La Pala Alessandri di Filippo Lippi

Filippo Lippi: La Pala Alessandri

Filippo Lippi: Pala Alessandri
Filippo Lippi: Pala Alessandri, 120,9 x 105,9 cm. (riquadro centrale) , 72,4 x 38,1 cm. (laterali), Metropolitan Museum of Art, New York.

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Sull’opera: la “Pala Alessandri” è un complesso pittorico di Filippo Lippi realizzato con tecnica a tempera su tavola nel intorno al 1453, le cui misure sono 120,9 x 105,9 cm. per il riquadro centrale e 72,4 x 38,1 cm. per quelli laterali. La Pala, conosciuta anche con il titolo di “San Lorenzo in trono fra i santi Cosma e Damiano e donatori” è custodita nel Metropolitan Museum of Art di New York. Pannello di sinistrapannello di destra. 

 La storia della presente composizione è alquanto controversa ed è stata in passato oggetto di accese discussioni, a partire dall’identificazione negli antichi scritti: si pensa comunque che sia da identificasi nella tavola descritta nelle Vite del Vasari, che la riteneva commissionata dagli Alessandri per la chiesa della loro Villa, presso Firenze.

Seguendo, quindi, la pista aperta dal Vasari, intorno al 1790 la pala fu spostata nel palazzo in Borgo Albizi, sempre a Firenze, appartenente alla stessa famiglia. Nel 1912 appare sul mercato londinese per approdare poi New York,  ove vi rimase, entrando nel 1935 nel Metropolitan Museum of Art.

Anche il riferimento cronologico è assai incerto: la maggior parte degli studiosi la inserisce tra il 1445 ed il 1453. Alcuni pensano che la pala fosse stata regalata in occasione delle nozze di Ginevra degli Alessandri, che sposò Giovanni de’ Medici (figlio di Cosimo il Vecchio) il 20 gennaio 1453.

Si presuppone che in origine le raffigurazioni fossero contenute in un unico supporto pittorico, poi smembrato nel tempo e quindi ricostituito nell’odierna configurazione, a forma di trittico.

La nuova ricostruzione, che molti studiosi di storia dell’arte pensano sia la più affine a quella originale, comportò il fatto che si rifacessero ampie zone del fondo e la totale ridipintura delle gambe di san Lorenzo (Zeri, 1971).

In origine le figure inginocchiate erano quattro: una di queste, sulla destra, è praticamente perduta.

Altre zone della superficie pittorica riportano il segno di gravi danneggiamenti, ma quelle rimaste integre evidenziano la pregiata maestria del Lippi.

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