de li disegni over picture che se retrova in tutta la macchina mondiale.    A. crema, Cronaca manoscritta, 1486.

… le qualità di Policleto perdono il loro pregio, e non reggono al confronto di Andrea. Tu il vanto dell’Italia, tu la gloria dell’età nostra … ; a tè la patria grata deve concedere alta lode, seconda solo a Livio. La pittura, orgogliosa del tuo ingegno, ha per tè le porte sempre aperte; ti offre tutte le sue ricchezze, e ti spalanca le parti più riposte del suo santuario …  battista mantuanus (G. B. Spagnuoli), Sylvarum libri (1499), 1502.

La nostra Italia ha un uomo celeberrimo, … Andrea da Padova, detto Mantegna, che mostrò ai posteri ogni regola e genere di pittura e non solo supera tutti nell’usare il pennello, ma disegna in un batter d’occhio a penna o a carboncino figure di uomini e di animali, di ogni età e genere, e inoltre costumi, abiti, gesta di nazioni diverse, che sembra quasi si muovano. Credo che egli sia superiore non solo ai moderni ma anche agli antichi.                           C. leonardi, Speculum lapidum, 1502.

Chi fu il pittore delle cose, o lo scultore di esse non so, ma forse ne fu autore il grande Apelle, dalla cui progenie viene il nostro Mantinea, dal quale, come si apprende dagli scritti di Seraffo, discenderà un altro grandissimo pittore chiamato dalle genti di Padova Mantegna; del quale ancor piccolo la nostra Mantova si impossesserà; mirabile per il disegno e per il colore; il quale vivrà sotto Francesco soprannominato Turco [Francesco Gonzaga] e dipingerà le azioni di Cesare trionfante, in cui si trova la perfetta arte dei pittori antichi …  T. folengo (Merlin Cocai), Macaronea XIII, 1517.

… ebbe sempre opinione Andrea che le buone statue antiche fussino sempre più perfette e avessino più belle parti che non mostra il naturale … E si conosce di questa openione es-sersi molto compiaciuto nell’opere sue, nelle quali si vede in vero la maniera un pochette tagliente e che tira talvolta più alla pietra che alla carne viva …

Mostrò costui col miglior modo come nella pittura si potesse fare gli scorti delle figure al di sotto insù, il che fu certo invenzione difficile e capricciosa .           G. vasai,  Le vite, 1568.

Il Mantegna è stato il primo che in tal arte [la prospettiva] ci abbia aperti gli occhi, perché ha compreso che l’arte della pittura senza questo è nulla. Onde ci ha fatto vedere il modo di far corrispondere ogni cosa al modo di vedere come nelle opere sue, fatte con grandissima diligenza, si può osservare.   G. P. lomazzo,  Idea del tempio della pittura, 1590.

… ben che quest’uomo riuscisse alquanto duro e asciutto di maniera, ciò non fu per altro che a cagione dell’esser egli nato e fiorito in quei tempi ne’ quali ancora la tenerezza era poco cognita … anzi, per il medesimo caso Andrea si rese maggiormente riguardevole, essendo aggiustatissimo, per altro, in tutto ch’appartiene al disegno, simetria e altre molte prerogative … L. scaramuccia, Le finezze de’ pennelli italiani, 1674.

… Questa piccola stanza [la cappella privata di Innocenze Vili, dipinta dal Mantegna in Vaticano e demolita nel 1780] … merita nulladimeno attenzione per le rare pitture delle quali è ricca in ogni sua parte, potendovi la moderna pittura, tuttoché sfarzosa di nuovi ritrovamenti nelle composizioni, ne’ panneggiamenti, nell’armonia e strepito de’ colori; potrà, dico, da queste egregie pitture prender esempio di straordinaria leggiadria, di esattezza e di somma grazia.  A. taja, Descrizione del Palazzo Apostolico Vaticano (1712), 1750.

In una cappella della chiesa degli Eremitani [a Padova], da un lato il Martirio di san Cristoforo, e, dall’altro, quello di san Giacomo, opera d’Andrea Mantegna, padovano; lavoro eccellente per le meraviglie della prospettiva.  C. de montesquieu, Voyage de Gratz a la Haye, 1728-29.

Nella chiesa degli Eremitani ho visto alcuni dipinti del Mantegna, uno dei più antichi, che mi colmò di meraviglia. Che sicura e precisa spontaneità in questi dipinti! Dalla considerazione di codesta realtà, così autentica e non soltanto apparente, preoccupata, sì, degli effetti e ispiratrice della fantasia, ma severa, pura, chiara, ampia, impegnata, delicata, precisa, che ad un tempo aveva alcunché di rigido, di studiato, di impacciato, forse, si sono formati gli artisti posteriori, come ho potuto vedere nei quadri di Tiziano, e solo in questo modo la vitalità del loro talento, la forza della loro natura, illuminata dallo spirito dei predecessori, animata dalla loro forza, hanno potuto tendere sempre più verso l’alto, sollevarsi quasi da una dimensione terrena, produrre creature divine e nel contempo vere. W. goethe, Italienische Reise, 1786.

 È una meraviglia [nella Madonna della Vittoria] a vedere carnagioni sì delicate, armature sì lucide, vesti sì ben cangianti, frutta aggiunte per ornamento, freschissime e rugiadose. Ogni testa può servire di scuola per la vivacità e pel carattere, e alcune anco per la imitazione dell’antico; il disegno tutto, sì nel nudo, sì nel vestito, ha una pastosità che smentisce l’opinione più comune, che stil mantegnesco e stil secco sieno una stessa cosa. Vi è poi un impasto di colore, una finezza di pennello, e una grazia sua propria, che a me pare quasi l’ultimo passo dell’arte prima di giungere alla perfezione che acquistò Leonardo.            L. Lanzi Storia pittorica della Italia 1796.

 … a me è avviso che il Mantegna, dopo conosciuto la falsa via in che si era messo [con le prime ‘storie’ Ovetari], non cercasse più nelle sue opere che di ritrarre il vero e il morbido della natura viva; e se pure nella più parte di quelle non interamente si spogliasse d’una certa strettezza di vesti con pieghe un po’ rettilinee; d’un colorito spesso traente al gialliccio; e di quella soverchia e quasi smisurata gastigatezza di contorni, che alcuna volta rendono la sua maniera un po’ tagliente, bisogna sempre riferire questi peccati alla sua prima istruzione … e credo andasse tant’oltre nella perfezione dell’arte, che poco gli rimanesse a fare per apparir tutto netto e senza falliF. ranalli, Storia delle belle arti in Italia, 1856.

Mantegna da principio mostra una totale assenza di quel sentimento per il tono che è così seducente in Giovanni Bellini. Contrasta le sue tinte secondo principi scientifici : un colore bilanciato con cura da un altro, accordandosi alle leggi dell’armonia. Ma non ha l’animo del colorista e non è in grado di produrre la profondità mediante impercettibili sfumature e nella sua impietosa severità è il precursore del Carpaccio. J. A. crowe – G. B. cavalcaselle, A History of Painting in North Italy, 1871.

Per il Mantegna, l’Antichità significò … qualcosa di profondamente differente da quello che essa era per i fiorentini di allora, e da quello che è per noi, oggi. E se mai si presentò un’occasione adatta all’uso della parola ‘romantico’, intesa come la nostalgia di uno stato di cose che in realtà non è, ma che è suscitato da evocazioni d’arte e di letteratura : ‘romantico’ fu il modo con cui il Mantegna intese l’Antichità …

Anche la Crocifissione, la Circoncisione, l’Ascensione, temi che pure offrono preziose occasioni di emozione specificamente cristiana, non furono per il Mantegna che pretesti per descrivere il mondo antico … In qualità di Illustratore, egli volle essere assolutamente romano.

Se fosse riuscito in tale intento, oggi potremmo forse dimenticarlo, nonostante l’ammirazione che per tre secoli gli tributò un’Europa superlatinizzata. Le sue ricostruzioni dell’antico, infatti, non ci occorrono più, poiché abbiamo una conoscenza quasi scientifica dei caratteri e degli aspetti della Roma che abbagliò la sua fantasia …

Il Mantegna ci interessa ancora come Illustratore proprio in quanto mancò il suo scopo, dando — invece di una trascri­zione archeologicamente esatta dell’antica Roma — il frutto del proprio ‘romanticismo’ : la Roma che sognava, la visione ch’egli aveva di un’umanità nobile, che vive in un ambiente di altissima nobiltà.   B. berenson, North Italian Painters of the Renaissance, 1897

Al geniale artista non poteva mancare, anche nei quadri di soggetto religioso, la possibilità di trovare forme nuove e profondamente espressive. Ma nei suoi sentimenti più intimi egli doveva allontanarsi sempre più dallo spirito cristiano e religioso; mentre aumentava il suo entusiasmo per gli antichi e studiava in modo più profondo le loro forme, il suo spirito e la sua possibilità sensoriale di individuare la raffigurazione si completavano con la creazione del mondo antico quale gli si veniva rivelando. Se nelle opere iniziali, per così dire, si avvicinava allo spirito eschileo, nelle più tarde si manifesta sempre più la concezione euripidea della tragicità : la presa di posizione della volontà umana di fronte all’ineluttabilità del destino.   P. kristeller, Andrea Mantegna, 1902.

… il disegno del Mantegna rimane sempre grande, nitido, puro, nobile, dottissimo. Non cerca le comode seduzioni dei contorni nobili e fusi, le facili delicatezze delle mezze tinte, ma traduce sempre con fedeltà incisiva e arditezza il pensiero dell’artista, senza incertezze, con forza, con solchi profondi e originali, senza curarsi affatto di comparir secco e duro.    L. testi, La storia della pittura veneziana, 1909.

II fondatore della pittura umanistica dell’Italia settentrionale iniziò la sua opera pieno di fervore per l’antico. Con l’antico romanizzò le forme donatelliane, ne ridusse men complessa la composizione e ne temperò il movimento. Naturalista senza scrupoli, volle tuttavia aggrandire la natura, afforzarla perché stesse all’unissono con le immagini poderose dell’antichità. L’iconografia mantegnesca è quindi tutta composta dapprima di elementi di gravita ferrea, di profondo silenzio, d’imperio …

Negli ultimi anni stese le braccia cadenti all’immagine giovanile della bellezza … Dall’antico non trasse più se non le raffinatezze che si disegnano ne’ grandi cammei imperiali per ornarne la cappella in Sant’Andrea, dov’egli guarda ancora nel bronzo, cinto dal lauro raccolto nel Trionfo di Cesare.      A. venturi, Storia dell’arte italiana – Pittura del Quattrocento, 1914.

… crebbe il Mantegna, accanto agli altri squarcioneschi ; e molto si dibattè di certo fra tutti come si dovesse intendere l’arte di quei fiorentini sottili e violenti, che sembravano modellare la creta con la stessa sbadata sicurezza che Iddio Padre medesimo aveva adoperato sull’uomo; creare un’idolatria sulla materialità dei fatti era il più naturale per quelle menti anarchiche e appassionate; soltanto si era incerti quale di quei fatti occorresse idolatrare : Mantegna credette di sceglierne la fonte presunta e vantata: l’antichità classica; e se ne creò rapidamente una disperata e sottile dogmatica, non meno immaginaria di quella che il veneto Piranesi, tre secoli dopo, caverà dalle antichità romane e soprattutto dalla sua immaginazione. È dubbio infine se Andrea si sia invaghito più della materia del marmo medesimo, o della forma in cui esso si era configurato negli esempi antichi che gli venivano alle mani; ma io propendo a credere che la prima abbia prevalso, se si rifletta che a contorno di quei suoi uomini lapidei immaginò una natura anch’essa del tutto archeologica, fossile almeno. Così la grammatica del Mantegna, con tutta l’intenzione di esser classica, fu del tutto anticlassica …      R. longhi, “Vita artistica”, 1926.

continua la critica

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