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Carriera artistica di Pinturicchio

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 (Segue dalla pagina precedente)

La Cappella Baglioni e la partenza per Roma

Cappella Baglioni, 1500 circa-1501, serie di affreschi, chiesa di Santa Maria Maggiore, Spello.
Cappella Baglioni (Disputa nel tempio di Gesù coi dottori), 1500 circa-1501, serie di affreschi, chiesa di Santa Maria Maggiore, Spello.

L’ultima opera del Pinturicchio prima di allontanarsi dall’Umbria fu il ciclo di affreschi della Cappella Baglioni nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Spello, con le narrazioni della vita di Maria e dell’infanzia di Gesù, portati a compimento nel 1501.

Fra i riquadri spicca la “Disputa coi dottori”, dove l’artista integrò la scena principale con le maestose architetture dell’edificio a pianta centrale, dominanti lo spazio urbano, ispirate a quelle di Pietro Perugino nella “Consegna delle chiavi”.

Anche l’ “Annunciazione”, nella quale appare l’autoritratto dell’artista, si distingue dalle altre raffigurazioni, soprattutto per la cura dei dettagli e per gli efficaci effetti illusionistici.

Più o meno nello stesso periodo, a Perugia,  gli fu commissionata una pala per la chiesa di Santa Maria della Pietà di Castel della Fratta (attualmente custodita nella Pinacoteca Vaticana) con la rappresentazione dell’ “Incoronazione della Vergine”, opera che lasciò incompiuta perché – secondo alcuni studiosi – l’artista probabilmente ricevette commissioni più urgenti ed importanti. L’opera fu portata a compimento nel 1505 da Giovan Battista Caporali (Perugia, 1476 – Perugia, 1560) [Acidini, cit., pag. 216].

Nel 1502 Pinturicchio, all’età di cinquant’anni, mentre si preparava a lasciare l’Umbria, dettò testamento in cui comparivano i nomi della moglie (Grania) e di una figlia (Clelia) [Bombe, 1933].

A Roma lavorò di nuovo nella chiesa di Santa Maria del Popolo affrescando, su commissione del cardinale Raffaele Riario, dodici lunette nel chiostro, che purtroppo andarono perdute nella demolizione di quest’ultimo, avvenuta nel 1811. In esse vi erano narrate le Storie della vita di Gesù, della Vergine, una Madonna della Misericordia e una Sacra conversazione.

Di queste opere attualmente rimangono una copia di Francesco Giangiacomo (1783 – 1834) e due frammenti con zone di un’Adorazione dei Magi, (già in collezione Chigi), ove emerge la pregiata stesura pittorica, certamente  dovuta all’intervento diretto di Pinturicchio [Acidini, cit., pag. 216].

Dello stesso periodo – alcuni studiosi pensano allo stesso soggiorno romano – è la pagina miniata raffigurante il Crocifisso coi dolenti, attualmente custodita nella Biblioteca Vaticana (Barb. Lat., 614. c. 219) [Acidini, cit., pag. 216].

La Libreria Piccolomini ed altre opere nel Duomo di Siena

Pinturicchio: Libreria Piccolomini (Arrivo a Ancona di papa Pio II), 1502-1507/1508, serie di affreschi, Duomo di Siena.

Nel 1502 il cardinale Francesco Piccolomini Todeschini (poi divenuto papa col nome di Pio III), allora vescovo di Siena, commissionò a Pinturicchio la decorazione della Libreria Piccolomini, un ambiente interno del Duomo di Siena, destinato alla conservazione della pregiata collezione libraria dello zio Enea Silvio Piccolomini (papa Pio II), mai pervenutavi, ed alla celebrazione delle memorie della sua vita. Il contratto è datato 29 giugno 1502 e la prima fase dei lavori, con la volta e la griglia architettonica alle pareti, doveva essere completata entro il 1503. In tale anno il committente svolse il suo brevissimo pontificato come Pio III (elezione, 22 settembre – insediamento, 8 settembre – morte, 18 ottobre) e in quelle decorazioni appare il suo stemma con ancora il cappello da cardinale.

Il contratto prevedeva anche la decorazione di due grandi vetrate. La prematura morte del papa bloccò di fatto i lavori del Pinturicchio che dovette dedicarsi ad altri incarichi, sempre relativi all’ambiente senese, nell’attesa di uno sviluppo futuro della situazione.

Soltanto intorno al 1505 – alcuni studiosi parlano di un nuovo contratto di cui, però, non esiste traccia –  i lavori alla Libreria furono ripresi e portati a termine in circa due anni. Lo confermerebbe il fatto che nel 1507 l’artista incominciò ad accettare altri incarichi dall’Umbria pur soggiornando a Siena, segno evidente di un’imminente consegna dell’opera.

Tra i numerosi aiuti impiegati nella grandiosa decorazione si pensa ci fossero il giovane Raffaello e Amico Aspertini, due grandi pittori che testimoniano la rilevanza dell’impresa. Anche nel disegno il maestro si avvalse, secondo il Vasari, dell’aiuto di un giovane “della scola di Pietro [Perugino]”: certamente il riferimento era a Raffaello Sanzio.

Libreria Piccolomini (volta), 1502-1507/1508, serie di affreschi, Duomo di Siena.

La volta della Libreria – che rimanda alla “Volta Dorata” e alla “Volta degli Stucchi”, entrambe della Domus Aurea – rimane una delle più articolate testimonianze del ritorno alle antiche tematiche in quel periodo, in contrapposizione all’artificiosa erudizione ed alle reminiscenze fantastiche del primo Quattrocento.

Le dieci arcate simulate che suddividono le quattro pareti (tre per le grandi e due per le piccole) hanno una comune intelaiatura architettonica e riportano come tema una “cronaca dipinta”, relativa alla vita di Enea Silvio Piccolomini (Pio II, papa dal 1458 al 1464), tratta dalla biografia di Giovanni Antonio Campano detto Campanus (1429 – 1477) e dai Commentari scritti dallo stesso Piccolomini [Acidini, cit., pag. 219].

L’affollamento delle figure, presentato con disegni studiati in modo da enfatizzare via via le azioni di personaggi, viene rappresentato sia in ambiente chiuso che all’aperto, e quindi alternato a monumentali quinte urbane. L’autografia degli affreschi è comunque certamente di Pinturicchio e degli aiuti, esterni e di bottega, tra i quali probabilmente si possono indicare i pittori locali Giacomo Pacchiarotti (1474 – 1539 o 1540)  e Girolamo del Pacchia (1477 circa – dopo il 1533). Secondo alcuni studiosi Raffaello dal 1504 già soggiornava a Firenze, dopo la breve pausa di Siena, compresa nel biennio 1502-1503, a ridosso di un probabile viaggio nella capitale [Acidini, cit., pag. 220].

Come già sopra accennato, nell’ottobre 1503, Pinturicchio aveva dovuto interrompere i lavori alla Libreria del Duomo e quindi accettare altri incarichi. Molti tra questi provenivano degli stessi Piccolomini, tra cui Andrea di Nanni che gli commissionò, sempre nell’ambito del Duomo, un affresco con la raffigurazione del fratello Francesco (la “Incoronazione di Pio III“), opera che portò a termine nel 1508.

Nel 1504 realizzò per Giacomo Piccolomini una pala destinata alla chiesa di San Francesco, che andò perduta insieme a un’altra sua pala d’altare (dipinta per la famiglia Sergardi nel 1513) a causa di un incendio scoppiato nella stessa chiesa [Acidini, cit., pag. 234]. Sempre nel 1504, su committenza di Alberto Arighieri, allora Operaio del Duomo di Siena, l’artista realizzò un ciclo di affreschi comprendenti otto Storie di san Giovanni Battista per l’omonima cappella, nella quale si conservava reliquia del braccio destro del santo, fatta pervenire da papa Pio II dalla Morea (Grecia) [Acidini, cit., pag. 235].

Nello stesso periodo partecipò alla grandiosa impresa musiva della pavimentazione del Duomo, configurando il cartone con le Storie della Fortuna, di cui rimane la ricevuta di pagamento, datata 13 marzo 1505. A Siena l’artista raggiunse un elevato livello economico – ci arrivano varie documentazioni relative a compravendite di terreni e case – che gli permise di allargare la propria famiglia: dopo Clelia, la primogenita, in tarda età arrivarono i figli Adriana, Faustina, Girolama, Egidia (Gilia per altri), Giulio Cesare e Camillo Giuliano [Milanesi, edizione delle Vite di Vasari del 1878, albero genealogico a pag].

Commissioni dall’Umbria del periodo senese

Pinturicchio: Madonna in trono e santi, 1506-1508, tecnica ad olio su tavola, 318 x 257 cm., chiesa di Sant’Andrea, Spello.

Durante la pausa della decorazione alla Libreria Piccolomini a Pinturicchio arrivavano importanti committenze anche dall’Umbria, tra cui quella per un ciclo di pale d’altare, ove raramente compare la sua mano se non nel solo disegno.

I dipinti furono infatti portati a termine dai collaboratori dell’artista. Si pensa che tra questi ultimi abbia predominato l’intervento di Giovan Battista Caporali (Perugia, 1476 – Perugia, 1560) e, limitatamente, quello Raffaello – nel 1503 si trovava a Siena – con i disegni dei santi Bonaventura e Ludovico che rimandano ad altri suoi disegni custoditi al Louvre [Acidini, cit., pag. 240].

Anche la “Madonna in trono e santi” della chiesa di Sant’Andrea a Spello, realizzata nel triennio 1506-08, è da considerarsi opera di collaborazione, a cui parteciparono Giovan Francesco Ciambella detto il Fantasia ed Eusebio da San Giorgio (1465 circa – m. dopo il 1540). Tuttavia, pare che la natura morta al centro con il piccolo tavolo e san Giovannino leggente siano frutto diretto del Pinturicchio: sul tavolo spicca una lettera del vescovo di Siena indirizzata allo stesso l’artista in cui si invocava il suo ritorno in città per alcune committenze presso Pandolfo Petrucci [Acidini, cit., pag. 240].

(continua nella pagina successiva)

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