Le lettere di Claude Monet

Le lettere di Claude Monet (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte” Rizzoli Editore)

Parigi, 20 febbraio 1856 Al pittore Eugène Boudin

Non potete credere quale interesse troverete venendo subito a Parigi. C’è un’esposizione di dipinti moderni che comprende le opere della scuola del 1830 e che prova che non siamo tanto in decadenza come si dice. Vi sono 18 Delacroix splendidi, tra gli altri La barca di don Juan del Salon del 1855.

Vi sono altrettanti Decamps, una dozzina di Rousseau, di Dupré, vi sono anche da sette a otto Mariihat, e tutti dei più belli. E perciò, è splendido, e non dubito che vi farà piacere. […] Venite, non avrete che da guadagnare.

E poi sappiate anche che il solo buon pittore di marine che noi abbiamo, Jongkind, è morto per Parte; è completamente folle. Gli artisti fanno una sottoscrizione per provvedere […].

Quanto a me, mi trovo bene qui, disegno figure con sicurezza; è una cosa formidabile! Del resto, all’accademia, dove non vi sono che paesaggisti, cominciano ad accorgersi che è una buona cosa.

Ho dimenticato di dirvi che Courbet e Corot brillano anche in questa esposizione, così come Millet. C’è il suo quadro rifiutato al Salon, La Morte e il boscaiolo. Una bella cosa. […]

Honfteur, 15 luglio 1864 Al pittore Frédéric Bazille

Quaggiù, caro mio, è stupendo e scopro ogni giorno motivi sempre più belli. C’è di che uscirne pazzi, tanto sento il desiderio di fare tutto, la testa mi scoppia […].

Honfleur, 26 agosto 1864 Al pittore Frédéric Bazille

[…] Siamo molto numerosi in questo momento a Honfleur. Accanto a parecchi pessimi pittori, un mucchio di buffoni, abbiamo una piccola cerchia molto piacevole. Jongkind e Boudin sono qui, ci capiamo a meraviglia e non ci lasciamo più […].

Dieppe, 10 febbraio 1882 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…] Ora, per questa esposizione ‘, vi dirò che le mie idee sono molto ferme al riguardo. Al punto in cui siamo bisogna che una mostra sia ben fatta o non farla, ed è necessario che siamo ‘tra noi’, e non bisogna che una sola nube venga a compromettere il nostro successo. È possibile fare una mostra del genere quest’anno? Io so che non è possibile, poiché ci si è impegnati con certe persone, quindi, con mio grande rincrescimento, rifiuto assolutamente di farne parte a queste condizioni. Del resto, anche se lo volessi, mi sarebbe assolutamente impossibile, a meno di ritornare subito a Poissy e rinunciare al mio progetto di lavorare qui, dato che ci terrei a rivedere e a scegliere da me i

miei quadri e ad assistere alla loro sistemazione. Vi ringrazio tuttavia del vostro gentile intervento. So che mi parlate nel mio interesse, ma la cosa è troppo seria per essere fatta alla leggera. Ho già scritto ieri a Caillebotte in questo stesso senso.

Pour ville, 18 settembre 1882 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Troverete che manco di coraggio, ma io non ci resisto più e sono in un completo scoraggiamento. Dopo alcuni giorni di bello, ecco di nuovo il tempo rimettersi al brutto, ancora una volta devo mettere da parte gli studi cominciati. Ci divento pazzo e disgraziatamente me la prendo con le mie povere tele. Un gran quadro di fiori, che avevo appena fatto, l’ho distrutto, come tre o quattro tele che ho, non solamente grattate, ma bucate.

È assurdo, lo riconosco, ma sento il momento del ritorno arrivare, vedo che la natura si trasforma completamente, allora perdo ogni coraggio vedendo che ho speso denaro in anticipo senza aver fatto niente di buono.

Insomma, sono deciso a piantare tutto e a ritornare subito. […]

Poùsy, 6 marzo 1883 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Ricevo la vostra lettera e vi ringrazio delle parole incoraggianti che mi inviate. Ammiro la vostra fede e la vostra fiducia, ma senza condividerle: trovo che quando ci si rivolge al pubblico, e questo risponde col silenzio e l’indifferenza, è un insuccesso. Quanto a me, faccio’pochissimo caso dell’opinione dei giornali, ma bisogna pur riconoscere che, ai nostri tempi, non si fa niente senza la stampa, e vi assicuro che se i colleghi di cui mi parlate trovano poco importante il silenzio dei giornali nei miei confronti ‘, sapranno comunque ben garantirsi il loro appoggio quando sarà il turno della loro mostra, e avranno ragione, poiché è fuor di dubbio che ciò eccita la curiosità pubblica e, per conto mio, non vi è persona che non mi parli di questo silenzio e non lo deplori. Non c’è più niente da fare adesso. Mi auguro per voi e per me che qualche collezionista appoggi la mostra, ma non è un gran passo avanti e da parte mia sarò contrario per molto tempo a nuovi tentativi.

Poissy, 7 marzo 1883 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…] Non desidero venire a Parigi in questo momento, non potrò che constatarvi il mio insuccesso e vedere persone che me ne parlano, alcune con gioia, altre deplorandolo.

[…] Quando nei giornali eravamo criticati, spesso insultati, dicevamo che ciò provava il nostro valore, che nessuno altrimenti si sarebbe occupato di noi. Allora che pensare di questo silenzio?

Non crediate che aspiri a vedere il mio nome nei giornali.

Sono molto superiore a questo e non mi curo dell’opinione della stampa e dei sedicenti critici d’arte, uno più stupido dell’altro.

Dal lato artistico non cambia niente, conosco il mio valore, e sono più severo verso di me che chiunque altro. Ma è dal lato commerciale che bisogna vedere le cose. E non riconoscere che la mia mostra è stata annunciata male, preparata male, è non voler vedere la verità. Bisognava a tutti i costi garantirsi in anticipo l’appoggio della stampa, poiché anche i collezionisti intelligenti sono sensibili alla minore o maggiore risonanza dei giornali. Io non ho, credetelo, l’ambizione di essere popolare […].

Giverny, 27 dicembre 1883 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…] Dovete pensare che, della grande quantità di studi che ho fatto, non tutti possono venire avviati al commercio: alcuni possono essere molto buoni, credo, e altri, anche un po’ vaghi, possono diventare buone cose ritoccandoli con cura, lo ripeto;

ma questo non può essere fatto dalla mattina alla sera e non sarebbe ne vostro ne mio interesse pretendere in ogni caso di mostrarne molti, essendo mia ambizione darvi solo le cose di cui sono del tutto soddisfatto, a costo di domandarvi più denaro. Spero che lo capirete; perché altrimenti diventerò una macchina per dipingere e vi ingombrereste di un mucchio di cose incomplete e che potrebbero solo disgustare i collezionisti meglio disposti.

Il mio amor proprio di pittore si oppone al fatto che lasci vedere delle tele in uno stato incompleto.

Giverny, 12 gennaio 1884 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…] Voglio passare un mese a Bordighera, uno dei più bei posti che abbiamo visto nel nostro viaggio. Da lì spero di portarvi tutta una serie di cose nuove.

Perciò vi domando di non parlare a nessuno di questo viaggio, non perché ne voglia fare un mistero, ma perché ci tengo a farlo da solo: come mi è stato piacevole fare il viaggio come turista con Renoir, cosi mi sarebbe imbarazzante farlo in due per lavorare: ho sempre lavorato meglio nella solitudine e secondo le mie sole impressioni.

Bordighera, 24 gennaio 1884 A M.me Alice Hoschedé

[…] Faccio un mestiere da cani, io, e non risparmio le gambe; salgo, poi ridiscendo e poi ancora risalgo; fra uno studio e l’altro, come riposo, esploro ogni sentiero, sempre alla ricerca del nuovo; e così giunta la sera ne ho abbastanza. Pranzo bene, faccio le solite quattro chiacchiere con voi, mi metto a letto e, incrociate le braccia, penso beatamente a Giverny, un occhio alle mie tele appese al muro, poi un po’ di lettura e, crac, un bel sonno per tutta la notte.

Bordighera, 26 gennaio 1884 A M.me Alice Hoschedé

[…] Oggi ho lavorato ancora di più: cinque tele, e domani conto di iniziarne una sesta; andiamo abbastanza bene, dunque, sebbene tutto mi sia assai difficile da fare. Queste palme mi fanno dannare, e poi i motivi sono estremamente difficili da riprodurre, da trasferire sulla tela; è tanto folto dappertutto; è delizioso da vedere; si può passeggiare indefinitamente sotto le palme, gli aranci, i limoni e anche sotto gli splendidi ulivi, ma

‘ Monet ha in corso una personale da Durand-Ruel (r-25 marzo, boulevard de la Madeleine, 9; 56 opere). quando si cercano soggetti è molto difficile. Vorrei fare certi aranci e limoni che si stagliano contro il mare azzurro, non riesco a trovarli come voglio. Quanto all’azzurro del mare e del ciclo, è impossibile.

Bordighera, 29 gennaio 1884 A M.me Alice Hoschedé

[…] Lavoro come un forsennato su sei tele al giorno. Faccio molta fatica, poiché non riesco ancora a cogliere il tono di questo paese; a volte sono spaventato dai colori che devo adoperare, ho paura di essere terribile, eppure sono ancora ben al disotto; è atroce la luce. Ho già degli studi che hanno richiesto sei sedute, ma è tanto nuovo per me che non riesco a finire […].

Bordighera, 3 febbraio 1884 A M.me Alice Hoschedé

[…] Adesso sento bene il paese, oso mettere i toni terra e rosa e blu; è magia, è delizioso, e spero che vi piacerà […]. Sappiate una volta per tutte che siete tutta la mia vita coi miei figli, e che lavorando non faccio che pensare a voi; ciò è cosi vero che ogni oggetto che faccio, che scelgo, mi dico che occorre riprodurlo proprio bene perché voi vediate dove sono stato e la cosa com’è.

Bordighera, 5 marzo 1884 A M.me Alice Hoschedé

[…] Ora dipingo con colori italiani che ho dovuto far venire da Torino. Del resto ho anche consumato tutte le mie tele, le scarpe, le calze, persino i vestiti, e arriverò malconcio; gli abiti mi si sono logorati al sole: soltanto io ritornerò ancora in gamba, anche se sono stanco, talvolta molto stanco di questo lavoro, di questa lotta continua; riposarmi accanto a voi mi sarà di gran conforto […].

Bordighera, 11 marzo 1884 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…] Farò forse gridare un po’ i nemici del blu e del rosa, per

via di questo splendore, questa luce fantastica che mi applico a rendere; e quelli che non hanno visto questo paese o che l’hanno visto male grideranno, ne sono sicuro, all’inverosimiglianza, sebbene io sia molto al di sotto del tono : tutto è colore cangiante e fiammeggiante, è ammirevole; e ogni giorno la campagna è più bella, e io sono incantato del paese.

Giuerny, 24 ottobre 1884 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Lavoro molto, ma dire che sono soddisfatto e che ho molte cose buone da darvi, non è esatto; quanto più vado avanti, tanto più faccio fatica a portare a termine uno studio, e in questo periodo, quando la natura cambia tanto d’aspetto, sono obbligato ad abbandonare certe tele prima che siano definitivamente compiute. Vi assicuro che mi do da fare, e se dicono che lavoro sottogamba, si ingannano poiché faccio ciò che penso.

Giuerny, 3 novembre 1884 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…} Quanto al rifinito, o piuttosto al leccato, poiché è questo che il pubblico vuole, non sarò mai d’accordo con lui. Giverny, 28 luglio 1885 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Lavoro a oltranza, ma sempre più faticosamente: cioè, divento molto esigente. Ho due tele alle quali lavoro da un mese, ma confesso che alcune di queste tele le vedrei con rincrescimento partire per il paese degli Yankees e vorrei riservarne una scelta per Parigi, poiché è soprattutto là e là solamente che c’è ancora un po’ di gusto.

Fresselines, 24 aprile 1889 Allo scrittore Gustavo Geffroy

Caro amico, sono desolato, quasi scoraggiato e affaticato al punto di esserne un po’ malato. Non arrivo a nulla di buono, e malgrado la vostra fiducia ho paura che tutti questi sforzi non approdino a nulla.

Mai ho avuto uguale sfortuna con il tempo! Mai, tre giorni favorevoli di seguito, di modo che sono obbligato a trasformazioni continue, perché tutto spunta e rinverdisce. Io che speravo di dipingere la Creuse come l’abbiamo vista!

In breve, a forza di trasformazioni inseguo la natura senza poterla agguantare, e poiché questo fiume che diminuisce, si rigonfia, un giorno verde poi giallo, adesso a secco, mentre domani sarà un torrente dopo la terribile pioggia che cade in questo momento.

Sono in una grande inquietudine, scrivetemi, ho grande bisogno di contorto […].

22 giugno 1890 Allo scrittore Gustavo Geffroy

Ho ripreso ancora certe cose impossibili da fare: dell’acqua con erba che ondeggia sul fondo… meravigliosa a vedersi, ma c’è da impazzire a volerla fare. Insomma, mi attacco sempre alle stesse cose.

21 luglio 1890 Allo scrittore Gustavo Geffroy

[…] Sono nero e profondamente disgustato dalla pittura. È senz’altro una tortura continua! Non attendete di vedere del nuovo, il poco che ho potuto fare è distrutto, raschiato o bucato. Voi non vi rendete conto del tempo spaventoso che non ha cessato di fare da due mesi. C’è da diventare matti furiosi, quando si cerca di rendere il tempo, l’atmosfera, l’ambiente.

Oltre a questo, a tutte le noie, eccomi stupidamente colpito dai reumatismi. Pago così le sedute sotto la pioggia e la neve, e ciò che mi affligge è pensare che bisogna rinunciare a sfidare ogni tempo e a lavorare fuori, salvo con il bei tempo. Che stupidità, la vita!

7 ottobre 1890 Allo scrittore Gustavo Geffroy

[…] Sgobbo molto, mi stordisco su una serie di effetti differenti [dei pagliai], ma in questa stagione il sole tramonta così presto che non posso seguirlo. […] Divento di una lentezza, nel lavorare, che mi esaspera; ma più vado avanti, più mi rendo conto che occorre lavorare molto per arrivare a rendere quel che cerco: l’istantaneità, soprattutto lo sviluppo, la medesima luce riprodotta dappertutto, e più che mai le cose facili venute di getto mi disgustano. Insomma. sono sempre più arrabbiato per il bisogno di rendere ciò che provo, e faccio giuramenti di non restare ancora troppo impotente, perché mi pare che farei dei progressi. Vedete che sono in buona disposizione. Spero che anche voi, che siete giovane, avrete scrollato la vostra indolenza e che possiate produrre qualcosa di stupendo.

Rouen, 13 aprile 1892 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…] Sono assolutamente scoraggiato e scontento di ciò che ho fatto qui: ho voluto fare troppo bene e ho finito col guastare quello che era fatto bene. Da quattro giorni non posso lavorare e decido di abbandonare tutto e di ritornarmene a casa; ma non voglio nemmeno sballare le mie tele, voglio vederle solamente fra qualche tempo; quindi vi avvertirò non appena mi sono un po’ calmato.

Giverny, 4 maggio 1892 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Verrò a Parigi venerdì per la mostra di Renoir, che sarà un godimento per me […].

Rouen, 28 mano 1893 Allo scrittore Gustavi Geffroy

[…] Il mio soggiorno qui va avanti: ciò non vuoi dire che sono prossimo a terminare le mie cattedrali. Ohimè, non posso che ripeterlo: quanto più vedo, tanto più vado male nel rendere ciò che sento; e mi dico che chi dice di avere finito una tela è un tremendo orgoglioso. Finire, volendo dire completo, perfetto; e lavoro a forza senza avanzare, cercando, brancolando, senza sboccare a granché, ma al punto da esserne stremato.

Rouen, 30 marzo 1893 ^~    Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…] Lavoro moltissimo, ma non posso pensare di fare altro che la cattedrale. È un lavoro enorme.

Sanduiken (Oslo), 26 febbraio 1895 Allo scrittore Gustavo Geffroy

Sono stupito di tutto quel che vedo in questo meraviglioso paese. Ho fatto passeggiate di quattro giorni in treno, in montagna, sui fiordi, sui laghi: è meraviglioso! Tutto ciò, molto spesso con un freddo di -25″ a mezzogiorno, ma non avendo mai sofferto, con grande meraviglia dei norvegesi, che sono più freddolosi di me. Sono come in un incantesimo, malgrado l’alimentazione perfida; e che sangue cattivo mi sono fatto per non poter dipingere tutto ciò che vedo!

Non sapevo dove girare la testa, e scoraggiato, ho sbagliato più volte nel prendere il treno e rientrare […].

Infine, ho trovato un angolo passabile per le pose, ed eccomi all’opera dopo qualche giorno soltanto. Ho messo in opera otto tele che, se non sono troppo contrariato dal tempo, vi daranno, spero, un’idea della Norvegia, dei dintorni di Oslo, paese meno terribile di quanto pensassi.

Avrei dovuto andare a nord; ma non è possibile in questa stagione; e poi è tutto rudemente bello lo stesso! Non ho potuto vedere un po’ di mare, ne acqua di qualunque specie: tutto è gelato e ricoperto di neve. Occorrerebbe vivere qui un anno per fare qualcosa di buono e, ancora, prima avere visto e fatto conoscenza con il paese.

Oggi, ho dipinto una parte della giornata, sotto la neve punizione del falsario, i due quadri siano distrutti alla presenza di testimoni o che mi siano rimandati.

Il agosto 1908 Allo scrittore Gustane Geffroy

[…] Sapete che sono assorbito dal lavoro. Questi paesaggi d’acqua e di riflessi sono divenuti un’ossessione. È al di là delle mie forze di persona anziana, e voglio tuttavia arrivare a rendere ciò che sento vivamente. Ne sono distrutto […], ricomincio […] e spero che da tanto sforzo esca qualcosa.

Venezia, 7 dicembre 1908 Allo scrittore Gustavo Geffroy

[…} Preso dal lavoro, non ho potuto scrivervi, lasciando a mia moglie la cura di darvi notizie. Essa ha dovuto dirvi del mio entusiasmo per Venezia. Ebbene, questo non ha fatto che crescere, allo stesso tempo di tutta questa luce inimitabile. Io me ne rattristo. È così bello! Ma occorre farsi una ragione […]. Mi consolo al pensiero di ritornarvi l’anno prossimo, perché non ho potuto fare che qualche assaggio, qualche avvio di lavoro.

Ma che disgrazia non essere venuto qui quando ero più giovane! Quando avevo tutte le energie! Passo ugualmente momenti deliziosi, dimenticando quasi di essere il vecchio che sono.

Giverny, 10 ottobre 1911 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…] Non ho bisogno di dirvi quanto sia triste la mia vita ormai e che duri momenti ho passato da quando vi ho visto. Comincio solamente adesso a riprendermi un po’ e penso di rimettermi al lavoro. Ecco l’inverno, e restare inattivo con queste giornate tristi mi sarebbe troppo penoso. Prima proverò a terminare qualche tela di Venezia […].

Giverny, 10 maggio 1912 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Sono molto commosso della vostra lettera amichevole e sarei molto felice di vedervi, sebbene dubito che voi mi persuadiate a ritornare su una decisione che non ho preso alla leggera, e se da così lungo tempo mi avete trovato scontento di ciò che faccio, questo era il mio pensiero. E più che mai oggi, constato quanto il successo immeritato che ho ottenuto, sia fittizio. Spero sempre di arrivare al meglio, ma l’età e il dolore hanno esaurito le mie forze. So molto bene in anticipo che troverete le mie tele perfette. So che, esponendole, avranno grande successo, ma mi è indifferente, poiché io le considero brutte e ne sono certo.

7 giugno 1912 Allo scrittore Gustavo Geffroy

[…] Grazie di tutto cuore dei vostri due begli articoli di cui sono fiero. No, non sono un grande pittore, grande poeta, io non so… So soltanto che faccio ciò che penso per esprimere ciò che provo davanti alla natura, e che più spesso, per arrivare a rendere ciò che sento vivamente, dimentico del tutto le regole più elementari della pittura, se ne esistono qualche volta. Bravo, lascio bene apparire degli errori, per fissare le mie sensazioni. Ma non sarà sempre così, ed è ciò che mi dispera. Giverny, 29 giugno 1914 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Desidero sempre scrivervi per avere vostre notizie, ma, come sapete, mi sono rimesso al lavoro. Quando mi ci metto, lo faccio seriamente, tanto che, alzato fin dalle 4 del mattino, sgobbo tutta la giornata, e venuta la sera sono talmente sfinito dalla stanchezza che ho dimenticato tutti i miei doveri, non badando che al lavoro che ho intrapreso. […]

Io sto bene, per quanto possibile; la mia vista va finalmente bene. Grazie al lavoro, grande consolazione, tutto va bene.

Giverny, 15 giugno 1918 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Qui va bene, le notizie sugli assenti [al fronte] sono buone; ma, ohimè, che vita angosciosa viviamo tutti. Io continuo, e confesso di averne un po’ di vergogna, a lavorare, benché a volte abbia desiderio di piantare tutto, e qualche volta arrivo a domandarmi che cosa farei se sopraggiungesse una nuova sorpresa da parte del nemico. Credo che allora dovrei come tanti altri abbandonare tutto. Bisogna sperare tuttavia che siano state prese tutte le precauzioni per contenere il nemico e bisogna armarsi di pazienza e di coraggio; mi sarebbe duro abbandonare tutto a questi sporchi crucchi.

Givfrny, 22 novembre 1921 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

In riscontro alla vostra gentile lettera, vorrei potervi rispondere secondo il vostro desiderio, ma mi è impossibile per varie ragioni. La prima è che, ora, essendo la donazione allo Stato della mia decorazione ‘ un fatto compiuto, che il locale sarà pronto a primavera, non ho che giusto il tempo necessario per il completamento del lavoro. Insomma, non sono pronto per una mostra. Ho da rivedere dal vero la più parte di queste tele.

Giverny, 7 luglio 1922 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Rispondo subito alla vostra domanda. Lavoro moltissimo e vorrei dipingere tutto prima di non vedere del tutto, ma sono molto sfortunato col tempo, e questo mi impedisce di ricevere amici che sarei felice di vedere, ma che mi capiterebbero proprio quando il tempo mi sarebbe favorevole.

Giverny, 20 novembre 1923 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Lavoro sodo alle mie decorazioni [Ninfee} per essere pronto al tempo stabilito.

Giverny, 17 giugno 1925 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Tutte le mie scuse per avervi impedito di venire domenica scorsa. Ero nella tristezza e nello scoraggiamento.

 Sono le dodici tele con Ninfee, lunghe circa quattro metri ciascuna, che nell’ottobre del 1920 Monet progettava di donare allo Stato perché venissero collocate in un padiglione da costruirsi nel giardino dell’Hotel Biron (Musée Rodin). Nell’aprile del 1921, in un incontro con Paul Leon e Georges Salles, si stabiliscono le modalità della donazione e si decide di sistemare le tele all’Orangerie delle Tuileries. Nell’inverno, Monet lavora con un architetto alle modifiche dell’Orangerie.

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