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Duccio di Buoninsegna: Madonna Rucellai, cm. 450 x 290, Galleria degli Uffizi, Firenze

Madonna Rucellai di Duccio di Buoninsegna

Duccio di Buoninsegna: Madonna Rucellai

Duccio di Buoninsegna: Madonna Rucellai
Madonna Rucellai, cm. 450 x 290, Galleria degli Uffizi, Firenze

        Sull’opera: “Madonna Rucellai” è un dipinto autografo di Duccio di Buoninsegna, realizzato con tecnica a tempera su tavola nel 1285, misura 450 x 290 cm. ed è custodito nella Galleria degli Uffizi a Firenze.

La storia:

Le vicende artistiche della composizione in esame scorrono parallelamente a quelle della Madonna di Crevole (pagina precedente).

La denominazione “Madonna Rucellai” deriva dal nome della cappella (attualmente, cappella di Santa Caterina) nella Chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, dove vi rimase per circa quattro secoli, fino a quando, nel 1937, venne trasferita in occasione della mostra dedicata a Giotto (Giulia Sinibaldi e Giulia Brunetti, nel “Catalogo della Mostra giottesca di Firenze del 1937, Sansoni, 1943). Oggi si trova nella Galleria degli Uffizi a Firenze.

La tavola viene identificata nella “tabulam magnam” che fu commissionata a Duccio il 15 aprile 1285 dalla Confraternita dei Laudesi della Vergine. Il documento, che proviene dall’Archivio di Stato di Firenze (fonte: Fineschi nelle Memorie istoriche, ed. 1790), fa esplicito riferimento a “Duccio quondam Boninsegne pictori de Senis”.

Negli stessi ambienti della chiesa fiorentina, il dipinto subì molteplici cambi d’ubicazione: alcune fonti (per esempio l’ Orlandi, in “Memorie domenicane” 1956, 1987) riferiscono che sino al 1316 la composizione in esame avrebbe ornato l’altar maggiore, mentre dopo tale data sarebbe stata spostata dai Laudesi nella cappella di San Gregorio, adiacente alla Rucellai, entrambe nel transetto destro.

La tavola viene citata sin dalle antiche fonti – fine Trecento inizio Quattrocento – come opera di Cimabue (Commento alla Divina Commedia d’Anonimo fiorentino del secolo XIV), attribuzione confermata da tutte le fonti successive – tra le quali il Vasari – salvo qualche sporadica attribuzione (ad esempio all’anonimo “Maestro della Madonna Rucellai” o al pittore senese Mino Torrita, confuso probabilmente con Jacopo Torriti), sino alla fine dell’Ottocento.

 Neanche la pubblicazione del Fineschi riuscì a cambiare le opinioni di alcuni insigni critici. Il primo a porre in relazione il documento pubblicato dal Fineschi, fu Wickhoff [Mitteilungen …, 1899], al quale seguirono le sottoscrizioni di Douglas [1902], Coletti [“RAS” 1905], Adolfo Venturi [1907], Weigeit [1911], Wulff (1916) e altri, e altri.

Anche questo non bastò a placare l’accesa discussione sull’autografia relativa alla tavola, e alcuni studiosi di storia dell’arte, tra i quali Zimmermann e  Fry, continuarono ad attribuire la Madonna Rucellai a Cimabue. Altri invece ipotizzavano un maestro diverso da Duccio e Cimabue. Comunque gran parte degli studiosi di Storia dell’arte propendono per la completa autografia a Duccio di Buoninsegna.

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