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Annunciazione (Cattedrale di Volterra) di Fra Bartolomeo

Fra’ Bartolomeo: Annunciazione (Cattedrale di Volterra)

Fra Bartolomeo: Annunciazione (Cattedrale di Volterra)
Fra’ Bartolomeo: Annunciazione, 192 x 183, Cattedrale di Volterra.

Sull’opera: “Annunciazione” è un dipinto di Fra’ Bartolomeo realizzato con tecnica a tempera su tavola nel 1497, misura 192 x 183 cm. ed è custodito nella Cattedrale di Volterra.

Iscrizioni: la scritta «MCCCCIIIC» appare sulla lesena di sinistra, mentre quella in antica grafia – apocrifa, Settecento – “BARTOLOMEO ME FECE” si trova sul verso. In altra zona della tavola si legge anche: “AGNOLO”

Restauro: 1966 presso l’Opificio delle Pietre Dure (Orfana Sartiani) a Firenze;

Cataloghi, inventari e manoscritti: Archivio dei conti Guidi a Volterra e – in fotocopia – nella Biblioteca Guarnacci (inv. n.19006), sempre nella stessa città;  Serena Padovani in “L’età di Savonarola – Fra’ Bartolomeo e la Scuola di San Marco” pag. 58, Marsilio Editori, 1996 (fonte delle presenti informazioni).

Mostre: quella del “Cinquecento toscano” a Firenze nel 1940, e quella de “II primato del disegno” nella stessa città nel 1980.

La storia

La committenza dell’opera in esame fu messa in rapporto con la istanza di patronato per la cappella della Santissima Annunziata nella cattedrale di Santa Maria Assunta di Volterra (Duomo di Volterra), indirizzata dalla vedova di Matteo di Battista di Ormanno, madonna Costanza, al capitolo del Duomo nel 1497: Tale patronato fu assegnato l’anno successivo (fonte: Borgo, 1976).

Tradizionalmente l’altare della cappella, di cui ne aveva in precedenza il patronato la famiglia dei Gherardi, è dedicato per l’appunto a madonna Costanza (fonte: Leoncini, 1869).

 Dato che sulla lesena di sinistra appare l’anno 1497 (MCCCCIIIC), sembra probabile che la tavola fosse stata richiesta all’artista proprio da madonna Costanza, che avrebbe in tal modo reso pubblico il suo interesse verso la cappella del duomo. Nel 1565, su decisione di padre Niccolò Falconi, appartenente all’ordine dei domenicani di Pistoia, e con l’approvazione del generale dello stesso ordine (fonte: Leoncini, 1869), l’altare pervenne alla Congregazione del Santissimo Rosario. Subito dopo intorno alla tavola in esame furono sistemate le tele raffiguranti i Misteri del Rosario ed i Santi Domenico e Caterina.

Nel 1725 l’altare ebbe ulteriori modifiche atte all’inserimento di una scultura lignea raffigurante la Vergine, con la pregiata tavola collocata come attualmente si presenta, al di sopra della nicchia con la Madonna attorniata dai Misteri del Rosario.

Esiste un manoscritto settecentesco, assegnato al canonico decano Giuseppe Guidi, attualmente custodito nell’archivio dei conti Guidi di Volterra, dal titolo “Notizie delle Pitture e Sculture nelle Chiese della Città di Volterra” da cui si ricavano le più antiche notizie riguardo la tavola dell’Annunciazione e la scritta che appare sul verso. In esso si riporta quanto segue: “Non si sa di chi precisamente sia opera, poiché dietro ad essa si trova negligentemente scritto col carbone Bartolomeo ne fece, ed in altra parte pure dietro del quadro è scritto Agnolo”; il documento continua con forti apprezzamenti riguardo la stesura pittorica: “quest’esattezza di lavoro farebbe giudicarla opera del Girlandaio (sic, Girlandaio), o di qualche suo bravo scolaro, se non che il colorito è molto più bello”.

II riferimento al Ghirlandaio prese forza e venne così tramandato nelle guide locali (tra le quali quella del Guarnacci del 1832), dove appare anche il nome più vicino a quello di Fra’ Bartolomeo, cioè l’Albertinelli, e dove si formula  in modo assai attuale la questione dell’autografia: “Vi ravvisano gli intendenti lo stile del GHIRLANDAIO, altri lo dicono di MARIOTTO ALBERTINELLI, ma dietro vi si trova scritto BARTOLOMEO ME FECIT (sic, anziché ME FECE) e poi sotto AGNOLO” (fonte: Cinci, 1885).

L’autografia di Mariotto fu riproposta dal Berenson (1896) con la piena approvazione del Morelli (1897). Pochi anni dopo, nel 1903, il  Berenson rintracciava il disegno preparatorio per l’Angelo (Uffizi, 512 E), già attribuito a Lorenzo di Credi, che lo stesso studioso assegnava all’Albertinelli con una significativa esposizione: «yet he never again approached Fra’ Bartolomeo so closely».

L’attribuzione del disegno al celebre frate spetta al Knapp (1903) che, nonostante avesse ignorato le fonti del XVII e XVIII secolo, considerò valida una firma fatta “a carbone” sul verso del supporto pittorico, vista su un catalogo Alinari, conferendo quindi a Bartolomeo l’autografia dell’Angelo, ma asserendo che tutto il resto della composizione spettasse all’Albertinelli. Tale ipotesi fu confermata dalla maggior parte degli studiosi del primo Novecento, tra i quali Frizzoni (1904), Ricci (1905), Knapp (1907), Cavalcaselle e Borenius in Crowe (1914), Gabelentz (1922), Venturi (1925). Da questi si distinse il Longhi (1926), che basò la sua totale assegnazione a Bartolomeo, proprio mettendo in relazione il dipinto in esame con l’Adorazione del Bambino della Galleria Borghese di Roma.

Nel 1929 anche il Bodmer confermò l’ipotesi della totale autografia di  Fra’ Bartolomeo escludendo perciò l’Albertinelli dal catalogo. Spetta però al Fahy (anni 1966, 1969, 1976) il merito, dopo aver effettuato uno studio approfondito sull’argomento ed una ricostruzione della fase giovanile di Baccio, di proporre al grande pubblico prove convincenti, evidenziandone i collegamenti stilistici con la pittura del Ghirlandaio, e prescindendo da ogni presupposto riguardo l’Albertinelli.

Ma la discussione relativa alle due autografie continuava inoltrandosi ben oltre la seconda metà del secolo appena trascorso. Il nome il Bartolomeo “unico esecutore” aveva preso forza ma necessitavano ulteriori conferme, che qui di seguito riportiamo:

  • Il raffronto con la pala di Rimini del 1494, in particolare con il volto di Elisabetta Aldovrandini che anticipa quello della Vergine del presente dipinto, poi riproposto nella “Madonna col Bambino” di Hammond.

  • Il raffronto con la “Madonna col Bambino” del Metropolitan Museum di New York, ove la testa del san Giovannino ha la stessa fisionomia di quella del cherubino dell’Annunciazione (in alto a sinistra).

  • Il raffronto con la “Sacra Famiglia” (pagina successiva) del County Museum di Los Angeles dove l’artista impiegò lo stesso cartone per la Vergine annunciata.

  • Il raffronto con il “Tabernacolo del Pugliese” dove l’Annunciazione in monocromia è riproposta, in dimensioni ridotte, con lo stesso linguaggio classicheggiante della presente pala.

È proprio quest’ultimo raffronto, con un’opera assegnata a Bartolomeo già dai tempi del Vasari, il punto di forza più solido per la restituzione della totale autografia al celebre frate.

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