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Giulio Cesare Procaccini (Bologna, 1574 – Milano, 1625)

Giulio Cesare Procaccini nacque a Bologna nel 1574 e morì a Milano il 14 novembre 1625. Suo padre, Ercole Procaccini il Vecchio, era un rinomato pittore come pure due dei suoi fratelli, Camillo e Carlo Antonio.

Quando aveva undici anni la sua famiglia si trasferì a Milano. Qui qualche anno più tardi, nel 1590, Giulio Cesare iniziò a lavorare presso il cantiere del Duomo di Milano. La dinastia dei Procaccini comprendeva diversi pittori, che nel territorio bolognese erano considerati un’alternativa a quelli della famiglia Carracci. Tra i componenti di quest’ultima vi era anche Annibale, un grandissimo esponente della pittura seicentesca che portò in alto il nome dei Carracci, tanto che i Procaccini dovettero spostarsi nel capoluogo lombardo, una città, allora, in pieno fermento per i dettami della Controriforma, localmente impostati da Federico Borromeo. Milano divenne quindi il nucleo centrale dove nascevano e si sviluppavano le nuove forme nel campo delle arti figurative.

Gli esordi milanesi del pittore occuparono principalmente il campo della scultura e, in questa sua prima fase, realizzò varie opere nella chiesa di Santa Maria dei Miracoli, tra cui si ricordano gli Angeli reggicorona per la statua della Madonna dei Miracoli di Annibale Fontana.

Intorno agli inizi del nuovo secolo, per motivi a noi ancora sconosciuti ma tuttora dibattuti, la sua arte predominante divenne la pittura: molti studiosi ipotizzano che l’artista fosse stato stimolato dal viaggio con tappe in centri d’arte come Roma e Venezia, o dal soggiorno di studio a Parma intorno al 1600 che, tra l’altro, avrebbe inciso anche ad addolcire l’asprezza lombarda del suo stile iniziale.

I suoi primi lavori nel campo pittorico furono le pale della chiesa di Santa Maria dei Miracoli, con il “Martirio di Nazaro e Celso” e la “Pietà”, e i dipinti per il Tribunale di provvisione, dove chiaramente si evidenzia il caratteristico linguaggio manieristico lombardo espresso dal fratello Camillo e dal Cerano.

Nelle sue opere successive, invece, predominano gli influssi di pittori emiliani come il Parmigianino (1503 – 1540) ed il Correggio (1489 – 1534),  oltre che alle suggestiva pittura di Rubens [Mina Gregori (a cura di), Pittura a Milano dal seicento al neoclassicismo, p. 205, op. cit.]. Uno sviluppo, questo, testimoniato dal pregiato ciclo dei “Quadroni” (seconda serie, 1610) per il Duomo di Milano con i “Fatti della vita del Beato Carlo Borromeo”, a cui l’artista partecipò a pieno titolo. Anche nelle opere per la Cappella Acerbi in Sant’Antonio abate permane lo stesso stile. Con questi lavori Giulio Cesare si impose, insieme al Cerano, come figura eminente della pittura in ambito milanese.

Nel 1619, insieme al fratello Camillo, fu chiamato a Torino dai principi di casa Savoia per importanti lavori.

Significativo fu anche il suo soggiorno genovese, ove realizzò, tra gli altri dipinti, l’ “Ultima Cena” per la chiesa della Santissima Annunziata del Vastato (attualmente ubicato sulla controfacciata).

Lo stile pittorico dell’ultima fase della carriera artistica di Giulio Cesare, riferito ai dipinti del dopo 1620, perde gran parte di quell’eleganza atmosferica, che lo contraddistingueva, per farsi sempre più manieristico, come si evidenzia nel “Caino che uccide Abele” (1623).

Insieme al Morazzone ed al Cerano, con cui realizzo il celebre “Quadro delle tre mani”, l’artista è uno dei più significativi esponenti della pittura lombarda della prima metà del XVII secolo.

L’ultima sua opera, l’Autoritratto, eseguito nel 1624 (Pinacoteca di Brera), carico di malinconica ed intensa espressività, è considerato uno dei principali capolavori del pittore.

Giulio Cesare Procaccini morì a Milano, il 14 novembre 1625.

Altre opere:

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