Riassunto della storia dell’arte italiana: dal Gotico al Realismo

Storia dell’arte italiana dal Gotico al Realismo

Continua dalla pagina precedente – Riassunto della Storia dell’arte italiana: dalla preistoria al periodo romanico

Pagine correlate: Nascita della pittura italiana 

Questo articolo è soltanto una breve sintesi perciò per approfondimenti andare alla pagina molto più approfondita Storia dell’arte dal Gotico al Realismo 

Il Gotico

Facciata del Duomo di Siena
Facciata (inferiore e superiore) del Duomo di Siena

L’arte gotica incominciò a diffondersi dalla Francia settentrionale intorno alla metà del XIII secolo, interessando tutto il continente europeo.

Anche gli artisti italiani subirono l’influenza di questa nuova sensibilità artistica: un bisogno di nuove ricerche a fini estetici e verso nuovi principi di stile architettonico nella costruzione di chiese ed importanti edifici.

L’arte gotica approdò anche nelle sponde meridionali del Mediterraneo, in uno stile che si spinse ben oltre il Quattrocento.

Il Gotico venne considerato dalla critica del periodo, come un movimento anticlassico e, da alcuni studiosi, anche barbarico.

Nel periodo del Romanticismo (Ottocento) lo stile gotico fu rivalutato per le peculiari qualità tecniche e l’originalità.

Nello stile gotico si evidenzia il completo dominio della geometria e del disegno, nonché le appropriate sequenze nei procedimenti costruttivi. Molto efficaci risultavano i sistemi sulla lavorazione fatta in economia, prestando molta attenzione a ridurre al minimo lo scarto del materiale lavorato.

L’arte gotica venne portata nella nostra penisola dai Cistercensi (ordine religioso nato, per l’appunto, in Francia nel 1098).

Tale linguaggio artistico incominciò a diffondersi anche nel campo dell’Architettura ma con meno vigore, essendo ancora molto forte la tradizione romanica. Da noi non si ebbe lo sviluppo verticale delle architetture francesi, né quelle del nord-Europa, ma soltanto forme intermedie. Anche le finestrature dei nostri importanti complessi furono costruite con aperture meno ampie.

Tra i primi grandi capolavori gotici dell’arte italiana ricordiamo il Duomo di Siena (dedicato a Santa Maria Assunta) e la Basilica di San Francesco ad Assisi. Più tardi, nel 1386, si iniziava la costruzione del Duomo di Milano.

La pittura gotica italiana

Giotto: Maestà di Ognissanti, intorno al 1310, tecnica a tempera su tavola, 325×204 cm. Uffizi, Firenze
Giotto: Maestà di Ognissanti, intorno al 1310, tecnica a tempera su tavola, 325×204 cm. Uffizi, Firenze.

Lo stile gotico in pittura ebbe un lungo percorso, correndo in parallelo con l’arte gotica delle grandi chiese.

Arrivano ai nostri giorni moltissime testimonianze di pittura gotica italiana.

Il percorso della nostra pittura gotica si sviluppa in cicli di croci dipinte, vari tipi di affreschi e pale d’altare. Molti affreschi, purtroppo, hanno subito nel corso dei secoli danni irreparabili per agenti atmosferici avversi, per incurie dell’uomo, per cancellazioni volontarie e sovrapposizioni (a volte migliorative, spesso peggiorative, ma anche alcune non proprio vicine allo stile originario dell’artista).

La pittura gotica in un ben determinato periodo (Duecento e Trecento) privilegiò le forme di naturalismo e il piccolo formato.

In Italia vi furono tre stili gotici: il “Romanzo” legato alle tradizioni romaniche dell’Europa occidentale, il “Bizantino” legato alle tradizioni settentrionali (in particolare quelle padane) e il “Classicista” che interessò la fascia adriatica ed il meridione.

Tra i maggiori interpreti dell’arte italiana del periodo ricordiamo Giotto, Cimabue, Pietro Cavallini e i pittori senesi (si veda più sotto il link Gotico senese).

Per approfondimenti sul Gotico: Il Gotico e la pittura goticaIl gotico senese nel Duecento e nel TrecentoIl Gotico e la pittura di Duccio di BoninsegnaIl Gotico ed i suoi continuatoriIl Gotico e Simone MartiniIl Gotico e Ambrogio Lorenzetti.

La scultura gotica italiana

Nel campo della scultura già dalla seconda metà del Duecento – forse ancor prima, nella corte di Federico II – si iniziarono a vedere importanti cambiamenti. Nicola Pisano, Giovanni Pisano (figlio di Nicola) e Arnolfo di Cambio contribuirono a riportare la scultura ad alti livelli di monumentalità.

Il Rinascimento Italiano

Masaccio: Polittico di Pisa - Adorazione dei magi, cm. 61, Staatliche Museen di Berlino.
Masaccio: Polittico di Pisa – Adorazione dei magi, cm. 61, Staatliche Museen di Berlino.

La storia dell’arte italiana ci offre svariati “rinascimenti” e la semplice parola, intesa nel comune linguaggio critico, nel corso dei secoli veniva spesso usata per caratterizzare il vertice di una specifica civiltà artistica. Non venivano, in tal modo, considerati i passati sviluppi.

Il termine “Rinascimento”

Il termine Rinascimento nel campo dell’arte, come viene inteso oggi e come già era considerato sin dal periodo di Giorgio Vasari, sta a specificare quel periodo artistico-culturale che interessa l’intera Europa. Tale periodo comprende il Quattrocento ed il Cinquecento, quando l’arte italiana raggiunse livelli elevatissimi, sia nella tecnica che nel linguaggio espressivo del tutto inedito.

Raffaello Sanzio: Madonna della seggiola, Firenze Palazzo Pitti (diam. 71 cm.).
Raffaello Sanzio: Madonna della seggiola, Firenze Palazzo Pitti (diam. 71 cm.).

Non bastano quindi tali generiche caratteristiche a distinguere questo articolatissimo periodo ed a fissarne le origini: date, luoghi e civiltà. Trattasi di un argomento assai complesso con moltissime sfaccettature, per cui occorrerebbe  molto spazio per poterlo descrivere a fondo, in tutte le sue caratteristiche.

In questo articolo, in cui viene riassunta la Storia dell’arte italiana, manca lo spazio materiale per dare il vero risalto al Rinascimento. Comunque in fondo a questa sezione si trovano i link per un accurato approfondimento.

Definire in sintesi il Rinascimento non è semplice, comunque …

Qualsiasi cosa venga descritta in modo schematico e riassuntivo sul Rinascimento è suscettibile di ambiguità, di inesattezze e quindi di ampie discussioni.

Senza possibilità di errore si può invece affermare che, almeno per quanto riguarda la pittura rinascimentale, c’è:

  • Il controllo dello spazio nelle rappresentazioni.
  • La conquista, da parte dell’uomo, della propria centralità, fino al raggiungimento dell’ideale laico.
  • La raffigurazione del reale in modo obbiettivo, anche quando spesso veniva largamente idealizzata. A tutto questo possiamo tranquillamente sommare la rinnovata tecnica, l’applicazione di una nuova prospettiva (si veda il link più sotto) regolata da leggi matematiche, lo studio  delle tradizioni classiche, nonché un nuovo atteggiamento scientifico verso l’universo e la storia.

Per approfondimenti sul Rinascimento: Il Trecento e la pittura: Il Rinascimento in incubazioneIl Quattrocento, l’arte umanistica ed il RinascimentoRinascimento e il nuovo ruolo dell’artistaRinascimento e il ritorno all’anticoLa prospettiva nel RinascimentoIl disegno nel Rinascimento, un potente strumentoPittori toscani del Medio RinascimentoPittori in Toscana nel Medio RinascimentoLa pittura nelle scuole venete del Medio Rinascimento.

Il Manierismo (Tardo Rinascimento)

Gli artisti della generazione successiva al Rinascimento rifiutarono la configurazione reale della natura, la luce, il colore e la prospettiva scientifica del periodo precedente.

Già prima, in pieno Rinascimento, sin dai primi decenni del Cinquecento alcuni artisti iniziarono a favorire esaltazioni e deformazioni nelle loro rappresentazioni, a cui spesso integravano personali capricci espressivi, indirizzando l’osservatore verso percezioni più soggettive.

Rosso Fiorentino e la sua equipe nella Galleria di Francesco I: Cleobi e Bitone.
Rosso Fiorentino e la sua equipe nella Galleria di Francesco I: Cleobi e Bitone.

Tra questi artisti ricordiamo Andrea del Sarto (1486-1530), Antonio Allegri detto il Correggio (1489-1534), Jacopo Carrucci meglio conosciuto come Pontormo (1494-1557), Rosso Fiorentino (1494-1540), Giulio Pippi meglio conosciuto come Giulio Romano (1499-1546), Agnolo Bronzino (1503-1572), Francesco Mazzola detto il Parmigianino (1503-1540), Jacopo Robusti detto il Tintoretto (1518-1594), Paolo Caliari detto il Veronese (1528-1588).

Nel campo della scultura, tra gli esponenti di spicco del Manierismo, ricordiamo lo scultore-orafo Benvenuto Cellini.

Nell’Architettura spiccarono Giulio Romano, Andrea Palladio, Jacopo Barozzi da Vignola e Bernardo Buontalenti.

Per approfondimenti sul Manierismo: Il Cinquecento e il Manierismo – La pittura del nord e del centro Italia nel Tardo RinascimentoLa pittura italiana nelle regioni del nord e del centro nel tardo RinascimentoTardo Rinascimento – La pittura venetaIl Manierismo in sintesi

Il Barocco italiano

Dal Manierismo al Barocco

A cavallo dei secoli XVI e XVII in Italia, come accadde prima per la nascita e lo sviluppo del Manierismo, si profilò uno stile che manifestava una nuova concezione del mondo.

Il nuovo linguaggio degli inizi del Seicento trasfigurava non solo la natura reale ma anche i rapporti umani e la funzione stessa dell’arte. Questo accadeva nel campo del potere civile e religioso, nel campo artistico e in quello del semplice e privato godimento di tutto “ciò che è bello”.

L’arte Barocca

Il martirio di Sant'Orsola
Caravaggio: Il martirio di Sant’Orsola

Il termine “Barocco” deriva da un’antica parola spagnola (barrueco = perla) che sta ad indicare una perla con un’insolita forma.

Il termine Barocco, poco più tardi (periodo neoclassico), si diffuse con lo specifico intento di portare discredito al periodo a ridosso del Tardo Rinascimento (o Manierismo). Un discredito che persistette per oltre due secoli, fino a quando, intorno ai primi del Novecento, tutti gli studiosi di Storia dell’arte lo rivalutarono, considerandolo come lo sviluppo del Tardo Rinascimento.

Un’arte poco apprezzata nel Settecento-Ottocento

Per tutto il periodo Neoclassico, e ben oltre, gli studiosi videro il Seicento come un secolo decadente, un secolo di artificiosità, di enfasi e di turgida eloquenza. Tacciarono la tecnica barocca di troppa facilità e superficialità.

Annibale Carracci: La Galleria Farnese - Diana e Endimione.
Annibale Carracci: La Galleria Farnese – Diana e Endimione.

Naturalmente non si può negare che alcuni artisti avessero ecceduto di retorica e maestria ma in tutto l’insieme, quello del barocco, è considerato dagli attuali studiosi di Storia dell’arte un periodo molto positivo.

È proprio nel Seicento che apparve il melodramma, che si iniziarono i grandi esperimenti della scienza, che si sperimentarono nuovi metodi di composizioni artistiche.

Il contributo di Caravaggio e di Annibale Carracci

Una vera e propria rivoluzione vi fu ad opera del Caravaggio, che usava uno sfondo nero per conferire alle proprie composizioni quella caratteristica valenza di “istantaneità”. Le sue figure risultano nitide ma posate, spesso ispirate a persone che l’artista incontrava occasionalmente per strada. La pittura di Michelangelo Merisi (Caravaggio) influenzò per un lungo periodo l’arte italiana – ma anche quella europea – tanto che fiorirono le scuole caravaggesche.

Un altro artista di spicco della pittura barocca italiana fu Annibale Carracci le cui con composizioni risultano strutturalmente più idealizzate.

Con il Merisi ed il Carracci la pittura barocca si trovò a percorrere due strade parallele.

Il Barocco nell’Architettura

A Roma nel campo dell’Architettura operarono artisti di notevole rilievo come Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini, Pietro da Cortona. Non possiamo non ricordare altri centri artistici come Napoli, Palermo, Lecce, la Val di Noto, Torino, Genova e Venezia. Comunque questo stile interessò più o meno tutta la nostra penisola.

In breve tempo, dopo la Controriforma, si affievolì gran parte della corrente filosofica ed ermetica nell’arte e si aprirono le porte al patetico sentimento religioso, favorito dal concilio di Trento. A proposito di quest’ultimo, trattasi del XIX concilio ecumenico della Chiesa cattolica, conosciuto anche come concilio Tridentino.

Per approfondimenti sul Barocco: Barocco: il meraviglioso Seicento italiano nella pitturaPittori del Barocco nell’Italia centrale e del sudPittori del Barocco nell’Italia settentrionaleBarocco ellenisticoPittori del Barocco nelle regioni settentrionali

Rococò

Lo stile Rococò è una continuazione di quello Barocco ma con toni meno accentuati, che si sviluppò nel corso del Settecento.

Giambattista Tiepolo: La raccolta della manna (particolare), cm. 320 (assieme 1000 x 525), Chiesa parrocchiale, Verolanuova.
Giambattista Tiepolo: La raccolta della manna (particolare), cm. 320 (assieme 1000 x 525), Chiesa parrocchiale, Verolanuova.

Tra i più significativi rappresentanti del Rococò ricordiamo quelli della pittura veneziana, che è stata un riferimento per tutti gli altri artisti (anche fuori dall’Italia): Canaletto, Giambattista Tiepolo e Giambattista (o Giovanni Battista) Pittoni.

Vista della Reggia di Caserta
Vista frontale della Reggia di Caserta (foto da Wikimedia)

Tra i capolavori del periodo Rococò ricordiamo le Residenze sabaude e la Reggia di Caserta.

Uno stile più misurato, quello Rococò, che se in primo momento sembra voler sminuire l’interesse per il Barocco in realtà rafforza la convinzione che si tratti del contrario. L’arte del Settecento grazie al Rococò si arricchisce sempre più di inedite, eleganti e brillanti raffigurazioni.

Per approfondimenti sul Rococò: Dal Barocco al RococòPittura barocca e pittura rococò

Il Neoclassicismo

Già dai primi anni della seconda metà del XVIII secolo, Francesco Milizia, teorico dell’architettura, nella sua concezione di tipo illuminista, etichettò il  Barocco con parole critiche e violente. Non pensò minimamente che il suo giudizio sarebbe stato rovesciato nel Novecento da tutti gli studiosi di Storia dell’arte, e che quello stile sarebbe rimasto come modello nel mondo.

Ecco che intorno al 1770 il gusto rococò iniziò a perdere forza dappertutto. Si affievolì anche nei centri di più alta vitalità culturale, lasciando spazio al nuovo linguaggio, quello del Neoclassicismo. È doveroso però ricordare che nei contesti più conservatori, nei primi momenti lo stile rococò venne sostituito con il ritorno ad un linguaggio accademico di stampo bolognese e romano.

L’Italia fu per il Neoclassicismo una ricca fonte di ispirazione, con la riscoperta delle antiche rovine di città sepolte come Pompei.

Nella Napoli del periodo borbonico il talento artistico di Luigi Vanvitelli (pittore e, soprattutto, architetto) dette una spinta decisiva allo sviluppo del Neoclassicismo.

Le accademie iniziarono a dettare le regole per un linguaggio artistico formalmente perfetto, astratto ma sempre improntato sulla bellezza canonica e assoluta. Tra i più grandi artisti del periodo Neoclassico ricordiamo Antonio Canova.

Andrea Appiani: Apoteosi di Napoleone
Andrea Appiani: Apoteosi di Napoleone

Tra i pittori Neoclassici spiccano Andrea Appiani, Giuliano Traballesi, Lattanzio Querena, Giuseppe Bossi, Domenico Pellegrini, Michelangelo Grigoletti, Pompeo Girolamo Batoni, Gaspare Landi, Luigi David, Filippo Agricola, Francesco Podesti, Pietro Benvenuti e Luigi Sabatelli.

Per approfondimenti sul Neoclassicismo: Dal Rococò al NeoclassicismoArte del Neoclassicismo: formazione e fontiIdeologie del NeoclassicismoAlcuni pittori del neoclassicismoNeoclassicismo verso il Romanticismo.

Il Romanticismo

Arte italiana nel Romanticismo

Descrivere il Romanticismo con discorsi riassuntivi in questo articolo di sintesi della Storia dell’arte italiana non è facile. Non si tratta infatti di un linguaggio vero e proprio, di una maniera di fare arte o di uno stile, ma di un movimento molto complesso. Gli artisti romantici hanno un forte interesse per il gusto ed una nuova percezione del mondo che li circonda.

L’arte romantica si configura per i vari tratti sostanziali che la caratterizzano. Uno fra  tratti più significativi è il “ritorno al gusto medioevale” che, detto in parole povere, corrisponde alla ricerca della fede. Si realizzano così pitture che esprimono il forte desiderio della riconciliazione con l’Onnipotente, un rapporto che si ricostruisce senza tanti sforzi grazie alla riacquistata spiritualità.

Il concetto di Vanitas e il ruderismo

Riappare il concetto di Vanitas (lo scorrere del tempo, il senso del vuoto, la transitorietà delle cose, l’ineluttabilità della morte) proprio come lo sentivano il Masaccio (1401-1428) ed altri artisti del Rinascimento.

Nella pittura si diffonde il “ruderismo” per esprimere con più vigore l’impossibilità delle cose realizzate dall’uomo di sfuggire al degradamento per cause naturali.

Il rapporto dell’uomo con la natura

Il rapporto dell’uomo con la natura, dal punto di vista romantico, viene interpretato come l’espressione di Dio in questo mondo. Inteso, cioè, come la potenza dell’assoluto nelle cose che ci circondano, dove l’essere umano è soltanto una semplice e transitoria manifestazione.

La natura che circonda l’uomo, con la sua forza e la sua bellezza, provoca nella sua mente sentimenti opposti, di terrore e di grande serenità. Quel senso di catastrofismo, che emerge dal profondo dell’animo, crea forti sensazioni di agitazione e di terrore. Talvolta però, quando l’uomo riesce a modificarlo in una forma di bellezza, ecco realizzarsi il concetto più elevato che lo innalza al sublime (la teoria di Edmund Burke).

Il senso della patria

Eugène Delacroix: La Libertà che guida il popolo
Eugène Delacroix: La libertà che guida il popolo, 260 x 325, Louvre Parigi

Nell’arte romantica compare spesso il senso della patria e della libertà. Alla radice dell’idea della Patria, si trovano le fondamenta che si basano sull’autogestione dei popoli. Per cui una società coesa nelle tradizioni, nelle religioni e nei costumi, è in grado di definire la propria Nazione.

Nel Romanticismo anche la tematica storica, a differenza di altri movimenti dell’arte italiana, gioca un ruolo importantissimo.

Nella pittura uno fra i più importanti interpreti dell’arte romantica è Francesco Hayez.

Per approfondimenti sul Romanticismo: La pittura preromantica – Neoclassicismo verso il RomanticismoIl Romanticismo – L’arte romanticaRomanticismo francese e Romanticismo italianoIl Romanticismo nel Nord Europa

Il Realismo

In Italia la tradizione accademica rallentò la diffusione del Realismo. Infatti questo movimento si manifestò abbastanza tardivo tra scuole regionali, rimaste ancora in piedi per il perdurare della frammentazione politica. Tuttavia affiorò quel comune filo conduttore, creatosi dalle agitazioni per l’indipendenza, che sboccò in un orientamento nazionale intorno al 1860. Nella nostra penisola Realismo fu caratterizzato da un’intensa ricerca del reale con il gruppo artistico dei macchiaioli.

Antonio Pitloo (Anton Smink Pitloo): Mergellina, cm. 22,5 x 37, Museo Correale di Sorrento.
Antonio Pitloo (Anton Smink Pitloo): Mergellina, cm. 22,5 x 37, Museo Correale di Sorrento.

Il Realismo in breve

Iniziamo con la descrizione di questa parola: “realismo” significa rappresentare soggetti dal vivo come effettivamente appaiono nella realtà.

Il termine “realismo” è propriamente assegnato a quel movimento artistico, nato poco dopo la metà dell’Ottocento in contrasto con l’emotività altamente soggettiva del Romanticismo.

Lo stesso termine “realista”, che viene impiegato per descrivere una data rappresentazione artistica, indica la raffigurazione reale dei soggetti, tanto reali da poter talvolta risultare “sgradevoli”. Se il soggetto ha dei difetti il pittore realista lo dipinge come tale, libero dagli schemi della bellezza classica.

Il Realismo descrive generalmente semplici scene di vita quotidiana. Altre volte anche grandi temi sociali.

La pittura realista è in forte contrasto con quella idealista, con  la pittura romantica e con tutti i linguaggi che coinvolgono l’animo umano.

Tra i pittori italiani che aderirono al Realismo citiamo: Anton Smik Pitloo e la Scuola di Posillipo, Giacinto Gigante la famiglia Gigante, Filippo Palizi, Domenico Morelli, Michela Cammarano, Antonio Mancini, Domenico Induno, Gerolamo Induno, Angelo Inganni, Mosè Bianchi, Emilio Gola, Antonio Fontanesi, gli artisti della scuola Rivara, Giacomo Favretto, Guglielmo Ciardi e Federico Zandomeneghi.

Per approfondimenti sul Realismo:  Il RealismoIl Realismo italianoIl Nuovo realismo.

Continua nella pagina successiva con il Riassunto della storia dell’arte in Italia: dai Macchiaioli ad oggi.

L’Abbazia di San Galgano

Un viaggio presso l’Abbazia di San Galgano

Ritorna all’elenco delle chiese nel presente sito web

Visita ad una straordinaria ed affascinante rovina, piena di misteri, tra cui quello dell’enigmatica spada nella roccia.

Abbazia di San Galgano
Esterno del rudere della’ Abbazia di San Galgano (foto da Wikimedia.com)

Storia dell’abbazia

L’Abbazia di San Galgano si trova a pochissimi chilometri da Siena; visitarla è un incanto.

La sua sagoma appare maestosa tra gli alti cipressi del viale che le sta di fronte, uno spettacolo tutto da godere, che rimarrà per sempre impresso nella memoria.  Lo stupore per quella visione frontale, che invita il visitatore ad accorciare il passo per usufruirne appieno la bellezza, aumenta via via che ci si avvicina all’ingresso.

La sagoma della chiesa, che appare ancora quasi intatta nelle mura esterne, è completamente priva di copertura.

Di costruzione gotica, la chiesa cistercense, fu portata a compimento nel 1218 con l’impiego di diversi materiali tra cui molto travertino, soprattutto per le parti esterne, sasso su sasso e mattone su mattone.

Fu configurata per tre navate con pianta a croce latina, larghezza di 21 metri e lunghezza di 72.

L’abside, nella cui estremità appaiono un rosone e sei aperture monofore, crea un sorprendente senso di ricercatezza e, soprattutto, di stupore. La maestosità della chiesa è testimonianza di come fosse sentito all’epoca il culto di San Galgano.

Splendore e decadenza dell’abbazia

Nel corso del Trecento l’abbazia, grazie all’immunità e ai privilegi imperiali di Enrico VI, Ottone IV e Federico II raggiunse livelli di altissimo splendore. Tuttavia l’enorme ricchezza raggiunta innescò violente polemiche all’inizi del sedicesimo secolo tra il papato e la Repubblica di Siena. Nel 1506, infatti, papa Giulio II inviò l’interdetto contro Siena. Quest’ultima reagì ordinando ai sacerdoti di celebrare  tutte le funzioni liturgiche.

Purtroppo dopo i  periodo di sfolgorante splendore seguì quello della decadenza, che avrebbe trasformato l’Abbazia di San Galgano in un misterioso e, pur sempre, maestoso rudere.

Abbazia San Galgano di Siena
Interno dell’Abbazia San Galgano di Siena

La leggenda di San Galgano

Galgano nacque nel 1148 a Chiusdino, un borgo non lontano da Siena ed assai vicino al punto in cui sarebbe nata l’Abbazia che oggi porta il suo nome. I genitori erano Guido Guidotti e Dionisa.

In questo particolare periodo medioevale in tutto il territorio senese, come in molte altre zone della nostra penisola, era un susseguirsi di ingiustizie. Provenivano soprattutto da parte dei potenti ma anche da altri tipi di organizzazioni, per lo più armate, che si stavano via via formando. Queste ultime erano nate con lo scopo di conquistare nuovi domini ed estenderne i propri.

Galgano Guidotti, nel pieno del vigore della sua gioventù, faceva parte di queste organizzazioni e, come molti altri cavalieri, dava sfogo al proprio carattere con autorità ed arroganza.

Con il passare del tempo, però, Galgano incominciò a sentire inutile quella vita, che giudicava priva di qualunque scopo benefico. Decise quindi di voltare pagina e ritirarsi sulla collina di Montesiepi, poco distante da Monticiano per iniziare una vita in isolamento e in penitenza.

In quel luogo solitario Galgano incomincio affannosamente a ricercare la pace che gli era stata fino allora negata.

Come forma simbolica di rinuncia ad ogni tipo di violenza conficcò con tutta la sua forza la sua spada in una roccia, lasciando fuori dal terreno tutta l’impugnatura, con l’intento usarla come croce su cui pregare. Questo gesto simbolico di grande coraggio per i tempi che correvano, avveniva nel 1180.

Galgano morì il 3 dicembre 1181 appoggiato a quella che una volta era la sua spada e, solo dopo appena quattro anni (1185) papa Lucio III lo proclamò Santo.

10 tra i più bei dipinti di tutti i tempi realizzati nel Seicento e Settecento

Una selezione tra le opere più belle di tutti i tempi

I dipinti più belli scelti fra i due secoli

Continua dalla pagina precedente:  10 tra i dipinti più belli e famosi dal Quattrocento al Cinquecento

La Storia dell’arte è ricca di capolavori di grandi maestri della pittura, pertanto quelli che sto presentando in queste pagine, fra quelli più famosi, sono il frutto di una personale selezione che ritengo essere tra le più belle.

La bellezza, l’eleganza e la forza emotiva dei grandi dipinti illumina sempre l’anima dell’osservatore. L’invito sarebbe, perciò, quello di andare di persona nei vari musei e goderseli dal vivo!

Un viaggio fra i dipinti più famosi: in questa pagina sono raffigurati: La Cena in Emmaus di Caravaggio, la Ronda di notte (Ronda notturna) di Rembrandt, la Las Meninas di Velezques, La ragazza col turbante (La ragazza con l’orecchino di perla) di Jan Vermeer, l’Apparizione della Madonna col Bambino a San Filippo Neri di Giambattista Tiepolo, La Regata sul Canal Grande di Canaletto, La Maya desnuda e la Maja vestida di Goya e Il Primo Console supera le Alpi al Gran San Bernardodi  Jacques-Louis David.

Caravaggio: Cena in Emmaus (1601-02)

Caravaggio: La cena in Emmaus, 141 x 175 cm. Pinacoteca di Brera, Milano.
Caravaggio: La cena in Emmaus, 141 x 175 cm. Pinacoteca di Brera, Milano.

La Cena in Emmaus è un opera di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, realizzata a olio su tela nel 1606, misura 141 x 175 cm. e si trova a Milano nella Pinacoteca di Brera. la tela rappresenta la scena del Vangelo secondo Luca.

Il dipinto è stato eseguito presso Zagarolo (altre fonti indicano invece zone di Palestrina), subito dopo la fuga dell’artista da Roma in seguito all’assassinio di Tommaso Ranuccio. In queste zone, infatti, viveva la famiglia dei Colonna con il suo protettore.

L’impressione immediata della scena di questa tela ricorda quella con la stessa tematica realizzata qualche anno prima e custodita a Londra. Qui rispetto alla prima c’è meno articolazione, meno contrasti coloristici e pochissimi  effetti di quella tipica luminosità caravaggesca. Il Cristo, infatti, è rappresentato con espressione più triste e mostra segni di stanchezza.

Vedi approfondimenti sulla Cena in Emmaus di Caravaggio.

Rembrandt: Ronda di notte 1642

Rembrandt: La ronda di notte o La milizia del capitanto Frans Banning Cocq
Rembrandt: La ronda di notte o La milizia del capitanto Frans Banning Cocq

La Ronda di notte – noto come Notte di veglia, o Ronda notturna, o La guardia civica in marcia – è un’opera realizzata con tecnica a olio su tela nel 1642 da Rembrandt. Il quadro misura 359×438 cm. ed è custodito nel Rijksmuseum di Amsterdam.

La ronda di notte è considerato dagli studiosi di storia dell’arte come uno dei massimi capolavori di Rembrandt, soprattutto per l’eccezionale configurazione degli effetti luminosi, nonché per la meticolosa descrizione dei numerosissimi dettagli, data l’insolita dimensione della tela.

Il dipinto rappresenta in primo piano due figure militari, identificate in Frans Banning Cocq (Capitano) e Willem van Ruytenburgh suo luogotenente, riprese un attimo prima che le stesse dessero l’ordine di iniziare la marcia per dirigersi non si sa dove.

Diego Velazquez: Las Meninas (1656)

Diego Velázquez: Las meninas, tecnica olio su tela, anno 1656, dimensioni 318×276 cm, Museo del Prado, Madrid
Diego Velázquez: Las meninas, tecnica olio su tela, anno 1656, dimensioni 318×276 cm, Museo del Prado, Madrid

Las meninas è un’opera realizzata da Diego Velázquez nel 1656 con tecnica olio su tela, misura 318×276 cm  e si trova nel Museo del Prado a Madrid

Il dipinto è ambientato all’interno dello studio dell’artista, che era ubicato a Madrid nel Real Alcázar di Filippo IV.

Nella Las Meninas è raffigurata l’infanta Margarita, figlia della nuova regina, attorniata dalle sue dame di corte. Quella che appare alla sua destra è Doña Maria Augustina de Sarmiento, mentre mentre l’altra del lato opposto è la sua nana di compagnia, Doña Isabel de Velasco, con a fianco il cane mastino. Oltre queste, compaiono altri membri della corte spagnola. L’artista è chiaramente riconoscibile a sinistra di fronte al proprio cavalletto.

Las Meninas è un dipinto di grandissimi effetti raffigurativi. L’Infanta Margarita, protagonista principale, appare orgogliosamente effigiata al centro tra le sue damigelle e la propria nana. Quella a sinistra le si inginocchia di fronte, mentre l’altra appare nell’attimo in cui si sta piegando verso di lei. Tali gesti rafforzano il fatto che l’infanta diventi il fulcro centrale dell’azione.

La nana, poco più alta di Margarita, nonostante le caratteristiche di nanismo, per contrasto fa apparire assai più delicato il personaggio principale, rendendolo anche più prezioso e fragile.

Jan Vermeer – La ragazza col turbante o La ragazza con l’orecchino di perla (1665-1666 ca)

Jan Vermeer: Ragazza con turbante, cm. 49, Mauritshuis, l’Aia
Vermeer: Ragazza con turbante, cm. 49, Mauritshuis, l’Aia

Ragazza con turbante, o Ragazza con l’orecchino, o Ragazza con perla all’orecchino è un’opera di Jan Vermeer realizzata con tecnica a olio su tela nel 1660-65. Il quadro, che misura 46,5 x 40 cm, si trova nel Museo Mauritshuis a L’Aia.

Lo studioso di storia dell’arte Malraux riconobbe nell’effigiata la figlia minore di Vermeer. Tale ipotesi ebbe poco sostegno da parte di altri studiosi, anche perché la cronologia dell’opera non lo permetteva.

Il turbante è probabile che sia appartenuto al pittore insieme ai costumi turchi, questi ultimi effettivamente risultanti fra i propri beni.

Il dipinto apparve nel 1882 ad un bassissimo prezzo presso la “vendita Braam” di Amsterdam, dove fu acquistato da A. A. des Tombe (nome che pare essere errato) a 2 fiorini e 30 stuyvers. Nel 1903 la stessa persona lo fece pervenire in dono al Museo Muritshuis, l’odierna sede.

Vedi approfondimenti sulla Ragazza col turbante.

 

Gianbattista Tiepolo – Apparizione della Madonna col Bambino a San Filippo Neri (1739-40)

Giambattista Tiepolo: Apparizione della Madonna col Bambino a San Filippo Neri, cm. 350 x 182, Chiesa di San Filippo Neri, Camerino.
Giambattista Tiepolo: Apparizione della Madonna col Bambino a San Filippo Neri, cm. 350 x 182, Chiesa di San Filippo Neri, Camerino.

L’Apparizione della Madonna col Bambino a San Filippo Neri è un’opera di Giambattista Tiepolo realizzata intorno al 1639-40 con tecnica a olio su tela, misura 350 x 182 cm. e si trova nella Chiesa di San Filippo Neri a Camerino.

La composizione venne pubblicata nel 1964 sulle pagine di “AV” dallo Zampetti. Non esistono documentazioni che parlino della pala in esame, che attualmente la possiamo ammirare attorniata da una corposa cornice di marmo.

Di certo si sa che nel 1735 alla chiesa che la custodisce fu portato a termine il tetto insieme alle decorazioni interne.

Un accurato studio dello stile porta ad assegnare al dipinto una cronologia che  risulta la stessa della pala della “Madonna con le sante Caterina, Rosa col Bambino e Agnese“, cioè il periodo dopo la realizzazione degli “Affreschi di Santa Maria dei Gesuati a Venezia”. Infatti di questi ultimi esistono documentazioni che si riferiscono agli anni 1737-39.

Lo stile di questa raffigurazione rileva soprattutto un’armoniosa bellezza cromatica ed una pacata struttura compositiva, senza nervose interruzioni dei contorni che elegantemente vi primeggiano.

La figura delicata e gentile della Madonna ricorda le immagini femminili dei dipinti dei Carmini che l’artista realizzò a Venezia.

Vedi approfondimenti sull’Apparizione della Madonna col Bambino.

Canaletto: La Regata sul Canal Grande (1732)

Antonio Canal: La Regata sul Canal Grande (1732), Londra, Collezioni Reali. Dimensioni della tela: (77 X 126 cm.)
Canaletto: La Regata sul Canal Grande (1732), Londra, Collezioni Reali. Dimensioni della tela: (77 X 126 cm.)

La Regata sul Canal Grande è un’opera di Canaletto realizzata nel 1732, misura 77 x 126 cm. e si trova nelle Collezioni reali di Londra.

La composizione raffigura il Canal Grande nel momento in cui si disputa una gara molto importante per i Veneziani:  la storica Regata di Venezia, ancora oggi assai apprezzata dalla popolazione.

Nel dipinto si nota l’intensa attività e traffico di gondole, con altri tipi di imbarcazioni che fanno da contorno, stracolme di tifosi.

Sui muri dei palazzi veneziani si vedono appesi dei grossi drappi ricamati, a simboleggiare la giornata di festa. Il tutto in uno sfondo con un bellissimo cielo, che occupa circa metà superficie quadro.

William Hogarth: Matrimonio alla moda (1744)

William Hogart: Il contratto - dal Matrimonio alla moda, ciclo di sei dipinti di cm. 68,5 x 89 ciascuno, National Gallery di Londra.
William Hogart: Il contratto – dal Matrimonio alla moda, ciclo di sei dipinti di cm. 68,5 x 89 ciascuno, National Gallery di Londra.

Il Matrimonio alla moda è un ciclo di sei composizioni di William Hogarth realizzate nel 1744 con tecnica a olio su tela, le cui misure – tutte perfettamente uguali – sono cm. 68,5 x 89. I sei i dipinti si trovano a Londra nella National Gallery di Londra.

Con le sei opere l’artista intende descrivere le sgradevoli conclusioni di un’unione cercata non solo per interesse ma soprattutto per ambizione.

Nel “London Daily Post” del 2 aprile 1743 apparve il seguente annuncio: “Mr. Hogarth ha l’intenzione di pubblicare per sottoscrizione sei stampe in rame, incise a opera dei migliori maestri di Parigi da quadri propri raffiguranti una variazione su una vicenda moderna nell’alta società, e intitolati Matrimonio alla moda. Si baderà in modo specifico che la decenza e la proprietà di tutta la serie non abbiano a sollevare la minima obiezione, e che le relative figure non contengano riferimenti personali”.

Nella National Gallery le tele appaiono entro le originarie cornici ‘Maratta’, che lo stesso artista commissionò pagandole 24 ghinee.

Vedi approfondimenti sul Matrimonio del Libertino

Goya: La Maya desnuda e la Maja vestida (1800-1803)

Francisco Goya: La Maja vestita 95 x 190, Madrid Prado.
Francisco Goya: La Maja vestita
95 x 190, Madrid Prado.
Francisco Goya: La Maja desnuda, 97 x 190 cm. Madrid Prado
Francisco Goya: La Maja desnuda, 97 x 190 cm. Madrid Prado

La ‘”Maja’ desnuda” e la “Maja’ vestida” sono considerate dagli studiosi di storia dell’arte fra capolavori più famosi dell’artista, soprattutto per quel senso di “proibitivo” che si respira nella prima.

Alcuni sostennero che nella Maja si potesse identificare duchessa de Alba, cosa che non ebbe abbastanza consensi dalla critica, che la escludeva a priori. Si sa invece con certezza che Goya eseguì la Maja vestida per ricoprire la desnuda.

Vedi approfondimenti sulle due Maje di Goya.

Jacques-Louis David: Il Primo Console supera le Alpi al Gran San Bernardo (1801)

Napoleone Bonaparte valica il Gran San Bernardo
Napoleone Bonaparte valica il Gran San Bernardo

Il dipinto “Bonaparte valica le Alpi” (conosciuto anche come Bonaparte valica  il Gran San Bernardo) è un ritratto di Jacques-Louis David realizzato intorno al  1800-03 con tecnica a olio su tela. Misura 260 × 221 cm. e si trova nel Castello della Malmaison, Rueil-Malmaison.

Napoleone appare nel momento in cui attraversa il Colle del Gran San Bernardo con la sua armata nella seconda campagna d’Italia, in cui risulterà vittorioso.

L’artista realizzò cinque versioni di questo dipinto. Il primo ritratto venne commissionato da Carlo IV per tentare un’intesa tra Spagna e Francia. Le tre versioni successive, che vennero commissionate dallo stesso Napoleone a fini propagandistici, raffigurano i primi ritratti ufficiali del Primo console.

I tre dipinti si trovavano presso il castello di Saint-Cloud, nel palazzo della Repubblica Cisalpina e nella biblioteca dell’hôtel des Invalides. L’ultima versione fu realizzata dall’artista per rimanere nel proprio studio.

Vedi approfondimenti su Wikipedia.

Continua con i dipinti dell’Ottocento-Novecento

10 tra i dipinti più belli e famosi del Quattrocento e Cinquecento

Una selezione tra i dipinti più famosi di tutte le epoche

La Storia dell’arte è ricca di grandissimi capolavori. Pertanto quelli raffigurati in questa pagina, fra i dipinti più famosi, sono soltanto il frutto di una personale selezione che ritengo fra i più belli e, certamente, fra i più popolari di tutti i tempi.

La bellezza e la carica di emotività delle grandi opere illumina sempre l’anima del fruitore. L’invito sarebbe quello di goderseli dal vivo!

Un viaggio fra i dipinti più famosi. In questa pagina sono raffigurati: Il pagamento del tributo di Masaccio, la Primavera e la Nascita di Venere di Botticelli, la Dama con l’ermellino e l’Ultima cena di Leonardo, la Gioconda di Leonardo, la Creazione di Adamo di Michelangelo Buonarroti, la Disputa del sacramento di Raffaello, la Venere d’Urbino di Tiziano Vecellio e la Medusa di Caravaggio.

Masaccio: Il pagamento del tributo (1425 circa)

Masaccio: Affreschi nella Cappella Brancacci, chiesa del Carmine, Firenze. Scena del Tributo.
Masaccio: Affreschi nella Cappella Brancacci, chiesa del Carmine, Firenze. Scena del Tributo.

Il Pagamento del tributo (o Tributo) è un’opera di Masaccio, eseguita con la collaborazione di altri artisti intorno al 1425 impiegando la tecnica a fresco su muro. Il dipinto misura 255 x 598 cm. e si trova nella Cappella Brancacci della chiesa del Carmine a Firenze.

L’opera è la più famosa del ciclo degli “Affreschi della Cappella Brancacci”, così considerata anche da Giorgio Vasari  “tra l’altre notabilissima”.

Appare in primo piano la narrazione dell’episodio di San Matteo (XII, 23) del gabelliere Levi (quello ripreso di schiena) che contratta il pagamento del pedaggio con Cristo ed i suoi apostoli. San Pietro, che sta alla destra di Gesù, ripete il segno del suo Maestro indicando le acque che s’intravedono nella zona di sinistra.

Con la seconda fase della narrazione – raffigurata in secondo piano a sinistra – viene rafforzato il prodigio della storia in cui “Pietro … il quale nell’affaticarsi a cavare i danari dal ventre del pesce, ha la testa focosa per lo stare chinato” (Giorgio Vasari).

La terza scena si svolge ancora in primo piano ma sulla destra, dove appare San Pietro – questa volta visto in tre quarti di spalle – paga il tributo al gabelliere nei pressi di edifici raffigurati in prospettiva (in riferimento alla “domus” riportata dal Vangelo).

Lo sfondo mostra la pianura, che prosegue in profondità verso le montagne che s’innalzano maestosamente fondendosi con un cielo scuro e tempestoso.

Vedi approfondimenti sul Pagamento del tributo nel sito.

Sandro Botticelli: Primavera (1482 circa)

Botticelli: La Primavera, cm. 314, Galleria degli Uffizi, Firenze.
Botticelli: La Primavera, cm. 314, Galleria degli Uffizi, Firenze.

La Primavera è un dipinto di Sandro Botticelli, realizzato nel 1477-1478 con tecnica a tempera su tavola, misura 203 x 314 cm. e si trova nella Galleria degli Uffizi a Firenze.

La Primavera è un’opera famosissima che viene descritta anche dalle fonti più antiche, tra le quali ricordiamo l’Anonimo Gaddiano e Giorgio Vasari, nonché le documentazioni presenti negli archivi medicei.

L’opera venne richiesta per la villa medicea di Castello (Firenze) ed acquistata nel 1477 da Lorenzo il Popolano e dal padre Giovanni di Pierfrancesco de’ Medici.

Quando Lorenzo morì (1503) la villa, compreso patrimonio artistico, passò a Giovanni di Giovanni de’ Medici (Giovanni delle Bande Nere). Nel 1526 la Primavera  passò al figlio, Cosimo I.

Vedi approfondimenti sulla Primavera di Botticelli nel sito.

Sandro Botticelli: Nascita di Venere (1482-1485)

Botticelli: La nascita di Venere, cm. 278.5, Galleria degli Uffizi, Firenze.
Botticelli: La nascita di Venere, cm. 278.5, Galleria degli Uffizi, Firenze.

La Nascita di Venere è un’opera di Sandro Botticelli, realizzata intorno al 1482 con tecnica a tempera su tela, misura 172,5 x 278,5 cm. e si trova nella Galleria degli Uffizi a Firenze.

La composizione, insieme alla “Pallade che doma il centauro” e alla “Primavera”, faceva parte della collezione dei “Popolani” di Lorenzo e Giovanni di Pierfrancesco de’ Medici.

La Nascita della Venere, che si trovava nella villa di Castello (nelle vicinanze di Firenze), ebbe la stessa storia della “Primavera” (dipinto più sopra raffigurato), cioè, uscì dalla guardaroba dei granduchi per approdare, nel 1815, agli Uffizi. Secondo il Meyer (1890), il tema del quadro in esame è tratto da alcuni passi di Ovidio (Metamorfosi, 11 27; Fasti. V 217). ove si parla dell’Ora con in mano il mantello che porge a Venere Anadiomène.

Per altri studiosi di storia dell’arte, lo spunto è tratto da Omero o da altri autori umanistici. Più attendibili, sempre riguardo al tema, sono le note identificative di Ernst Gombrich (1945) e di Carlo Argan (1956), che vi interpretarono una valenza neoplatonica. Il primo la descrive ancor meglio del secondo, identificandovi la nascita dell’Humanitas, concepita dalla Natura per via dei suoi quattro elementi, in seguito all’unione della materia con lo spirito.

Vedi approfondimenti sulla Nascita di Venere di Botticelli nel sito.

Leonardo da Vinci: Dama con l’ermellino 1485-1490

Leonardo da Vinci: Ritratto di donna con ermellino, periodo 1485-1490, dimensioni 54 x 39 cm, Cracovia, Czartryski Muzeum.
Leonardo da Vinci: Ritratto di donna con ermellino, periodo 1485-1490, dimensioni 54 x 39 cm, Cracovia, Czartryski Muzeum.

Il Ritratto di dama con ermellino (Dama della faina, o Dama del furetto, o Donna con l’ermellino) è un’opera di Leonardo da Vinci realizzata tra il 1485 ed il 1490 con tecnica a olio su tavola, misura 54 x 39 cm. e si trova nel Czartryski Muzeum a Cracovia.

Nulla si sa della presente composizione fino alla fine del XVIII secolo, quando pervenne alla Casa Gotica, donata dal principe Adam Czartoryski, che la acquistò forse in Francia durante la rivoluzione. La Casa Gotica si trovava nel Castello di Pulany ed era come un Museo privato gestito da Isabella, moglie del principe Adam.

Il dipinto è catalogato nei registri degli archivi con l’aggiunta del secondo titolo – errato – “La belle belle Feroniere / Leonard d’Awinci”.

Intorno al 1830 tutta la collezione della Casa Gotica fu trasferita a Parigi, e, tra questa anche la Dama con l’ermellino, che negli anni 1870-1876, pervenne a Cracovia.

Vedi approfondimenti sulla Dama con l’ermellino di Leonardo da Vinci nel sito

Leonardo da Vinci: Ultima cena (1495-1497)

Leonardo: Il Cenacolo (L’ultima cena, assieme cm. 460 x 880), periodo 1495 – 97, Convento di S. Maria delle Grazie Milano.
Leonardo da Vinci: Il Cenacolo (L’ultima cena, assieme cm. 460 x 880), periodo 1495 – 97, Convento di S. Maria delle Grazie Milano.

Il Cenacolo (L’ultima cena) è un’opera di Leonardo da Vinci realizzata intorno al 1495-97 con tecnica a tempera su muro, misura 460 x 880 cm. e si trova a Milano  nel Convento di S. Maria delle Grazie.

La composizione venne commissionata da Ludovico il Moro e fu eseguita dall’artista nel periodo fra il 1495 ed il 1497.

Il Cenacolo (non si tratta di un vero e proprio un affresco) può essere inteso come una derivazione di dipinti antecedenti eseguiti da pittori di ambito fiorentino. Tra questi ricordiamo Domenico Ghirlandaio, Andrea del Castagno e Taddeo Gaddi. Qui però i vari personaggi appaiono differentemente distribuiti (tre a tre), mostrando una corrispondenza di forme architettoniche assai lontane dai canoni delle citate fonti fiorentine.

Lo sfumato si fonde in una grigia atmosfera crepuscolare in cui le figure, visibilmente agitate, ascoltano dalla bocca del Maestro che uno di loro lo avrebbe tradito.

Non è affatto casuale il fatto che tutte le immagini siano illuminate da una luce proveniente da sinistra, mentre quella di Giuda Iscariota rimane pressoché in ombra.

Osservando Gesù si notano serenità e forza statica, nonché un’esecuzione dello stesso come generalmente vengono raffigurate le divinità. Tutto ciò contrasta con l’imperfezione dell’animo umano, molto ben descritto da Leonardo nei volti agitati degli apostoli.

Vedi approfondimenti sul Cenacolo di Leonardo nel sito

Leonardo da Vinci: Gioconda (1503-1506 circa)

Leonardo: La Gioconda (Monna Lisa), periodo 1503-1505, dimensioni cm. 77 x 53, Louvre, Parigi.
Leonardo: La Gioconda (Monna Lisa), periodo 1503-1505, dimensioni cm. 77 x 53, Louvre, Parigi.

La Gioconda (o la Monna Lisa) è un’opera di Leonardo da Vinci realizzata intorno al 1503-5 con tecnica ad olio su tavola, misura 77 x 53 cm. e si trova nel Museo del Louvre a Parigi.

Quello della Monna Lisa è il solo dipinto  di Leonardo la cui paternità non sia mai stata messa in discussione nell’arco dei secoli. Stessa cosa si potrebbe affermare riguardo l’Autoritratto a sanguigna (Torino) e il ritratto di Isabella d’Este (su cartone, Museo del Louvre, Parigi).

Le documentazioni sul dipinto in esame sono abbastanza precise e ben dettagliate, anche se qualche piccolo particolare ha fatto nascere varie discussioni tra gli studiosi di storia dell’arte.

Molti dubbi sono invece sorti sull’identità della donna effigiata. Il dipinto mostra una certa corrispondenza sull’età dell’effigiata con Lisa Gherardini, nata nel 1479 e sposata con Francesco Bartolomeo del Giocondo. Tuttavia nacquero dei dubbi sul fatto la composizione rappresenti proprio lei.

Per quanto riguarda la cronologia è probabile che l’opera fosse iniziata intorno al 1503.

Vedi approfondimenti sulla Gioconda di Leonardo nel sito.

Michelangelo Buonarroti: La creazione di Adamo (1511)

Michelangelo Buonarroti: La creazione di Adamo nel soffitto della Cappella Sistina
Michelangelo Buonarroti: La creazione di Adamo nel soffitto della Cappella Sistina

La Creazione di Adamo è un affresco di Michelangelo, realizzato intorno al 1511 e fa parte della decorazione del soffitto della Cappella Sistina, in Vaticano a Roma. L’opera, che fu commissionata da Papa Giulio II,  è l’episodio più celebre di tutta la raffigurazione michelangiolesca ed una delle icone più famose dell’arte, oggetto di  citazioni,  parodie ed omaggi in ogni epoca.

Il Buonarroti per portare a compimento la composizione impiegò sedici giorni, iniziando  a dipingere da dove è posizionato il riquadro con il gruppo dell’Eterno.

Il trasferimento del disegno dal cartone al soffitto venne eseguito tramite “spolvero”. La tunica, invece, la incise direttamente sull’intonaco.

Nella realizzazione della composizione Michelangelo raffigurò Adamo nella seconda fase, dopo una profonda riflessione. Una volta pronto per il proseguimento dell’opera, incise la maestosa figura direttamente sulla volta.

Gli apprezzamenti per il riquadro della Creazione di Adamo furono unanimi fin dall’epoca della prima apertura al pubblico.

Vedi approfondimenti sulla Creazione di Adamo nel sito.

Raffaello: La disputa del Sacramento (1509)

Raffaello Sanzio: La disputa del Sacramento
Raffaello e la stanza della Segnatura: “La disputa del Sacramento”, stanza della Segnatura (Vaticano), 1509 e misura 770 cm. (base) x 500 c. (altezza).

La Disputa del Sacramento è un’opera di Raffaello Sanzio realizzata nel 1509 con tecnica ad affresco nella stanza della Segnatura (Vaticano). La composizione misura  770  x 500 cm.

In origine il quadro aveva un titolo diverso, probabilmente il “Trionfo della Chiesa” o il “Trionfo dell’Eucarestia”. Dal Seicento, per una errata interpretazione di alcuni passi delle “Vite” si Giorgio Vasari, si è portata avanti l’attuale denominazione dell’opera, cioè la “Disputa del Sacramento”.

Il dipinto fa riferimento al momento dell’ostia consacrata, che si eleva al cielo nell’ostensorio, spiccando maestosamente al centro della raffigurazione e – per effetti prospettici, visto dal basso – al centro dell’altare, dove vanno ad incontrarsi le linee prospettiche.

Vedi approfondimenti sulla Disputa del Sacramento di Raffaello nel sito.

Tiziano: Venere di Urbino (1538)

Tiziano Vecellio: La venere di Urbino, cm. 165, Uffizi, Firenze.
Tiziano Vecellio: La venere di Urbino, cm. 165, Uffizi, Firenze.

La Venere di Urbino è un dipinto di Tiziano Vecellio, realizzato nel 1538 con tecnica a olio su tela, misura 119 x 165 cm. e si trova nella Galleria degli Uffizi a Firenze.

Questa è probabilmente la tela che Giorgio Vasari citò a Urbino. Tiziano la inviò nel 1631 – con ad altri suoi dipinti – a Firenze insieme all’eredità della famiglia Della Rovere.

La “Venere di Urbino” fu commissionata a Tiziano nei primi mesi del 1538 dal duca di Camerino – che poi divenne duca d’Urbino – Guidobaldo Della Rovere. Questi, nel marzo successivo, ordinava a Girolamo Fantini, suo subalterno, di non ritornare ad Urbino senza “la donna nuda” (fonte: Gronau, 1904 e 1936).

Nel 1822 Ingres realizzò una copia della Venere in esame, che attualmente si trova nella Walters Art Gallery di Baltimora.  Per saperne di più entrare nella pagina della Pittura di Tiziano.

Vedi approfondimenti sulla Venere di Urbino nel sito.

Caravaggio: Scudo con testa di Medusa (1597 circa)

La Testa di Medusa di Caravaggio
La Testa di Medusa di Caravaggio

Lo Scudo con testa di Medusa è il soggetto di un composizione eseguita da Caravaggio (Michelangelo Merisi) intorno al 1597-98 che si trova nella Galleria degli Uffizi a Firenze.

L’opera è un saggio dell’abilità del Merisi. Qui gli effetti derivati dalla convessità dell’insolito supporto vengono annullati, dando così l’impressione che la testa della Medusa fluttui in un immaginario fondo piatto, sopra quello convesso.

La luce, che proviene dall’alto, risulta quasi verticale e proietta l’ombra della Medusa sullo scuro fondo dello scudo, tendente al grigio-verde. Il Caravaggio ha pensato bene di dare l’impressione al fruitore che l’ombra della testa venga proiettata sul fondo concavo e quindi vedervi il volto fluttuante, fuori dal supporto pittorico.

Il volto della Medusa, che colpisce direttamente la sensibilità del fruitore dell’opera, è stato ripreso nel momento in cui la testa viene tagliata; si vedono infatti fiotti sgorganti di sangue.

Lo sconvolgimento esterrefatto del volto, con occhi spalancati e bocca aperta al massimo, viene amplificato dalla calda illuminazione. Quest’ultima, infatti, mette in evidenza anche l’orrore delle serpi che fanno da capigliatura.

Continua con altre meravigliose opere: 10 tra i più bei dipinti di tutti i tempi realizzati tra il Seicento e il Settecento.

Le Madonne dei grandi pittori (1528-1949)

Pagina collegate alle Madonne dei grandi pittori: Quindici “Natività di Gesù” di Grandi Maestri.

Le Madonne che hanno fatto la storia dell’arte

Vai alla pagina precedente, oppure alla pagina iniziale delle Madonne

Correggio – Madonna di San Girolamo o Il giorno (intorno al 1528)

Correggio: Il giorno, assieme di 205 x 141 Parma Galleria
Correggio: Il giorno, assieme di 205 x 141 Parma Galleria

La Madonna di San Girolamo, conosciuta anche come “Il Giorno”, in contrapposizione alla Notte (Adorazione dei pastori) di Dresda, è un’opera realizzata da Correggio intorno al 1528.

Il dipinto, eseguito con tecnica ad olio su tavola, misura 205 × 141 cm. e si trova nella Galleria Nazionale di Parma.

Già dal primo periodo della pubblicazione la composizione fece grande scalpore per la sua eccezionale bellezza. Fu infatti elogiata nelle Vite di Vasari per il suo “mirabile colorito” e l’espressione sorridente dell’angelo che sta porgendo la Bibbia. L’opera piacque anche al pittore cretese El Greco che, davanti alla rappresentazione delle eleganti figure, rimanendo incantato per la bellezza della Maddalena, gli uscì spontanea l’esclamazione “l’unica figura della Pittura!”.

Vedi approfondimenti sul sito le Madonne dei grandi pittori

Lorenzo Lotto – Annunciazione di Recanati (1534)

Lorenzo Lotto: Annunciazione, cm. 166 x 114, Pinacoteca Comunale di Recanati.
Lorenzo Lotto: Annunciazione, cm. 166 x 114, Pinacoteca Comunale di Recanati.

L’Annunciazione di Recanati è un’opera di Lorenzo Lotto realizzata con tecnica ad olio su tela intorno al 1526-1534. Il dipinto, che misura 166 × 114 cm., è custodito a Recanati nel Museo civico Villa Colloredo Mels.

Nella tavola appare la firma del pittore con la scritta “L. Lotus”. Da documentazioni certe si ricava che la composizione rimase nell’Oratorio di Santa Maria sopra Mercanti (sede commissionaria) fino 1953 quando, per motivi di sicurezza, pervenne nella Pinacoteca di Recanati.

Per quanto riguarda la cronologia, il Gianuizzi (“NRM” 1894) la anticipa al 1526, mentre il Boschetto (1953) ipotizza nel 1527. Il Berenson (1955) la ritarda al 1527-28.

Vedi approfondimenti sul sito – Si veda anche La Madonna del Polittico di Recanati dello stesso Lorenzo Lotto tra le Madonne dei grandi pittori

El Greco – L’annunciazione (intorno al 1600)

El Greco: L’Annunciazione, tecnica a olio su tela, 114 x 67 cm, anno 1597-1600, Lugano, Collezione Thyssen.
El Greco: L’Annunciazione, tecnica a olio su tela, 114 x 67 cm, anno 1597-1600, Lugano, Collezione Thyssen.

“L’Annunciazione” è un dipinto del pittore cretese El Greco, che lo realizzò con tecnica a olio su tela intorno al 1597-1600. L’opera misura 114 x 67 cm. e attualmente si trova a Lugano nella collezione Thyssen.

La presente composizione è una riproduzione autografa dell’artista di uno dei tre dipinti originali eseguiti per il “Colegio del de Doña Maria de Aragõn a Madrid” (l’ “Adorazione dei pastori”, l’ “Annunciazione” e il “Battesimo di Cristo”). È firmata con la scritta “doménikos theotokópoulos epoiei”.

El Greco – Madonna con il Bambino e le sante Martina e Agnese

El Greco: Madonna con il Bambino e le sante Martina e Agnese, cm. 193 x 103, National Gallery of Washington.
El Greco: Madonna con il Bambino e le sante Martina e Agnese, cm. 193 x 103, National Gallery of Washington.

La “Madonna con il Bambino e le sante Martina e Agnese” è un’opera autografa di El Greco realizzata ad olio su tela intorno al 1597-99 e si trova nella National Gallery di Washington. La composizione, che misura 193 x 103 cm, fa parte dei cinque dipinti (e relative riproduzioni, sia autografe che non) per la Cappella S. Josè a Toledo.

Sulla stesura pittorica appare un monogramma con due lettere dell’alfabeto greco.

Prima della National Gallery si trovava sull’altare di destra della summenzionata cappella.

La figura a sinistra della Vergine venne identificata in santa Tecla.

Le figure allungate di questa raffigurazione la distinguono dalle altre Madonne dei grandi pittori

Vedi approfondimenti sul sito.

Pieter Paul Rubens – Madonna della Vallicella (intorno al 1608)

Rubens: Madonna della Vallicella, olio su tavola di ardesia, dimensioni 425 × 250 cm, anno 1606-1608, chiesa di Santa Maria della Vallicella, Roma
Rubens: Madonna della Vallicella, olio su tavola di ardesia, dimensioni 425 × 250 cm, anno 1606-1608, chiesa di Santa Maria della Vallicella, Roma

La Madonna della Vallicella è un’opera realizzata da Pieter Paul Rubens intorno al 1607 con tecnica ad su tavola di ardesia. La composizione, che misura 425 × 250 cm., si trova a Roma nella chiesa di Santa Maria della Vallicella.

Trattasi della seconda opera di una commissione pubblica per Roma. Qualche anno prima, infatti, l’artista realizzò un ciclo pittorico per la basilica di Santa Croce in Gerusalemme, andato in parte perduto.

La presente composizione si trova sull’altare maggiore della chiesa di Santa Maria in Vallicella, conosciuta anche come chiesa Nuova, a Roma ed ha nel suo interno un’antico affresco miracoloso (trattasi della Madonna vallicelliana, immagine tipica della Nicopeia o Kyriotissa).

Caravaggio – Madonna dei palafrenieri (1605)

Caravaggio: Madonna dei palafrenieri, cm. 292 x 211, Galleria Borghese, Roma.
Caravaggio: Madonna dei palafrenieri, cm. 292 x 211, Galleria Borghese, Roma.

La Madonna dei palafrenieri è un dipinto autografo del Caravaggio (Michelangelo Merisi), realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1605. La composizione, che misura 292 x 211 cm, è custodita a Roma nella Galleria Borghese.

Il presente dipinto raffigura la Madonna e il Bambino nel momento in cui schiacciano il serpente con il proprio piede, simbolo del peccato originale. Alla loro sinistra appare Anna che sta osservando la scena.

La Madonna dei palafrenieri era stata commissionata per la chiesa di Sant’Anna dei Palafrenieri (destinazione Altare Maggiore) presso San Pietro in Vaticano.

La pregiatissima opera venne rifiutata dai committenti per le sproporzionate dimensioni del Bambino e per la sua completa nudità, nonché per la vistosa scollatura della Madonna e per la modella scelta: Lena, prostituta ed amante del Caravaggio, da lui preferita come modella anche per la realizzazione della Madonna dei pellegrini.

Caravaggio – Annunciazione (intorno al 1609)

Caravaggio: annunciazione, anno 1609 circa, olio su tela 285 x 205, Nancy (Francia) nel Musée des Beaux-Arts
Caravaggio: annunciazione, anno 1609 circa, olio su tela 285 x 205, Nancy (Francia) nel Musée des Beaux-Arts

L’Annunciazione è un’opera di Caravaggio realizzata intorno al 1609, quando l’artista era ormai entrato nella fase della tarda dell’attività.

La composizione fu probabilmente commissionata dal duca di Lorena e dipinta in Sicilia (o nel corso del secondo soggiorno napoletano) con tecnica ad olio su tela di 285 × 205 cm. Attualmente si trova a Nancy (Francia) nel Musée des Beaux-Arts.

In questa Annunciazione il Caravaggio narra il tema classico del soggetto ma lo espone in una nuova prospettiva, che molti studiosi di storia dell’arte considerano rivoluzionaria. Infatti l’angelo, che tradizionalmente viene  raffigurato di fronte alla Vergine, in genuflessione (in piedi o in ginocchio), qui appare mentre è ancora in volo e volgendo le spalle all’osservatore. Altri, pur riconoscendo la forte innovazione del tema (l’angelo in alto, con Maria in basso ed inchinata) lo considerano comunque inginocchiato e genuflesso.

Orazio Gentileschi – Annunciazione (1623)

Orazio Gentileschi: Annunciazione di torino, olio su tela, anno 1623, Galleria Sabauda.
Orazio Gentileschi: Annunciazione di torino, olio su tela, anno 1623, Galleria Sabauda.

L’Annunciazione di Torino è un’opera realizzata da Orazio Gentileschi nel 1623 con tecnica ad olio su tela. La composizione, che si trova nella Galleria Sabauda di Torino, è considerata come il lavoro di più alto valore artistico nella produzione del pittore sabaudo, nonché uno dei capolavori della pittura seicentesca.

L’opera è stata dipinta dal Gentileschi durante suo soggiorno genovese. Fu poi inviata al duca Carlo Emanuele di Savoia per essere ubicata nella cappella della sua residenza a Torino.

Data l’originalità di questa Annunciazione, da cui si rileva anche un certo arcaismo, questo straordinario dipinto non è stato sempre compreso ed è stato oggetto di accesi dibattiti nel corso della storia dell’arte, suscitando anche aspre critiche.

Sassoferrato – Vergine Maria (intorno al 1650)

Giovanni Battista Salvi (Sassoferrato): Vergine Maria, anno 1640-50, National Gallery a Londra
Giovanni Battista Salvi (Sassoferrato): Vergine Maria, anno 1640-50, National Gallery a Londra

Il Sassoferrato (Giovan Battista Salvi), pittore appartenente allo stile barocco, nacque a Sassoferrato il 25 agosto 1609 e morì a Roma l’8 agosto 1685. Viene spesso ricordato col  semplice nominativo del suo paese di nascita.

La Vergine Maria, realizzata intorno al 1640-1650, è custodita a Londra nella National Gallery.

Murillo – Madonna col Bambino, o Madonna del Rosario (intorno al 1650-55)

Bartolomé Esteban Murillo: La Madonna col Bambino, o Madonna (o Vergine) del Rosario, olio su tela, 166 x 112 cm., Museo del Prado, Madrid.
Bartolomé Esteban Murillo: La Madonna col Bambino, o Madonna (o Vergine) del Rosario, olio su tela, 166 x 112 cm., Museo del Prado, Madrid.

La Madonna col Bambino, o Madonna (nonché Vergine) del Rosario è un’opera realizzata dal pittore spagnolo Bartolomé Esteban Murillo intorno al 1650-55 con tecnica a olio su tela. Il dipinto, che misura 166 x 112 cm, è conservato a Madrid nel Museo del Prado (sala XVI, inventariato con il numero P00975).

In precedenza la presente composizione si trovava nel Monastero dell’Escorial e nel Palazzo Reale di Madrid.

Giambattista Tiepolo – Madonna del cardellino (1760)

Giambattista Tiepolo: Madonna del Cardellino, olio su tela, anno 1760 circa, National Gallery of Art di Washington
Giambattista Tiepolo: Madonna del Cardellino, olio su tela, anno 1760 circa, National Gallery of Art di Washington

La Madonna del cardellino (Madonna of the Goldfinch), è un opera realizzata da Giambattista Tiepolo intorno al 1760 con tecnica a olio su tela, misura 240 × 120 cm. e si trova alla National Gallery of Art di Washington. Il Tiepolo è stato un pittore, incisore e frescante italiano, cittadino della Repubblica di Venezia.

Roberto Ferruzzi – Madonna del riposo (1897)

Roberto Ferruzzi: Madonna delle vie, o la Madonna del Riposo, tecnica a olio, anno 1897. Non si conosce l'attuale ubicazione.
Roberto Ferruzzi: Madonna delle vie, o la Madonna del Riposo, tecnica a olio, anno 1897. Non si conosce l’attuale ubicazione.

La tenera composizione, conosciuta anche come La Madonna delle vie, è un’opera di Roberto Ferruzzi realizzata nel 1897 con tecnica a olio. Il dipinto vinse la seconda Biennale di Venezia.

Si pensa che i modelli per l’esecuzione dell’opera siano stati Angelina Cian, a 11 anni, e il suo fratellino.

In un primo periodo alla presente composizione, che semplicemente rappresentava la “maternità”, non erano state date caratteristiche religiose. In seguito al conseguimento del premio della Biennale di Venezia ed il successo avuto a livello nazionale, il dipinto fu rinominato con titoli relativi alle Madonne col Bambino e divenne più conosciuto dell’autore. La Madonna del riposo è annoverata tra le madonne dei grandi maestri della pittura.

John George Alexander Leishman, un diplomatico in francese e mecenate del Ferruzzi, acquistò la Madonnina ma non il copyright. Per tale ragione si pensa la composizione sia stata sottoposta a diversi rifacimenti nel corso dello scorso secolo e che, probabilmente, sia pervenuta negli anni Cinquanta in una collezione privata della Pennsylvania.

Del dipinto si sono perse le tracce.

Curiosità sulla Madonnina del Ferruzzi

Esiste una riproduzione microscopica a olio della Madonnina, realizzata dal pittore Stefano Busonero dentro la moneta da un centesimo di euro, esattamente nel mappamondo della stessa moneta.

Il dipinto ha un diametro di 6,6 mm.

Riproduzione della Madonnina del Ferruzzi realizzata dentro il globo terrestre della moneta da un centesimo.
Riproduzione della Madonnina del Ferruzzi realizzata dentro il globo terrestre della moneta da un centesimo.

William-Adolphe Bouguereau – Vergine dei gigli (1899)

William-Adolphe Bouguereau - Vergine dei gigli
William-Adolphe Bouguereau – Vergine dei gigli, 1899

In questa bellissima composizione, realizzata nel 1899, l’artista volle proporre diversi concetti:

  • lo sguardo della Vergine non è rivolto al fruitore dell’opera.
  • La Vergine ha un atteggiamento di modestia che pare prevalga a tal punto da annullarla.
  • La Vergine indossa un abito nero.
  • Il Bambino pare che venga offerto in dono all’umanità.
  • Il Bambino ha una postura benedicente.
  • L’apertura delle braccia del bambino, insieme alla posizione dei piedi, pare volesse anticipare la Crocifissione

I gigli bianchi rimandano tradizionalmente, già dai tempi della Grecia classica, all’idea della maternità. Dagli inizi del medio, evo nell’ambiente cristiano, assumono significati di purezza, sia nelle raffigurazioni della Vergine Maria che dell’Annunciazione.

William-Adolphe Bouguereau (La Rochelle, 1825 – La Rochelle, 1905) è stato un pittore accademista francese.

Marc Chagall – Madonna del villaggio (1938)

Marc Chagall - Madonna del villaggio (1938)
Marc Chagall – Madonna del villaggio (1938). La foto è a bassa risoluzione ed usata al solo scopo didattico.

Marc Chagall (Vitebsk,  1887 – Saint-Paul-de-Vence, 1985) è stato un pittore surrealista di d’origine ebraica chassidica, nato in bielorussa stabilitosi in Francia.

La presente composizione, che misura 102.5 x 98 cm, fu realizzata da Chagal nel 1938 ed è custodita nella collezione Thyssen-Bornemisza di Lugano-Castagnola a Madrid.

Salvator Dalì – Madonna di Port Lligat (1949)

Salvator Dalì - Madonna di Port Lligat (1949)
Salvator Dalì – Madonna di Port Lligat (1949). La foto è a bassa risoluzione ed usata al solo scopo didattico.

Questo dipinto, fra i più significativi di Salvador Dalí, è stato realizzato nel 1949.

La Madonna di Port Lligat, che misura 49 x 37,5 cm, fu eseguita dall’artista nel 1949 in una prima versione. L’anno seguente, tuttavia, Dalì realizzò una seconda con lo stesso nominativo.

La presente composizione si trova attualmente esposta nel Museo Haggerty of Art di Milwaukee, Wisconsin (U.S.A).

Ancora un po’ di pazienza: stiamo lavorando per inserire altre Madonne.

Alcune Madonne dei grandi maestri della pittura (1481-1528).

Pagina collegate alle Madonne dei grandi maestri della pittura: Quindici “Natività di Gesù” di Grandi Maestri.

Le più importanti Madonne dei pittori attraverso i secoli

Segue dalla pagina precedente

Se si è entrati in questa pagina tramite motori di ricerca si consiglia di visitare anche la pagina precedente (link sopra), dove vengono raffigurate le Madonne dei grandi maestri dei periodi precedenti.

Sandro Botticelli – Madonna del Magnificat (1481)

Botticelli: Madonna del Magnificat, diametro 118 cm., Galleria degli Uffizi, Firenze.
Botticelli: Madonna del Magnificat, diametro 118 cm., Galleria degli Uffizi, Firenze.

La  Madonna qui raffigurata, conosciuta anche come Madonna con il Bambino e cinque angeli, è un’opera realizzata da Sandro Botticelli nel 1481 con tecnica a tempera su tavola.

Il dipinto, uno fra i più famosi tra le Madonne dei grandi maestri misura 118 cm. di diametro si trova a Firenze nella Galleria degli Uffizi.

Il pregiato e brillante cromatismo, i tratti netti e chiari dei contorni, l’eleganza delle curve e lo scrupoloso disegno sottostante caratterizzano la composizione, avvicinandola a quelle di Filippo Lippi che di Botticelli fu il primo maestro. Anche dalla Lippina di Lippi, infatti, l’artista prese ispirazione per la configurazione della malinconica Vergine, nonostante i toni più aristocratici della composizione in esame. Vedi approfondimenti sul sito della Madonna del Magnificat.

Sandro Botticelli – Madonna della melagrana (1487)

Botticelli: Madonna della melagrana, diametro cm. 143.5, Uffizi Firenze
Botticelli: Madonna della melagrana, diametro cm. 143.5, Uffizi Firenze

“Madonna col Bambino e sei Angeli”, o “Madonna della melagrana” , è un’opera di Alessandro Filipepi meglio conosciuto come il Botticelli, realizzata nel 1487 con tecnica a tempera su tavola. Ha un diametro di 143,5 cm. e si trova nella Galleria degli Uffizi di Firenze.

La tavola, che faceva parte della Collezione de’ Medici (di un cardinale), nel 1675 passò ai granduchi di Toscana e poi, nel 1870, pervenne alla Galleria degli Uffizi.

Da documentazioni certe, dove si parla di un tondo commissionato dal magistrato dei Massai (di camera nel 1487) all’artista, lo Horne nel 1908 vi identifica l’opera in esame.

A rafforzare l’ipotesi sopra accennata interviene il Salvini osservando che la cornice originale, con un fregio realizzato a gigli, confermerebbe che la tavola venne eseguita per un’istituzione pubblica, tanto più che gli elementi stilistici collimano con il periodo della realizzazione dell’opera.  Vedi approfondimenti sul sito sulla Madonna della melagrana

 

Leonardo da Vinci – Vergine delle rocce del Louvre (intorno al 1486)

Leonardo da Vinci: La Vergine delle rocce (cm. 123), Parigi museo del Louvre
Leonardo da Vinci: La Vergine delle rocce (cm. 123), Parigi museo del Louvre

La Vergine delle Rocce (esiste anche una seconda versione a Londra) è un dipinto realizzato da Leonardo da Vinci con tecnica a olio su tavola intorno al 1483-86.  L’opera, che attualmente si trova su una tela di 199 × 122 cm. è custodita a Parigi nel Musée du Louvre.

La caverna dove si sta svolgendo la scena rappresenta l’utero materno, ovvero il luogo della rinascita e la via di comunicazione con l’Aldilà.

La ben dettagliata roccia è strettamente collegata alla missione del Salvatore, sorgente e bevanda redentrice dell’anima.

Leonardo presenta la Vergine nella sua funzione di madre, protettrice e nutrice.

L’angelo, sulla destra, indica Giovanni Battista (meglio riconoscibile sulla seconda versione perché reca una croce), messaggero della Redenzione, che avverrà con il Battesimo e il sacrificio di Cristo. Il dito rivolto verso l’alto del bambino raffigurato sulla destra (Gesù) indica la dimensione ultraterrena, a cui esso stesso è predestinato. Vedi approfondimenti sul sito La Vergine delle rocce del Louvre.

Leonardo da Vinci – Vergine delle rocce di Londra (tra il 1494 ed il 1508)

Leonardo da Vinci: La Vergine delle rocce, periodo 1503-1506, dimensioni cm. 189,5 x 120, Londra, National Gallery.
Leonardo da Vinci: La Vergine delle rocce, periodo 1503-1506, dimensioni cm. 189,5 x 120, Londra, National Gallery.

La seconda versione della Vergine delle Rocce è un’opera realizzata dallo stesso Leonardo a cavallo dei due secoli (1494-1508) con tecnica a olio su tavola. Il dipinto, che misura 189,5 x 120 cm, si trova a Londra nella National Gallery.

La prima versione del dipinto, come sopra riportato, è invece custodita nel Museo del Louvre.

La composizione, come configurazione, pare a prima vista identica alla prima versione della Madonna delle rocce, con un articolatissimo sviluppo piramidale e moltissimi rimandi da un punto all’altro della tavola.

La Madonna è raffigurata al centro e sta accordando un gesto di protezione a san Giovannino, inginocchiato e in preghiera verso l’altro bambino (Gesù), posto in basso sulla destra in atteggiamento benedicente. Anche l’angelo si trova sulla destra, mentre la mano di Maria che si stende in scorcio verso il figlioletto, rappresentata un gesto protettivo.

Come in molte altre Madonne dei grandi maestri tutti gli atteggiamenti delle quattro figure sono collegati tra loro con scambi di gesti e sguardi.

Per approfondimenti si segua il link della prima Madonna dove le storie delle due composizioni si incontrano.

Michelangelo Buonarroti – Tondo Doni (1504)

Tondo Doni, Uffizi, Firenze
Michelangelo Buonarroti:Tondo Doni (La Sacra Famiglia), diametro 120 cm. Uffizi Firenze

Il Tondo Doni è un’opera realizzata da Michelangelo Buonarroti intorno al biennio 1503-4 con tecnica a tempera su tavola. Il dipinto, che misura 120 cm. di diametro ,è custodito a firenze nella Galleria degli Uffizi.

Il Tondo Doni si trova ancora nella cornice originale, che fu probabilmente disegnata e realizzata dallo stesso artista, e – fino ad oggi, secondo gli esperti di storia dell’arte – corrisponde alla sua unica opera eseguita su supporto mobile.

Il dipinto, che viene considerato come una delle rappresentazioni più emblematiche del Cinquecento italiano, fu certamente un esempio che contribuì fortemente allo sviluppo del Manierismo. Vedi approfondimenti sul sito relativi al Tondo Doni.

Albrecht Dürer – Madonna del Lucherino (1506)

Albrecht Dürer: Madonna del Lucherino, cm. 91 x 76, Staatliche Museen, Berlino.
Albrecht Dürer: Madonna del Lucherino, cm. 91 x 76, Staatliche Museen, Berlino.

La Madonna del Lucherino è un’opera realizzata da Albrecht Dürer nel 1506 con tecnica a olio su tavola. Il dipinto, che misura 91 × 76 cm, si trova a Berlino nella Gemäldegalerie.

Nell’opera, che ha il monogramma di Dürer incorporato, si legge l’iscrizione “Albertus Durer Germanus faciebat post Virginis partum 1506” sul foglietto configurato in primo piano.

Secondo il Tietze in questa composizione traspaiono influssi di Tiziano, che si confermano nello splendore del cromatismo, negli azzurri e nei verdi sgargianti. Probabilmente Dürer prese spunto dalla Madonna delle ciliegie del pittore veneziano (Vienna, Kunsthistorisches Museum).

In verità, per il resto degli studiosi di storia dell’arte, pare si tratti d’una ingegnosa variante della “Festa dei rosario” (Narodni Galerie di Praga), realizzata forse  nello stesso periodo, o subito dopo.

Vedi approfondimenti sul sito relativi alla Madonna del Lucherino.

Bernardino Luini – Madonna del Roseto (1510)

Bernardino Luini: Madonna del roseto
Bernardino Luini: Madonna del roseto

La Madonna del Roseto è un dipinto a olio su tavola realizzato da Bernardino Luini, intorno al 1510 e custodito a Milano nella Pinacoteca di Brera.

Capolavoro fra le Madonne dei grandi maestri, fu eseguito dall’artista nella sua fase giovanile.

L’opera, proveniente dalla collezione di Giuseppe Bianchi, pervenne alla Pinacoteca di Brera nel 1826.

Tradizionalmente, e secondo alcuni esperti di storia dell’arte, la presente composizione proverrebbe dalla Certosa di Pavia, tuttavia non esistono documentazioni che lo confermino.

Raffaello Sanzio – Madonna della Seggiola ( intoprno al 1514)

Raffaello Sanzio: Madonna della seggiola, Firenze Palazzo Pitti (diam. 71 cm.).
Raffaello Sanzio: Madonna della seggiola, Firenze Palazzo Pitti (diam. 71 cm.).

La Madonna della Seggiola è una composizione realizzata da Raffaello intorno al 1513-14 con tecnica a olio su tavola.  La composizione, che misura 71 cm. di diametro, è custodita a Firenze nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti.

La scena è scrupolosamente curata in tutti i suoi dettagli, che ne fanno un’opera di grande pregio fra le Madonne dei grandi maestri di ogni epoca. Le brillanti frange dorate che pendono dallo schienale della seggiola e gli articolati ricami sullo scialle della Madonna, a cui si aggiunge una ricercatissima variazione cromatica che va dai toni caldi a quelli freddi (rosso, giallo, verde, blu), fanno del presente dipinto uno fra i più grandi capolavori del periodo rinascimentale.

Vedi approfondimenti sul sito relativi alla Madonna della seggiola.

Raffaello Sanzio – Madonna Sistina (1513)

Raffaello Sanzio: Madonna Sistina, Gemäldegalerie, Dresda. (265 x 196 cm).
Raffaello Sanzio: Madonna Sistina, Gemäldegalerie, Dresda. (265 x 196 cm).

La Madonna Sistina è un’opera realizzata da Raffaello intorno al 1513-14 con tecnica a olio su tela. Il dipinto, che misura 265 × 196 cm, viene custodito a Dresda nella Gemäldegalerie.

Dalle vite di Giorgio Vasari si ricava che Raffaello eseguì l’opera su commissione per il convento di San Sisto a Piacenza. Infatti vi appaiono i due santi ivi venerati.

Il taglio moderno della raffigurazione è sottolineato dal semplice panneggio, privo di ogni ornamento della Vergine, che incede scalza frontalmente illuminata.

L’evidente umanizzazione della divinità qui si giustifica dalla bellezza sovrannaturale della donna, apice dell’impeccabilità, e dalle percezioni adulatorie intorno all’elegante figura.

Vedi approfondimenti sul sito relativi alla Madonna Sistina.

Tiziano – L’Assunta (intorno al 1518)

Tiziano: L’Assunta, cm. 360, Santa Maria gloriosa dei Frari, Venezia.
Tiziano Vecellio: L’Assunta, cm. 360, Santa Maria gloriosa dei Frari, Venezia.

L’Assunta è un dipinto realizzato da Tiziano Vecellio intorno al 1516-18 con tecnica ad olio su tavola e custodito a Venezia nella chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari.

La composizione, ubicata nello stesso posto fin dall’origine, fa parte della decorazione dell’altare centrale.

La presente Assunta, di evidente straordinarietà ed eleganza, è considerata dagli esperti di storia dell’arte come uno dei più grandi capolavori di Tiziano e tra le più belle Madonne dei grandi maestri. Trattasi di un dipinto talmente innovativo per il pubblico contemporaneo da lasciare attoniti anche gli artisti dello stesso periodo. È, infatti, la composizione che aprì a Tiziano definitivamente le porte dell’Olimpo dei grandi maestri del Rinascimento.

Vedi approfondimenti sul sito relativi all’Assunta di Tiziano.

Tiziano – La Madonna Lochis (1508-10)

Tiziano - La Madonna Lochis (1508-10), Accademia Carrara, Bergamo
Tiziano – La Madonna Lochis (1508-10), Accademia Carrara, Bergamo

La Madonna Lochis è un’opera attribuita a Tiziano Vecellio. Il dipinto, che è conservato nell’Accademia Carrara di Bergamo, fu realizzato intorno al 1508-10 con tecnica a olio su tavola dalle dimensioni di 38 x 48 cm.

L’opera pervenne all’attuale sede dalle collezioni Lochis, da cui ne prese il nominativo.

Prima dell’assegnazione all’artista il dipinto subì diverse ipotesi attributive, tra cui quelle che lo riconoscevano come opera di Sante Zago e di Francesco Vecellio, quest’ultimo fratello e seguace di Tiziano. Attualmente si parla del periodo giovanile del maestro, tanto che risultano ancora evidenti gli influssi di Giorgione.

Pontormo – Sacra famiglia con san Giovannino (intorno al 1523)

Jacopo Carrucci detto il Pontormo: Sacra famiglia con San Giovannino, cm. 120 x 98,5, Ermitage, Leningrado
Jacopo Carrucci detto il Pontormo: Sacra famiglia con San Giovannino, cm. 120 x 98,5, Ermitage, Leningrado

La Sacra Famiglia con san Giovannino è un’opera realizzata intorno al 1522-23 da Jacopo Carrucci (meglio conosciuto come Pontormo) con tecnica a olio su tavola. Il dipinto, che misura 120 x 99 cm,  è custodito a Pietroburgo nel Museo dell’Ermitage.

Nella scena della composizione si evidenzia una rottura con i principi rinascimentali per le contraddizioni in essa presenti. I volti dei personaggi centrali (Madonna e Bambino), infatti, sono stati configurati per dare risalto al volume, mentre il panneggio risulta quasi piatto e quindi privo di consistenza. Inoltre, i contrasti coloristici sono assai intensi.

Vedi approfondimenti sul sito relativi alla Sacra Famiglia di Pontormo.

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Le Madonne più belle e significative nella storia dell’arte (1100-1476)

Pagine collegate alle Madonne più belle: Quindici “Natività di Gesù” di Grandi Maestri.

Le Madonne più belle di tutti i tempi

In tre pagine di questo sito web descriviamo, elencandole, le Madonne più belle di tutte le epoche della storia dell’arte.

Tra queste, quasi tutte dipinte con la presenza del Bambino, non potevano mancare composizioni come la Madonna della seggiola, l’Assunta, la Vergine Madre, l’Assunzione, la Vergine delle rocce, Santa Maria Madre di Dio. Trattasi, dunque, delle più significative immagini che hanno colpito il pubblico dei vari periodi storici.

La selezione delle Madonne è stata sofferta e difficile e, comunque, ci saranno certamente nei vari musei delle raffigurazioni – più importanti di alcune fra queste – che non sono qui state prese in considerazione.

Le composizioni delle Madonne più belle sono qui presentate in ordine cronologico, cercando di coprire tutto il periodo storico che va dall’arte romanica ai giorni nostri.

La difficile selezione sulle Madonne è stata fatta artista per artista, per cui per la maggior parte dei maestri si troverà un solo dipinto. Scegliere, per esempio, fra le Madonne di Leonardo, Raffaello e Michelangelo – e stabilire fra esse quale inserire nell’elenco – è un compito di grande rilievo e quindi, fra questi, si troveranno più composizioni.

Troveremo nella lista anche opere murarie e altre realizzate con varie tecniche.

Non dispiacerebbe a questa redazione se venissero segnalate altre importanti Madonne della storia della pittura.

Autore ignoto – Madonna di Vladimir, o Madonna della tenerezza (intorno al 1100)

Autore sconosciuto: La Theotokos di Vladimir – conosciuta anche come Madre di Dio della tenerezza, o Vergine di Vladimir; Galleria Tret’jakov di Mosca
Autore ignoto: La Theotokos di Vladimir – conosciuta anche come Madre di Dio della tenerezza, o Vergine di Vladimir; Galleria Tret’jakov di Mosca.

La Theotokos di Vladimir – conosciuta anche come Madre di Dio della tenerezza, o Vergine di Vladimir – è una delle immagini ortodosse più conosciute e venerate.

La presente composizione è un tipico esempio della tipologia eleusa nelle rappresentazioni bizantine. La Theotokos di Vladimir – il termine Theotokos, dal greco, “Madre di Dio” – è la protettrice della Russia.

L’opera, di cui non si conosce l’autore, è attualmente custodita nella Galleria Tret’jakov di Mosca. Gli ortodossi festeggiano l’anniversario di questa Madonna due volte l’anno: il 3 giugno ed il 26 agosto.

Berlinghiero Berlinghieri – Madonna di sotto gli organi (1200-1220)

Berlinghiero Berlinghieri: Madonna di sotto gli organi, anno 1200-1220, dimensioni 93 x 55 cm, Duomo di Pisa.
Berlinghiero Berlinghieri: Madonna di sotto gli organi, anno 1200-1220, dimensioni 93 x 55 cm, Duomo di Pisa.

La Madonna di sotto gli organi è un’opera realizzata con tecnica a tempera e oro su tavola attribuita a Berlinghiero Berlinghieri.

La presente Madonna col Bambino, che misura 93 x 55 cm, fu dipinta intorno al 1200-1220 ed è conservata nel Duomo di Pisa.

Non si sa bene se il dipinto sia stato realizzato come opera indipendente oppure come dettaglio (forse uno scomparto) di un trittico o altro. Detta riflessione nasce dalla forma della tavola, centinata.

Autore ignoto – La Vergine nera, o la Madonna nera (intorno al 300)

Autore ignoto: Nella Madonna Nera di Częstochowa
Autore ignoto: Nella Madonna Nera di Częstochowa

Nella Madonna Nera di Częstochowa viene raffigurata la Vergine Maria.

La composizione, conosciuta anche come la Madonna nera, è un’icona bizantina (tipica nel medioevo) facente parte delle rappresentazioni di Madonne col Bambino.

Non si conosce l’autore dell’opera ma una leggenda narra che sia stata realizzata da un santo contemporaneo alla Madonna (San Luca), che la dipinse con il volto scuro, proprio perché la Vergine l’aveva nero.

L’opera, che in precedenza apparteneva al principe Ladislao di Opole, pervenne al Santuario di Częstochowa, a Jasna Góra, nel 1382.

Purtroppo durante le guerre degli Ussiti, nel 1430, l’opera venne profanata e danneggiata a colpi d’ascia, di cui ancora oggi risultano evidenti gli sfregi subiti.

Nel Seicento il dipinto rappresentava per i polacchi la resistenza del paese alle invasioni straniere.

Duccio di Buoninsegna – Madonna con il Bambino (1300-1305)

Duccio di Buoninsegna: Madonna con il Bambino e sei Angeli, cm. 97 x 93, Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia
Duccio di Buoninsegna: Madonna con il Bambino e sei Angeli, cm. 97 x 93, Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia.

La Madonna con il Bambino e sei Angeli è una composizione gotica eseguita da Duccio di Buoninsegna con tecnica a tempera su tavola intorno al 1300 – 1305.

L’opera, che misura 97 x 93 cm, è attualmente custodita nella Galleria nazionale dell’Umbria a Perugia.

In precedenza si trovava nella sagrestia – esposta al di sopra della porta di entrata – del convento perugino di San Domenico.

Soltanto agli inizi dello scorso secolo (1911) si incominciò a riferirla a Duccio di Buoninsegna (fonti Weigelt). Un’assegnazione, questa, assai audace per via delle consistenti ridipinture quattrocentesche, che ne falsavano i carnati.

La forma, per una leggera tendenza alla dilatazione, distingue il dipinto dalla prima Madonna di Duccio, mettendolo in relazione all’arte giottesca.  Ciò farebbe presupporre un rapporto con la contemporanea esperienza di Giotto e, quindi, pensare (Brandi nel 1947 e il Carli nel 1952) ad una cronologia molto più tardiva, intorno al periodo della Maestà del Duomo di Siena, anno 1308-11).

Per saperne vedi approfondimenti su questa Madonna col Bambino nel sito.

Giotto – Maestà di Ognissanti agli Uffizi (intorno al 1310

Giotto: Maestà di Ognissanti, intorno al 1310, tecnica a tempera su tavola, 325×204 cm. Uffizi, Firenze
Giotto: Maestà di Ognissanti, intorno al 1310, tecnica a tempera su tavola, 325×204 cm. Uffizi, Firenze.

La Maestà di Ognissanti è un’opera realizzata da Giotto  (opere di Giotto) intorno al 1310. La tecnica impiegata per la realizzazione del dipinto è quella a tempera e oro su tavola.

La grande e pregiata composizione, che misura 325 × 204 cm, si trova nella Galleria degli Uffizi a Firenze, dove è collocato a pochi passi da quelle rappresentate dalle pale di Duccio (Madonna Ruccellai) e di Cimabue (Madonna di Santa Trinita).

La Maestà pervenne nell’attuale sede dalla chiesa di Ognissanti, da cui ne derivò il nominativo. Per saperne vedi approfondimenti sulla Maestà di Giotto nel sito.

Simone Martini – Maestà del Palazzo Pubblico di Siena (1315)

Simone Martini: Maestà, cm. 763 x 970, Palazzo Pubblico, Siena.
Simone Martini: Maestà, cm. 763 x 970, Palazzo Pubblico, Siena.

La Maestà custodita nel Palazzo Pubblico di Siena è un’opera realizzata con tecnica a fresco nel 1315 da Simone Martini.

La composizione, che misura 970 × 763 cm. e che comprende tutta la parete nord della Sala del consiglio del Palazzo Pubblico di Siena, è conosciuta anche come Sala del Mappamondo.

Questa Maestà è considerata dagli studiosi di storia dell’arte fra le più significative opere di Simone Martini, nonché uno dei dipinti più importanti della pittura gotica italiana. Vedi approfondimenti sul sito: Maestà di Simone Martini.

Vitale da Bologna – Madonna dei battuti (intorno al 1355)

Vitale da Bologna: Madonna dei battuti (intorno al 1355), Vaticano
Vitale da Bologna: Madonna dei battuti (intorno al 1355), Vaticano

La Madonna dei Battuti, o Madonna col Bambino e confratelli, è un’opera realizzata da Vitale di Aimo de’ Cavalli (o Vitale degli Equi o, più semplicemente, Vitale da Bologna).

La composizione si trova in Città del vaticano nella Pinacoteca vaticana.

Gentile da Fabriano – Madonna dell’Umiltà (intorno al 1420)

Gentile da Fabriano - Madonna dell’Umiltà (intorno al 1420)
Gentile da Fabriano: Madonna dell’Umiltà (intorno al 1420), tempera su tavola, Museo Nazionale di S. Matteo a Pisa.

La Madonna dell’Umiltà è un’opera di Gentile da Fabriano realizzata intorno al 1420-23 con tecnica a tempera su tavola.

La composizione, che misura 56 × 41 cm, è custodita a Pisa nel Museo Nazionale di San Matteo.

La Madonna dell’umiltà pervenne all’odierna sede nell’Ottocento dalla Pia Casa della Misericordia, nella stessa città, dove venne prelevata per la musealizzazione.

Poca e frammentaria è la storia della tavoletta, nonché delle circostanze e modalità della committenza. Pare infatti che il dipinto fosse stato richiesto per devozione privata, forse dal cardinale (e arcivescovo di Pisa) Alemanno Adimari.

Quest’ultimo la inserì nel sepolcro nella chiesa romana di Santa Maria Nova, decorato proprio dallo stesso artista in quegli anni. Secondo il Vasari detta decorazione andò perduta. Vedi altra Madonna di Gentile da Fabriano, quella con il Bambino e due angeli.

Gentile da Fabriano- Madonna col il Bambino (intorno al 1425)

Gentile da Fabriano: Madonna con il Bambino, cm. 96 x 57, National Gallery di Washington.
Gentile da Fabriano: Madonna con il Bambino, cm. 96 x 57, National Gallery di Washington.

La Madonna con il Bambino sopra raffigurata è un dipinto autografo di Gentile da Fabriano.

L’opera, che l’artista realizzò con tecnica a tempera su tavola intorno al 1425, misura 96 x 57 cm. e si trova nella National Gallery di Washington.

Della tavola in esame nulla si conosce riguardo i primi periodi, sia nella committenza, che nella destinazione originaria.

Da fonti certificate si ricava che nel 1874 l’opera, non ancora assegnata all’artista, faceva parte della collezione londinese Barker, da cui – poco più tardi – passava di proprietà al parigino E. J. Sartoris.

Nel 1919 La Madonna con il Bambino venne esposta al Musée des Arts Decoratifs, dove fu ammirata da A. Venturi che, riconoscendo lo stile di Gentile da Fabriano, gliela assegnò con estrema certezza (“Storia dell’Arte”, 1928).

L’attribuzione del Venturi fu accolta da tutti gli studiosi di storia dell’arte e, poco più tardi, fu pubblicata da A. Colasanti (“BA” 1911). Si vedano gli approfondimenti alla pagina del sito.

Jan Van Eick – Madonna di Lucca (intorno al 1433)

Jan Van Eick: Madonna di Lucca (intorno al 1433), Städelsches Kunstinstitut di Francoforte
Jan Van Eick: Madonna di Lucca (intorno al 1433), Städelsches Kunstinstitut di Francoforte sul Meno

La Madonna di Lucca è un’opera realizzata da Jan van Eick intorno al 1433-36 con tecnica ad olio su tavola.

Il dipinto, che misura 49,5 × 65,5 cm, è custodito allo Städelsches Kunstinstitut di Francoforte sul Meno.

La Madonna di Lucca viene così convenzionalmente chiamata poiché, all’inizio dell’Ottocento, apparteneva alla pregiata collezione di Carlo di Borbone, duca di Parma e Lucca.

L’opera in esame, secondo gli studiosi di storia dell’arte, è annoverata tra gli ultimi lavori dell’artista, prima della prematura scomparsa.
Vedi approfondimenti della Madonna di Lucca sul sito.

Beato Angelico – Annunciazione del corridoio nord (intorno al 1440)

Beato Angelico - Annunciazione del corridoio nord
Beato Angelico – Annunciazione del corridoio nord, 230 x 321, anno 1440-50, tecnica a fresco, Convento di San Marco, Firenze

L’opera, denominata Annunciazione del corridoio Nord, è un dipinto di Beato Angelico realizzato con tecnica a fresco nel convento di San Marco a Firenze. Si trova al primo piano e lo si incontra proprio di fronte alle scale.

La composizione, che misura 230 × 321 cm, fu realizzata dall’Angelico in un periodo che probabilmente oscilla il 1440 e il 1450, o forse ancora più tardi.

Secondo gli studiosi di storia dell’arte dovrebbe coincidere con il periodo del dopo ritorno da Roma (1450).

La presente Annunciazione viene considerata come una delle opere più significative famose ed uno dei migliori dipinti di Beato angelico, rappresentanti questo stesso soggetto. Vedi altre Annunciazioni dell’artista sul sito.

Jean Fouquet – Madonna del latte, in trono col Bambino (parte smembrata del Dittico di Melun) (intorno al 1450)

Jean Fouquet: Madonna del latte, 91,8 x 83,3, anno 1450-55 Gemäldegalerie di Berlino
Jean Fouquet: Madonna del latte, 91,8 x 83,3, anno 1450-55 Gemäldegalerie di Berlino

L’opera fu realizzata su tavola insieme al ritratto di Etienne Chevalier presentato da S. Stefano. La composizione, che faceva parte del Dittico di Melun, è una tavola attribuita a Jean Fouquet, probabilmente la dipinta intorno al 1450-1455.

La Madonna del latte, che misura 91,8 × 83,3 cm, è custodita ad Anversa nel Koninklijk Museum voor Schone Kunsten.

Faceva parte del Dittico Melun anche un medaglione del diametro di 6 cm, dipinto a smalto, in cui è raffigurato lo stesso artista, oggi al Louvre.

Filippo Lippi – Lippina (intorno al 1465)

Filippo Lippi: Lippina (Madonna col Bambino e angeli), 1457-69 circa, cm. 92 x 63,5 , tempera su tavola, Galleria degli Uffizi, Firenze.
Filippo Lippi: Lippina (Madonna col Bambino e angeli), 1457-69 circa, cm. 92 x 63,5 , tempera su tavola, Galleria degli Uffizi, Firenze.

Madonna col Bambino e angeli, meglio conosciuta come Lippina, è un’opera realizzata intorno al 1465 da Filippo Lippi con tecnica a tempera su tavola. Il dipinto, che misura 92 × 63,5 cm, è custodito nella Galleria degli Uffizi a Firenze.

Sul retro è visibile lo schizzo realizzato a pennello che rappresenta un busto di donna.

La Lippina è considerata dagli studiosi di storia dell’arte una fra le più significative opere del frate artista, punto di riferimento per tutte le raffigurazioni di “Madonne col bambino” dei successivi periodi. Vi prese spunto anche Sandro Botticelli.

Il dipinto in esame è considerato uno dei pochissimi dipinti realizzati interamente da Filippo Lippi, senza aiuti di bottega. Vedi approfondimenti sulla Lippina nel sito.

Piero della Francesca Pala Brera – Pala di Montefeltro (intorno al 1472)

Piero della Francesca: Pala di Brera, cm. 170, Pinacoteca di Brera, Milano.
Piero della Francesca: Pala di Brera, cm. 170, Pinacoteca di Brera, Milano.

La Pala Montefeltro, o Pala di Brera, o – più precisamente – “Sacra Conversazione con la Madonna col Bambino, sei santi, quattro angeli e il donatore Federico da Montefeltro”, è stata realizzata da Piero della Francesca.

La tavola, dipinta con tecnica a tempera e olio, misura 248 × 170 cm. e databile intorno al 1472, si trova a Milano nella Pinacoteca di Brera (da qui il nome dell’opera).

Alcuni particolari della composizione in esame (in particolare le mani del duca) non sono opera dell’artista ma attribuite a Pedro Berruguete, che li completò (o modificò) dopo il 1474. Vedi approfondimenti sulla Pala di Brera nel sito.

Antonello da Messina – Annunciata di Palermo (intorno al 1476)

Antonello da Messina: Vergine annunziata, cm. 45 x 34,5, Museo Nazionale di Palermo.
Antonello da Messina: Vergine annunziata, cm. 45 x 34,5, Museo Nazionale di Palermo.

L’Annunciata di Palermo è un’opera realizzata con tecnica a olio su tavola da Antonello da Messina.

La piccola composizione, che misura 45 × 34,5 cm. e datata intorno al 1476, si trova a Palermo nel Palazzo Abatellis.

L’opera, secondo gli studiosi di storia dell’arte, rappresenta una delle mete fondamentali della pittura italiana del lungo periodo rinascimentale.

L’armonia cromatica e la purezza nelle forme, nonché l’espressione magnetica dell’intera figura (si osservi, oltre il viso, le mani, in particolare la destra sospesa) ne fanno un pregiatissimo capolavoro. Questa tavola non poteva assolutamente mancare nella descrizione fra le Madonne più belle. Vedi approfondimenti sulla Vergine nel sito.

Curiosità sull’Annunciata di Palermo

Esiste una riproduzione di dimensioni microscopiche di questo dipinto di Antonello da Messina (6,6 millimetri), che ha per supporto una moneta da un centesimo di euro (inserito dentro il globo terrestre della stessa), realizzato nel 2022 dal pittore miniaturista Stefano Busonero.

Nel micro-dipinto appaiono tutti i particolari della scena della grande composizione nel rispetto assoluto delle forme e delle proporzioni, come si vede chiaramente nella figura qui appresso riportata.

Riproduzione della Annunciata di Palermo di Antonello da Messina, realizzata dentro il mappamondo della moneta da un centesimo di euro.
Riproduzione della Annunciata di Palermo di Antonello da Messina, realizzata dentro il mappamondo della moneta da un centesimo di euro.

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Biografia, opere e vita artistica di Giovanni Antonio Canal detto Canaletto

Biografia opere e vita artistica di Canaletto

Pagine correlate: Elenco delle opereAltre opere di Canaletto – Ancora altre opere del Canaletto – Biografia e vita artistica – La critica – Il suo periodo – Bibliografia.

Breve biografia di Canaletto

Biografia opere e vita artistica di Canaletto

Giovanni Antonio Canal detto il Canaletto (Venezia,17 ottobre 1697 – ivi, 19 aprile 1768) fu il caposcuola dei vedutisti veneti del Settecento.

Il padre era pittore di scenari teatrali: nel suo studio il giovane Canaletto apprese l’arte.

Fino dal 1716 aiutava il padre insieme al fratello Cristoforo, a disegnare le scene per due opere di Vivaldi e Chelleri, eseguite al teatro Sant’Angelo a Roma,durante un soggiorno romano, in cui aveva accompagnato il padre, come è testimoniato dai relativi libretti; ma è possibile che avesse lavorato precedentemente col padre, nei teatri veneziani.

Nei successivi quattro anni, la famiglia fornì le scene per altre opere di vari compositori, in diversi teatri romani.

In questo periodo romano Giovanni Antonio Canal (che era chiamato Canaletto per distinguerlo dal padre), forse perché si rese conto che i metodi convenzionali della scenografia contemporanea soffocavano le sue doti naturali: il suo innato amore per la pittura di paesaggio, si risvegliò forse attraverso contatti con artisti olandesi attivi a Roma, in particolare Gaspar Van Wittel (meglio noto come, Vanvittelli), che allora dipingeva rappresentazioni topografiche di Roma e di altre città italiane.

Poiché Van Wittel aveva allora appena intrapreso il genere di pittura vedutista,anche Canaletto iniziò dipingendo le antichità di Roma; quasi certamente risale a questo periodo una serie di ventidue disegni con vedute romane. (oggi conservati a Londra, al British Museum).

Alcune fra le più conosciute opere di Canaletto

Riva degli Schiavoni verso est (1745 circa)

Canaletto: Riva degli Schiavoni verso est (1745 circa), Edimburgo, Scottish National Gallery. Dimensione della tela: (40,1 X 59,7 cm.)
Canaletto: Riva degli Schiavoni verso est (1745 circa), Edimburgo, Scottish National Gallery. Dimensione della tela: (40,1 X 59,7 cm.)

Le geometrie fortemente razionalistiche e la prospettiva impeccabile rendono la tela Riva degli Schiavoni verso est, uno dei manifesti per eccellenza della pittura vedutista. La mano di Canaletto è capace di riprodurre “fotograficamente” uno degli scorci più apprezzati di Venezi

. A sinistra si vedono la colonna di San Marco con il leone in cima, la maestosa facciata gotica di Palazzo Ducale, e in lontananza,oltre le scale, le carceri della città.

Il dipinto, realizzato per committenti inglesi, riproduce fedelmente la vivacità e la frenesia di Venezia.

Inoltre la tela ha un’importanza particolare, in quanto si sofferma su quello che, alcuni secoli dopo, diventerà il punto d’osservazione prediletto dei pittori impressionisti, in visita a Venezia. (come Manet, Renoir e Monet).

Santa Maria Aracoeli e il Campidoglio

Antonio Canal: Santa Maria Aracoeli e il Campidoglio (1720 circa), Budapest, Szépmuvesti Museum.
Canaletto: Santa Maria Aracoeli e il Campidoglio (1720 circa), Budapest, Szépmuvesti Museum. Dimensioni della tela: (148 X 200 cm.)

Il Canaletto, al seguito del padre, a Roma, avrebbe iniziato proprio nell’Urbe a proporsi come interprete del vedutismo, un’arte in cui protagonisti sono scorci cittadini o vedute del paesaggio. Qui ritrae la piazza del Campidoglio e Santa Maria Aracoeli.

Secondo Charles Beddington, la tela sarebbe stata eseguita dal Canaletto dopo il ritorno da Roma, cioè nel 1720,venendo a porsi come punto di riferimento fondamentale nella ricostruzione dell’attività giovanile dell’artista.

L’attribuzione è basata sulla relazione con disegni del Canaletto facenti parte della serie di ventidue vedute romane da lui eseguite tra il 1719 e il 1720. Ma l’argomentazione è fragile, perché non esiste alcun legame stilistico tra questo mediocre dipinto e le opere vedutiste come l’Arco di Settimio Severo e l’Arco di Costantino, che Beddington ha datato 1720 – 1721, senza dare una convincente giustificazione dello stridente divario stilistico e cromatico.

Dopo il suo ritorno a Venezia, elaborò uno stile personale di vedute di Venezia e del suo entroterra, che incontrò il favore di un pubblico internazionale: ebbe tra i suoi acquirenti il principe del Liechtenstein e il banchiere inglese Joseph Smith, che divenne poi console inglese a Venezia e gli aprì le porte del ricco e nobile collezionismo inglese. Dal 1746 al 1755, Canaletto soggiornò a Londra (con brevi ritorni a Venezia).

Piazza San Marco

Canaletto: Piazza San Marco (1723 circa) Madrid, Museo Tyssen-Bornemisza. Dimensioni della tela: (141 X 204 cm.)
Canaletto: Piazza San Marco (1723 circa)
Madrid, Museo Tyssen-Bornemisza. Dimensioni della tela: (141 X 204 cm.)

Anche con questa tela il Canaletto si dimostra uno dei più grandi (se non il più grande) tra gli esponenti del vedutismo,genere pittorico in cui protagonista del dipinto sono le vedute di città o di paesaggi.

Questo genere, anche grazie all’abilità di pittori come Canaletto, si diffuse in particolare a Venezia,soprattutto per la bellezza e per l’unicità dei suoi scorci cittadini, che resero i dipinti dei vedutisti veneziani, richiestissimi in ogni parte d’Europa, i committenti di ogni angolo del continente si recavano infatti a Venezia per acquistare le vedute della città lagunare riprodotte su tela.

Il Canaletto esalta i contrasti chiaroscurali tra le zone in ombra e quelle soleggiate, ricorrendo ad una gamma cromatica verde- azzurra e grigio- argento, fredda e ai toni brumosi dei pittori paesaggisti. I dipinti del Canaletto comunque si distinguono sempre per la loro grande accuratezza.

Il Canal Grande verso Rialto

Canaletto: Il canal grande da campo San Vio presso il ponte di Rialto cm. 144 x 207, Venezia, Ca’ Rezzonico
Canaletto: Il canal grande da campo San Vio presso il ponte di Rialto cm. 144 x 207, Venezia, Ca’ Rezzonico

Questo dipinto appartiene alla serie delle quattro vedute realizzate da Canaletto agl’inizi degli anni venti per un unico committente, probabilmente, uno dei governatori dell’Ospedale dei Mendicanti.

I dipinti divennero proprietà del principe del Liechtenstein e, sul finire del secolo, vennero trasferiti a Vienna.

La tela, precedentemente in collezione privata, è pervenuta al museo veneziano nel 1983.

La scena è osservata da palazzo Balbi, in direzione del ponte di Rialto che chiude le linee di fuga sullo sfondo. Il canale,delimitato in primo piano dal perimetro della tela,corre verso il punto di fuga della composizione; lungo le sue rive si svolge la scenografica sfilata dei palazzi addossati gli uni agli altri,quelli sul lato sinistro, splendono illuminati dal sole che rivela impietoso il degrado delle costruzioni.

Oltre ai minuti particolari architettonici. Grazie all’impiego preso a prestito dalla tecnica scenografica,di due diverse fonti di luce (poste su entrambi i lati della tela) alterando in modo suggestivo la visione reale, le acque della laguna sono oscurate dalle ombre di palazzo Balbi,sulla sinistra,e da quelle delle case dei Mocenigo, sulla sponda opposta. La pittura del Canaletto, oltre ad unire nella rappresentazione topografica, architettura e natura, si atteneva a rigorose e precise condizioni di luce e a valori assoluti della prospettiva, ottenuta con l’uso della camera ottica.

Biografia opere e vita artistica di Canaletto

BREVE NOTA SULLA CAMERA OTTICA

La camera ottica era uno strumento molto usato dai pittori del 1700, permetteva di proiettare l’immagine della realtà su uno schermo di carta oleata, in modo da poter procedere al ricalco.

La nuova pittura del Canaletto, piace tanto che nel 1722 l’artista ha già fama di un genio, che supera la tradizionale pittura topografica del Carlevarijs. Il successo consente a Canaletto di assicurarsi la collaborazione di una bottega, dove vengono vendute le sue opere, prima a italiani e poi ad inglesi.

Nel 1723 lavora per il banchiere inglese Joseph Smith, futuro console a Venezia, e suo mecenate, per il quale esegue disegni e dipinti destinati a decorargli l’abitazione.

Il Canal Grande visto da campo San Vio

Il Canal Grande visto da campo San Vio (1723), Madrid, Museo Tyssen – Bornemisza. Dimensioni della tela: (142 X 214 cm.)
Canaletto: Il Canal Grande visto da campo San Vio (1723), Madrid, Museo Tyssen – Bornemisza. Dimensioni della tela: (142 X 214 cm.)

Anche quest’opera fu acquisita dal principe del Liechtenstein insieme ad altre. La scena osservata dal lato del campo San Vio, pone il punto di vista dello spettatore leggermente rialzato,così da spaziare fino al bacino di San Marco.

La facciata marmorea di palazzo Corner ,interamente riprodotta, contrasta con la fiancata dall’intonaco vecchio e scrostato. Sul lato destro della tela, una parte del campo popolato dagli abitanti della zona: quattro uomini, poveramente vestiti, si riposano al sole, mentre parlano con l’uomo in piedi di fronte a loro.

Al precario approdo sono ancorati due barconi,uno solo di essi ha la vela spiegata; ed è qui che il pittore sembra soffermarsi maggiormente, cercando attraverso le molteplici tonalità del marrone, di creare l’effetto della tela logora e sporca.

Come realmente risultano certe vecchie imbarcazioni. Ma, senza dubbio, il particolare più realistico ci è offerto dalla donna affacciata al balcone della palazzina di destra, che con la scopa in mano e lo straccio della polvere appeso al balcone, osserva lo svolgersi della vita della piazza sottostante, mentre sul tetto lavora lo spazzacamino.

Il bacino di San Marco dalla Giudecca

Il bacino di San Marco con la dogana dalla punta della Giudecca, cm. 141 x 152,5 Cardiff National Museum of Wales
Canaletto: Il bacino di San Marco con la dogana dalla punta della Giudecca, cm. 141 x 152,5 Cardiff National Museum of Wales

Il bacino di San Marco con la dogana è visto dalla punta della Giudecca.

La tela appartiene alle opere giovanili di Canaletto dipinte a Venezia.

Questo scorcio di Venezia, fra i più suggestivi della città lagunare, verrà commissionato spesso al vedutista veneziano, questa veduta dalla Giudecca è forse più insolita, ma indubbiamente questa veduta del bacino di San Marco piaceva a tutti e solo i più ricchi e fortunati potevano portarsi a casa una tela del Canaletto, che aveva ormai una bottega avviata e prospera.

Il bacino di San Marco

Canaletto: Il bacino di San Marco verso est, cm. 204, Boston, Museum of Fine Arts.
Canaletto: Il bacino di San Marco verso est, cm. 125 x 204, Boston, Museum of Fine Arts.

La pittura vedutista di Canaletto in quest’opera ritrae “fotograficamente” un luminoso bacino di San Marco, con la Riva degli Schiavoni, uno dei punti d’attracco della città lagunare, molto fitto d’imbarcazioni di ogni tipo.

Il bacino di San Marco verso est abbraccia una luminosa Isola di San Giorgio, che fa da sfondo al fitto movimento delle imbarcazioni.

Canaletto “dilata” lo spazio, come se lo vedesse attraverso un grandangolo e cerca la veduta panoramica abbassando la linea dell’orizzonte.

Il bacino di San Marco dalla piazzetta

Canaletto: Il bacino di San Marco con l’isola di san Giorgio dalla piazzetta, cm. 63, Milano, collezione. privata.
Canaletto: Il bacino di San Marco con l’isola di san Giorgio dalla piazzetta, cm. 47 x 63, Milano, collezione. privata.

Canaletto. Il bacino di San Marco con l’isola di San Giorgio dalla piazzetta (1726 – 1728)
Milano, collezione privata. Dimensioni della tela: (47 X 63 cm.).

Il Canaletto eseguì altre tele con il bacino di San Marco, questa è custodita oggi da un collezionista privato.

Il ritorno del bucintoro al molo

Antonio Canal : Il ritorno del bucintoro al molo (1734), Windsor Castle, Royal Collection. Dimensioni della tela: (77 X 126 cm.)
Canaletto: Il ritorno del bucintoro al molo (1734), Windsor Castle, Royal Collection. Dimensioni della tela: (77 X 126 cm.)

Il quadro dipinto per il console inglese Joseph Smith, ritrae il bucintoro nel giorno dell’Ascensione.

Entro un rigoroso telaio prospettico, il pittore inserisce con assoluta esattezza il complesso sviluppo dei maggiori monumenti di Piazza San Marco, visti dalle acque del bacino, nel giorno della maggiore solennità della Serenissima, quando il doge rievoca lo sposalizio del mare, simbolo del dominio veneziano sull’Adriatico.

Sotto una luce solare, il monumentale bucintoro (regale nave a remi che ospita il doge), solca lentamente le acque sulle quali scintilla una luce d’argento, mentre una folla, sparsa tra gondole e barche addobbate a festa, lo attende tranquillamente sulla banchina del molo.

Vedutismo

Con il Settecento nacque nell’ambiente artistico una forte esigenza di oggettività e precisione, capaci d’impreziosire il genere del vedutismo anche di un valore documentario.

Già dalla prima metà del XVIII secolo s’iniziò a manifestare una certa inclinazione per la razionalità che si riverberò anche sul modo di rendere il paesaggio.

La richiesta di vedute aumentò in breve tempo per i luoghi di grande interesse turistico e politico e tale fenomeno spiega così il motivo per cui, in alcuni centri di grande richiamo, si siano formate vere e proprie schiere d’artisti specializzati in questo genere pittorico, come avvenne per esempio a Venezia.

Si comprende perciò il motivo per il quale un pittore dalle discrete doti tecnico-artistiche come Canaletto, si sia specializzato proprio in tale pittura, conducendola molto presto a livelli molto alti di precisione e cura del dettaglio.

In breve tempo l’artista riuscì ad essere adorato dai più svariati committenti che capitavano a Venezia; e in particolare dal pubblico inglese, e questo fu uno dei motivi che nel 1746 spinsero Canaletto a stabilirsi a Londra, dove, salvo due brevi rientri a Venezia, rimase fino al 1755.

Sempre per Joseph Smith dipingerà “La Regata sul Canal Grande” e “Interno di San Marco di notte”.

La Regata sul Canal Grande

Antonio Canal: La Regata sul Canal Grande (1732), Londra, Collezioni Reali. Dimensioni della tela: (77 X 126 cm.)
Canaletto: La Regata sul Canal Grande (1732), Londra, Collezioni Reali. Dimensioni della tela: (77 X 126 cm.)

Il dipinto raffigura il Canal Grande durante una gara molto importante per i Veneziani, la Regata storica (ancora oggi disputata e molto ammirata).

Il dipinto ci fa notare l’intenso traffico di gondole e altre barche che fanno da contorno, cariche di spettatori e tifosi.

Sui palazzi veneziani affollati di gente, si vedono dei drappi ricamati che sono appesi a simboleggiare il giorno di festa. Si vede un bellissimo cielo sereno,che occupa quasi metà del quadro.

Nei suoi quadri Canaletto oltre ad unire nella rappresentazione topografica architettura e natura,mostra un’attenta resa atmosferica, dalla scelta di precise condizioni di luce per ogni particolare momento della giornata e da un’indagine condotta con criteri di scientifica oggettività,in concomitanza col maggiore momento di diffusione dell’Illuminismo. Insistendo sul valore geometrico della prospettiva, che l’artista a volte descrive servendosi della camera ottica.

Interno di San Marco di notte

Canaletto: Interno di San Marco di notte (1733), Londra, Collezioni Reali. Dimensioni della tela: (33 X 22 cm.)
Canaletto: Interno di San Marco di notte (1733), Londra, Collezioni Reali. Dimensioni della tela: (33 X 22 cm.)

Il dipinto rappresenta la Basilica di San Marco durante le funzioni del Venerdì santo. La crociera e il transetto nord vengono ripresi da un punto d’osservazione posto a sud (in corrispondenza della cupola di San Leonardo).

I volumi interni sembrano rimpiccioliti e l’illusione dell’altezza è rafforzata dalla catena filiforme a cui è sospesa la lampada.

La luce arriva sulla croce appesa all’ingresso e si diffonde creando un senso di mistero e di solennità nel sacro tempio e nei riti che vi sono celebrati.

Questo dipinto di Canaletto si evidenzia per essere uno dei pochi (forse l’unico) notturno della produzione del pittore, che invece deve la sua fama allo studio della luce e alla particolare luminosità delle sue opere.

La festa di San Rocco

Canaletto: La festa di San Rocco (1735), Londra, National Gallery. Dimensioni della tela 147 X 199 cm.
Canaletto: La festa di San Rocco (1735), Londra, National Gallery. Dimensioni della tela 147 X 199 cm.

A Venezia il 16 agosto,giorno della festa di San Rocco, si commemorava ancora la fine della terribile pestilenza del 1576 (di cui morì anche Tiziano).

In quel giorno il Doge ascoltava la Messa nella chiesa di San Rocco. La tela del Canaletto mostra la grande processione di dignitari di stato e ambasciatori che escono dalla chiesa.

I partecipanti portano mazzolini di fiori che venivano loro consegnati all’arrivo come memoria della peste. Il Doge viene riparato da un parasole e indossa ori ed eleganti abiti da cerimonia bordati di ermellino.

Ci sono delle tende a proteggere dal sole agostano i partecipanti. Tradizionalmente, nel giorno della festa si teneva presso la Scuola di San Rocco di Venezia una mostra di dipinti.

A causa delle guerre che sconvolgono l’Europa, Canaletto vedrà notevolmente ridursi le committenze di stranieri, e forse anche grazie alle sue importanti conoscenze inglesi, nel 1746 decise di trasferirsi a Londra,dove vivrà per circa dieci anni.

SOGGIORNO A LONDRA

Giunto all’apice della fama, Canaletto, nel 1746, si trasferì a Londra. Dove venne in contatto con una realtà urbana, climatica e storica profondamente diversa, che gli diede l’opportunità di ripensare il suo approccio al “vero”. Realizzò, nello studio di Silver Street (l’attuale Beak Street, presso Regent’s Park) numerosi dipinti. Queste sue opere londinesi, oggi sono inaccessibili al grande pubblico, in quanto, per lo più, sono in proprietà private. Qui cerchiamo di mostrarne alcune. In Inghilterra il Canaletto comincia a raffigurare tipici paesaggi calmi e privi di architetture complesse, della brughiera inglese. Esemplificativi in tal senso sono anche alcuni dipinti come il castello di Warwick, realizzato per Francis Greville Brooke, futuro duca di Warwick, e alcune vedute del Tamigi, nelle quali il Canaletto poteva utilizzare gli artifici di cui si serviva per raffigurare i bacini di Venezia. Interessante un dipinto conservato presso l’Abbazia di Westminster, che raffigura l’abbazia stessa con la processione dell’Ordine del Bagno: si tratta di un dipinto a scopo celebrativo, nel quale il pittore poteva servirsi della propria esperienza maturata nel dipingere le sfarzose feste della Repubblica di Venezia.

Il Tamigi da Richmond House

Canaletto. Veduta del Tamigi da Richmond House (1747), Proprietà privata. Dimensioni della tela 105 X 117 cm.
Canaletto:  Veduta del Tamigi da Richmond House (1747), Proprietà privata. Dimensioni della tela 105 X 117 cm.

In queste vedute del Tamigi Canaletto adotta le stesse tecniche che usava per il Canal Grande a Venezia.

L’Abbazia di Westminster con la processione dell’Ordine del Bagno

Canaletto: L’Abbazia di Westminster con la processione (1749), Londra, Abbazia di Westminster, Warwick. Dimensioni della tela 99 X 101 cm.
Canaletto: L’Abbazia di Westminster con la processione (1749), Londra, Abbazia di Westminster, Warwick. Dimensioni della tela 99 X 101 cm.

Qui Canaletto quasi si compiace di ritornare alle grandi architetture e alle feste,come fosse a Venezia.

Dopo aver interrotto il soggiorno inglese una prima volta nel 1750, e una seconda nel 1753, Canaletto torna a Londra e stringe rapporti con Thomas Hollis, uno dei più importanti committenti del periodo inglese: per lui Canaletto dipinge Il Ponte Walton e l’interno della Rotonda Ranelagh, luogo molto conosciuto, oltre che uno dei rari interni realizzati dal pittore in Inghilterra,perciò era una veduta molto cara all’osservatore.

La rotonda di Ranelagh

Canaletto. La rotonda di Ranelagh (1754), Londra, National Gallery. Dimensioni della tela 46 X 75 cm.
Canaletto. La rotonda di Ranelagh (1754), Londra, National Gallery. Dimensioni della tela 46 X 75 cm.

L’opera (una delle poche a ritrarre un interno tra quelle dipinte in Inghilterra), fu eseguita su commissione del Duca di Richmond, che tra l’altro era stato uno dei primi clienti del pittore, a Venezia, durante gli anni venti.

Il pittore comincia così a creare i rapporti con i suoi nuovi clienti, tra i quali figuravano il principe boemo Johann Georg, Christian von Lobkowitz e il nobile inglese Hugh Percy, futuro Duca di Northumberland.

Accolto con iniziale diffidenza, Tintoretto riesce a ricevere in terra straniera diverse commissioni da parte dell’aristocrazia inglese. In breve tempo l’artista riuscì ad essere adorato dal pubblico inglese.

In questo periodo, durato circa una decina d’anni, l’artista fornisce attraverso vedute un’immagine realistica della Gran Bretagna del Settecento, realizzando al contempo un vero e proprio spaccato della società inglese a lui contemporanea, come ne è esempio la Rotonda di Ranelagh, uno dei luoghi più noti e frequentati della capitale,dove si poteva conversare,prendere un tè e ascoltare un concerto.

Veduta del castello di Warwick

Canaletto: Prospetto sud di Warwick Castle, cm. 71 Warwick Castle collezione priva
Canaletto: Il castello di Warwick (Prospetto sud di Warwick Castle), 42 x 71 cm. Warwick Castle, collezione privata, anno 1751.

Nell’ammirare l’imponente architettura del castello l’osservatore può misurarsi con le immense distese della pianura anglosassone, nel mezzo di una veduta riprodotta con una visuale a grandangolo, che non trascura lontane case e campanili, evidenziando la tranquillità del luogo. La stessa quiete espressa anche nel Ponte Walton.

Il ponte Walton

Il ponte Walton (1754), Londra, Dulwick Picture Gallery. Dimensioni della tela: (48 X 76 cm.).

Il dipinto mostra in primo piano gente che passeggia lungo la riva del Tamigi e sullo sfondo il ponte di legno baciato dal sole,sotto un cielo coperto da nuvole scure, dove l’effetto a grandangolo lascia vedere le case della città sullo sfondo.

Veduta del Tamigi e della city da un arco del ponte di Westminster

Antonio Canal: Veduta del Tamigi e della city da un arco del ponte di Westminster (1746 – 47), Collezione privata. Dimensioni della tela 57 X 95 cm.
Canaletto: Veduta del Tamigi e della city da un arco del ponte di Westminster (1746 – 47), Collezione privata. Dimensioni della tela 57 X 95 cm.

Le vedute panoramiche, i parchi e i ponti sul Tamigi confermano la sensibilità di Canaletto per le atmosfere paesaggistiche, ma anche il suo interesse di vita mondana inglese. Come fosse un cronista dell’epoca, Canaletto coglie i traffici frenetici della vita commerciale, ma anche il fasto della città che si specchia nel Tamigi.

Vista da un angolo insolito, quasi romantico, con in cui il pittore sembra manifestare il proprio affetto per la città inglese.

Il Tamigi con la cattedrale di St. Paul nel giorno di Lord Mayor

Canaletto: Il Tamigi con la Cattedrale di Saint Paul il giorno di Lord Mayor, anno 1746, Praga, Collezione Lobkowicz. Dimensioni della tela 38 X 27 cm.
Canaletto: Il Tamigi con la Cattedrale di Saint Paul il giorno di Lord Mayor, anno 1746, Praga, Collezione Lobkowicz. Dimensioni della tela 38 X 27 cm.

La luminosità diffusa,caratteristica dello stile del pittore, infonde serenità nei quadri perché rende i dettagli dello sfondo nitidi e definiti come quelli del primo piano. Le vedute panoramiche sul Tamigi confermano la sensibilità del pittore per le atmosfere paesaggistiche,ma anche il suo interesse di vita mondana inglese.

Palazzo Ducale e Piazza San Marco

Antonio Canal: Palazzo Ducale e Piazza San Marco (1755 circa), Firenze, Galleria degli Uffizi. Dimensioni della tela 51 X 83 cm.
Canaletto: Palazzo Ducale e Piazza San Marco (1755 circa), Firenze, Galleria degli Uffizi. Dimensioni della tela 51 X 83 cm.

Si tratta d’una bella prova dell’abilità quasi “fotografica” del Canaletto, che era solito realizzare i suoi capolavori (forse anche questo) servendosi della camera ottica: un dispositivo che gli permetteva di riprodurre ciò che vedeva nella realtà.

I colori sono tersi, tipici dell’ariosa pittura “gioiosa” del Canaletto,che realizzava i suoi dipinti senza far percepire il declino politico della Repubblica di Venezia durante il Settecento: la Venezia del Canaletto sembra una città sempre in festa. O almeno molto trafficata, come in questo caso.

Il bacino di San Marco è pieno di gondole e imbarcazioni che navigano in ogni direzione. Nella visuale che ci propone il Canaletto,notiamo da sinistra la Zecca, il palazzo dell’attuale Biblioteca Marciana,la piazza con il Palazzo Ducale,e poi continuiamo osservando le prigioni fino ad arrivare aPalazzo Dandolo, sede oggi dell’Hotel Danieli.

RITORNO A VENEZIA

Rientrato a Venezia,Canaletto si dedica a vedute di fantasia,secondo un genere pittorico chiamato “capriccio”,ossia unisce in una stessa veduta edifici di città diverse, oppure accosta palazzi realmente esistenti ad architetture mai realizzate. Sfruttando l’abilità tecnica appresa in teatro,Canaletto libera la propria capacità inventiva e confonde realtà e finzione.

I CAPRICCI

Forse stanco del vedutismo, Canaletto prova di mescolarlo con la sua fantasia ed offre vedute reali a costruzioni mai realizzate oppure vedute di architetture unite sulla tela, ma, in realtà esistenti in città differenti.

Capriccio con edifici Palladiani

Canaletto: Capriccio con edifici Palladiani (1756 – 59), Parma, Galleria nazionale. Dimensioni della tela 58 X 82 cm.
Canaletto: Capriccio con edifici Palladiani (1756 – 59), Parma, Galleria nazionale. Dimensioni della tela 58 X 82 cm.

Il dipinto raffigura un corso d’acqua che sembra preso dalla veduta di Windsor, attraversato da un ponte.

Le gondole,le barche e i vari tipi d’imbarcazione ci dicono che siamo a Venezia, ma gli edifici (esistenti realmente),in realtà, si trovano in tutt’altra città.

Il dipinto infatti è un capriccio, un genere pittorico che ebbe fortuna nel Settecento. Sulla destra,è raffigurata la Basilica Palladiana e a sinistra, si vede Palazzo Chiericati, due celebri architetture progettate da Andrea Palladio, ma che nulla hanno a che fare con gondole o barche in genere, trovandosi infatti a Vicenza.

Il capriccio del pittore sembra esaltarsi di fantasia al centro della composizione, dove si vede un ponte, che era un progetto del Palladio per il “suo” Ponte di Rialto(progetto mai realizzato), ma che il capriccio di Canaletto riproduce fedelmente.

Capriccio con rovine ed edifici classici

Antonio Canal: Capriccio con rovine ed edifici classici (1756), Milano, Museo Poldi Pezzoli. Dimensioni della tela 91 X 124 cm.
Canaletto: Capriccio con rovine ed edifici classici (1756), Milano, Museo Poldi Pezzoli. Dimensioni della tela 91 X 124 cm.

Giunto ormai alla fine della carriera, in questo capriccio dai monumenti antichi liberamente inventati, riemergono i colori tellurici degli esordi, in una fantasiosa città di Roma, identificata attraverso diversi richiami architettonici, come la cupola azzurra della basilica di San Pietro, oppure l’arco di trionfo ispirato ai fori romani.

Alcune rovine immaginarie evocano suggestioni mitologiche. Anche questi fantasiosi dipinti di Canaletto si distinguono per la loro grande accuratezza. Il pittore muore nella sua Venezia il 19 aprile 1768.

Altri Capricci di Canaletto: Capriccio con colonnato e cortile, Capriccio con rovine classiche.

Parco di Badminton da Badminton house

Canaletto: Veduta del parco di Badminton dalla loro residenza.(1748 – 49), Badminton House, Collezione del Duca di Beaufort. Dimensioni della tela 86 X 122 cm.
Canaletto: Veduta del parco di Badminton dalla loro residenza.(1748 – 49), Badminton House, Collezione del Duca di Beaufort. Dimensioni della tela 86 X 122 cm.

Canaletto: Veduta del parco di Badminton dalla loro residenza.(1748 – 49),
Badminton House, Collezione del Duca di Beaufort. Dimensioni della tela: (86 X 122 cm.)
In questo dipinto il pittore sembra compiacersi dell’assoluta tranquillità del vasto panorama, che offre allo spettatore la possibilità di misurarsi con le immense distese della pianura anglosassone nel mezzo di una vasta veduta dipinta spesso con effetto di grandangolo, per decantare la grandezza della proprietà del Duca di Beaufort.

Le ricerche su questa pagina sono state effettuate da Paolo Dotta.

Le opere di Palma il Giovane e breve biografia

Alcune fra le opere più significative di Giacomo Negretti, detto Palma il Giovane

Giacomo Negretti: Autoritratto, tecnica a olio su tela, 126 × 96 cm., Pinacoteca di Brera, Milano
Palma il Giovane: Autoritratto, tecnica a olio su tela, 126 × 96 cm., Pinacoteca di Brera, Milano

Biografia e vita artistica di Palma il Giovane

Giacomo Negretti , detto Palma il Giovane (Venezia, 1544/1550 – Venezia, 14 ottobre 1628) nacque a Venezia tra il 1544 e il 1550 da Antonio Palma, pittore e Giulia de’ Pitati, nipote di Bonifacio de’ Pitati, anch’egli pittore. Appartiene quindi, fin dalla nascita ad una famiglia di pittori; fu subito iniziato agli studi
pittorici sulle orme del padre e dello zio di questo, Palma il Vecchio e del fratello della madre Bonifacio de’ Pitati (detto, Bonifacio Veronese). Giacomo come segno di continuità con la tradizione famigliare del padre, assunse l’appellativo di Palma il Giovane.

Lo spostamento della data di nascita in un arco di tempo dal 1544 al 1550 (rispetto al 1544, come nella biografia di Carlo Ridolfi, è dovuto a diversi
elementi: tra questi, il disegno con l’Autoritratto della Morgan Library di New York, datato 1606, dove Palma si dichiara di anni 58 (quindi nato nel 1548),e un documento inedito (Venezia,parrocchia di Santa Giustina) in cui il 17 ottobre 1628 si registra la morte del “Signor Giacomo Palma pittor di anni 78” (quindi
nato nel 1550).

Dopo un presumibile apprendistato nella bottega paterna, ebbe l’opportunità di vivere un’esperienza inconsueta per un artista veneziano, cioè di confrontarsi con i grandi pittori romani (specie con Raffaello). Nel 1564, infatti Guidobaldo II della Rovere,duca di Urbino, in visita a Venezia, apprezzò il talento di Palma il Giovane e lo invitò dapprima a corte, ad Urbino, e in seguito lo inviò a Roma, ospite del proprio ambasciatore, Traiano Mario. A Roma, Palma il Giovane fece un’esperienza così significativa che ne avrebbe sempre riconosciuto l’importanza, esprimendo la sua gratitudine per tutta la vita.

A Roma venne infatti a contatto con Raffaello e la sua bottega. Fece comunque ritorno nella natia Venezia, dove amò soprattutto la pittura di Tiziano, di cui eseguì alcune copie e nella cui bottega collaborò: sicuramente fu lui a portare a termine la celebre Pietà di Tiziano. Nel 1581, su commissione del parroco della chiesa veneziana di San Giacomo dall’Orio dipinge l’insolita tela in cui il
parroco don Giovanni Maria Da Ponte viene presentato alla Madonna col Bambino, tra Santi.

Le opere di Palma il Giovane

Il parroco Da Ponte davanti alla Madonna col Bambino con i Santi Giacomo, Silvestro e Marco

Palma il Giovane. Il parroco Da Ponte davanti alla Madonna col Bambino con i Santi Giacomo, Silvestro e Marco (1581) Venezia, chiesa di San Giacomo dall’Orio.
Palma il Giovane: Il parroco Da Ponte davanti alla Madonna col Bambino con i Santi Giacomo, Silvestro e Marco (1581)
Venezia, chiesa di San Giacomo dall’Orio.

L’opera fu commissionata a Palma il Giovane da don Giovanni Maria Da Ponte, parroco della chiesa di San Giacomo dall’Orio e mostra senz’altro affinità alla scuola veneziana nella colorazione, ma anche del manierismo romano, che aveva conosciuto nel suo soggiorno a Roma.

Un devastante incendio scoppiato il 20 dicembre 1577,nel Palazzo Ducale di Venezia,distrusse importantissimi cicli pittorici,tra cui quelli del soffitto della Sala del Maggior Consiglio. Il quale dovette essere completamente rifatto.

Su progetto di Cristoforo Conte,che coordinò l’insieme delle opere di decorazione del palazzo,Palma il Giovane ricevette l’incarico di dipingere il soffitto della sala con Venezia coronata dalla Vittoria.

Venezia coronata dalla Vittoria

Giacomo Negretti. Venezia coronata dalla Vittoria (1584) Venezia, Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale.
Palma il Giovane. Venezia coronata dalla Vittoria (1584), Venezia, Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale.

Nel 1581 i Padri Crociferi e il procuratore di San Marco Pasquale Cicogna si accordarono per arricchire l’oratorio contiguo all’ospizio dei Crociferi con un ciclo di dipinti volti a raffigurare la storia dell’Ordine; la realizzazione venne
affidata a Palma il Giovane,che vi lavorò fino al 1590, quando l’arredo poteva dirsi concluso.

BREVE NOTA SU PASQUALE CICOGNA

La famiglia Cicogna aveva dato nomi insigni alla Serenissima Repubblica di
Venezia durante tutto il XVI secolo; in particolare i tre fratelli Pasquale,Giovanni e Antonio, si erano distinti nella battaglia di Lepanto(1571), Giovanni morì nella battaglia, mentre Antonio fu investito della dignità di procuratore di
San Marco. Pasquale, nel 1585, verrà eletto ottantottesimo doge di Venezia.
Palma il Giovane dipinse: “Pasquale Cicogna assiste alla Messa celebrata da Padre Balbi” e “Pasquale Cicogna riceve nella chiesa dei Crociferi la notizia della sua nomina in Doge”.

Il ciclo pittorico inizia ovviamente dall’istituzione della congregazione con il dipinto “Cristo in Gloria benedicente,  il Doge Renier Zen, la Dogaressa e i Procuratori di San Marco”.

Cristo in Gloria benedicente, la famiglia dogale e i Procuratori di San Marco (1585)

Palma il Giovane. Cristo in Gloria benedicente, la famiglia dogale e i Procuratori di San Marco (1585)
Palma il Giovane: Cristo in Gloria benedicente, la famiglia dogale e i Procuratori di San Marco (1585), Venezia, Oratorio dei Crociferi. Dimensioni della tela: (390 X 350 cm.)

Il dipinto raffigura Papa Cleto che istituisce l’Ordine dei Crociferi.

Sono raffigurati quattro frati che ricevono dal Papa la missiva grazie a cui i Padri Crociferi verranno riconosciuti come Ordine religioso, che si occupa della protezione dei Crociati.

LA CHIESA DEI PADRI CROCIFERI

La chiesa dei Crociferi, presso l’ospizio, nel campo dei Gesuiti aveva sempre
avuto un ruolo significativo a Venezia. Il complesso era strettamente legato alla protezione dei più bisognosi; in
effetti, nella Repubblica di Venezia era frequente questo reciproco rapporto tra devozione e assistenza, ideologia
civile e ideologia religiosa. E tale legame è intrinseco agli stessi Padri Crociferi: questi appartenevano probabilmente
ad un Ordine formatosi in Oriente, ma le cui origini risalgono addirittura ai primi cristiani. Secondo quanto
affermavano, la loro fondazione era avvenuta grazie a San Cleto e vennero rifondati da San Ciriaco, patriarca di
Gerusalemme nel IV secolo; successivamente, nel 1169, Papa Alessandro fornì loro una costituzione e una Regola
simile a quella degli Agostiniani. E furono uno degli Ordini che affiancarono i Templari alle Crociate.

Pasquale Cicogna assiste alla Messa celebrata da Padre Balbi

Giacomo Negretti. Pasquale Cicogna assiste alla Messa di Padre Balbi (ante 1585) Venezia, chiesa dei Crociferi.
Palma il Giovane: Pasquale Cicogna assiste alla Messa di Padre Balbi (ante 1585)
Venezia, chiesa dei Crociferi. Dimensioni della tela: (369 X 262 cm.)

Il protagonista del telero è il munifico protettore dell’Ordine dei Crociferi,Pasquale Cicogna, che ancora in abito di Senatore assiste alla Messa celebrata da Padre Balbi, all’epoca ospedaliere dei Crociferi.

Il dipinto, uno dei capolavori di Palma,oltre al valore artistico, ci restituisce una dettagliata descrizione di com’era, a quel tempo, l’interno dell’oratorio dei Crociferi. Ritrae Pasquale Cicogna mentre sta adorando il Santissimo Sacramento da Padre Balbi offerto sull’altare.

Pasquale Cicogna è ancora in abito di Senatore, perché solo nel 1585 verrà nominato doge: motivo per cui l’opera deve essere datata ante 1585, quando il Cicogna indosserà abiti dogali.

“Sulla scena squadrata con sobrietà cinquecentesca – scriveva Giovanni Mariacher nel 1980 – si muovono personaggi, tutti accuratamente ritratti con gusto quasi verista”.

Palma il Giovane per il ciclo dei Crociferi dipinse anche: “Pasquale Cicogna,nella chiesa dei Crociferi, riceve l’annuncio della sua elezione al dogado” e, “Pasquale Cicogna in veste di Doge visita la chiesa dei Crociferi”.

Pasquale Cicogna, nella chiesa dei Crociferi, riceve l’annuncio della sua elezione al dogado

Palma il Giovane. Pasquale Cicogna riceve in chiesa l’annuncio della sua elezione al dogado (1586)
Palma il Giovane: Pasquale Cicogna riceve in chiesa l’annuncio della sua elezione al dogado (1586), Venezia, Oratorio dei Crociferi. Dimensioni della tela: (369 X 262 cm.)

Anche questo telero facente parte dei dipinti di Palma il Giovane per il ciclo della chiesa dei Crociferi, ha per protagonista il procuratore di San Marco Pasquale Cicogna. Il dipinto mostra infatti il procuratore , inginocchiato ai piedi dell’altare, nella chiesa dei Crociferi, in compagnia di alcuni padri dell’Ordine, mentre un fanciullo gli porta la notizia della sua nomina al dogado (è il 18 agosto 1585).

Il dipinto di Palma descrive accuratamente una scena reale all’interno della chiesa dei Crociferi: grazie a questa raffigurazione pittorica,siamo in grado di ricostruire l’originale assetto della cappella maggiore, prima della sua distruzione.

Con questo dipinto abbiamo la conferma della capacità di Palma il Giovane di raccontare, negli ultimi decenni del Cinquecento, con semplicità i fatti della realtà quotidiana, un aspetto questo della sua pittura poco considerato, o quantomeno, poco valorizzato, almeno fintanto che non ci si trovi al cospetto di questo ciclo pittorico, che ci conferma il felice esito derivante dall’istintiva adesione del pittore alla realtà che lo circonda, agli uomini e alle cose.

Un altro aspetto fondamentale sotteso alla decorazione dell’oratorio, è la maestria che il Palma dimostra nei confronti della ritrattistica: anche se gli esempi noti sono scarsi, non possiamo non accorgerci di quanto il pittore rimanga affascinato dall’individuo colto nella sua oggettività naturalistica, e di quanto virtuosismo egli dimostri nel restituire sulla tela, coadiuvato dall’uso di una materia densa e ricca d’impasto, l’intensità espressiva di ogni volto, colto nelle espressioni più diverse, in cui spiccano gli occhi penetranti.

Viene da chiedersi come il pittore sia giunto a questi esiti, dato che nessun elemento figurativo, nella Venezia di allora, poteva servirgli da stimolo.

Pasquale Cicogna in veste di Doge visita la chiesa dei Crociferi

Giacomo Negretti. Pasquale Cicogna in veste dogale visita la chiesa dei Crociferi (1568- 87) Venezia, Oratorio dell’ospedale dei Crociferi. Dimensioni della tela: (369 X 262cm.)
Palma il Giovane: Pasquale Cicogna in veste dogale visita la chiesa dei Crociferi (1568- 87)
Venezia, Oratorio dell’ospedale dei Crociferi. Dimensioni della tela: (369 X 262 cm.)

Anche questo dipinto facente parte del ciclo della chiesa dei Crociferi, dipinto da Palma il Giovane entro il 1587,ha per soggetto Pasquale Cicogna, il quale, divenuto Doge, fa visita alla chiesa dei Padri Crociferi, di cui fu sempre il protettore, anche dopo esser stato nominato Doge.

Il ciclo di dipinti di Palma il Giovane per l’oratorio dei Crociferi comprendeva anche una “Deposizione di Cristo” e “Flagellazione di Cristo”.

Deposizione di Cristo

Palma il Giovane. Cristo deposto dalla croce viene portato nel sepolcro (1590 circa) Venezia, Oratorio dei Crociferi. Dimensioni della tela: (292 X 203 cm.)
Palma il Giovane: Cristo deposto dalla croce viene portato nel sepolcro (1590 circa) Venezia, Oratorio dei Crociferi. Dimensioni della tela: (292 X 203 cm.)

La Deposizione di Cristo come anche la Flagellazione di Cristo sempre dipinti da Palma il Giovane per la chiesa dei Crociferi, rimandano al carattere liturgico dell’oratorio per il quale furono dipinti, in particolare, questo dipinto, insieme alla Flagellazione di Cristo, aveva lo scopo di far riflettere a chi frequentava il sacro tempio, che la sofferenza dell’umanità è necessaria per la sua purificazione.

Flagellazione di Cristo

Giacomo Negretti. Flagellazione di Cristo (1591 -92), Venezia, Oratorio dei Crociferi. Dimensioni della tela: (345 X 320 cm.)
Palma il Giovane: Flagellazione di Cristo (1591 -92), Venezia, Oratorio dei Crociferi. Dimensioni della tela: (345 X 320 cm.)

La scena è rappresentata con tale verismo, nelle espressioni e nella descrizione particolareggiata dell’ambiente, che induce lo spettatore ad immedesimarsi nella sofferenza della tortura.

LA SALA DEL SENATO: Palma il Giovane partecipò alla decorazione e3lla Sala del Senato di Palazzo Ducale.

BREVE NOTA SU LA SALA DEL SENATO Nella Sala del Senato di Palazzo Ducale,venivano prese decisioni di politica estera,come per esempio la nomina di nuovi ambasciatori. In questo campo bisogna ricordare che Venezia era all’avanguardia: il servizio diplomatico era considerato già allora di estrema importanza e Venezia adottò per prima l’uso d’inviare in pianta stabile ambasciatori presso le corti straniere, in modo da poter tenere sempre informati il Senato e il Consiglio dei Dieci.

Nella Sala del Senato, Palma il Giovane dipingerà:
-“Allegoria della vittoria sulla Lega di Cambrai”
-“Il Doge Francesco Venier presenta le città sottomesse a Venezia”
– “Il Doge Loredan mentre supplica la Vergine”.

Allegoria della vittoria sulla Lega di Cambrai

Palma il Giovane. Allegoria della vittoria sulla Lega di Cambrai (1590 circa) Venezia, Sala del Senato.
Palma il Giovane: Allegoria della vittoria sulla Lega di Cambrai (1590 circa)
Venezia, Sala del Senato.

Allegoria della vittoria sulla Lega di Cambrai rappresenta Venezia che assistita dal Doge Leonardo Loredan, alza la spada contro l’Europa che si difende con uno scudo su cui ci sono le insegne dell’imperatore, del Papa e delle monarchie francese e spagnola. Sullo sfondo si vede Padova, la prima città recuperata da Venezia.

Il Doge Francesco Venier presenta le città sottomesse a Venezia

Palma il Giovane. Il Doge Venier presenta le città sottomesse a Venezia (1595) Venezia, Palazzo Ducale, Sala del Senato.
Palma il Giovane: Il Doge Venier presenta le città sottomesse a Venezia (1595)
Venezia, Palazzo Ducale, Sala del Senato.

Palma il Giovane. Il Doge Venier presenta le città sottomesse a Venezia (1595)
Venezia, Palazzo Ducale, Sala del Senato.

Le ricerche sui contenuti di questa pagina sono di Paolo Dotta.

Cristoforo De Predis, miniaturista sordo meneghino

Cristoforo De Predis, miniaturista italiano affetto da sordità.

Pagina correlata: La miniatura nel corso dei secoli

Cristoforo De Predis: La guarigione del sordomuto dalle “Storie di San Gioachino, Sant'Anna, …”, Torino, Biblioteca Reale
Cristoforo De Predis: La guarigione del sordomuto dalle “Le Storie di San Gioachino, Sant’Anna, di Maria Vergine, di Gesù, del Battista e della fine del mondo”, Torino, Biblioteca Reale

Sull’artista

Cristoforo De Predis nacque a Milano intorno al 1446 da Leonardo De Predis e Margherita Giussani. È considerato il più celebre della sua famiglia, composta anche da altri artisti, fra cui segnaliamo il fratellastro Giovanni Ambrogio, che lavorò come allievo presso la bottega di Leonardo da Vinci.

Il pittore, sordomuto dalla nascita, è passato alla storia come uno fra i più significativi esecutori italiani di opere in miniatura. Con quella inabilità sensoriale Cristoforo ebbe rapporti piuttosto distensivi, che mai lo portarono a vergognarsene. A tal proposito si ricorda che in più occasioni l’artista ribadì nel modo più naturale l’esistenza del proprio handcap.

Le notizie biografiche e della vita artistica del De Predis arrivano ai nostri giorni assai scarne e frammentate, mentre nulla sappiamo sulla sua formazione. Tuttavia, si pensa che abbia frequentato qualche artista nel campo delle miniature e che, certamente, in breve tempo divenne celebre presso gli ambienti  più facoltosi della Lombardia, a cui seguirono importanti committenze. Per la famiglia dei Borromeo, infatti, l’artista – insieme al fratellastro Giovanni Ambrogio – realizzò, tra il 1471 ed il 1474, miniature per alcuni offizioli.

Il fratello, dopo avere imparato da lui l’arte miniaturistica, continuò da ritrattista a lavorare presso gli Sforza e, quindi, come già sopra accennato a frequentare come allievo la bottega di Leonardo.

Cristoforo De Predis: Storie di san Gioacchino e sant'Anna - Morte del Sole, della Luna, e caduta delle stelle
Cristoforo De Predis: Storie di san Gioacchino e sant’Anna – Morte del Sole, della Luna, e caduta delle stelle

Le opere di Cristoforo

Quattro opere fondamentali vengono considerate autografe dell’artista e cioè:

Il Libro d’Ore Borromeo, anno 1471.  L’opera contenente le miniature, commissionata dai Borromeo, è custodita nella Biblioteca Ambrosiana di Milano.

Le Storie di San Gioachino, Sant’Anna, di Maria Vergine, di Gesù, del Battista e della fine del mondo (anno 1476). Le piccole raffigurazioni, commissionate da Galeazzo Maria Sforza, si trovano nella Biblioteca nazionale di Torino.

Il Messale della Madonna del Monte presso Varese, commissionato dal vescovo Marliani e realizzato nel 1476, si trova nel Museo del Santuario della Madonna del Sacro Monte di Varese.

Un Corale, commissionato da Galeazzo Maria Sforza, andato perduto, di cui arrivano ai nostri giorni soltanto alcuni frammenti. Questi ultimi sono custoditi nella National Gallery di Londra (Collezione Wallace).

Altre opere, sebbene senza firma, sono a lui attribuite insieme a vari corali. Fra tutte spicca il codice De Sphaera, attualmente custodito a Modena nella Biblioteca Estense universitaria.