Natività Allendale del Giorgione

Giorgione: Natività Allendale

Giorgione: Natività allendale
Giorgione: Natività Allendale, cm. 89 x 111,5 National Gallery di Washington.

Al secondo elenco opere del Giorgione

        Sull’opera: “Natività Allendale”, o “Adorazione Beaumont”, o “L’adorazione dei pastori”, è un dipinto autografo del Giorgione, realizzato con tecnica ad olio  su tavola, presumibilmente intorno al 1505, misura 89 x 111,5 cm. ed è custodito nella National Gallery di Washington.

Anche in questa tavola, come in quella raffigurata nella pagina precedente (Adorazione dei Magi), i personaggi della tradizione evangelica sono raffigurati all’esterno (qui, dinnanzi ad una grotta naturale) in una paesaggistica prettamente “veneta”, dove non mancano armoniosi effetti luministici del tipo crepuscolare. Alcune piccole figure si intravedono nel fondo, come quella assisa dinnanzi alla grande entrata di un edificio con un caratteristico tetto, o quella di un fanciullo che si diverte aggrappandosi al tronco dell’albero ubicato al centro, alle spalle del pastore in piedi.

Gli studiosi moderni di Storia dell’arte tendono ad identificare l’opera in esame nella “Notte” (“Nocte” di casa Beccare), citata da T. Albano in una missiva, del 7 novembre 1510, inviata ad Isabella Gonzaga, nella quale rispondeva alle richieste della marchesa circa la “Nocte” di un pittore morto da poco tempo, confermandone la morte (vedi sotto).

Sembrerebbe, invece, che quell’opera sia appartenuta a Giovanni Grimani (il documento – ibid – indica anche che nel 1563 l’opera fu stimata 10 ducati da Paris Bordone), e che poi passò alle raccolte di Giacomo II d’Inghilterra (1633-1701).

Cosa certa è che agli inizi dell’Ottocento la tavola si trovava a Roma presso il cardinale Fesch (Antoine Ricard, arcivescovo di Lione, 1763-1839), che lo vendette (1845) come opera autografa di Giorgione. Più tardi passò nella collezione Beaumont a Londra, poi nella raccolta del visconte Allendale (dal quale prese il titolo).

Infine fu venduto a Duveen, il quale lo passò a S. H. Kress; questi lo fece pervenire, in donazione, alla National Gallery di Washington. L’attribuzione al Giorgione, che in seguito si trasformò in autografia, ha sempre trovato l’accordo quasi universale fra gli studiosi.

Le opere della serie Allendale si evidenziano per la morbidezza della stesura coloristica, riferita soprattutto a nuovissime valenze atmosferiche, perseguita con armoniosi effetti di luce-ombra che non hanno certamente bisogno della definizione del tratto.  Ma è soprattutto la freschezza compositiva a caratterizzare queste meravigliose opere.

La lettera della marchesa Isabella d’Este, inviata a Taddeo Albano il 25 ottobre 1510:

“Sp. Amice noster Charissime:
“Intendemo che in le cose et heredità de Zorzo da Castel-francho picìore se ritrova una pictura de una nocte, molto bella et singolare: quando cossi fusse, desideraressimo riaverla, però vi pregamo che voliati essere cum Lorenzo da Pavia et qualche altro che habbi judicio et designo, et vedere se l’è cosa exellente, et trovando de si operiati il megio; del m.co m. Carlo Valerio, nostro compatre charissimo, et de chi altro vi parerà per apostar questa pictura per noi, intendendo il pre-cio et dandone aviso. Et quanto vi paresse de concludere il mercato, essendo cosa bona, per dubio fion fusse levata da altri, fati quel che ve parerà: che ne rendemo certe fareti cum ogni avantagio e fede et cum bona consulta …     “Mantue XXV oct. MDX” (A. Luzio, “Archivio storico dell’arte” 1888)

La lettera con la risposta di Taddeo Albano, inviata alla marchesa Isabella d’Este il 7 novembre 1510:

“Ill.ma et Exc.ma M.a mia obser.ma.
‘Ho inteso quanto mi scrive la Ex. V. per una sua de XXV del passetto, facendome intender haver inteso ritrovarsi in le cosse et eredità del q. Zorzo de Castelfrancho una pictura de una notte, molto bella et singulare; che essendo cossi si deba veder de haverla. A che rispondo a V. Ex. che ditto Zorzo morì più di fanno da peste, et per voler servir quella ho parlato curo alcuni miei amizi, che riavevano grandissima praticha curn lui, quali mi affirmano non esser in ditta heredità tal pictura. Ben è vero che ditto Zorzo ne feze una a m. Thadeo Contarini, qual per la informatione ho autta non è molto perfecta sichondo vorebe quella. Un’altra pictura de la nocte feze ditto Zorzo a uno Victorio Becharo, qual per quanto intendo è de meglior desegnio et meglio finita che non è quella del Contarini. Ma esso Becharo al presente non si atrova in questa terra, et sichondo m’è stato afirmatto ne l’una ne l’altra non sono da vendere per pretio nesuno, però che li hanno fatte fare per volerle godere per loro: si che mi doglio non poter satisfar al dexiderio de quella …     “Veneliis VII novembris 1510” (A. Luzio, “Archivio storico dell’arte” 1888).

Natività di altri Grandi Maestri.

Natività allendale - Particolare dello sfondo paesaggistico sulla sinistra

Particolare dello sfondo paesaggistico sulla sinistra

15 Giorgione - Natività allendale - sfondo paesaggistico sulla zona centrale

Particolare dello sfondo paesaggistico sulla zona centrale della tavola

Natività allendale - Particolare della Madonna con San Giuseppe

Particolare della Madonna con San Giuseppe

Madonna leggente (Oxford) del Giorgione

Giorgione: Madonna leggente (Oxford)

Giorgione: Madonna leggente (Oxford)
Giorgione: Madonna leggente, cm. 76 x 60, Ashmolean Museum di Oxford.

Al secondo elenco opere del Giorgione

        Sull’opera: “Madonna leggente” è un dipinto autografo del Giorgione, realizzato con tecnica mista su tavola, probabilmente intorno al 1505, misura 76 x 60 cm. ed è custodito nell’Ashmolean Museum di Oxford.

Sulla sinistra, l’apertura di una finestra, dalla quale riconoscono, la riva degli Schiavoni, il Palazzo Ducale ed il campanile di San Marco (quest’ultimo, naturalmente, senza la cuspide cinquecentesca).

L’opera in esame viene identificata certamente, sia col dipinto appartenente al duca di Tallard, già attribuito all’artista e venduto nel 1756 a Parigi (di cui la dicitura: “La Vierge, assise lisant, l’Enfant Jésus est devant elle. Dans le fond on apercoit la Place de S. Marc de Venise”), sia con quello appartenente – nel 1800 – ai conti di Cathcart, i cui eredi lo lo affidarono ad una “vendita” a Londra nel 1949, sotto il nome di Giovanni Busi detto il Cariani (1485-1547).

L’opera, infine, venne acquistata dal Museo di Oxford che subito dopo la rivendicò al Giorgione (fonte, Parker nel 1949 seguito da Pallucchini e Gronau).

Il Morassi nel (1951), Lionello Venturi (1954) ed altri studiosi di storia dell’arte, tranne il Berenson [1954], ipotizzarono la mano di un seguace. Si tratta invece di un pregiato recupero, che mette in evidenza con chiarezza il periodo giovanile dell’artista: “Non v’è dubbio che la Madonna di Oxford si innesta agevolmente per confronti stilistici in quel gruppo di dipinti che sono L’Adorazione dei Magi, la Sacra Famiglia Benson-Duveen e l”Adorazione dei pastori già Allendale..: gruppo di opere che antecedono e nello stesso tempo preparano … la Madonna e santi del Duomo di Castelfranco” (Pallucchini).

19 Giorgione - Madonna leggente - Particolare della Madonna

Particolare della Madonna

18 Giorgione - Madonna leggente - Particolare dello sfondo paesaggistico

Particolare dello sfondo paesaggistico

La Giuditta (Leningrado) del Giorgione

Giorgione: La Giuditta (Leningrado)

Giorgione: La Giuditta (Leningrado)
Giorgione: Giuditta, cm. 144 x 66,5, Hermitage, Leningrado.

Al secondo elenco opere del Giorgione

        Sull’opera: “Giuditta” è un dipinto autografo del Giorgione, realizzato con tecnica a olio su tavola (attualmente su tela) nel 1504, misura 144 x 66,5 cm. ed è custodito nel Hermitage, Leningrado (Pietroburgo).

La celebre protagonista biblica sta calpestando con il piede sinistro la testa che ha appena staccato dal corpo di Oloferne con un colpo di spada.

L’opera rimase in Italia per tutto il Cinquecento e grandissima parte del Seicento, quando venne trasferita in Francia dal Foresi.

Nel Settecento appartenne alla collezioni di Bertin; più tardi (1729) alla collezione di Pierre Crozat, il quale la passò in eredità a Louis-Francois Crozat. Alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1772, gli eredi vendettero tutta la pregiata collezione a Caterina II di Russia (Caterina la Grande 1729-1796), insieme alla Giuditta di “Raffaello” (tale era l’attribuzione del dipinto che perdurò fino a gran parte dell’Ottocento).

Nel 1864 il Waagen avanzava l’assegnazione al Moretto da Brescia (Alessandro Bonvicino, 1498-1554). Più tardi il Penther ipotizzò la mano del Giorgione cercando anche l’appoggio del Morelli che , nel 1891, faceva capire di essene alquanto incerto.

Quello del Penther, però, fu un input che persistette a lungo, dando quindi tempo agli altri studiosi di ragionarci sopra, tanto che, poco a poco, l’accolsero completamente interrompendone le varie discussioni.

Il dipinto fu trasferito su tela nel 1838 e, in quell’occasione, gli furono tagliate due fasce di 13 cm. in ciascuno dei lati verticali.

L’opera dovette subire anche un pesante restauro sul volto della donna che era percorso da una spaccatura del vecchio supporto pittorico.

La Pala di Castelfranco del Giorgione

Giorgione: La Pala di Castelfranco

Giorgione: La Pala di Castelfranco
Giorgione: La Pala di Castelfranco, cm. 200 x 152, Chiesa di San Liberale, Castelfranco Veneto.

Al secondo elenco opere del Giorgione

        Sull’opera: “Pala di Castelfranco”, o “Madonna in trono col Bambino, fra i santi Liberale e Francesco” è un dipinto autografo del Giorgione, realizzato con tecnica a olio su tavola (attualmente su tela) nel 1502, misura 200 x 152 cm. ed è custodito nella Chiesa di San Liberale a Castelfranco Veneto.

La Pala della Chiesa di San Liberale, dove è raffigurata la “Madonna in trono col Bambino tra i santi Francesco e Liberale”, all’unanimità dichiarata autografa dagli studiosi di storia dell’arte, sembra riassumere le esperienze quattrocentesche. Esperienze che rimangono tali anche considerando la tradizionale simmetria della struttura compositiva, con la Madonna in un altissimo trono ubicato fra terra e cielo, come quello della Pala Portuense di Ercole de’ Roberti (1450-1496), custodito nella Pinacoteca di Brera.

Una calda, dolce, attenuata ma efficace illuminazione proveniente da destra, conferisce preziose valenze alle snelle ed eleganti figure in una varietà tonale che rende molto bene il senso della plasticità.

La Madonna in trono ha un atteggiamento calmo e rilassato ma il suo viso è pensoso e timido come quello di una fanciulla casta ed innocente.

L’elevazione della Madonna in trono ha più di un significato e rappresenta, oltre che il collegamento fra sacro e profano, il tramite tra terra (la zona in cui stanno i due santi) e l’immenso spazio alle spalle della stessa Vergine, armonizzato dal delicato cromatismo del cielo e dai morbidi candori di alcune nuvole.  Il Bambino, dal fisico agile ed aggraziato, esprime affetto e tenerezza.

Nella figura di San Liberale, completamente ricoperto da una sfolgorante armatura, contrasta il tenero viso del giovinetto con l’equipaggiamento marziale che indossa.

Molti studiosi di storia dell’arte ipotizzarono che il cavaliere armato fosse San Giorgio anziché San Liberale, ma non sembra il caso di discutere sull’identità di quest’ultimo.

Lo stemma, tra i due santi, ai piedi del trono, rappresenta la famiglia del condottiero Tuzio Costanzo, il commissionario della pala. Dovette passare quasi un secolo e mezzo prima che qualche studioso riferisse l’opera al Giorgione.

La prima ipotesi in proposito fu avanzata dal Ridotti nel 1648, che venne accolta all’unanimità e che non fu mai più, in alcun modo, messa in dubbio.

Assai discutibile risulta ancora la sua cronologia: accettando senza riserve il fatto che l’originaria ubicazione fosse stata quella della Cappella Costanzo, alcuni critici – tra i quali il Gronau ed il Ritcher – ipotizzavano che il dipinto fosse stato realizzato prima della morte di Matteo Costanzo (figlio di Tuzio) avvenuta tra il 1503 ed il 1504. Oggi si pensa, invece, che l’obiettivo del committente puntasse proprio a celebrare la scomparsa del figlio Matteo.

Particolari:

22 Giorgione - Pala di Castelfranco - Particolare dello sfondo paesaggistico di sinistra

Particolare dello sfondo paesaggistico di sinistra

23 Giorgione - Pala di Castelfranco - Particolare (cm. 33) della Madonna

Particolare (cm. 33) della Madonna

24 Giorgione - Pala di Castelfranco - Particolare (cm. 24) del Bambino

Particolare (cm. 24) del Bambino

25 Giorgione - Pala di Castelfranco - sfondo paesaggistico di destra

Particolare (cm. 33) dello sfondo paesaggistico di destra

26 Giorgione - Pala di Castelfranco - Particolare (cm. 33) di San Liberale

Particolare (cm. 33) di San Liberale

27 Giorgione - Pala di Castelfranco - Particolare (cm. 41) sotto il trono

Particolare (cm. 41) sotto il trono

28 Giorgione - Pala di Castelfranco - parte inferiore del trono

Particolare (cm. 33) della parte inferiore del trono

29 Giorgione - Pala di Castelfranco - San Francesco

Particolare cm. 33 di San Francesco

Ritratto di Laura (Vienna) del Giorgione

Giorgione: Ritratto di Laura (Vienna)

Giorgione: Ritratto di Laura (Vienna)
Giorgione: Laura, cm. 33,5 Kunsthistorisches Museum, Vienna.

Al secondo elenco opere del Giorgione

        Sull’opera: “Laura”, o “Ritratto di giovane donna” è un dipinto autografo del Giorgione, realizzato con tecnica ad olio su tela (attualmente applicata su tavola) nel 1506, misura 41 x 33,5 cm. ed è custodito nel Kunsthistorisches Museum di Vienna.

Nella tela in esame, quello che più di ogni cosa risalta agli occhi dell’osservatore è la misteriosa espressione della donna – probabilmente una cortigiana – sotto le sembianze di Dafne, oppure una poetessa;  secondo il Ritcher (1937), l’alloro che la circonda si riferisce alla sua incoronazione e costituisce anche l’augurio che questa avvenga. Sono state avanzate anche altre ipotesi, come quella che si trattasse d’una ragazza di nome Laura, che molto probabilmente posò per il Giorgione nella realizzazione della Tempesta.

L’opera viene citata per la prima volta nel 1659, anno in cui apparteneva all’arciduca Guglielmo Leopoldo, a Bruxelles, come dipinto d’autore sconosciuto. Più tardi fu assegnato, in maniera generica, alla “Scuola veneziana”, quindi a Girolamo di Romano detto il Romanino (fonte, Engerth, 1882) ed al Boccaccio Boccaccino (fonte, Adolfo Venturi).

Sempre nello stesso anno, il Dollmayr scoprì sul retro della tela la scritta: “1506 a dì primo zugno fo fatto questo de man de maistro Zorzi (Giorgione) de Chastel fr cholega de maistro Vizenzo Chaena (Catena) ad istanza de misser Giacomo …”. Nel 1908 lo Justi accoglieva il riferimento al Giorgione, ma con molte riserve, e l’ipotesi trovò la sottoscrizione dell’Hourticq [1930], quantunque qualche anno prima, nel 1927, l’autografia fosse ormai stata pienamente confermata dal Longhi.

Da queste date in poi tutti gli studiosi di storia dell’arte, tranne il Ritcher che mantenne i suoi dubbi, si sono trovati in pieno accordo.

Giorgione: bibliografia

Giorgione: bibliografia

Il Giorgione, un artista che seppe vedere e rendere grandissimi effetti, appartiene a quella schiera di pittori-poeti che integrarono la poesia della natura con le meravigliose eleganze della pittura.

Bibliografia:

“Giorgione da Castelfranco”, L. Camavitto, Castelfranco Veneto 1908 (2º ed.).

“L’opera completa di Giorgione” (Classici dell’Arte Rizzoli)., presentazione di Virgilio Lilli. Apparati critici e filologici di Pietro Zampetti, Milano, Rizzoli, 1968.

“La tempesta interpretata. Giorgione, i committenti il soggetto”, Salvatore Settis, Einaudi, 1978.

“Tiziano”, collana “Dossier d’art”, Augusto Gentili, Giunti, Firenze, 1990.

“Giorgione”, Milano, Stefano Zuffi, Electa, 1994.

“Giorgione”, M. Lucco, Milano, 1995.

“Giorgione. Peintre de la brièveté poétique”, J. Anderson, Parigi 1996.

Giorgione, Bergamo 1948. A. Gentili, Giorgione, in Art Dossier n. 148, Giuseppe Fiocco, 1999.

“Giorgione”, Alessandra Fregolent, Electa, Milano, 2001.

“Giorgione da Castelfranco”, A. Ongarato, edizioni Anordest, Treviso. 2009.

“Giorgione”, E.M. Dal Pozzolo, 24 Ore Cultura srl, Milano, 2009.

Citazioni e critica su Giorgione attraverso i secoli

Citazioni e critica su Giorgione attraverso i secoli (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)

Pagine correlate a Giorgione: Cenni biografici sul Giorgione – Giorgione dalle Vite di Vasari in pdf – Le opere di Giorgione – Altre sue opere – La sua pittura – Il suo periodo.

Come hanno parlato di Giorgione gli studiosi di Storia dell’arte:

Giorgione è la primavera dell’arte veneta e della pittura mondiale; è la padronanza sostanziale del colore come mezzo autonomo d’espressione, è la pittura totale, a cui danno mano e cielo e terra; maturata attraverso l’esperienza di quasi un secolo e divenuta coscienza. Dopo aver superato il giambellinismo scolastico, e potenziato l’antonellismo di elezione, anche lo sfondo, rimasto fin allora quasi inerte spettatore delle vicende pittoriche, affidate alla figura e al paesaggio, diventa atmosfera;cioè una delle componenti essenziali del dipinto; elemento del dramma artistico, alla pari degli altri. Tutte le premesse della pittura sono così poste : quelle premesse fortunose che sono ancora alla base della nostra espressione e della nostra sensibilità.      G. Fiocco, Giorgione, 1941.

… Qual che sia il preciso tema del quadro [la Tempesta}, il senso che esso ci da è appunto questo, dell’innestarsi dell’uomo nella natura, del suo vibrare con essa, del suo divenire e del suo annullarsi nella medesima, secondo un concetto di naturismo che sta alla base dell’arte moderna. E poiché queste parole sono qui espresse in pittura per la prima volta, con la verginale fragranza delle idee che sbocciano dall’anima dei poeti, la suggestione che quest’opera esercita è assoluta …
Praticamente la Tempesta è l’opera più personale del Maestro, e quella che meglio esprime il suo stato d’animo imminente di fronte alla natura : e non soltanto per l’insolito concetto della figurazione, il quale appunto perciò è sembrato tanto più misterioso, ma proprio per il trattamento della materia pittorica. Qui il ductus è sciolto in ogni suo movimento : aderente alla fantasia dell’artista e alla realtà della natura da essa fantasia trasfigurata : in un continuo vibrare di linee, intese non già come contorni bensì come fluttuazioni motrici; in un adeguarsi di tono a tono, nella liquidità delle gamme preferite — dall’ocra alla terra rossa, dal verde pallido al turchino e allo smeraldo fondo …       A. Morassi, Giorgione, 1942.

… L’arte di Giorgione è certo complessa negli sviluppi, negli interessi estetici e nei valori culturali, tanto che ha potuto dar luogo, fin dal suo apparire, ad interpretazioni figurative diverse e contraddittorie ed a reazioni molteplici nel campo storiografico. Il gusto di Giorgione non è di carattere così esclusivista come quello del Tintoretto o del Carpaccio : dal nucleo d’ispirazione strettamente legato al colore ed alla luce, cioè al tono, scaturisce un getto sempre nuovo di fantasia, che magari s’indirizza su piani diversi. L’avidità culturale di Giorgione, che sottintende una partecipazione viva alle correnti del suo tempo, ha il dono, com’è dei geni, di realizzarsi ogni volta con un processo puramente fantastico e lirico, in un’opera d’arte perfetta. Ma intanto il risultato pratico di questa sensibilità sempre attiva è di spezzare, per quanto riguarda il campo inventivo, i vincoli della tradizione iconografica quattrocentesca, sia di quella religiosa come di quella profana. Nasce con Giorgione una nuova mitologia di rappresentazioni figurative, dove l’uomo è posto a contatto della natura, tanto che questa talvolta osa trasformarsi in protagonista; una nuova dignità arricchisce la psicologia dei personaggi, i quali, nel loro isolamento, si ricercano in profondità … La sua rivoluzione nel campo artistico non era solo trasformazione di soggetti, ma un rinnovamento totale della sensibilità figurativa.      R. Pallucchini, La pittura veneziana del Cinquecento, 1944.

… dopo avere anche intonato nei Tre filosofi, e nel Tramonto Dona dalle Rose … i primi accenti del classicismo cromatico che spiegherà poco dopo Tiziano giovane, si butta finalmente alle mezze figure ‘senza disegno’, colore soltanto, e crea il sensuale naturalismo dei suoi ritratti mossi in un pretesto d’azione, come V Autoritratto in figura di David, il Guerriero col paggio che gli affibbia l’armatura e altri simili che certamente esistettero e appartennero agli ultimi mesi del maestro e furon cosa quasi moderna, quasi Caravaggio, quasi Velàzquez, quasi Manet.       R. Longhi, Viatico per cinque secoli di pittura veneziana, 1946.

… Se si considera che tutte le opere … di Giorgione sono state compiute in un periodo inferiore a dieci anni, la meraviglia per la differenza di intenti e di tecnica si fa anche maggiore.
Perciò la critica moderna ha tentato di distribuire parecchie pitture ad artisti diversi : Tiziano, Sebastiano del Piombo, Palma e anonimi. Le attribuzioni a Tiziano per le ultime opere di Giorgione potrebbero sostenersi sotto un aspetto puramente tecnico, come si è detto, ma non sotto quello espressivo. Per i medesimi motivi a maggior ragione rimangono esclusi Sebastiano e Palma. E conosciamo troppo l’attività pittorica a Venezia nel principio del Cinquecento per supporre che un anonimo potesse creare capolavori degni di essere attribuiti a Giorgione. Non rimane che ritenere che la diversità delle opere di Giorgione sia inerente al suo stile. Cioè, partito dal gusto di maestri quali Bellini e Carpaccio, egli si è avviato incertamente in diverse direzioni, verso la finezza lineare come verso il tocco pittorico, bruciando in pochi anni le tappe che la pittura veneziana ha percorso in un secolo, improvvisando volta a volta tutto, eccettuato il suo modo di sentire ch’è la sua costante. Ne si dica che Giorgione sia stato più poeta che pittore, anzi proprio perché più poeta degli altri egli ha creato una nuova civiltà pittorica e una nuova visione del mondo. Ne meravigli che un giovane tra i venticinque e i trenta anni, nel compiere questo portento, abbia avuto i suoi momenti di incertezza, di ritorni su sé stesso, di slanci subitanei e di stanchezza. Solo uscendo dai modi tradizionali della critica dello stile, si può giungere alla comprensione della personalità di Giorgione e intendere come abbia profittato di Leonardo e forse di Raffaello, nello stesso tempo che di Hieronymus Bosch; e abbia partecipato alla cultura filosofica del suo tempo, e al modo di sentire la natura espresso da poeti come Giovanni Fontano, Giovanni Cotta e Tacopo Sannazzaro.    L. Venturi, Giorgione, 1954.

Quel raccoglimento intimo delle singole figure, quella sospensività di ogni movimento, quel silenzio sono tutte espressioni del sentimento di Giorgione, in opposizione a quello di Tiziano. Questo esuberante artista nelle prime opere ricerca movimento, gesto eloquente, modelli popolani, drappeggi sovraccarichi, giochi di luce prodotti se non altro da nuvole vaganti, composizioni affollate. … Qui, invece, regna la calma, il concentramento spirituale, il senso spaziale, l’armonia dei ricchi e intensi Colori.            P Gamba, II mio Giorgione, in “Arte veneta”, 1954.

II segreto di Giorgione — al quale tanti misteri e segreti si sono attribuiti — consiste semplicemente nel vedere ‘tutto’ lo spettacolo del mondo come una ‘non tangibile’, ma esclusivamente ‘visibile lontananza’; nel ridurre ‘tutta’ la rappresentazione a ‘puro colore’. E con ciò la pittura diventa veramente e solamente ‘pittura’, rinuncia cioè a qualsiasi pretesa di emulare e di simulare la scultura o peggio di offrire una equivalenza, piuttosto che una immagine, della realtà; supera così l’equivoco rinascimentale della imitazione illusiva della natura, per la quale, seppur qualche valore hanno anche il colore ed il moto (l’insistenza del Vasari sulla bravura di rappresentare quasi il respiro della vita e il tepore della carne), l’impegno preminente resta pur sempre quello del ‘rilievo’     L. Coletti, Giorgione. 1955.

La giovanile freschezza dell’invenzione si sposa …, in questa opera fondamentale [la Pala di Castelfranco], a imponenti novità figurative. Immerse nella vibrante atmosfera d’una natura non architettata a modo di scenografia, come nei dipinti quattrocenteschi, ma vivente come spazio colorato, le figure si muovono con una sicurezza che fa presagire tutto lo sviluppo che porterà poi dai Filosofi al Fondaco dei Tedeschi. In questa rin­novata circolazione di forme, viene naturalmente a dominare il colore, non più inteso come riempitivo di superfici limitate da segni lineari o da piani plastici, ma effuso in una spazialità nuova, che ha gli stessi caratteri del verso libero della canzone cinquecentesca. Così, quella che era stata una scoperta prematura di Giovanni Bellini e di Antonello, e forse soprattutto di Vettor Carpaccio — cioè il valore atmosferico del colore, inteso nel suo continuo variare di toni — diviene il mezzo espressivo dei modi di Giorgione, nella Pala di Castelfranco. È qui il suo fascino straordinario, come di melodia bassa, di accordi soavi, superando tutta quella grammatica quattrocentesca, che ormai non poteva che suonare convenzionale agli stessi suoi inventori.    T. Pignatti, Giorgione. 1955.

Quell’entrare nel mondo della natura e nel mondo dell’animo umano, senza timori e senza ostacoli; quell’accostarsi, direi abbandonarsi, alla visione contemplativa dell’intero Universo :
qui sta appunto la conquista dell’artista. Che poi tale mondo sia stato realizzato con una pittura vibrante di luce, trepidante, viva anch’essa, questo è il secondo dono che il pittore ci ha dato. Quindi alla domanda se davvero Giorgione sia grande, come già i suoi stessi contemporanei intuirono e come sempre è stato ritenuto, bisognerebbe rispondere che lo è anche di più. È vero che le sue opere sono poche, e talune incerte; è vero che le discussioni su di esse continuano e continueranno forse per sempre. Ma una cosa è sicura : egli ha spalancato le porte di un mondo pittorico, quello che più compiutamente è nostro. Ha indicato il cammino alla pittura moderna : voglio intendere da Tiziano a Renoir.    P. Zampetti, Postille alla Mostra di Giorgione, in “Arte veneta”, 1955.

… Quello che possiamo tentare di ricostruire, in quest’ultima testimonianza dell’arte di Giorgione [la Nuda dell’Accademia di Venezia, dal Fondaco dei Tedeschi], è determinante non solo per la fase finale della sua pittura, ma per l’influenza che ebbe nel suo tempo ed oltre il suo tempo. È la logica conseguenza di tutto il cammino intrapreso, della visione altissima del proprio ideale d’artista, anche se ai contemporanei apparve come ‘novità’. E in questo senso il lacerto dell’Accademia è più di una testimonianza. È la certezza che una rottura era avvenuta con la tradizione e che una svolta decisiva viene data per la conquista dell’arte moderna. Con la sicurezza del genio Giorgione ha risolto, nella ‘maniera grande’, il più grave dei suoi problemi, quello che lo accomuna a Michelangelo: la visione dell’uomo dominatore ormai nella natura, anche se prigione a sua volta di un fato di dolore,   P. Della Pergola, Giorgione 1957.

Molto spesso si è voluto vedere nei dipinti di Giorgione lo svilupparsi di un racconto che in realtà non esiste o che è assunto soltanto come pretesto … Il fatto è che in Giorgione si manifesta quello scadere dell’importanza del soggetto, a vantaggio dell’espressione artistica, che anticipa tutta l’arte moderna.         L. Venturi, Giorgione, in “Enciclopedia universale dell’arte”, VII, 1958.

Alla critica 1

bibliografia

Citazioni e itinerario critico di Giorgione

Citazioni e itinerario critico di Giorgione (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)

Pagine correlate all’artista: Cenni biografici su Giorgione – Giorgione dalle Vite di Vasari in pdf – Le opere di Giorgione – Altre sue opere – La sua pittura – Il suo periodo.

Come hanno parlato di Giorgione gli studiosi di Storia dell’arte:

Eccovi che nella pittura sono eccellentissimi Leonardo Vin cio, il Mantegna, Raffaello, Michelangelo, Georgio da Castelfranco: nientedimeno, tutti son tra sé nel far dissimili; di modo che ad alcun di loro non par che manchi cosa alcuna in quella maniera, perché si conosce ciascun nel suo stil essere perfettissimo.   B castiglione, il cortegiano, 1528.

… Georgione da Castel Franco, nostro pittor celeberrimo e non manco degli antichi degno d’onore.   P. pino, Dialogo di pittura, 1548.

… pittor di grande stima …, Giorgio da Castelfranco, di cui si veggono alcune cose a olio vivacissime e sfumate tanto, che non si scorgono ombre.          L. dolce, Dialogo della pittura, 1557

… Aveva veduto Giorgione alcune cose di mano di Lionardo molto fumeggiate e cacciate, come si è detto, terribilmente di scuro. E questa maniera gli piacque tanto, che mentre visse sempre andò dietro a quella, e nel colorito a olio la imitò grandemente. Costui gustando il buono dell’operare, andava scegliendo di mettere in opera sempre del più bello e del più vario che e’ trovava. Diedegli la natura tanto benigno spirito, che egli nel colorito a olio ed a fresco fece alcune vivezze ed altre cose morbide ed unite e sfumate talmente negli scuri, che fu cagione che molti di quegli che erano allora eccellenti, confessassero lui esser nato per metter lo spirito nelle figure, e per contraffar la freschezza della carne viva più che nessuno che dipignesse, non solo in Venezia ma per tutto … venuto poi l’anno circa 1507, Giorgione da Castelfranco … cominciò a dare alle sue opere più morbidezza e maggiore rilievo con bella maniera, usando nondimeno di cacciarsi avanti le cose vive e naturali, e di contraffarle quanto sapeva il meglio con i colori, e macchiarle con le tinte crude e dolci, secondo che il vivo mostrava, senza far disegno, tenendo per fermo che il dipignere solo con i colori stessi senz’altro studio di disegnare in carta fusse il vero e miglior modo di fare ed il vero disegno. Ma non s’accorgeva, che egli è necessario a chi vuoi bene disporre i componimenti, ed accomodare l’invenzione, ch’e’ fa bisogno prima in più modi differenti porle in carta, per vedere come il tutto torna insieme.  G. Vasari, Le Vite 1568.

Nel medesimo tempo, che Firenze per l’opera di Lionardo s’acquistava fama, Vinegia parimente per l’eccellenza di Giorgione da Castel Franco sul Trevigiano facea risonare il nome suo. Questi fu allevato in Vinegia, e attese talmente al disegno, che nella pittura passò Giovanni e Gentile Bellini, e diede una certa vivezza alle sue figure, che parevan vive.   R. borghini, II Riposo, 1584.

È stato felicissimo, Giorgione da Castelfranco, nel dimostrar sotto le acque chiare il pesce, gl’arbori, i frutti & ciò che egli voleva con bellissima maniera.   G. P. lomazzo, Trattato dell’arte della pittura, 1584.

Zorzon, ti è sta el primo, che ‘1 se sa, A far maravegie [meraviglie] in la Pitura; E, fin che ‘1 Mondo, e le persone dura, Sempre del fato too [tuo] se parlerà. Fina ai to zorni tuti quei Pitori Ha fato de le statue, respetive [in confronto] A ti, che ti ha forma figure vive; L’anima ti gh’ha infuso coi colori. … No digo che Lunardo [Leonardo] no sia sta (Per cusì dir) el Dio de la Toscana : Ma anche Zorzon la strada veneziana Con eterna sua gloria ha caminà.    M. boschini, La carta del navigar pittoresco, 1660.

Nel colorito trovò poi quell’impasto di pennello così morbido, che nel tempo addietro non fu; e bisogna confessare, che quelle sue pennellate sono tanta carne mista col sangue : ma con maniera così pastosa, e facile, che più non può dirsi finzione pittoresca, ma verità naturale; perché nel sfumar de dintorni (che ancora il Naturale si abbaglia), nel collocar chiari e mezze tinte, nel rosseggiar, abbassar & accrescer di macchie, fece un’armonia così simpatica e veridica, che bisogna chiamar la Natura dipinta, naturalizata la Pittura. L’Idee di questo Pittore sono tutte gravi, maestose, e riguardevoli, corrispondenti appunto a quel nome di Giorgione, e per questo si vede il suo genio diretto a figure gravi, con Berettoni in capo, ornati di bizzare pennacchiere, vestiti all’antica, con camicie che si veggono sotto a’ giupponi, e questi trinciati con maniche a buffi, bragoni dello stile di Gio. Bellino, ma con più belle forme : i suoi panni di Seta, Velluti, Damaschi, Rasi strisciati con fascie larghe; altre figure con Armature, che lucono come specchi; e fu la vera Idea delle azioni humane.   M. boschini, Le ricche miniere della pittura veneziana, 1674.

È noto ad ognuno che Giorgio, ovvero Giorgione da Castelfranco, fu il primo fra’ nostri a disciorre la pittura dalla ristretta condizione in cui trovavasi a’ giorni suoi. Egli fu in fatti che le diede il vero carattere d’arte; e lasciando spaziare il genio a sua voglia si partì dalla diritta via della semplice ragione, maestra della sola scienza; e aggiunse alle sode cognizioni gli arbitrii della fantasia e del capriccio, per allettare e piacere. Conosciuti appena gli ottimi principii, cominciò a sentire la grandezza del proprio genio, ripieno di fuoco, e di certa naturale violenza, per cui uscì volando dall’antica timidità, e infuse quella vivezza che mancava ancora nelle dipinte figure; molto bene per altro organizzate da’ Maestri suoi. Acquistò il colorito compiuto sapore nelle mani di lui, che arrivò a contraffare la freschezza delle vive carni perfettamente. Nuova rotondità e forza diede egli alle cose dipinte; e mercé la vivacità del suo spirito operò con quella felicità, che non si era ancora nella pittura veduta … Abbagliò opportunamente le ombre, che taglienti compariscono nel naturale, e sopra tutto maneggiò con libertà le masse degli oscuri, accrescendone talvolta la forza molto ingegnosamente più che in natura; e talora rendendoli più teneri e lieti coll’unirli e sfu­marli; affinché le parti nelle masse comprese restassero fra il vedi e non vedi, e ne venisse perciò certa grandezza di stil agli occhi d’ognuno, le di cui cagioni per altro erano intese da pochi.    A. M. zanetti, Della pittura veneziana, 1771.

Fin da che era discepolo del Bellini, guidato da uno spirito conoscitore delle sue forze, sdegnò quella minutezza, che rimaneva ancora da vincersi ; e a lei sostituì una certa libertà, e quasi sprezzatura, in cui consiste il sommo dell’arte. In questo genere può dirsi inventore : niuno prima di lui avea conosciuto quel maneggio di pennello sì risoluto, sì forte di macchia, sì abile -& sorprendere in lontananza.
Continuò dipoi sempre ad aggrandir la maniera, facendo più ampi i contorni, più novi gli scorti, più vivaci le idee de’ volti e le mosse, più scelto il panneggiamento e gli altri accessori, più naturale e più morbido il passaggio d’una in altra tinta, e finalmente più forte e di molto maggiore effetto il chiaroscuro.     L. lanzi, Storia pittorica della Italia, 1795-96.

Giorgione fu certamente un gran pittore, e persino uno dei più grandi che il Rinascimento abbia prodotto; e nondimeno non si potrebbe negare che ci sia una sorta di grandezza che a lui non fu mai accessibile : il campo dell’ideale ascetico non ebbe su di lui alcuna attrattiva … Ma, fuori di questo campo, egli è stato l’artefice di una rivoluzione che ha coinvolto tutti i rami dell’arte, e che ha impresso un carattere inconfondibile ai prodotti del suo vigoroso pennello.      A.-F.- Rio, De l’art chrétien, 1841.

Sembra ci sia ragione di supporre che Giorgione fosse il primo dei moderni veneziani a seguire le traccie del Bellini e a dare importanza al paesaggio. Se noi crediamo alla tradizione viva ancora ai giorni nostri, non c’era nessuno pari a lui, alla fine del quindicesimo secolo, nel comporre scene campestri, nessuno che potesse stargli vicino nella pura eleganza delle figure con le quali queste scene erano animate. I paesi che egli conosce non hanno il carattere roccioso, non le vertiginose altezze che Tiziano trovava nel Cadore. Non ci sono Dolomiti a stendere le loro vette aguzze sul puro orizzonte : ma invece olmi e cipressi, vigne e gelsi, noccioli e pioppi, graziose ondulazioni, boschetti, fattorie e mura merlate; e in tutto ciò una varietà senza ripetizioni.     J. A. crowe – G. B. Cavalcaselle, A History of Painting in North Italy, 1871.

… Egli è l’inventore del ‘genere’, di quei quadri, cioè, facilmente trasportabili che non si rivolgono a noi come devoti, ne come didattici, allegorici o storici, … frammenti di vita vissuta, conversazione o gioco, ma raffinati e idealizzati fino a sembrare come barlumi d’una vita distante. … Egli illustra in modo tipico quel riferimento di tutte le arti alla Musica che io ho tentato di spiegare, quella perfetta identificazione di materia e di forma …      W. pater, The School of Giorgione, 1877.

Giorgione non spiegò tutta intera la sua forza che negli ultimi sei anni della sua breve vita, dal 1504 al 1511 circa. Nelle poche opere di lui, che sono pervenute sino a noi … il suo ingegno originale ed eminentemente poetico irraggia una luce così pura, la sua indole artistica, semplice e franca, ci parla con tanta forza e con tali attrattive, che a chiunque l’abbia inteso una volta non uscirà mai più di mente. Nessun altro pittore sa, al pari di lui, rapire la nostra fantasia con così pochi mezzi, cattivare il nostro spirito per ore intere; eppure tante volte non sappiamo nemmeno che cosa significhino le sue figure.      I. lermolieff (G. Morelli), Die Werke italienischer Melsler, 1880.

La vita di Giorgione fu breve; pochissimi fra i suoi dipinti, forse meno d’una dozzina, sono scampati al disastro. Ma bastano a lasciar intravedere il momento fugace nel quale il Rinascimento italiano raggiunse l’espressione più genuina in pittura. L’eccesso delle passioni s’era sopito in un illuminato, sincero godimento della bellezza e dei rapporti umani. Sarebbe effettivamente difficile dire di Giorgione qualcosa in più di questo che le sue opere sono il limpido specchio del Rinascimento alla sua altezza suprema.    B. berenson, The Venetian Painters of the Renaissance, 1894

… Io veggo Giorgione imminente su la plaga meravigliosa, pur senza ravvisare la sua persona mortale; lo cerco nel mistero della nube ignea che lo circonfonde. Egli appare piuttosto come un mito che come un uomo. Nessun destino di poeta è comparabile al suo, in terra. Tutto, o quasi, di lui s’ignora; e taluno giunge a negare la sua esistenza. Il suo nome non è scritto in alcuna opera ; e taluno non, gli riconosce alcuna opera certa. Pure, tutta l’arte veneziana sembra infiammata dalla sua rivelazione; il gran Vecellio sembra aver ricevuto da lui il segreto d’infondere nelle vene delle sue creature un sangue luminoso.      G. d’annunzio, II fuoco, 1898.

Nel momento in cui le idealità religiose erano espresse con perfetto equilibrio tra la fede e l’osservazione naturalistica, egli compì una rivoluzione realistica allargando la cerchia della sua osservazione, raccogliendo sulla natura gli slanci del proprio Giunse quindi a un’interpretazione della realtà quale era sfuggita ai più minuti osservatori, perché egli si era posto in alto con la fantasia, e dall’alto aveva potuto abbracciare con lo sguardo un orizzonte più vasto. Non discendeva per perdersi nella realtà, ne rimaneva chiuso nella propria fantasia : il suo spirito continuava a oscillare tra la necessità di elevare la natura sino alla propria altezza, e la necessità di abbandonarsi a lei. Donde il doppio resultato di riforma realistica e di espressione di uno stato d’animo nuovo. … L’acuta e profonda sensibilità del giovane di Castelfranco gli permetteva di godere della realtà, di studiarla, d’interpretarla in sé, di abbandonarsi alla gioia di vivere. Per breve tempo, poiché la necessità di rivelare uno spirito lo spingeva a ri­tornare ad abbandoni religiosi, nelle figure, nella natura. Affievolito il sentimento religioso, le persone colte si davano allo scetticismo. Giorgione non poteva tornare al passato, non poteva adattarsi al presente; e, non sapendo attuare la soluzione nuova, si limitava a diffondere sogni pieni di rimpianto, per ciò che si era perduto, per ciò che non si era trovato. L’equilibrio mancava, e il desiderio di esso era vano per le forze dell’artista, ma acuto, intenso, quasi morboso : ed è questo il fascino dell’arte Sua.       L. venturi, Giorgione e a giorgionismo, 1913.

L’incertezza del suo mestiere rivela anche meglio quanto poco Giorgione debba alla scuola veneziana. Persino nella Pala di Castelfranco, le cui tre figure, nonostante tutto, provengono dal repertorio iconografico del Bellini, visi e drappeggi appartengono a un esecutore che, per ignoranza o per disdegno, preferisce perdersi nelle proprie innovazioni piuttosto che seguire il cammino battuto. Un viso, una piega, una mano sono difficoltà che un semplice artigiano imparava a risolvere : ma non è certo che Giorgione sia stato quell’artigiano. Salvo che in qualche problema di cui ha saputo trovare la soluzione — una roccia, il fogliame e soprattutto qualche volto femminile, — Giorgione resta un tecnico più curioso che impeccabile. E le sue debolezze ne fanno un indipendente, il che — certo — non lo diminuisce nell’opinione dei moderni. Soprattutto due sono i motivi per i quali, con ogni evidenza, egli sembra essere stato un innovatore : il paesaggio e il nudo, e anche il rapporto fra nudo e paesaggio. Di tutti i suoi paesi, il più bello è evidentemente quella visione così nuova ed esatta delle mura di Castelfranco che impallidiscono sotto la tempesta. Colui che ha saputo vedere e rendere un tale effetto è uno di quei pittori-poeti che hanno aggiunto alla poesia della natura la bellezza della pittura.      L. hourticq, Le problème de Giorgione, 1930.

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Bibliografia

Alcune tra le più celebri opere di Giorgione

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62 Giorgione - Le tre età dell'uomo

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Opere del Giorgione

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