San Girolamo (Uffizi) di Filippino Lippi

Filippino Lippi: San Girolamo (Uffizi)

Filippino Lippi: San Girolamo (Uffizi)
Filippino Lippi: San Girolamo, anno 1490 circa, tecnica ad olio su tavola di quercia, 136 x 71 cm., Galleria degli Uffizi, Firenze.

Sull’opera: “San Girolamo” è un dipinto di Filippino Lippi realizzato con tecnica a olio su tavola intorno al 1490, misura 136 x 71 cm. ed è custodito nella Galleria degli Uffizi a Firenze. 

La presente tavola è citata dal Vasari che la ricorda nella cappella Ferrantini alla Badia Fiorentina. L’identificazione fu proposta per la prima volta da Igino Supino, che vi interpretò anche i due stemmi: dei Ferrantini (a sinistra) e del conte Ugo di Toscana (a destra), il benefattore della Badia.

 Attualmente entrambi gli stemmi non sono più leggibili in quei punti perché rimossi durante un restauro novecentesco e spostati ai lati bassi della cornice moderna.

Della presente composizione esiste una riproduzione parziale, oggi custodita nel Museo Bardini, e una di scarso pregio appartenente ad una collezione privata.

Si tratta di una tavola molto lunga stretta relativa al penitente san Girolamo. Il santo viene rappresentato ricoperto di stracci, in preghiera, davanti ad un crocifisso (insolitamente ripreso di spalle) precariamente fissato a un arbusto privo di rami.

L’atteggiamento di San Girolamo è quello tradizionale, come pure gli attributi del fondo: infatti nella grotta, sulla sinistra all’altezza del viso, si scorgono il libro ed il cappello cardinalizio lasciato per terra e, più in profondità, il fedele leone.

L’artista diede molta importanza alla resa pittorica della dolente figura in primo piano. Vi impiegò pennellate decise e pastose, facendo della tavola stessa una tra le più incisive testimonianze delle inquietudini che insidiavano Firenze intorno alla fine del Quattrocento. Infatti di lì a poco, queste, avrebbero portato ad una violenta rottura con l’arte pacata ed equilibrata del primo Rinascimento.

Il viso sofferente e scavato del santo, gli arti in tensione e la  monumentalità di tutta la figura ricordano quelle, altrettanto vigorose, di Andrea del Castagno.

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