Citazioni e critica su Renoir

Citazioni e critica su Renoir (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)

Cosa gli studiosi della Storia dell’arte hanno detto a proposito di Renoir:

 […] Se alcuni pittori hanno voluto compiacersi di provare la propria tavolozza inventando immagini indefinite, Renoir si è invece compiaciuto di prendere nella natura ciò che più conveniva al suo temperamento. […] […] Renoir ha avuto l’eccezionale fortuna di trovarsi agli antipodi di ogni gergo filosofico e di essere ciononostante quasi il simbolo di quei pochi eletti […] che in tutti i rami dell’esperienza umana hanno creato un umanismo francese sensibile a tutte le voci ma immune dall’annientamento in una vaga religiosità, dagli impulsi brutali dell’animalità, dalla rinuncia fallace e superba di un ascetismo mal diretto e dalle mollezze di una poesia lontana dalla sensualità della natura. M. Drucker, Renoir, 1944.

Renoir non sentì da giovane alcun bisogno sostanziale di disciplinare, di rendere organicamente consapevoli le proprie qualità. Si era affidato specialmente al suo istinto profondo, alla sua spontaneità, e perciò le sue prime esperienze hanno scarse oscillazioni, sono semplici e piuttosto univoche (Courbet, Manet), giacché il pittore cercava soltanto un mezzo rapido e adeguato che gli consentisse lo sgorgare felice della sua fantasia. La sua ricerca non ha nulla di intellettuale, non è morsa da assillo critico, si muove piuttosto secondo la forza incoercibile del temperamento e ad essa si affida.   […] L’assestamento doveva durare fin quasi al 1900. Renoir ne uscì rinnovato, potenziato, anche più ricco di energie consapevoli : ritrovando e come riformando le sue qualità originarie, ma maturate dal lungo percorso di ricerca è notevole il parallelismo con la crisi michelangiolesca di Tiziano, dopo la quale, ma anche per sua condizione, si giunge ai supremi capolavori della vecchiezza. Fino alla morte Renoir dipinse e modellò, con le sue mani operose rese dall’artrite nodose e ferme come radici, – coi suoi arti sempre più immobili, in una vertiginosa continuità. La sua visione si è ingigantita, si è fatta panica e augusta, spogliandosi di ogni psicologia e di ogni contingenza per un canto puro di un’ampiezza trionfale. Lo stile diviene cosmico, di una violenza di ispirazione, di una unità greve e corale che non hanno confronti, e che lo pongono fra i più grandi creatori di ogni tempo. C. L. Ragghianti, L’impressionismo, 1944.

  L’arte di Renoir, per il suo spirito sereno e per l’assenza apparente di problemi, doveva ben presto imporsi ed affascinare il pubblico. È uno di quei geni che si lasciano avvicinare senza difficoltà; egli stesso diceva: “Pour moi un tableau doit etre une chose aimable, joyeuse et jolie, oui jolie!” Eppure la sua arte, tanto profonda, supera e sconvolge un’estetica così limitata e borghese. E ancor oggi, a distanza di quasi trent’anni dalla morte, l’arte di Renoir non è compresa nel suo giusto valore, al di là appunto degli elementi più facili di cui essa pur consta. R. Pallucchini, Gli impressionisti alla XXIV Biennale, 1948.

  Renoir opera nello stesso modo sia che si tratti di nudi — bagnanti o allegorie —, di odalische o di lavandaie vestite a colori vivaci, e costruisce gli elementi del quadro intorno a punti di luce, centri delle masse cosmiche che per lui tendono sempre più a diventare carni, fiori, frutti, alberi. Le bagnanti che rappresentano la maggior parte delle ultime sue opere, le odalische e le lavandaie sono inseparabili dagli altri elementi della cui essenza partecipano e cui sono intimamente legate. Nel desiderio di non sottrarre gli esseri al proprio ambiente, Renoir continua a dipingere di preferenza nel paesaggio. Sia che serva da decorazione, sia che venga colto in se stesso, esso è trattato coloristicamente in modo sempre più lirico; e la costruzione impostata sulle masse è più o meno evidente a seconda del grado di finitezza. E tali masse, ora lasciate allo stato di zone sfumate, indistinte, ora ravvivate solo da qualche tocco di luce, sono talvolta trasformate in veri roveti ardenti da larghi accenti vigorosi : accenti che diventano di volta in volta più infuocati per il colore e insieme per la forma. Mobili come fiamme, di cui assumono i medesimi toni caldi. In linea generale il rosso domina in tutte le opere dell’ultimo periodo di Renoir, che pure talvolta si lancia in esasperate armonie di verde e azzurro […]. – J D. Roli ART, Renoir, 1954.

Alla critica più antica su Renoir

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