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L’arte di Roma imperiale

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L’arte di Roma imperiale e la pittura nei tre grandi periodi

Le zone del consenso

L’architettura greca viene mobilitata da Vitruvio, per offrire dimore belle ed accessibili alle famiglie, monumenti, basiliche, portici alla vita civile e templi maestosi agli dei. Tutte le edificazioni di pubblica utilità assumono un significato finora sconosciuto in tutto il bacino del Mediterraneo, caratterizzando, in un certo senso, la struttura dell’intero Impero.

 Le nuove tecniche sempre più perfezionate e la verifica dei nuovi ritrovati nel campo dell’architettura, hanno origine con le magistrature urbane, che esercitano il proprio ruolo presso i distretti dipartimentali degli edili.

Mossi, nel periodo della Repubblica, dal forte desiderio di affermazione sociale, popolarità e successi elettorali della committenza, gli architetti provenienti dalle regioni orientali (es. Quinto Muzio) mettono a punto strutture di lavorazioni atte ad ampliare ed aumentare il prodotto, come: l’impiego della centina in legno per la costruzione di archi che poi viene ripulita e riutilizzata, le volte costruite con l’impiego del calcestruzzo e il basolato stradale, disposto uniformemente su letti di drenaggio (il basolato stradale è un selciato fatto a lastre di pietra lavorate sulla parte esposta).

Nel campo dell’economia schiavistica prende forza un’arte  nata dal forte senso organizzativo della popolazione latina. La tendenza si orienta verso la riduzione progressiva della mano d’opera qualificata, per dare ulteriore spazio al lavoro polivalente. Nasce la muratura a sacco, dove l’impasto viene gettato tra due paramenti costruiti con piccoli blocchi preventivamente spianati su una faccia.

Nel periodo di Augusto compare il mattone, prodotto più semplice e versatile, che viene prodotto in svariati esemplari per soddisfare le innumerevoli esigenze di edificazione. La sua fabbricazione avviene in grandi stabilimenti con l’impiego di una ingente quantità di manovali senza nessuna specializzazione, seguiti e controllati da pochissimi specialisti nelle operazioni più importanti, quali la decantazione e il trattamento del prodotto argilloso, il riempimento e la pressatura nelle forme, i procedimenti di essiccazione, i tempi di cottura e condotta dei forni, lo smistamento, la stagionatura e la consegna.

La costruzione del mattone è monopolio esclusivo della casa regnante e su di esso viene impresso il timbro che garantisce qualità e provenienza.  Le opere vengono promosse personalmente dalliimperatore, che pone il suo nome nella dedica monumentale, come benefattore del popolo “per sempre”.

Roma ed il suo sguardo

Il fine celebrativo si evidenzia soprattutto dalle figure individuali, nelle quali la tradizione ellenica predilige l’affermazione egemoniaca: “Altri plasmeranno con più grazia bronzi da sembrare viventi e sapranno trarre dal marmo volti dotati di vita … tu Romano, ricorda, reggerai i popoli col tuo imperio; queste sono le tue arti, imporre la pace, risparmiare i vinti e debellare i superbi» (Virgilio nell’ Eneide, 847 – 853, VI).

Lo sguardo di Roma ci accompagna in ogni museo ed in ogni luogo archeologico, le figure dei protagonisti, che sono la ragione dell’intero sistema – dal più alto regnante al più umile dei magistrati – e le espressioni di donne ed uomini, ci mostrano che sono ben consapevoli di appartenere alla migliore delle civiltà.

Nella statuaria celebrativa e, in particolare nella figura ritrattistica, la committenza isola e rende assoluta la forma encomiastica che nel mondo ellenico si manifestava rispettando tradizioni, linguaggi, tecniche, scuole di pensiero e ambienti.

A Roma, museo universale dalla nascita dell’ellenismo, si attinge in ogni momento agli schemi di un qualsiasi periodo della storia dell’arte, configurandoli – su misura – a seconda di ogni specifica opportunità. La forza di questo intervento, che viene sempre concertato al “filo conduttore” della creazione popolare, segna nel figurativo aulico la continua modulazione del linguaggio,  e quindi del gusto, all’avvicendarsi delle varie dinastie e delle loro singole figure rappresentative.

La pittura in tre grandi periodi

Le testimonianze che ci arrivano dalla pittura romana provengono prevalentemente dalle dimore di Pompei ed Ercolano.

Le tematiche raffigurate con tecnica ad affresco parietale, tratte generalmente dalla mitologia, richiamano scene di forte vitalità e figure decorative colme di significato. La gradevole vibrazione cromatica dà al paesaggio un buon effetto di profondità, e alle immagini, un ricco movimento e plasticità.

Dalle figure risulta evidente quell’interscambio tra i vari livelli di ricerca,  che ha sempre come obiettivo l’auto-rappresentazione del personaggio, del signore, del principe, dell’Impero: nel realismo della tarda Repubblica, la committenza del ritratto destinato alla famiglia persiste condizionata prevalentemente dall’ambiente militare, dove il principe ha avuto la sua formazione, intanto le icone pubbliche acquistano dalla durezza propria del volto una compostezza puramente classica.

Nel periodo della Repubblica è molto impiegata la pittura parietale e le pareti sono suddivise come segue: una parte per lo zoccolo, una per il riquadro e una per la cornice, mentre i pilastri vengono differenziati, tra le altre cose, dalle caratteristiche variazioni tonali che imitano il marmo, e sono prive di raffigurazioni sceniche.

Dal periodo di Augusto invece, viene ad affermarsi la raffigurazione di architetture finte che simulano vasti spazi ambientali (stile architettonico). In seguito c’è un ritorno alla parete con cornici decorate, e al posto delle imitazioni marmoree vengono raffigurate immagini ottenute da tocchi precisi e decisi, su fondi monocromatici; le tematiche sono di genere, mitologiche e paesaggistiche (stile ornamentale).

Nella terza fase dell’Impero, si ritorna alla raffigurazione architettonica in prospettiva, ma con una più ricca e particolareggiata decorazione (stile illusionistico). Oltre alla tecnica ad affresco, in questo periodo, già esiste quella del mosaico, che viene impiegata anche per la pavimentazione. La tematica, in senso generale, è la solita (carattere mitologico) ma non mancano soggetti storici e ambienti naturalistici. Anche la tavola, nella Roma Imperiale, è largamente impiegata per la realizzazione di opere pittoriche.

Tre sono le principali tecniche del mosaico romano

  • opus tessellatum che impiega piccole tessere di colore bianco e nero per la configurazione geometrica, compresa l’incorniciatura.
  • opus vermiculatum che impiega piccole tessere colorate, posizionate in maniera da seguire la conformità delle figure rappresentate.
  • Opus sectile che impiega piccole lamelle colorate di materiale marmoreo, ritagliate e modulate a seconda della particolarità delle forme raffigurate e incastrate ad intarsio.

Le grandi costruzioni  romane

Sappiamo che le città romane, risultano essere molto influenzate dall’arte ellenistica. L’arte romana compie pochissimi progressi in fatto di creatività, e il suo splendore deriva sostanzialmente dalle civiltà che il grande Impero tiene sotto il suo dominio.

Quasi tutti gli artisti che operano a Roma sono greci, e i romani amanti dell’arte, commissionano opere originali o copie perfette dai maestri greci. Soltanto quando Roma diventa la dominatrice universale, il percorso dell’arte subisce un significativo cambiamento.

Gli artisti assumono altri nuovi compiti e le loro tecniche e linguaggi vengono mutati in modo significativo, soprattutto nel campo dell’architettura. Molte opere dell’ingegneria civile romana sono arrivate ai nostri giorni ostentando ancora imponenza e maestosità.

il Colosseo
il Colosseo

Basti soltanto pensare alla vista che Roma ci offre del suo passato per farci sentire piccoli esseri insignificanti. L’edificio più maestoso e famoso è il Colosseo, una particolare costruzione romana che è stata in tutte le epoche l’orgoglio della popolazione ed ammirata dalle civiltà di ogni tempo e luogo. Nel suo complesso, il Colosseo, è strutturalmente funzionale con tre ordini di archi sovrapposti che sorreggono la struttura delle gradinate nella parte interna del grande anfiteatro.  Sugli archi, i progettisti romani, hanno seguito le forme classiche, allineandosi ai tre stili che i greci impiegavano per la costruzione dei loro templi.

Il primo ordine di archi ha uno stile che può essere definito come una derivazione di quello dorico – ci sono anche le metope (formella del fregio dorico) e  triglifi (decorazione del fregio) -, il secondo ha mezze colonne ioniche, il terzo colonne corinzie come pure il quarto. Questi ordini greci combinati con le strutture romane eserciteranno nei secoli a venire un’influenza non indifferente sugli architetti di ogni epoca. Tale influsso è reso evidente dalle numerose testimonianze che giornalmente troviamo in molte nostre città italiane. Una costruzione che ha esercitato l’influenza più duratura è quella dell’“Arco Trionfale” che l’Impero romano ha eretto in tutto il suo dominio, non solo in Italia, ma anche in Francia, Asia e Africa.

Con accorgimenti tecnici, i romani riescono a migliorare le varie costruzioni ad arco ed a volta, arrivando alla realizzazione di una delle più mirabili costruzioni di tutti i tempi, il Pantheon o “Tempio di tutti gli dei” (Sole, Luna, Saturno, Venere, Mercurio, Giove, Marte),  che verrà salvato dalla distruzione dell’uomo con la trasformazione in tempio-chiesa nel primo periodo dell’era cristiana. Nel suo interno, una vastissima sala rotonda con volta, e al centro di essa un’apertura a circolo, dalla quale si può scorgere il cielo. Non ci sono altre aperture e quella proveniente dall’alto dà una sufficiente illuminazione naturale. Anche per il contributo di questa caratteristica illuminazione, la costruzione comunica al visitatore una sensazione di grande tranquillità ed una serena armonia.

Il ritratto

Interno del Pantheon

È tipico della cultura romana attingere dall’arte greca, e per quanto riguarda l’architettura questo serve soprattutto per adattarla alle proprie concrete esigenze, senza però tralasciarne alcune importanti in altri campi.

Una delle principali necessità è la somiglianza del ritratto, che ha sempre svolto un’importante funzione nei primi sviluppi della religione romana, nei periodi in cui, nelle celebrazioni funebri, era consuetudine portare nei cortei immagini, plasmate in cera, raffiguranti i volti degli antenati. Questo per la tramandata credenza, secondo la quale, la salvezza dell’anima veniva in ogni caso conseguita dalla somiglianza, proprio come avveniva nell’antico Egitto.

In seguito, quando Roma diventa imperiale, il ritratto dell’Imperatore continua ad essere considerato con sacro timore: ogni cittadino romano deve dare fuoco all’incenso dinnanzi a quella figura, in segno di sottomissione, affetto e fedeltà, ricordandosi che la persecuzione cristiana deriva dal loro rifiuto di adesione.

È importante ricordare che per i romani, la somiglianza è più importante che per i greci, nel senso che si permette agli artisti di riportare nell’opera tutti i caratteri distintivi del soggetto, così come sono e il più verosimilmente possibile, senza abbellimenti come nelle lusinghiere figure dell’arte greca.

Quello che oggi possiamo dire con certezza riguardo i ritratti di grandi esponenti di Roma, non lo possiamo fare con le figure greche: chiunque abbia osservato le immagini di Augusto, Pompeo, Tito e Nerone, può essere certo di averlo conosciuto nella sua reale verosimiglianza, come effettivamente era. Tuttavia nessuno di questi ritratti mostra segni di meschinità.

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