L’Ottocento, l’arte ufficiale e l’arte pubblica

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L’arte ufficiale

Nell’Ottocento, un complesso di tematiche fa nascere un nuovo genere artistico chiamato “arte ufficiale”, che prende forza intorno alla seconda metà del secolo.

Sostenuto con intenti di autoaffermazione dalle classi medio-alte, da tutti i governi europei (soprattutto dai nuovi), concepisce opere di svariata natura e di esplicita chiarezza.

Temi storici e sociologici, vasti e vari, permettono di parlare, dal 1850 fino alla fine del secolo, di “arte ufficiale”.

La politica autoritaria esercitata dai vari stati, dagli ordinamenti ecclesiastici e assecondata dal ceto medio-alto, dagli anni Trenta e per tutto il secolo, valorizza in modo particolare la pittura dei grandi affreschi murali, la nascita dell’Accademia e le idee da essa sostenute (soprattutto nelle opere a tema storico, emblematico e mitologico), i Salon per le esposizioni e la funzione stessa dell’artista, che ritorna attore principale nelle interpretazioni delle istituzioni.

Gli ambienti destinati ad ospitare la “grande arte ufficiale”, sono i palazzi di rappresentanza, i musei, le scuole, le chiese, le scuole d’arte, i municipi, i teatri, le lussuose residenze dei ceti alti, queste ultime ostentate come simboli di potere, nei quali viene avvalorato il ruolo della famiglia.

L’arte pubblica

Friedrich Overbeck, Italia e Germania
Friedrich Overbeck (pittore nazareno), Italia e Germania, anno 1811, Monaco di Baviera, Neue Pinakothek

Il comune accordo dei rappresentanti dell’Arte con le strutture istituzionali e gli ordinamenti religiosi, dopo che l’età romantica ne aveva segnato una netta separazione, torna all’attualità con l’avventura italiana dei Nazareni.

Il loro operato artistico (specialmente quello nella pittura murale), formativo e nazionalistico concepirà una pittura, una architettura ed una scultura “Ufficiale”. Questa sarà incoraggiata dalle istituzioni di tutti gli stati europei per poi riconoscerla come legittima.

Il pittore nazareno Peter Cornelius (1783-1867) è colui che ha introdotto per primo l’affresco didattico negli edifici pubblici. Quello che agli inizi predomina, è il modello tedesco, ed è proprio da questo modello che si prende lo spunto per iniziare i lavori ornamentali nel nuovo parlamento inglese, distrutto dal famoso e devastante incendio del 1834. Alla più grande campagna di intervento artistico dello stato, prendono parte grandi nomi come Daniel Maclise (1806-70), William Dyce (1806-64), John Tenniel (1820-1914) e Richard Redgrave (1804-88).

Dal 1830 al 1908 si formano in Europa nuovi stati che si auto-glorificano anche e soprattutto con le espressioni dell’arte. Tra questi stati ci sono il Belgio, la Bulgaria e la Grecia.

Dopo il 1870, anno che vede la sconfitta di Sedan, il linguaggio classico riprende forza in Francia come concezione politico-nazionale, indirizzandosi verso sentimenti nazionalistici, in contrapposizione alla cultura prussiana. Ernen Meissonier (1815-91 ) glorifica le vittorie dei Bonaparte.

Pierre Puvis de Cahavennes: L'estate
Pierre Puvis de Cahavennes: L’estate

In Pierre Puvis de Chavannes (1824-98), impegnato in una grande quantità di affreschi da portare a termine a Marsiglia, Anùens e Parigi, la storia diventa una metafora, con un ritmo tanto grandioso che apre le porte ad un nuovo capitolo nell’arte simbolica.

In Inghilterra, alla missione educativa e morale, di ispirazione preraffaellita, portata avanti da Ford Madox Brown (1821-93), che decora la Manchester Town Hall (1878-93) con episodi della città, si avvicenda “l’art pour l’art” con il movimento estetico degli ultimi decenni del secolo: Thomas Armstrong (1832-1911) e Randolph Caldecott (1846-86) abbelliranno con le loro decorazioni la Bank Hall a Derbyshire( 1872-73).

Edifici pubblici e religiosi

Incoraggiate dai nuovi assetti politici, il mondo religioso si fa promotore di un programma moralizzatore. Già dai  tempi dell’imperatrice Eugenia,  gli entusiasmi spirituali sono stati motivo per decorare con temi votivi le facciate e gli interni di edifici religiosi e per restaurare quelli rovinati dalla rivoluzione.

I nuovi principi fondamentali ed indiscutibili dell’Immacolata Concezione (1854) e dell’infallibilità papale (1870) tengono occupata la Chiesa cattolica in un affaticamento propagandistico eseguito anche e soprattutto con l’impiego dell’arte. Con lo sviluppo della borghesia, il giro delle pubbliche richieste si allarga: mentre prima l’arte era riservata alle corti e alla classe aristocratica, in questo periodo diventa più borghese che nobile.

Gli artisti vengono patrocinati soprattutto dal ceto medio alto, al quale piace essere protagonista principale del tema rappresentato nell’opera d’arte. Non sono più la corte di Versailles ed il Palazzo delle Tuileries i luoghi dove sta la maggiore concentrazione di artisti, ma altri  meno nobili edifici, proposti dai nuovi committenti. Nei palazzi architettonici di Haussmann si riflette una scala gerarchica sociale che si definisce dal basso verso all’alto: i nuclei familiari borghesi si insediano nei piani superiori dei boulevard. La generosità verso gli artisti in Inghilterra proviene sempre più dai ceti medi, che hanno ottenuto l’influenza politica come frutto dell’epocale legge sulla riforma elettorale del 1832, ed il cui benessere proviene dalla superiorità commerciale e industriale della nazione britannica.

I Salon e le Accademie

I vernissage del Salon di Parigi e della Royal Academy di Londra sono sempre stracolmi di gente.

I visitatori hanno un interesse quasi esasperato per i pittori e diventa quasi una mania collettiva: alcune opere esposte hanno bisogno di essere protette da transenne e osservate a vista da coscienziosi vigilanti, poiché la minaccia arriva quasi sempre dall’eccessivo entusiasmo degli ammiratori, non tanto da persone malintenzionate.

La vita artistica dei pittori viene così condizionata dalle rassegne annuali, che ne determinano alti guadagni e popolarità. L’effetto che si ottiene è il perpetuare del “linguaggio accademico” distinto e chiaro, l’unico valorizzato dalle giurie. Ad esempio, Charles Gleyre e Le Soir, esponendo al Salon del 1843, ottengono un’insufficiente considerazione, mentre i pittori selezionati hanno un rapido successo e le stime delle loro opere salgono precipitosamente.

Le opere di Ernest Meissonier, di Horace Vernet (1789-1863), di Alexandre Cabanel (1823-89) e di Jean-Léon Géròme (1824-1904), sono tra le più pregiate nella seconda metà dell’Ottocento.

Assoggettate ad un rigoroso schema gerarchico, le Accademie diventano a metà del secolo, un ambito di assunzioni di responsabilità ai limiti dell’abnegazione per gli artisti della “grande arte”, quasi a portarli talvolta a farsi travolgere, cosa che tra l’altro, era già accaduta nel 1793 con David e Vabbé Grégoire. Questi sostenevano che “la caratteristica del genio è l’indipendenza”.

A Londra, ai tempi della regina Vittoria (1837-1901), la Royal Academy fondata nel 1768, acquista una grandissima rilevanza: il responsabile in questo periodo è Lord Frederick Leighton (1830-96), che pochi momenti prima di morire penserà ancora come avrebbe rivolto all’istituzione, cioè alla sua Royal, frasi di affettuosa amorevolezza. Tutte le accademie esercitano una funzione formativa sempre più apprezzabile, mentre le botteghe d’arte, che da sempre avevano assicurato la formazione degli artisti, vengono chiuse con un ritmo sempre più rapido.

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