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Paolo Caliari detto il Veronese: Il ratto d'Europa, cm. 240 x 303, Palazzo Ducale, Venezia

“Il ratto d’Europa” del Veronese

Il ratto d’Europa di Veronese
veronese - il ratto d'europa
Il ratto d’Europa, cm. 240 x 303, Palazzo Ducale, Venezia

Descrizione e storia

Sull’opera: “Il ratto d’Europa” è un dipinto autografo di Paolo Caliari detto il Veronese, realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1580, misura 240 x 303 cm. ed è custodito nel Palazzo Ducale a Venezia.

La committenza e i primi spostamenti

Il dipinto venne commissionato da lacopo Contarini e, nel 1713, il suo discendente Bertucci Contarini lo legò alla Repubblica veneta. Già dal 1733 la tela si trova nel Palazzo Ducale di Venezia (fonte: “Descrizione di tutte le pubbliche pitture della citta’ di Venezia e isole circonvicine” di Antonio Maria Zanetti), da cui venne rimossa dai francesi e portata a Parigi (1797) come bottino di guerra napoleonico, dove rimase fino al 1815.

La citazione del Ridolfi

Carlo Ridolfi (Le maraviglie dell’arte, 1648) descrisse dettagliatamente la scena raffigurata in primo piano: “… Europa sedente sopra il mentito Toro, che le bacia amorosamente il piede, lambendolo con la lingua. Alcune delle sue donzelle le servono d’appoggio; altre l’ornano di fiori; et Amoretti le volan sopra spargendo fiori”. Sulla destra, vista in lontananza, l’artista raffigura le fasi immediatamente successive dell’episodio mitologico, con Europa diretta verso il mare con il toro, quindi il suo raggiungimento delle acque, il saluto ed infine l’allontanamento.

La cronologia del dipinto

La cronologia del dipinto, oggetto di larghi dibattiti, è stata più volte ricorretta: il Fiocco (1928) ipotizzò una datazione intorno al 1570, che fu ritenuta prematura per il Berenson (1932) il quale la ritardava al 1575-80, mentre la maggior parte degli studiosi, tra cui il (Pallucchini, “EUA” 1966), in base a fattori stilistici, gli assegnavano l’anno 1580.

L’autografia, i restauri e le ridipinture

Nell’Ottocento la tela subì a Parigi consistenti restauri e ridipinture (fonte: Antoine Claude Pasquin detto Valery in “Voyages historiques et litteraires….”) che sicuramente contribuirono a snaturarne l’originaria bellezza, ma, secondo il Pallucchini, nonostante tutto questo, la composizione “è pur sempre un pezzo magistrale per la scenografia complessa”, e non esclude gli aiuti – seppur minimi – di bottega. Il Veronese propose più volte lo stesso tema valendosi spesso ed in maniera diversa di più collaboratori, tanto ad arrivare a versioni fatte realizzare totalmente dagli allievi di bottega.

Per quanto riguarda la piena autografia del Veronese, a parte qualche isolata voce (di cui sopra, il Pallucchini), gli studiosi di Storia dell’arte l’accettano all’unanimità.

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