Citazioni e critica su Hans Holbein

Citazioni e critica su Hans Holbein (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)

Pagine correlate: Cenni sulla biografia e vita artistica – Le opere.

Ciò che gli studiosi di Storia dell’arte scrivono su Hans Holbein:

Che in Hans Holbein il Giovane sia da scorgere il primo che abbia introdotto in Inghilterra la leggiadra architettura italiana del XVI secolo, è cosa ben nota. Sua era la sala di Wilton [sic], la più pura espressione stilistica che avessero gli inglesi, e straordinariamente aggraziata quanto ai singoli ornamenti;solo di recente essa è stata abbattuta. Gli inglesi più nulla hanno di ciò che venne costruito secondo i suoi progetti.   J. D. passavant. Kunstreise durch England und Belgien, 1833.

La massima fioritura pittorica si ebbe, a Basilea, in seguito al trasferimento da Augusta della celebre dinastia di pittori Holbein…

È da ritenere una vera calamità, per la città svizzera, che questo grande pittore, nel quale le tendenze della scuola svevo-augustea raggiungono la massima perfezione, vi dimorasse solo fino all’anno 1520, soggiornandovi in seguito poche volte, per periodi più o meno lunghi, di ritorno dall’Inghilterra. Ciò nonostante, l’influsso esercitato dall’assiduo artista tramite le sue numerose opere nel campo della ritrattistica come in quello della pittura storica e dell’arabesco, con olii o con affreschi, ma segnatamente coi molti disegni che, fuori dei generi suddetti, illustrano eventi della vita quotidiana, rappresentano architetture, recipienti, armi, e sono espressione del gusto più raffinato e di una straordinaria vivacità, deve essere stato oltremodo profondo e vario, anche perché i disegni in questione sono stati largamente usati come modelli da pittori su vetro, orafi e armaioli.  G. F. waagen, Kunstwerke und Kunstler in Deutschland, 1845.

Tra i pittori nordici di ogni tempo, è Holbein l’unico, senza eccezione neppure per Dürer, che sia pervenuto a uno stile affatto libero, sublime, svincolandosi dalle piccinerie e dalle mancanze di gusto del suo ambiente, interpretando la figura umana in tutta la sua verità e bellezza. Da molti punti di vista egli pertanto si pone sullo stesso piano del grande Peter Vischer, il quale si è del pari slanciato a trascendere le anguste barbarie dell’arte della patria sua, pur senza perdere la forza, l’interiorità e la freschezza del genuino maestro tedesco. Holbein, tuttavia, già nell’arte della città natale trovò un’atmosfera adatta, improntata a una superiore nobiltà formale, che egli avrebbe saputo fondere con un più educato sentimento della natura.     W. LUBKE, Grundriss der Kunstgeschichte, 1868.

Qui [Catalogo, n. 29] è raffigurato il Cristo appena deposto. A mio giudizio, i pittori hanno preso l’abitudine di rappresentare il Cristo sulla croce come anche dopo la deposizione, pur sempre col volto straordinariamente bello, facendosi un dovere di conservare questa sua bellezza anche tra i più atroci tormenti. Nel quadro … non c’era però traccia di bellezza: era quella la vera salma di un uomo il quale aveva sofferto infiniti tormenti e ferite già prima della crocifissione, durante la salita al Calvario e nelle cadute, sotto il peso della croce e sotto i colpi degli aguzzini e del popolaccio, per sopportare finalmente, durante sei ore — stando ai miei calcoli -, il tormento della crocifissione. E il volto di un uomo appena calato dalla croce, che ancora conserva molto di vivo e di caldo, che non è ancora irrigidito, sicché, morto, pare ancora soffrire : questo l’artista ha saputo esprimere con grande maestria. Ma, appunto per questo, il volto non è affatto risparmiato, tutto è fedele alla realtà, e la salma di un uomo, chiunque egli fosse, non poteva, dopo simili sofferenze, che apparire con quell’aspetto.       F. M. dostoievski, in L’idiota, 1868-69.

Holbein raggiunge, come pochi altri maestri della pittura nordica, una tale perfezione artistica, sia in fatto di precisione che di dignità formale o di semplice splendore cromatico, che va posto, sotto questo riguardo, sullo stesso piano dei coevi italiani, in special modo i maestri lombardi. È assai probabile che dalla Lombardia gli sia venuta un’influenza immediata che ne ha favorito lo sviluppo; tuttavia, Holbein non si può affatto definire come un seguace delle tendenze italiane. Anzi, la sua concezione dell’arte appare in tutto e per tutto tedesca.    F. kugler, Handbuch der Kunstgeschichte, 1872

L’arte di Holbein ebbe inizio dove ebbe termine quella di Dürer. Holbein diede attuazione pratica a ciò che Dürer aveva intuito teoricamente, e fin dai primi anni si impadronì di ciò cui Dürer era approdato soltanto nell’ultima fase del suo sviluppo artistico, e anche qui solo per approssimazione : il senso della libertà e bellezza della forma. Non fu l’influsso dell’Italia, anche se più tardi da questa provengono spinte cospicue, ad avviare Holbein su tale strada : l’imboccò autonomamente, seguendo il realismo tipico dell’arte nordica. Dopo Hubert van Eyck, Holbein è il primo pittore in cui lo sguardo nella contemplazione della natura non sia turbato dalla bizzarria e mancanza di gusto del periodo gotico della decadenza. Holbein vede le cose proprio nella loro essenza, ne arretra di fronte alle estreme conseguenze del realismo, ricreando la natura fin nei minimi particolari e impercettibili moti, portando la tendenza realistica alla massima perfezione possibile.

Tuttavia, il realismo non costituisce l’ultimo, il supremo obiettivo di Holbein; e neppure la sua vastissima attività di ritrattista, che per lungo tempo da sola è bastata ad assicurargli la fama, si fonda unicamente sul realismo. L’occhio di Holbein è strutturato in modo da permettergli, al pari degli antichi fiamminghi, di percepire con la massima acutezza tutti i particolari della natura; in pari tempo, però, assai meglio dei fiamminghi, Holbein sa fare un passo indietro, per vedere ciò che va raffigurato non soltanto nei particolari, bensì anche come insieme organico. Sicché, per lui si da una verità più alta di quella consistente in una perfetta resa dei singoli fenomeni, e Holbein supera l’abisso che altrimenti l’arte nordica si apre tra il caratteristico e il bello. Senza aver seguito gli approfonditi studi teoretici dì Dürer, e, per esempio, senza nulla sapere di anatomia, solamente grazie al proprio occhio di artista, Holbein si impadronisce delle leggi dello stile, dell’eleganza della linea, della tecnica del modellato quali erano state sviluppate dal Rinascimento italiano. Le figure grevi, atticciate delle sue prime composizioni fan posto a immagini nobili, slanciate. La maestria formale si sposa fin dall’inizio allo splendore cromatico e, laddove Dürer tratta il colore semplicemente quale un’aggiunta variopinta, sfavillante, un piacere per l’occhio, i dipinti di Holbein sono immediatamente concepiti in termini coloristici.   woltmann, Holbein und seine Zeit. Des Kunstlers Familie, Leben und Schaffen, 1874-76.

Holbein si accinge all’opera … senza accentrare l’attenzione soltanto su ciò che seduce i sensi, oppure sull’appariscente, il grandioso e il commovente; nel ritratto, egli ha di mira il più fedele, il più perfetto adeguamento al carattere e agli aspetti obiettivi. Di conseguenza, la figura si presenta di solito eretta, in atteggiamento naturale; lo sfondo non è che una superficie verde cupo, e tutto, anche per quanto attiene all’abbigliamento, è eseguito con la massima cura e precisione. Impossibile negare che, se il ritratto è un genere pittorico a sé stante, questo di Holbein può ben definirsi il metodo migliore, anzi l’unico adatto.      F. von schlegel, Ansichten und Ideen von der christlichen Kuast, 1877.

Quando penso a Holbein, mi immagino uno di quei giganti del Nord che hanno condotto le razze germaniche all’assalto del mondo latino… Mai campione dell’arte è stato armato come Holbein per sfidare l’Italia in tutti i generi e su tutti i terreni.     J. rousseau, Hans Holbein, 1883.

Dürer fu l’ultimo pittore della scuola tedesca e insieme il massimo degli artisti del Medioevo; Holbein fu il primo e il maggiore di coloro che subirono in tutto e per tutto le nuove influenze, di arte e di vita, giunte in Germania da oltralpe … fu il primo dei pittori dell’Europa settentrionale a essere ‘moderno’ nell’accezione odierna … Tra le caratteristiche di Holbein erano serenità ed equilibrio … Nelle sue opere, il realismo toccò vette altissime e insieme di grande nobiltà. Il diletto che gli veniva dalla natura trova espressione in tutto ciò che faceva: osservatore minuzioso, ricavava grandissimo piacere dal riprodurne le molte bellezze fin nei più minuti particolari; ma, in pari tempo, dalla sua opera spira una sincera gioia di vivere e una simpatia partecipe di tutte le cose del mondo circostante, animate e inanimate. Pensieri filosofici e sottigliezze teologiche lo lasciavano indifferente. Vero figlio del Rinascimento qual era, Holbein ne divenne tuttavia uno degli artisti più originali. La sua forte personalità improntava di sé tutto quanto sfiorava… In entrambe le città [Basilea e Londra] fu maestro insuperato da tutti gli altri pittori. La sua arte si sviluppò con lunghe linee personali e originali fino a raggiungere quella imponenza stilistica che costituisce il tratto forse più pregnante di tutto ciò che dalle sue mani è stato creato.           G chamberlain, Hans Holbein the Younger, 1913.

Importanza decisiva ai fini della sua arte ebbe raffermarsi delle arti applicate. Figlio di Augusta, Holbein possedeva per retaggio familiare quella sottile sensibilità estetica verso la forma che era mancata alla generazione precedente, quella di Dürer. Holbein fu forse il primo artista tedesco di gusto : amò il valore materiale delle cose, i nobili metalli, i tessuti preziosi, la vita lussuosa di uomini e donne fuor dal comune. Il suo interesse per le arti minori indicò all’artigianato tedesco la strada di una fiorente attività al servizio delle necessità quotidiane di uomini raffinati… All’ambito specifico dell’arte applicata appartengono, nell’opera di Holbein, gli schizzi e gli abbozzi per orafi e pittori su vetro, i lavori per la produzione libraria e i dipinti parietali di Lucerna, Basilea e Londra.           U christoffel,  Hans Holbein der Jungere, 1924 (1950).

Il mondo della fede medievale giaceva assai distanziato alle sue spalle, e così il mondo della fantasia popolare. E neanche alla Riforma partecipò. Spalla a spalla con gli umanisti, lottò contro la corruzione mondana ed ecclesiastica; tuttavia era al di là dei suoi orizzonti prefigurare in arte, sull’esempio di Dürer, un nuovo mondo di sacri sentimenti. Quest’uomo, dal risoluto indirizzo classico, dotato dalla natura di altissime qualità artistiche, fu offerto all’arte tedesca nell’ora in cui era divenuta una necessità storica la fusione con il Rinascimento : non più meramente italiano, ma potenza nella cultura europea. Sembrò intenzione del destino fare di lui la guida e il sovrano; e tuttavia, ciò non accadde. Nell’ambito suo personale, con sicurezza congeniale, Holbein compì una sintesi necessaria: la quale però assurse a evento universale soltanto in forma assai confusa. La vita di Holbein, tanto inquieta e discontinua quanto perspicuo e fermo fu il suo sviluppo interiore, basta di per sé a renderne chiaro il limite esterno: la confusa difformità delle condizioni tedesche. La Germania poteva, sì, produrre questo genio, non però mettergli a disposizione un ambito libero in cui dispiegare le proprie forze.        G Dehio, Geschichte der deutschen Kunst, 1926.

Se si paragonano due ritratti, il primo di Joos van deve, conservato a Hampton Court, di poco antecedente, al secon­do di Holbein, si ha l’impressione che Enrico [Vili], prima dell’arrivo di Holbein, non avesse il gusto di vestirsi bene. Camicia e giubba sono troppo bassi, con le pieghe disordinate: il berretto è calzato di sbieco, col risultato di esporre al di là del dovuto fronte e tempie, e così far apparire ancora più tozzo e informe il volto grasso del rè. Invece di valorizzare al massimo ciò che ha a disposizione, deve abbellisce i tratti tipici del sovrano fino a renderli irriconoscibili… Il fatto che Holbein fin dall’inizio, anziché attenuare la taurina solidità di Enrico, ne abbia sottolineato la potenza e la forza, gli deve aver assicurato la gratitudine del sovrano.      W. stein, Holbein, 1929.

II nostro Raffaello è stato Hans Holbein, la sua Camera della Segnatura fu la Grossratssaal di Basilea, che tuttavia venne demolita, per cui nulla rimane dei dipinti parietali, escluse alcune teste, bozzetti e copie. Chi visita il museo basileense di solito passa di fretta davanti a questi resti e ai dipinti su tavola di Holbein; in questo modo si ha un’immagine assai lacunosa dell’essenza di Holbein pittore. Il quale fu — alle soglie del mondo moderno — il nostro unico, grande affrescatore.     waetzoldt, Hans Holbein der Jungere. Werk und Welt, 1939.

La libertà intcriore di Holbein ha prodotto un frutto particolarmente prezioso: egli è l’unico tra i pittori coevi che abbia preso veramente sul serio la donna quale personalità psichico-intellettuale, osservandola e rappresentandola con la stessa attenzione che riservava all’uomo. Per tutto il resto, è questa un’epoca assai ‘maschile’: lo spirito, lo cerca soltanto nell’uomo, ed è nei ritratti maschili che riesce a cristallizzare la inconfondibilità dell’io nei suoi caratteri più pregnanti, mentre l’immagine della donna, di regola, sfugge, scade nell’anonimato. È solo Holbein, in verità, che sottrae l’io femminile all’anonima universalità.      W. hager, Meisterbildnisse der Durerzeit, 1940.

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