La pittura di Jan van Eyck

La pittura di Jan van Eyck

Nonostante Jan van Eyck venga considerato dagli studiosi come il capostipite della pittura quattrocentesca fiamminga, nonché il maggior esponente della pittura nordica del suo periodo, le notizie documentate riguardanti la sua vita artistica sono assai scarse e frammentarie.

Tra le caratteristiche più evidenti  della pittura vaneyckiana possiamo annoverare lo studio della luce e della dilatazione spaziale (ove le figure, talvolta ieratiche, altre volte immobili, vengono inserite con sicurezza scientifica), la perfezione formale, la verosimiglianza tematica e la cura del dettaglio, tutte cose che rendono altissima la qualità pittorica delle sue opere, certamente la più pregiata fra i pittori fiamminghi del Quattrocento.

Con Jan Van Eyck si aprì una nuova era sia dal punto di vista stilistico che da quello puramente tecnico. Egli impiegò i pigmenti ad olio – già noti sin dai tempi più remoti – accanto ai tradizionali colori a tempera ottenuti utilizzando colla animale. Caratteristica principale della sua tecnica, ancor oggi non del tutto conosciuta, è l’impiego di più strati leggeri di colore – simili alle singole velature – stesi di volta in volta l’uno sull’altro su una base molto chiara in modo da raggiungere gradualmente l’equilibrio cromatico per tecnica sottrattiva. Le novità introdotte dall’artista potrebbero essere certamente identificate con oli cotti mescolati con resine ed oli schiariti e pre-polimerizzati. In passato – erroneamente – l’artista fu a lungo ritenuto l’ideatore della pittura ad olio.

I suoi primi successi riguardarono il campo della miniatura, all’epoca fortemente trainata dalla tradizione tardogotica francese, attraverso cui il pittore riuscì efficacemente a dare una prima salda impostazione alla sua fortunata carriera artistica. Tra le opere del periodo giovanile spiccano le “Ore di Torino” (1422-1424), miniature su carta realizzate per Giovanni di Baviera mentre si trovava all’Aia, prima di essere chiamato, nel 1425, al servizio di Filippo III di Borgogna (1396 – 1467). Nelle migliori pagine del libro miniato le composizioni di van Eyck sono già bene armonizzate, con le figure felicemente inserite entro spazi realistici, ove la luce, sapientemente distribuita, e l’estrema cura del particolare conferiscono importanza ai personaggi.

Van Eyck nelle Fiandre, come Masaccio in Toscana, si poneva il problema della rappresentazione del reale: il primo agiva dopo un attento esame dei singoli elementi come vengono presentati ai nostri occhi, viceversa, l’altro si preoccupava di cogliere l’essenza di insieme delle cose e di collocarle in uno spazio in una dilatazione prospettica razionalmente ed unitariamente già impostata.

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