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L’arte bizantina

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L’arte bizantina incomincia a diffondersi quando, nelle abitudini della corte e dei letterati di Costantinopoli, la lingua greca prevale su quella latina e, la koiné (o greco ellenistico, antico dialetto greco) romana inizia la sua lenta dissolvenza. Nell’Impero nasce un nuovo linguaggio che porta dentro di sé, in forme estetiche, parte della tradizione romana, le pulsioni barbariche ed il sostrato orientale.

L’arte di Roma Imperiale non muore, ma incomincia a trasformarsi. Trasformazione che inizia nel IV secolo e che durerà circa un millennio. Si inizia però a parlare di “Arte bizantina” quando il grande Impero romano si scinde in due parti, quella orientale e quella occidentale, quindi dal secolo V. Infatti le architetture precedenti evidenziano ancora il linguaggio dell’arte paleocristiana e tardo-antica.

Quello che più risalta nell’arte bizantina di tutto il periodo, è il rifiuto del plasticismo e del naturalismo, come manifestano le figure appiattite e stilizzate, volte a rendere grande maestosità ed astrazione soprannaturale.

Hagia Sophia

La nuova Roma esprime gravità, maestosità e monumentalità nelle grandi opere, quali le mura di Teodosio, le cisterne di Giustiniano (una forma d’arte tardo-romana delle zone orientali), l’acquedotto di Valente, l’ippodromo (un corpo unico con il palazzo tramite la loggia dove l’Imperatore si manifesta) e le colossali statue raffiguranti l’Augusto.

Christus Imperator

Ma già nella grande chiesa della Divina Sapienza di Costantinopoli (la Hagia  Sophia ricostruita una prima volta da Teodosio II nel 360 a seguito di un devastante incendio e rimessa in piedi una seconda volta dopo l’altro incendio del 532), le colonne di porfido probabilmente prelevate dal Tempio di Zeus di Baalbeck (Heliopolis) e quelle di marmo verde provenienti dal Tempio di Artemide a Efeso (una delle sette meraviglie dell’antichità), insieme alla variegata disposizione della crosta marmorea che riveste le pareti, mostrano il gusto per il lusso e la rinuncia all’omogeneità. morea che riveste le pareti, mostrano il gusto per il lusso e la rinuncia all’omogeneità.

Altre chiese di Costantinopoli dello stesso periodo sono quella dei santi apostoli, la Hagia Eirene e la chiesa dei santi Sergio e Bacco.

Dell’antico palazzo imperiale rimane poco o quasi niente. Lo si può soltanto immaginare dalla narrazione della vita di corte del “De ceremoniis” scritto da Costantino VII (913-959) ed aggiornato sotto Niceforo II Foca (963-969) con la supervisione del  Parakoimomenos (Basilio Nothos). Il “Palatium”, molto diverso dalle grandi residenze nell’Urbe, è come un grande quartiere costituito da diversi edifici destinati ad ogni uso, sia religioso che profano, con un porto indipendente, per una corte civile e militare cui servono diverse sale del trono

Maestranze macedoniche e tassaliche, Giudizio Universale,Torcello, controfacciata della Cattedrale, secolo XII

Costantino VII, regnante nel periodo di massimo splendore dell’Impero bizantino, che ha il dono dell’intelligenza e la cultura enciclopedica, educa personalmente e senza l’aiuto di intermediari il proprio figlio Romano II,  formandone anche il comportamento. Il modo di vestire, di muoversi, ridere, sedersi, saper reagire alle contingenti difficoltà e prendere delle piccole ma importanti decisioni.

Questo succede in genere non soltanto alla famiglia di Costantino, perché il rispetto e l’importanza della tradizione, acriticamente trasmessa, sono tali da non trovare sostanziali differenze tra le culture di epoche distanti fra loro di 5-6-7 secoli.

Questa lentissima trasformazione è anche una peculiarità dell’arte bizantina. L’antagonismo al naturalismo, la noncuranza del reale, l’eccessiva valutazione dell’intellettualismo purché tradizionale, la negazione dell’ordinario, ed infine il grande muro che separa il popolo da potentati ed ecclesiastici, segnano la cultura e l’arte, lasciando costoro in uno splendore senza tempo. 

Giustiniano e la sua corte

Nelle opere d’affresco ed in quelle a mosaico, si allude alla paesistica ed ai suoi componenti con sagome dall’aspetto che richiama il geroglifico. La raffigurazione è perlopiù nella prospettiva frontale, in un insieme di immagini che ben evidenziano le celebrazioni di corte descritte sul  “De ceremoniis” di Costantino VII.

La mancanza di movimento nei gesti e negli atteggiamenti, la stilizzazione delle immagini,  l’enfatizzazione dei contorni, la preziosità del panneggio, i volumi assottigliati, lo spazio indorato attorno alle figure che richiama la finezza della lamina, l’assenza di un piano d’appoggio per le figure che sembrano sospese in aria, sono le caratteristiche principali della pittura bizantina.

Nelle tematiche vengono quasi del tutto cancellate le forti sofferenze e la morte: a differenza dell’arte religiosa occidentale, in quella bizantina sono quasi assenti le “Passioni” e le “Crocifissioni” del Cristo, mentre prevalgono la “Resurrezione”, la “Gloria”, le raffigurazioni del “Signore del tutto” e del “Signore del libro”. Nell’aprile del 1204 i crociati conquistano e saccheggiano paurosamente Costantinopoli, prelevando un bottino immane. Il palazzo non riuscirà più a riaversi dalla rovina e l’Impero dei Romei (il glorioso Impero dei Romani d’Oriente) riuscirà a sopravvivere a stento per altri due secoli e mezzo. È ormai diventato un vasto potentato locale, ma la sua arte brillerà ancora per molto tempo in tutto il continente asiatico-europeo.

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