Adorazione del Bambino (Galleria Borghese) di Fra’ Bartolomeo

Fra’ Bartolomeo: Adorazione del Bambino (Galleria Borghese)

Fra Bartolomeo: Adorazione del Bambino (Galleria Borghese)
Fra’ Bartolomeo: Adorazione del Bambino, diametro cm. 87, Galleria Borghese, Roma.

Sull’opera: “Adorazione del Bambino” è un dipinto di Fra’ Bartolomeo realizzato con tecnica a tempera su tavola intorno al 1499, misura 87 cm. (altre fonti indicano 89 cm.) di diametro ed è custodito dal 1790 nella Galleria Borghese a Roma.

Spostamenti: Galleria Borghese, dal 1790.

Restauri: Tito Venturini Paperi, Roma, 1917.

Trattati, cataloghi e pubblicazioni: Della Pergola, 1959, ove vengono indicati inventari e cataloghi precedenti; Serena Padovani in “L’età di Savonarola – Fra’ Bartolomeo e la Scuola di San Marco” pag. 50, Marsilio Editori, 1996 (fonte delle presenti informazioni).

Il dipinto fu per la prima volta attribuito a Bartolomeo della Porta nel 1926, come opera giovanile, da Roberto Longhi. Tale assegnazione rimase però sopita per circa un trentennio prima di acquisire un consenso pressoché universale.

Pochi altri dipinti della stessa importanza del tondo in esame furono riferiti ad un novero così vasto di pittori: da Raffaello a Giovanni Antonio Bazzi (o de’ Bazzi detto il Sodoma: Vercelli, 1477 – Siena, 1549) e perfino a Cesare da Sesto (Sesto Calende, 1477 – Milano, 1523)  (fonte: Della Pergola, 1959). Altre attribuzioni, quantunque inesatte, conferirono all’ignoto (o al presunto del momento) pittore una sorta di alone critico – che doveva portare certamente ad un grande nome – fungendo come coordinate di pensiero, il cui punto d’incontro, per l’appunto,  avrebbe evidenziato il giovane Bartolomeo della Porta.

In precedenza – si ricava da un inventario del 1833 – la pregiata tavola era considerata come opera di Lorenzo di Credi (Firenze, 1459 – 1537), a cui rimase ufficialmente attribuita, nonostante la già citata ipotesi del Longhi, fino al 1959 (catalogo di Della Pergola). In effetti la struttura compositiva e la coloristica evidenziano sicuri legami fra i due artisti, ma l’autografia al Credi non venne mai suffragata in pieno, tanto che – giustamente – il Crowe ed il Cavalcaselle (1866) la rifiutarano, tuttavia associando il dipinto a un tondo della Galleria Palatina largamente assegnato proprio a Lorenzo, di cui lo stesso Longhi scriveva: “attribuito, anch’esso, è vero, a Lorenzo di Credi, ma tanto inferiore a questo da non poter decentemente esser giudicato nella stessa sede”. Non soltanto il Crowe ed il Cavalcaselle, ma anche il Morelli (1890) ed il Venturi (1893, annoverandolo però fra le opere degli allievi del Verrocchio, tra i quali era attivo lo stesso Lorenzo, che ne ereditò la bottega, e il giovanissimo Bartolomeo) rifiutavano il riferimento del tondo a Lorenzo di Credi.

Secondo il Venturi, il tondo Borghese evidenziava due stili diversi: un seguace di Lorenzo nella figura della Madonna, e un pittore assai più affermato, ispirato da una “forza leonardesca”, in quella del San Giuseppe. UImann (1896, p. 132), accettando tale ipotesi e sviluppandola, propose di identificare mano di Piero di Cosimo nella “forza leonardesca”. Il Venturi nel 1907 argutamente avvicinò la presente composizione al tondo di Monaco di Bartolomeo della Porta asserendo: “probabilmente del ‘pseudo Lorenzo di Credi’, autore di un tondo nella Galleria Borghese, simigliante a questo”.

Per il Van Marle (1931) il tondo era opera  del solo Piero di Cosimo, dato che la paesaggistica riecheggia la sua esecuzione sfatta, nonostante sia completamente assente l’eccentrica sensibilità, tipica delle sue creazioni, talvolta anche stravaganti.

Secondo gli studiosi di storia dell’arte Bartolomeo da giovane avrebbe potuto avere rapporti con Piero di Cosimo, più giovane di quest’ultimo di circa undici anni, quando ancora si trovava presso la bottega di Cosimo Rosselli. In ogni caso, le opere di Piero ebbero un forte ascendente nella formazione giovanile di Bartolomeo, come riconosciuto dalla maggior parte degli studiosi.

L’ultimo e più importante riferimento è quello che porta alle influenze leonardesche. A tal proposito la corretta impostazione analitica di Roberto Longhi sugli aspetti fortemente vicini al grande maestro conferisce al dipinto in esame una verità comprovata, quella cioè che il tondo Borghese sia autografo del giovane Bartolomeo della Porta.

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