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Piero della Francesca: Madonna di Senigallia, cm. 61 x 53,5, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino.

La Madonna di Senigallia di Piero della Francesca

Piero della Francesca: La Madonna di Senigallia

Piero della Francesca - Madonna di Senigallia
Madonna di Senigallia, cm. 61 x 53,5, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino.

Sull’opera: “Madonna di Senigallia” è un dipinto autografo di Piero della Francesca, realizzato con tecnica ad olio e tempera su tavola nel 1470, misura 61 x 53,5 cm. ed è custodito nella Galleria Nazionale delle Marche ad Urbino.

La tavola pervenne alla Galleria Nazionale delle Marche di Urbino nell’Ottocento, proveniente dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie extra Moenia di Senigallia, dalla quale prese la denominazione predominante (riconosciuta anche come “Madonna col Bambino benedicente e due angeli”).

Della tavola non esistono documentazioni anteriori al 1822, anno in cui fu menzionata dal Pungileoni (Elogio … di G. Santi, 1822), come un abbozzo della “Madonna con il Bambino , sei santi, quattro angeli e il duca Federico da Montefeltro” (meglio conosciuta come “Pala di Brera“), il quale identificava nelle figure dei due angeli i ritratti di importanti componenti della famiglia ducale di Urbino. Ipotesi, entrambe rimaste inascoltate dal resto degli studiosi di Storia dell’arte.

Il dipinto si trova nell’inventario dell’attuale sede, steso dal Morelli e dal Cavalcaselle (fonte: “GNI” 1861), nel quale viene valutato con l’incredibile cifra di duemilacinquecento lire.

Probabilmente il così basso valore dell’opera derivava dal fatto che i due studiosi non erano proprio certi che l’opera fosse di Piero della Francesca, in quanto risulta che il Cavalcaselle (1864) l’aveva assegnata alla bottega (sia pure sotto la supervisione di Piero) e il Morelli, incerto se assegnarla all’artista o al mitico pittore di temi religiosi fra’ Carnevale (Urbino, 1420/25 – 1484). L’Anselmi (“NRM” del 1892), invece, l’attribuì senza alcun dubbio a Piero della Francesca.

L’anno successivo seguì la conferma di Adolfo Venturi (“ASA” 1893) e, qualche anno dopo, (1911) anche quella del Berenson, che nel 1897 ipotizzava vaste integrazioni collaborative di altri pittori.

Dal secolo scorso l’autografia di Piero della Francesca non ha più trovato ostacoli, trovando concorde anche la critica attuale.

Anche l’assegnazione della cronologia è universalmente riconosciuta intorno al 1470, in margini alquanto ristretti.

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