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Gustave Courbet: Funerale a Ornans (1849)

Il Realismo

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Il Realismo ottocentesco

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Gustave Courbet

Ai primi sintomi di smarrimento del Romanticismo, prende forza, nelle arti visive, una nuova considerazione del mondo reale: i rapporti collettivi, il paesaggio, la natura, le caratteristiche personali, quelle di una comunità e quelle di un intero paese.

Si genera così una nuova forma di realismo e prende aspetti diversi a seconda dei paesi nei quali si trasmette. Inteso anche e soprattutto come un movimento storico, il Realismo è un grande evento che interessa tutta l’Europa.

Turner
Turner

Il Realismo si caratterizza nel campo delle arti figurative ed in quello della letteratura in maniera strutturale e privo di contraddizioni in Francia, sulle orme delle rivoluzioni del 1830 e del 1848; tocca la sua vetta più alta nel periodo del Secondo Impero; inizia ad essere superato verso il 1870 – 1880.

Si trasmette, con differenti gradazioni di intensità e in relazione ad altri svariati aspetti in tutta Europa: dalla Russia di Alessandro II all’Inghilterra di Vittoria; dalla Germania di Guglielmo all’Italia risorgimentale; dall’Impero degli Asburgo ai paesi nordici fino alla Scandinavia e …… fino a quelli oltreoceano.

Gustave Courbet: Lo studio del pittore
Gustave Courbet: Lo studio del pittore

Possiamo considerare il 1855 come l’anno simbolo in cui il realismo prende la sua grande e vera potenza espressiva: è questo il momento in cui Gustave Courbet (1819-77) presenta una quarantina di opere a Parigi, in un palazzo costruito interamente con i suoi risparmi, inaugurando così, per conto proprio, un “Pavillon du Réalisme”. Tra queste opere c’è il famoso “Funerale a Ornans” e “Lo studio del pittore”, respinti dalla collegio giudicante dell’esposizione universale che determina invece l’affermazione di maestri come Ingres e Delacroix.

Gustave Courbet: Funerale a Ornans
Gustave Courbet: Funerale a Ornans

Proprio nell’anno in cui esordisce la provocazione di Courbet con i suoi quadri scandalosi, gli artisti della Scuola di Barbizon vengono presentati per la prima volta in un convegno pubblico.

Sempre nel 1855, nella città di Firenze, nelle vicinanze di Caffè Michelangelo, si incontrano i pittori realisti italiani che in seguito sarebbero stati definiti come pittori macchiaioli.

Nel mondo della critica il letterato (e studioso di Storia dell’arte) Edmond Duranty edita la rivista Le Realisme, che diviene il supporto principale del movimento realistico tra il 1856 e il 1857.

Nell’opera Le Réalisme pubblicata da Champfleury nel 1857, la realtà si libera da soluzioni univoche e fissate una volta per tutte, come nei dagherrotipi dell’epoca: la realtà viene piuttosto sentita come mutevole e cedevole, come un complesso di elementi anche poco coerenti i quali, nella loro unità d’insieme e nelle ramificazioni naturali e sociali del loro apparire, la trasformano in espressione viva del loro periodo.

I CARATTERI DEL REALISMO

Courbet lancia l’idea, accolta con piacere da altri artisti, di «faire de l’art vivant» cioè di fare arte viva, e quindi di eseguire un’arte “fatta di concretezza” a dispetto dei valori morali dettati dal Romanticismo.

È questa la colonna portante caratteristica del realismo: esso si offre, nelle specifiche particolarità, molto articolato ed eterogeneo per quanto riguarda le tematiche ed i modi espressivi. I temi raffigurati sono sempre attinenti al normale scorrere della vita, proprio per la ragione per cui, come afferma Courbet,  «un oggetto astratto, invisibile, che non esiste, è estraneo all’ambito della pittura».

Le nuove tematiche prendono il posto della pittura metaforica, della pittura irreale, della pittura mitologica, di quella eseguita alle “grandes machines” dove si elevavano alti ideali moraleggianti, che erano la caratteristica principale dell’arte ufficiale. Il campo delle nuove esperienze si fa sempre più vasto: entrano in primo piano i poveracci, i meschini, i manovali, e il concetto di “brutto” si trasforma in quello universale, cioè del “bello” classico.

Di un’opera e soprattutto di un paesaggio “realista” era già possibile parlarne nel Seicento fiammingo con artisti come Ruysdael e Paulus Potter, ma non solo in questo periodo, perché altri temi sociali erano presenti anche nella pittura realistica del Caravaggio e di Ribera. Nel secolo del rinnovamento a tutto campo dell’industria, le stesse tematiche acquistano una caratteristica tutta nuova. La “democratizzazione dell’arte” è adesso incoraggiata dalla rivoluzione progressista del 1848 e dalle nuove pressioni sovversive: nel 1848 viene pubblicato da Karl Marx e Friedrich Engels il “Manifesto del Partito Comunista”, che suggerisce una rivoluzione internazionale del proletariato; crea gli ideali sul disincanto politico e sociale del Secondo Impero, sulla vittoria della scienza e del razionalismo, sul nascere del materialismo dialettico, della metodologia storica e critica, della “religione dell’umanità”.

Nel campo della pittura vengono ricercati con veemenza  motivi tratti dalla vita contemporanea, non solo come protesta, ma come documentazione delle tradizioni del periodo. Nasce l’attenzione per l’uomo e per tutte le sue problematiche, un più spontaneo e diretto contatto con tutto ciò che è concretamente reale, in  opposizione alla tradizione accademica e alle sue regole.

Il realismo si genera proprio nel momento in cui il Romanticismo è in profonda crisi, ed è in questo periodo che si formano le sue radici. Vengono respinte le tematiche esotiche e storiche, tutti i linguaggi sublimi e il predominio della creazione dell’immaginario, mentre nasce altra sostanza propria della spiritualità romantica sotto differenti spoglie: il tema della bruttezza come elemento distintivo e significativo, quello della bellezza di ciò che rimane non perfettamente terminato, la considerazione delle caratteristiche specifiche dell’individuo, nazionali, etniche, l’onore all’artista. Ma ciò che riguarda la tematica regionale e le forti peculiarità, almeno nei maestri di grande rilievo, non si presenta affatto in maniera pittoresca. «Appartenere al proprio tempo» è una ripetuta affermazione di Delacroix, che però viene letta in chiave più riduttiva ma concreta dagli artisti appartenenti al Realismo.

Frammenti:

  • Il Realismo è una risposta alla necessità di “vero” e “quotidiano”.
  • C’è il bisogno di riprodurre il mondo reale nella maniera più distaccata possibile. La ricerca diventa quasi analitica.
  • In Francia, l’indagine della realtà ha origine con metodi scientifici. Si spiegano le contraddizioni, la povertà senza nessuna partecipazione emotiva.
  • Il pittore si astiene da ogni suo particolare sentimentalismo e descrive minuziosamente il mondo reale che lo circonda.
  • Sulla tela non viene riportato alcun giudizio soggettivo, e l’artista trascrive il reale nelle sedute “en plein air” (all’aria aperta).
  • Non esiste nessuna mediazione tra il sentimento dell’artista ed il vero della natura. L’immagine di questa deve essere “otticamente corretta”.
  • I punti di riferimento sono la stessa natura, il realismo tragico caravaggesco e quello sordido ed iniquo di Goya, ma affonda le sue radici nel  rapporto uomo-natura, proprio come nel Romanticismo, senza però il coinvolgimento sentimentale.
  • Le tematiche sono varie e spesso assumono caratteristiche umili, ma comunque cariche di dignità.
  • Il fruitore dell’arte realista è il popolo stesso, l’unico in grado di capirne il linguaggio esplicito e la volgarità.
  • Gustave Courbet è l’indiscusso capostipite della pittura realista, con la sua attività iniziata nel solco del Romanticismo, richiamandosi anche a Caravaggio e Rembrandt.
  • Gustave Courbet proclama che “la pittura può solo basarsi nella raffigurazione di oggetti visibili e tangibili”.
  • Gustave Courbet rifiuta tematiche mitologiche,  di storia passata, religiose, raffigurazioni dettate dalla creatività, concentrandosi sulla realtà quotidiana, che può essere pulita, volgare,sporca,  vile. Il distacco sentimentale è totale.
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