Il martirio di San Matteo (San Luigi dei Francesi) di Caravaggio

Michelangelo Merisi: Il martirio di San Matteo (San Luigi dei Francesi)

Il martirio di San Matteo (San Luigi dei Francesi) del Caravaggio
Caravaggio: Il martirio di San Matteo, cm. 332 x 343, Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma.

Sull’opera: “Il martirio di San Matteo” è un dipinto autografo di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1600-02, misura 323 x 343 cm. ed è custodito nella Cappella Contarelli della chiesa di San Luigi dei Francesi  a Roma.  

L’opera è stata modificata più volte, e, dalle radiografie sappiamo che il Caravaggio vi ha lavorato in tre versioni. La terza la conosciamo per come si presenta il dipinto.

La prima versione ha una composizione un po’ più sul classico che richiama in un certo modo la “maniera”, mentre nella seconda versione il Caravaggio ha conferito alle figure un più marcato vigore.

I colpi di luce sulle figure, il pavimento parzialmente in ombra, le scale e le colonne, un fonte battesimale, una croce forse disegnata su un altare, indicano che la scena si svolge in una chiesa.

Cena in Emmaus (Londra) di Caravaggio

Michelangelo Merisi: Cena in Emmaus (Londra)

Cena in Emmaus (Londra) di Caravaggio
Caravaggio: La cena in Emmaus, cm. 196 x 141, Londra, National Gallery.

Sull’opera: “Cena in Emmaus” è un dipinto autografo di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1602, misura 196,2 x 141 cm. ed è custodito nella National Gallery di Londra. 

Il dipinto in esame è stato probabilmente commissionato da Ciriaco Mattei come testimonia in parte una documentazione del 7 gennaio 1602.

In esso si evidenzia una pittura fortemente influenzata dalla tradizione veneta e lombarda. Il Caravaggio, infatti, vuole dare risalto alla natura morta sul tavolo, posta in primo piano, integrando realismo e simbolismo in un unico linguaggio.

Nel dipinto, il pollo con le zampe stecchite interpreta la morte, l’uva bianca la resurrezione, ed i pomi il peccato. L’ombra del canestro potrebbe essere stata dipinta volutamente a forma di coda di pesce, un altro simbolo di Cristo.

Narciso (Galleria Nazionale) di Caravaggio

Michelangelo Merisi: Narciso (Galleria Nazionale)

Narciso (Galleria Nazionale) di Caravaggio
Caravaggio: Narciso, cm. 92 x 112, Galleria Nazionale, Roma.

La foto sopra raffigurata è a bassa risoluzione, inserita al solo scopo didattico

Sull’opera: “Narciso” è un dipinto autografo di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, realizzato con tecnica a olio su tela tra gli anni 1597-1599, misura 92 x 112 cm. ed è custodito a Palazzo Barberini nella Galleria Nazionale d’Arte Antica a Roma. 

Alcuni esperti di Storia dell’arte attribuirono la paternità del Narciso in esame a diversi pittori, tra cui ricordiamo Orazio Gentileschi, Niccolò Tornioli e Spadarino.

L’autografia fu riconsegnata al Caravaggio da Roberto Longhi. Infatti, la trasfigurazione di questo episodio mitologico, ambientato in epoca di fine Cinquecento, evidenzia quella spontaneità che è certamente affine alle tematiche caravaggesche.

Biografia di Caravaggio e i guai con la giustizia

Biografia di Caravaggio e i guai con la giustizia

Pagine correlate all’artista: Descrizione di alcune opere di Caravaggio – Elenco delle opere – Cenni biografici e critica – Il periodo artistico – Bibliografia.

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L’assassinio di Ranuccio Tomassoni

Santa Caterina d’Alessandria, cm. 173 x 133, Madrid, Collezione von Thyssen.
Caravaggio: Santa Caterina d’Alessandria, cm. 173 x 133, Madrid, Collezione von Thyssen.

Durante la sua permanenza a Roma presso la dimora del cardinal Del Monte a Palazzo Madama, il Caravaggio – in data 28 novembre 1600 – fu coinvolto in una pesante diatriba che lo portò ad un usare il bastone contro Girolamo Stampa da Montepulciano, che a quel tempo anch’esso era ospite dell’alto prelato. Ne conseguì una denuncia per aggressione.

Dato il carattere ribelle e violento del pittore, gli episodi con risse si fecero via via sempre più frequenti, tanto che più volte esso si trovò in stato di fermo presso le carceri di Tor di Nona [Papa, op. cit., p. 94]. Per tal motivo si pensa che quello di Palazzo Madama fosse stato soltanto uno dei numerosissimi episodi dell’irrequieto pittore. Infatti il Bellori (1613–1696), uno dei suoi più affidabili antichi biografi, scriveva che intorno al triennio 1590-92 il Merisi, già altre volte identificato in risse tra bande giovanili, avesse commesso un omicidio e fosse quindi fuggito da Milano alla volta di Venezia e poi a Roma.

La Maddalena, cm. 122,5 x 98,5, Roma, Galleria Doria Pamphili.
Caravaggio: La Maddalena, cm. 122,5 x 98,5, Roma, Galleria Doria Pamphili.

Come già accennato in precedenza, nella città lagunare l’artista volle entrare a diretto contatto con la pittura locale studiandone i principali protagonisti, soprattutto il Giorgione. Il suo itinerario però, in base a tali fatti, sarebbe dovuto alla conseguenza di una fuga e non di un viaggio precedentemente organizzato [Bellori, op. cit., p. 215].

Nel 1602 realizzò la “Cattura di Cristo” (National Gallery of Ireland di Dublino) e “Amor vincit omnia” (Staatliche Museen di Berlino).

Nel 1603 fu querelato per diffamazione dal pittore Giovanni Baglione e dovette affrontare il relativo processo che vedeva imputati anche i suoi seguaci, Onorio Longhi e Orazio Gentileschi, entrambi colpevoli di aver riportato per scritto alcune rime offensive nei confronti del denunciante. Grazie all’influente interessamento dell’ambasciatore francese, il Caravaggio, che già stava scontando la condanna del carcere, venne liberato e quindi trasferito agli arresti domiciliari. Secondo Papa [cit., p. 125] in precedenza il pittore aveva scontato a Tor di Nona un mese di carcere. Altri guai con la legge lo portarono in prigione più volte tra il maggio e l’ottobre del 1604 per possesso abusivo d’armi ed ingiurie alle guardie locali; inoltre non mancano querele più lievi come ad esempio quella del garzone d’osteria a cui aveva scaraventato nel viso un piatto di carciofi [Calvesi 1986, op. cit., p. 8]

Nel 1605 dovette rifugiarsi a Genova per quasi un mese dopo aver avuto ferito gravemente per motivi passionali il suo rivale in amore, il notaio Mariano Pasqualone da Accumuli. La donna contesa era Lena, l’amante dello stesso Caravaggio [Papa, op. cit., p. 124]. Anche questa volta con l’intervento dei suoi protettori si riuscì ad insabbiare l’episodio. Al suo ritorno a Roma il pittore dovette affrontare un’altra querela: Prudenzia Bruni, sua padrona di casa, si era rivolta alla giustizia perché non riceveva il soldi per l’affitto; per ripicca, il pittore lanciò nottetempo una serie di sassate alla sua finestra, accumulando un’altra querela. Nel novembre dello stesso anno, l’artista fu ricoverato per una ferita, che a sua detta gli venne provocata cadendo sulla propria spada [Papa, op. cit., p. 124].

L’episodio più grave, quello relativo al famoso assassinio, si consumò a Campo Marzio in data 28 maggio 1606: quella sera nel corso di una partita di pallacorda (un gioco che può essere avvicinato all’attuale tennis), in seguito ad una discussione sul fallo di un giocatore, il Caravaggio, subendo una ferita, reagì uccidendo il rivale Ranuccio Tomassoni da Terni, con il quale già in precedenza aveva avuto aspri contrasti.

Quello del fallo fu certamente soltanto un pretesto, dato che alla base dei continui litigi fra i due c’era di mezzo anche una donna, Fillide Melandroni, contesa da entrambi. Inoltre, da un’attenta analisi sulle cause del fatto, risulterebbe che dietro l’assassinio di Ranuccio ci fossero anche questioni legate a debiti di gioco dell’artista e/o motivi politici: la famiglia dell’ucciso era infatti filo-spagnola, mentre il Merisi aveva come protettore l’ambasciatore francese [Papa, op. cit., pp. 127-128]. Caravaggio fu condannato alla pena capitale: decapitazione, che poteva esser eseguita in qualsiasi posto e da chi lo avesse soltanto riconosciuto.

Nelle opere successive alla condanna compaiono spesso personaggi a cui viene mozzata la testa, dove appare spesso il suo macabro autoritratto invece che quello del condannato raffigurato [Papa, op. cit., p. 130].

La cena in Emmaus, 141 x 175 cm. Pinacoteca di Brera, Milano.
Caravaggio: La cena in Emmaus, 141 x 175 cm. Pinacoteca di Brera, Milano.

Vivere nella capitale era quindi diventato impossibile ed il Caravaggio doveva fuggire dalla città. Ad aiutarlo fu il principe Filippo I Colonna che gli offrì ospitalità in uno uno dei suoi feudi laziali di Marino, Zagarolo, Palestrina e Paliano [Papa, op. cit., p. 130]. Inoltre il nobile romano architettò una laboriosa serie di depistaggi, grazie anche all’appoggio dei suoi parenti più stretti che testimoniarono la presenza dell’artista in varie città italiane, facendo perciò perdere le tracce del celebre ricercato. In quel periodo il Merisi realizzò per i Colonna varie opere, tra le quali spicca “Cena in Emmaus”, quella attualmente nella Pinacoteca di Brera [Papa, op. cit., pp. 130-13]

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La biografia di Caravaggio e il soggiorno romano

La biografia di Caravaggio e il soggiorno romano.

Pagine correlate all’artista: Descrizione di alcune opere di Caravaggio – Elenco delle opere – Cenni biografici e critica – Il periodo artistico – Bibliografia.

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Il soggiorno romano di Caravaggio

I rapporti con il cardinal Del Monte:

In questo periodo il Merisi strinse una forte amicizia con Prospero Orsi (meglio conosciuto come Prosperino delle Grottesche), che nel 1595 lo mise in contatto con il cardinale Francesco Maria Del Monte.

L’alto prelato, grandissimo intellettuale ed appassionato d’arte, affascinato dalla pittura del giovane artista che aveva appena conosciuto, acquistò alcune sue opere e poco più tardi lo volle al suo servizio, ove vi rimase per circa tre anni.

Secondo Bellori il cardinale «ridusse in buono stato Michele e lo sollevò dandogli luogo onorato in casa fra i gentiluomini» [Bellori, op. cit., p. 210].

Caravaggio: Il riposo nella fuga in Egitto
Caravaggio: Il riposo nella fuga in Egitto

La notorietà di Caravaggio, grazie al suo influente protettore, cominciò a farsi largo verso i più importanti ambienti dell’alta nobiltà romana.

La nuova pittura, inedita e rivoluzionaria, scosse non poco i salotti più importanti dell’arte e della cultura in genere e fu oggetto di accese discussioni. Naturalmente tutto questo contribuiva ad aumentare le committenze, che a distanza di breve tempo, grazie anche all’interessamento dell’illuminato ed influente alto prelato, fecero sì che il pittore abbandonasse la ritrattistica e le tele di piccole dimensioni per dedicarsi a pieno ritmo all’esecuzione di composizioni ben più complesse ed articolate, con gruppi di varie figure armoniosamente interagenti tra loro, descrivendo all’interno di un contesto l’episodio richiesto dal committente. Tra le prime opere di questo nuovo periodo spicca il “Riposo durante la fuga in Egitto”.

In pochi anni la fama di Caravaggio crebbe in modo vorticoso, tanto che la sua pittura divenne il modello per un’intera generazione di artisti, anche fuori dall’ambito romano, che ne decantava linguaggio e tematiche.

Il martirio di San Matteo
Il martirio di San Matteo, cm. 323 x 343, Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma.

Nel 1599, sempre grazie al diretto interessamento del cardinale Francesco Maria Del Monte, al Caravaggio vennero affidati i primi incarichi pubblici per la realizzazione di quattro grandi tele destinate alla Cappella Contarelli nella chiesa di San Luigi dei Francesi (la “Vocazione” ed il “Martirio di San Matteo”) e alla cappella di Monsignor Tiberio Cerasi nella basilica di Santa Maria del Popolo (la “Crocefissione di san Pietro” e la “Conversione di san Paolo”), entrambe a Roma.

San Matteo e l’angelo, cm. 295 x 195, Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma.
San Matteo e l’angelo, cm. 295 x 195, Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma.

Contemporaneamente gli fu commissionata una terza composizione (“San Matteo e l’angelo”) per la chiesa di San Luigi dei Francesi. Il pittore, dall’indole decisa ed impavida, nonostante fosse a conoscenza del gusto estetico della committenza, preferì inserire in quel contesto dei soggetti popolari, affinché meglio potessero esprimere la reale drammaticità degli eventi rappresentati, rafforzando così i valori spirituali della corrente pauperistica presente all’interno del cattolicesimo. Fu così che l’opera venne rifiutata e l’artista dovette, nel 1602, realizzarne una nuova (attualmente in loco). La prima versione dopo vari passaggi finì in Germania ove fu distrutta durante la seconda guerra mondiale.

Anche le due tele per la cappella Cerasi della basilica di Santa Maria del Popolo vennero rifiutate dai commissionari e il Caravaggio dovette venderle al cardinal Giacomo Sannesio [Vita e opere di Caravaggio].

Il Bellori, nel descrivere l’episodio del rifiuto del “San Matteo e l’angelo”, introduce un altro autorevole personaggio che diventerà poi un altro importante protettore di Caravaggio: «Qui avvenne cosa, che pose in grandissimo disturbo, e quasi fece disperare Caravaggio in riguardo della riputazione; poiché avendo egli terminato il quadro di mezzo di San Matteo e postolo sù l’altare, fu tolto via dai Preti, con dire che quella figura non aveva decoro, né aspetto di santo, stando à sedere con le gambe incavalcate, e co’ piedi rozzamente esposti al popolo. Si disperava il Caravaggio per tale affronto nella prima opera da esso pubblicata in chiesa, quando il Marchese Vincenzo Giustiniani si mosse à favorirlo, e liberollo da questa pena; poiché interpostosi con quei Sacerdoti, si prese per sé il quadro, e glie ne fece fare un altro diverso, che è quello che si vede ora sul’altare » [Bellori, op. cit., p. 212].

Il marchese Giustiniani (1564 – 1637), infatti, era un facoltoso banchiere genovese che aveva stretti rapporti con gli ambiti della corte pontificia (era anche vicino di casa del cardinal Del Monte, visto che abitava in palazzo Giustiniani con il fratello Benedetto Giustiniani, anch’esso cardinale) e fu protettore dell’artista per un lungo periodo. Esso non si limitò a collezionare le opere del Caravaggio ma contribuì soprattutto allo sviluppo culturale del pittore. In diverse occasioni, proprio grazie alle sue importanti conoscenze, riuscì a risolvere alcune pesanti questioni legali nelle quali l’artista era spesso implicato per via del suo carattere aggressivo [Papa, op. cit., pp. 111-114].

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Biografia e vita artistica di Caravaggio

Biografia di Caravaggio (1571 – 1610)

Pagine correlate all’artista: Descrizione di alcune opere di Caravaggio – Elenco delle opere – Cenni biografici e critica – Il periodo artistico – Bibliografia.

La giovinezza e la formazione (1571-1595)

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Il famoso ritratto del Caravaggio realizzato nel 1621 da Ottavio Leoni.

Michelangelo Merisi nacque a Milano il 29 settembre 1571 da Fermo Merisi e Lucia Aratori, entrambi nativi nella piccola cittadina di Caravaggio, in provincia di Bergamo, dove i due si erano conosciuti e quindi sposati.

Il giorno della nascita dell’artista è dubbio ma da un documento dell’archivio parrocchiale della basilica di Santo Stefano Maggiore, dove egli fu battezzato in data 30 settembre, si ricava che tale giorno può essere considerato abbastanza verosimile: “«Adi 30 fu bat[tezzato] Michel Angelo f[ilio] de D[omino] Fermo Merixio et d[omina] Lutia de Oratoribus. Compare Francesco Sessa» [Cfr. Sole24ore, inserto della domenica, 25 febbraio 2007].

Ragazzo con canestro di frutta, cm. 70 x 67, Roma, Galleria Borghese.
Caravaggio: Ragazzo con canestro di frutta, cm. 70 x 67, Roma, Galleria Borghese.

Nel 1577 i Merisi si allontanarono da Milano per sfuggire alla peste, che in quel periodo imperversava in gran parte delle zone del milanese, e si trasferirono a Caravaggio pensando di allontanare le possibilità di contagio, ma qui morirono il padre e i nonni dell’artista.

La vedova con a seguito i suoi quattro figli ritornò nel capoluogo lombardo nel 1584 e, poco dopo, il figlio Michelangelo, appena tredicenne venne accolto nella bottega del bergamasco Simone Peterzano [Papa, op. cit., p. 18], un pittore di scuola veneta (questi fu anche allievo di Tiziano) di stampo tardomanierista. Il contratto di apprendistato, firmato dalla madre e datato 6 aprile 1584, prevedeva un compenso di poco più di quaranta scudi d’oro.

Narciso, cm. 112 x 92, Galleria Nazionale, Roma.
Caravaggio: Narciso, cm. 112 x 92, Galleria Nazionale, Roma.

Il giovane pittore fece apprendistato in quella bottega per circa quattro anni, dove apprese lo stile della pittura della scuola lombarda e veneta. Nelle “Considerazioni sulla pittura” del 1621 di Giulio Mancini, uno dei suoi più importanti biografi, si narra della sua infanzia, mettendo in evidenza il suo forte carattere già in quei primi anni di vita artistica: «… Studiò in fanciullezza per quattro o cinque anni in Milano, con diligenza ancorché di quando in quando, facesse qualche stravaganza causata da quel calore e spirito così grande …».

Poco si sa sul seguito dell’apprendistato del giovane Merisi, soprattutto negli anni successivi alla scadenza del contratto con Peterzano, fino al 1592, anno in cui si trasferì a Roma: di tale periodo, infatti, risulta alquanto difficoltoso il riconoscimento delle fonti che influenzarono il suo linguaggio pittorico.

Il sacrificio di Isacco, cm. 104 x 135, Uffizi, Firenze.
Caravaggio: Il sacrificio di Isacco, cm. 104 x 135, Uffizi, Firenze.

Alcuni studiosi ipotizzano però che prima del soggiorno romano ci fosse stato un trasferimento da Milano a Venezia per avere contatti più diretti con le opere di grandi esponenti della pittura come Tiziano, Giorgione e Tintoretto. [Storia dell’Arte, op. cit., p. 5]. Secondo il Longhi, che non vedeva di buon occhio la tesi del soggiorno veneto, ciò che contribuì molto allo sviluppo del futuro stile di Caravaggio fu la sua ricerca giovanile sulla pittura dei maestri lombardi, soprattutto quelli dell’ambito bresciano, tra i quali si possono citare Vincenzo Foppa (1427 circa – 1515 circa), Giovanni Gerolamo Savoldo (Brescia, 1480 circa – post 1548), Bergognone (1453 – 1523), Moretto (Brescia, 1498 circa – 1554) e il Romanino (Brescia, 1484 circa – 1566 circa), che lo stesso Longhi definiva con il termine “precaravaggeschi”. Per lo studioso il linguaggio di questi pittori sarebbe stato il punto di riferimento di quelli che furono i capisaldi della futura arte caravaggesca. Proprio dallo studio di questi artisti, dei quali – sempre secondo il Longhi – il capostipite viene in identificato in Vincenzo Foppa, sarebbero iniziate le rivoluzionarie rappresentazioni luministiche e naturalistiche (queste ultime in netto contrasto con gli elementi aulici rinascimentali) dei soggetti dipinti: elementi di base della pittura di Caravaggio.

Come già sopra accennato, nel 1592 il Merisi si recò a Roma. Qui entrò in contatto con diversi artisti locali, primo tra i quali Lorenzo Carli, un pittore di origine siciliana la cui produzione era destinata soltanto alle fasce più modeste del mercato romano.

Più tardi ebbe un breve sodalizio con il pittore locale Antiveduto Gramatica (1570 – 1626) e, infine, conobbe Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino (1568 – 1640), che frequentò per diversi mesi fino al giorno in cui fu ricoverato per una malattia presso l’ospedale della Consolazione [Papa, op. cit., p. 44].

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Riposo durante la fuga in Egitto (Galleria Pamphili) di Caravaggio

Caravaggio (Michelangelo Merisi): Riposo durante la fuga in Egitto (Galleria Pamphili)

Il Caravaggio: Riposo nella fuga in Egitto
Caravaggio (Michelangelo Merisi): Riposo nella fuga in Egitto, cm. 135,5 x 166,5, Roma, Galleria Pamphili.

Sull’opera: “Riposo durante la fuga in Egitto” è un dipinto autografo di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, realizzato con tecnica a olio su tela tra il 1595 ed il 1596, misura 135,5 x 166,5 cm. ed è custodito nella Galleria Pamphili a Roma. 

Il committente dell’opera è sconosciuto. Qualche studioso pensa a personalità nel mondo della musica, appartenente agli ambienti degli Oratoriani di San Filippo Neri.

Alcuni inserti di natura morta confermano la cultura artistica veneta e lombarda del pittore.

Qualche critico di storia dell’arte si è spinto perfino a riconoscere nello spartito musicale un’aria ispirata al Cantico dei Cantici.

L’atmosfera del dipinto è di grande calma e serenità, gli ingredienti di un sereno riposo.

Il cromatismo, caldo ed avvolgente, invita a sognare. Bellissimo è l’angelo musicista e bellissimo lo sfondo. Rari sono gli sfondi paesaggistici nella pittura caravaggesca.

Natività (perduta per furto) di Caravaggio

Michelangelo Merisi: Natività (perduta per furto)

Il Caravaggio: Natività (perduta per furto)
Caravaggio: La natività con i santi Francesco e Lorenzo cm. 298 x 197 (già nella Chiesa di San Lorenzo Palermo, poi trafugato e non più ritrovato).

Quest’opera è stata dipinta con tecnica ad olio su tela e misura 268 x 197 cm. Non sappiamo dove attualmente si trovi, essendo stata trafugata nel 1969 dall’oratorio di San Lorenzo a Palermo.

Il quadro sarebbe stato commissionato nel 1609 dalla Compagnia dei Cordiglieri e Bardigli e subito realizzato nel supposto breve soggiorno palermitano del Caravaggio. Fonti e studi recenti indicano invece l’anno 1600 e, altresì, che la tela fu commissionata a Roma dal commerciante Fabio Nuti, quindi realizzata nella stessa capitale e non a Palermo.

Nella tela è raffigurata la Natività con un’autentica narrazione realistica che rende “palpabile” la scena.

Tutte le figure delle Madonne e dei santi venivano prese da modelli prelevati dagli ambienti della povertà e, talvolta da quelli della degenerazione: prostitute, compagni d’osteria e personaggi conosciuti durante la sua fuga peregrinante il largo e lungo per la penisola.

Quello che in quest’opera viene messo in evidenza è la spontaneità che ogni personaggio manifesta. La Madonna è rivolta verso il Bambino con uno sguardo malinconico. San Giuseppe è ripreso di spalle avvolto in uno strano manto verde; San Francesco, sulla destra della Madonna in atteggiamento di orazione, ha lo sguardo rivolto verso il Bambino, mentre alla sua destra è raffigurato un personaggio che sembra stia dialogando con lo stesso San Giuseppe. Non è ben visibile la testa dell’asino mentre quella del bue spicca sulla sinistra della Madonna. L’ angelo raffigurato in alto rappresenta il simbolo della gloriosa divinità.

Per quanto riguarda il furto, è probabile sia stato commissionato dalla Mafia. Ne ha parlato Marino Mannoia (mafioso e collaboratore di Giustizia) durante il processo Andreotti, ma non c’è la certezza che si trattasse della stessa opera.

Dalle ultime voci (2009) si ricava che l’opera, nascosta precariamente in una stalla fuori città e senza alcuna protezione, fu probabilmente mangiata da topi e dai maiali. I miseri resti della composizione sarebbero stati in seguito bruciati.

Natività di altri Grandi Maestri.

Sette opere di misericordia di Caravaggio

Sette opere di misericordia di Michelangelo Merisi

Il Caravaggio: Sette opere di misericordia
Sette opere di misericordia, cm. 390 x 260, Chiesa del Pio Monte della Misericordia, Napoli.

Sull’opera: “Sette opere di misericordia” è un dipinto realizzato tra il 1606 ed il 1607 con la tecnica ad olio su tela, misura 390 x 260 cm. ed è custodito a Napoli nella Chiesa del Pio Monte della Misericordia.

La composizione in esame fu commissionata dalla stessa congregazione  del Pio Monte alla quale era iscritto anche Luigi-Carafa-Colonna (lo stesso presupposto committente della Madonna del Rosario.

Le stette opere di beneficenza

Nel dipinto sono raffigurate le sette opere di misericordia

  1. Seppellire i morti: È raffigurato sulla destra il trasporto di un cadavere di cui si vedono soltanto i piedi nudi.

  2. Visitare i carcerati: Cimmone condannato a morte per i morsi della fame in galera fu nutrito dal latte della figlia Pero e poi graziato proprio per questa ragione.

  3. Dar da mangiare agli affamati: comprende la stessa raffigurazione del carcerato alimentato dalla figlia.

  4. Vestire gli ignudi: L’immagine di un cavaliere (in questo caso un San Martino di Tours) che offre il mantello ad un uomo raffigurato con le spalle completamente nude in atteggiamento michelangiolesco.

  5. Curare gli infermi: Sempre a San Martino è collegata la figura in basso dello storpio.

  6. Dar da bere agli assetati: Sansone che beve dalla mascella i un asino.

  7. Ospitare i pellegrini: l’uomo sul lato estremo sinistro che sta indicando qualcosa all’esterno ed un altro con l’attributo della conchiglia sul cappello sono riconoscibili come un pellegrini. La conchiglia sul cappello è il simbolo del pellegrinaggio a Santiago de Compostela.

Madonna di Loreto (in Sant’Agostino) di Caravaggio

Michelangelo Merisi: Madonna di Loreto (in Sant’Agostino)

Il Caravaggio: Madonna di Loreto (in Sant'Agostino)
Michelangelo Merisi: La Madonna di Loreto, cm. 260 x 150, Chiesa di Sant’Agostino, Roma.

Sull’opera: “Madonna di Loreto”, conosciuta anche come la “Madonna dei Pellegrini”, è un dipinto autografo di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1604-06, misura 260 x 250 cm. ed è custodito a Roma nella Cappella della chiesa di Sant’Agostino. 

Nel quadro sono raffigurati la Madonna vestita da popolana che tiene in braccio il Bambino Gesù e due pellegrini scalzi in atteggiamento devoto.

Subito dopo la sua esposizione al pubblico, l’opera diventa oggetto di rumorose polemiche per la bella messa in mostra dei piedi nudi e rigonfi del pellegrino in primo piano, nonché per le fatiscenti mura appartenenti alla casa della Madonna la cui modella è Lena, una prostituta ed amante dello stesso Caravaggio.

Particolare

Particolare del volto della pellegrina
Particolare del volto della pellegrina