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I quattro evangelisti (Assisi) di Cimabue

Cimabue: Particolari de’ “I quattro evangelisti (Assisi)”

Cimabue: I quattro evangelisti (Assisi) - S. Marco
Cimabue: Particolare del S. Marco, cm. 450 x 900, Chiesa superiore di San Francesco (volta centrale del transetto).
Cimabue: Particolare del S. Matteo, cm. 450 x 900, Chiesa superiore di San Francesco (volta centrale del transetto).
Cimabue: Part. dei santi Giovanni, Luca e Matteo, cm. 450 x 900, Chiesa superiore di San Francesco (volta centrale del transetto).

Sull’opera: “I quattro evangelisti” è una serie di  affreschi autografi di Cimabue, realizzata nel 1280-83, misura 450 x 900. cm. per ogni singola raffigurazione, e si trova sulla volta centrale del transetto nella Chiesa superiore di San Francesco ad Assisi.

S. Marco S. Giovanni S. MatteoS. Luca.

I quattro evangelisti, Luca, Marco, Matteo e Giovanni, sono raffigurati – su fondo oro – entro le vele della crociera, ognuno con il proprio simbolo e, in una sintesi prospettica, viene rappresentata la città capitale dei territori evangelizzati.

A San Matteo viene abbinata la Giudea, a San Giovanni l’Asia, a S. Marco l’Italia e San Luca la Grecia: gli evangelisti vengono rappresentati, secondo la tradizione, con le regioni da essi stessi evangelizzate.

Le opere – eccetto il S. Matteo che andò in frantumi con il terremoto del 1997 ma che poi fu ricomposto in maniera certosina – si trovano in un discreto stato di conservazione, soprattutto per ciò che concerne il valore chiaroscurale, che qui conserva in parte il rapporto ritmico originale.

Secondo gli esperti si tratta certamente del primo ciclo pittorico dopo le “storie” mariane, cui il Cimabue dava mano con articolata bellezza, e quello ove egli ostenta – ancor più apertamente – il suo caratteristico linguaggio pittorico e la sua più vasta vena poetica, che qui prende toni piuttosto irruenti ma, allo stesso tempo, rigorosi.

Il lavoro affidato all’artista in questa sezione della Chiesa Superiore generò un caso assai clamoroso in un periodo piuttosto critico, sicuramente con il pieno accordo delle gerarchie commissionarie che, nell’affidargli l’altissimo compito, sapevano con certezza quale fosse il calibro e la natura di Cimabue. Unico e grande problema da superare era il fragile rapporto tra Assisi e Roma in quel delicatissimo e particolare momento, derivato da alcuni avvenimenti politici che l’avevano fortemente messo a dura prova. Soltanto la statura artistica di Cimabue poteva indurre Roma ad un’eccezionale apertura.

L’artista lanciava dalla Chiesa di S. Francesco la propria dottrina, dando plasticità e consistenza alle forme, razionalizzando in modo evidente i costrutti, conferendo a tutti i personaggi – compresi dannati – forti credibilità.

Dal lato più specificamente politico-contingente, l’artista metteva in atto le sue ben chiare idee creando forti polemiche: è nelle vele per l’appunto, che egli iniziava una dura requisitoria contro il più alto idolo esistente, contro cioè la corte romana di papa Niccolò III (Giovanni Gaetano Orsini: Roma, 1216 circa – Soriano nel Cimino, 1280; papa dal 1277 alla morte). Tale invettiva raggiungeva poi il culmine nel successivo ciclo apocalittico.

 Sul piano formale, all’ormai logorato fraseggio intessuto principalmente dalle maniere bizantine, raffinatissime ma ormai così innaturali da sprofondare in aridi intellettualismi, Cimabue presentava la completezza di una forma appresa sia dal tardo romanico, sia – certamente e soprattutto – da quell’arte classica e neoellenistica di cui egli aveva già in precedenza mostrato il suo amore in una prova esemplare, nella creazione della Maestà nella Chiesa Inferiore.

Nelle quattro vele della volta si verificava perciò, come afferma Coletti, lo “scoppio del fatto nuovo che determina il mutamento d’indirizzo”. Tre dei quattro protagonisti, S. Matteo, S. Luca e S. Marco, sono raffigurati seduti di fronte ad uno scrittoio, mentre S. Giovanni – sempre seduto su di un seggiolone –  gira le spalle a quel tavolo.

Tutti gli evangelisti si presentano nell’atto di comporre il proprio  testo e nel preciso momento in cui vengono sfiorati dall’angelo, una figura che in tutte e quattro le raffigurazioni appare perfettamente identica, anche nella prospettiva.

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