Il parrucchiere di Pietro Longhi

Il parrucchiere di Pietro Longhi

Il parrucchiere di Pietro Longhi
Il parrucchiere, cm. 63 x 51, Ca’ Rezzonico, Venezia.

Sull’opera: “Il parrucchiere” è un dipinto autografo di Pietro Longhi, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1760, misura 63 x 51 cm. ed è custodito nella Ca’ Rezzonico a Venezia.

Sulla parete di fondo spicca il ritratto del doge Ruzzini, morto nel 1735 (secondo alcuni studiosi un antenato della donna a cui il parrucchiere cura i capelli), dove si legge la frase: “Carolus Ruzini Dux. Ven”‘ CXIII Creatus Junii MDCCXXXII”.

In precedenza l’opera apparteneva a Teodoro Correr.

Per quanto riguarda la cronologia, la tela, con evidenti similitudini stilistiche a “La visita in Baùta” (62 x 50 c., Rezzonico), può essere riferita tranquillamente al 1760.

Lezione di geografia (Venezia) di Pietro Longhi

Pietro Longhi: Lezione di geografia (Venezia)

Pietro Longhi: Lezione di geografia (Venezia)
Lezione di geografia, cm. 62 x 41,5, Pinacoteca Querini Stampalia, Venezia.

Sull’opera: “Lezione di geografia” è un dipinto autografo di Pietro Longhi, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1752, misura 62 x 41,5 cm. ed è custodito nella Pinacoteca Querini Stampalia a Venezia.

  Il decennio compreso tra il 1750 ed il 1760 è per l’artista il periodo della ritrattistica di famiglia.

Qui la composizione viene integrata con una notazione di netto stampo illuministico. La scienza viene dibattuta e diffusa anche tra i non profondi conoscitori – aristocratici ma anche borghesi – e sviluppata dall’artista in un aspetto ancor più mondano, seguendo le mode dell’erudizione, tra le quali assai nota è quella del “Newtonianismo” nelle dame di Francesco Algarotti (Venezia, 1712 – Pisa, 1764).

Per quanto concerne la cronologia, ragioni stilistiche fanno pensare ad una datazione assai vicina a quella della Famiglia Sagredo: 1752.

La toeletta (Ca’ Rezzonico) di Pietro Longhi

Pietro Longhi: La toeletta (Ca’ Rezzonico)

Pietro Longhi: La toeletta (Ca' Rezzonico)
Pietro Longhi: La toeletta, cm. 61 x 50, Ca’ Rezzonico , Venezia.

Sull’opera: “La toeletta” è un dipinto autografo di Pietro Longhi, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1760, misura 61 x 50 cm. ed è custodito nella Ca’ Rezzonico a Venezia. 

Prima di pervenire nella Ca’ Rezzonico a Venezia l’opera faceva parte della collezione di Teodoro Correr.

Assai vicina al “IL PARRUCCHIERE” ed al “LA VISITA IN BAÙTA” per il caldo, corposo e brillante cromatismo. Fu restaurata da A. Lazzarin nel 1946.

La caccia in valle di Pietro Longhi

Pietro Longhi: La caccia in valle

La caccia in valle - L'arrivo del signore
Sopra: L’arrivo del signore, cm. 62 x 50,  Pinacoteca Querini Stampalia, Venezia.

Sull’opera: “La caccia in valle ” è il titolo di una serie di dipinti dipinti autografi (sette) di Pietro Longhi, realizzati con tecnica a olio su tela nel 1765-70, misurano intorno ai 61 x 50 cm. e sono custoditi nella Pinacoteca Querini Stampalia a Venezia. 

Descrizione e storia

Trattasi di una serie di sette dipinti commissionati dalla famiglia Barbarigo. Prima di pervenire alla Pinacoteca Querini Stampalia le tele facevano parte della raccolta Donà delle Rose pure a Venezia.

Per quanto concerne la cronologia dell’intera serie, la datazione, generalmente anticipata dagli studiosi (l’ArsIan ipotizzava addirittura il 1740) viene attualmente ritardata al periodo maturo dell’artista: il Valcanover (1956) avanzò l’ipotesi di una datazione intorno al 1772 ed oltre.

Secondo la maggior parte della critica, il ciclo in esame invece fu realizzato certamente negli anni Sessanta, come testimoniano le varie similitudini con la maniera rembrandtiana, proposta con forza da diversi pittori, fra i quali Giuseppe Nogari (Venezia, 1699 – Venezia 1766), esattamente in quel periodo.

La raffigurazione delle sette opere

18 pietro longhi - la caccia in valle

L’arrivo del signore, cm. 62 x 50, anno 1765-70.

19 pietro longhi - la caccia in valle

La preparazione dei fucili, cm. 61 x 50, anno 1765-70.

Lo scarico del materiale

Lo scarico del materiale, 61 X 50, anno 1765-70.

20 pietro longhi - la caccia in valle

 Il sorteggio dei cacciatori, cm. 61 x 49,  anno 1765-70.

21 pietro longhi - la caccia in valle

 La partenza per la caccia, cm. 61 x 50,  anno 1765-70.

22 pietro longhi - la caccia in valle

 La posta in botte, cm. 61 x 49,5,  anno 1765-70.

Il conteggio della cacciagione

Il conteggio della cacciagione, cm. 61 x 50,  anno 1765-70.

Cenni sulla biografia e vita artistica di Pietro Longhi

(Venezia, 5 novembre 1702 – Venezia, 8 maggio 1785)

Pagine correlate a Pietro Longhi: Le sue opere – Il suo periodo artistico – La critica.

L'allegra coppia, cm. 61 x 50, Ca' Rezzonico, Venezia.
L’allegra coppia, cm. 61 x 50, Ca’ Rezzonico, Venezia.

Pietro Antonio Falca, meglio conosciuto come Pietro Longhi, nasce il 5/11/1702 (altre fonti indicano il 15/12/1701) a Venezia presso la parrocchia di Santa Maria.

Già dalla tenera età Pietro mostra grande attitudine per l’attività artistica e suo padre, vedendolo spesso assorto nelle sue caratteristiche creazioni, lo incoraggia alla tecnica disegno.

Per la sua prima formazione artistica, Pietro, ha la fortuna di conoscere il celebre pittore Antonio Balestra che lo tiene con sé per diversi anni, insegnandogli l’arte del dipingere, e in seguito, tramite conoscenze, lo manda a Bologna come assistente del pittore Alessandro Longhi. Qui viene a contatto diretto con la pittura di Gambarini, un raffinato pittore di scene di genere, tipiche del periodo.

La sua prima importante opera documentata risale al 1732: la pala di “San Pellegrino condannato al supplizio”. In questa opera sono evidenti gli influssi di sapore Barocco di Balestra, ma anche di Tiepolo e di Sebastiano Ricci.

Sempre nello stesso anno si unisce in matrimonio con Caterina Maria Rizzi e l’anno dopo nasce Alessandro, il primogenito di undici figli, ma soltanto Alessandro, Antonia-Lucia e Maddalena raggiungeranno la maggiore età.

Dello stesso anno (1733) risulta la pala dell’”Adorazione dei magi” nella Scuola di S. Giovanni Evangelista di Venezia, sparita dalla chiesa di Santa Maria Materdomini.

La lezione di danza, cm. 60 x 49, Gallerie dell'Accademia, Venezia.
La lezione di danza, cm. 60 x 49, Gallerie dell’Accademia, Venezia.

Nel 1734 porta a compimento gli affreschi (soffitto e pareti) dello scalone di Ca’ Sagresco, (importante è la raffigurazione della “caduta dei giganti” ). Dopo quest’opera Pietro Longhi abbandona per un certo periodo la pittura a sfondo religioso, e gli influssi dello stile bolognese prevalgono nelle sue scene di genere, in raffigurazioni di tematiche agresti ispirate dalla pittura contemporanea fiamminga ed olandese. In seguito porta nelle sue opere scene di salotti inglesi e francesi, non più come in precedenza carichi di forti effetti luminosi e contrasti, ma con un cromatismo che infonde pacatezza ed una composizione ricca di particolari: “Il concertino”, “la lezione di danza”,  “la toeletta” e “il sarto”.

La toeletta, cm. 61 x 50, Ca' Rezzonico , Venezia.
La toeletta, cm. 61 x 50, Ca’ Rezzonico , Venezia.

La sua pittura è destinata ad altri leggeri influssi provenienti dalle opere della celebre pittrice-pastellista Rosalba Carriera. Questi lo portano ad una stesura cromatica più fine e ad un discreto uso di ombreggiature di vario colore, con tocchi di pennello molto leggeri che lasciano sul supporto macchioline di gradevole luminescenza.

Nel 1745 Longhi termina gli affreschi della chiesa di San Pantalon, nella cappella della Madonna di Loreto, con le raffigurazioni  della “Madonna con il Bambino angeli e santi”, l’Apparizione della Madonna, la Madonna di Loreto ed altre Madonne con santi martiri. Le gamme cromatiche, in queste opere, hanno una morbida e delicata gradazione, tanto da far temere, all’osservatore, che una semplice corrente d’aria le porti via: tenui rosa, delicati azzurri, luminosi gialli e arancioni, danno alle opere un senso di serena vitalità.

Il sarto, cm. 60 x 49, Gallerie dell'Accademia, Venezia.
Il sarto, cm. 60 x 49, Gallerie dell’Accademia, Venezia.

La sua pittura è destinata a mutare di nuovo dagli inizi degli anni Sessanta e le sue tonalità si fanno brunastre con linee prospettiche poco curate. Si ipotizza una sua scelta consapevole, all’inseguimento del linguaggio rembrandtiano, proprio con la stessa metamorfosi subita dal Nogari, suo contemporaneo, ma in ultima analisi viene alla luce la sua stanchezza che negli ultimi anni non gli dà la capacità di rinnovarsi.

Nel 1763 Pietro Longhi è alla direzione dell’Accademia  Pisani del Disegno e dell’Intaglio. Da questo periodo inizia l’attività ritrattistica alla quale partecipa attivamente anche il figlio Alessandro. L’8 maggio del 1785, in seguito ad un breve periodo di malattia, Pietro Longhi muore; dai suoi sintomi si presume sia stato stroncato da un infarto.

La critica a Pietro Longhi nelle citazioni di studiosi del Novecento

La critica del Novecento su Pietro Longhi (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)

Pagine correlate a Pietro Longhi: Biografia – Le opere .- Il periodo artistico – Bibliografia.

Quello che gli studiosi della Storia dell’arte hanno detto di Pietro Longhi:

  […] Di questo mondo egli è il riproduttore fedele e un pochino indiscreto : tutto è messo in evidenza dal suo pennello preciso e colorito : i sorrisi, gli sguardi, le mosse affettate, le moine adulatrici, le leziosaggini preziose, le riverenze, gli inchini. Egli ci fa scoprire un neo provocante o un impaziente piedino che esce di sotto alla gonna; coglie uno sguardo insistente attraverso l’occhialino, o una confidenza sussurrata dietro il ventaglio; segue il propalarsi rapido e sommesso di un piccolo scandalo, accolto da risa soffocate, rende la cadenza misurata e aggraziata di un passo di minuetto, o il gesto mellifluo di chi declama un madrigale; egli ci insegna come si porta la ‘baùta’, come si regge un guardinfante, come si offre una bomboniera, come ci si presenta o ci si congeda; come un perfetto lacchè deve offrire un vassoio di dolci; e tutto ciò con una delicatezza, una facilità, una efficacia ammirevoli. Così Pietro Longhi ritrova finalmente se stesso e può estrinsecare pienamente le sue doti naturali, arrivando a una tale perfezione d’arte, da meritarsi il nome di “Goldoni della pittura”      A. ravà, Pietro Longhi, 1909.

Volendo dare un giudizio spassionato sull’opera di Pietro Longhi, diremo che il suo merito principale consiste nell’aver introdotto a Venezia il quadro di genere applicando gli insegnamenti del suo maestro Giuseppe Crespi alla società veneziana del Settecento, che egli, senza pretendere agli intendimenti morali di Hogarth e senza possedere la grazia delicata, ne il sentimentalismo, ne l’acutezza psicologica dei pittori francesi contemporanei, riprodusse fedelmente con amabile realismo e con inimitabile colore locale in mille gustose scenette colte dal vero.            A. ravà, Pietro Longhi, 1923.

[…] Non devesi infatti dimenticare che molte delle piccole tele che egli dipinse come quadri di genere altro non sono se non piccoli ritratti di famiglia, ispirati da ricorrenze o da avvenimenti intimi di una certa solennità. In sostanza, l’argomento della sua pittura è la cronaca mondana. […] Ma il genere gli si stereotipa sotto il pennello, un po’ alla volta gli diventano convenzionali, di maniera, quegli stessi aspetti grazie ai quali la letteratura encomiastica innamorata della vita del Settecento lo assomiglia, poi, leggermente a Goldoni pel suo dono di osservatore. al Parini, ancora più leggermente, per la evidenza molto discutibile della sua satira.   G. damerini, I pittori veneziani del Settecento, 1928.

[…1 Così si conoscono quasi tutte le trottole, dipinte da Pieno Longhi con una tecnica squisita, ma senza cervello.   G. Fiocco, La pittura veneziana del Seicento e Settecento, 1929.

[…] E si può credere che l’artista dovette essere lento nel lavorare; perché nei suoi dipinti si spenge del tutto la rapidità visiva dei suoi mirabili disegni, non dissimili da quelli di un Lancret o di un Watteau.   E. arslan, Di Alessandro e Pietro Longhi, in “Emporium”, 1943.

Pietro Longhi si pone di fronte al costume moderno con •un distacco, una superiorità che sono lontani dall’esser intesi. Anche l’elogio del Goldoni sul suo “pennel che cerca il vero” gli ha forse nuociuto cadendo nelle mani di chi, probabilmente, non intendeva ne il Longhi, ne il Goldoni. In sede di cultura andranno certamente ricercate ancora, e pesate meglio, le sue ascendenze non soltanto nel bolognese Crespi, ma soprattutto nella pittura borghese e popolare bresciana e bergamasca che sulla fine del Sei e sul principio del Settecento, era, col Ghislandi e col Ceruti, la pittura più seria e più sincera di tutta la repubblica veneta. Ma il Longhi prende un passo europeo e si misura con la scala del Watteau e dello Chardin.   R. longhi, Viatico per cinque secoli di pittura veneziana, 1946.

[…] La preziosa esistenza delle immagini è tutta affidata al colore, che per la impalpabile morbidezza di sfumature e di trapassi trova unico riscontro — inimmaginabile dalle riproduzioni in bianco e nero — nei pastelli di Rosalba Carriera […]. È una melodia di toni magicamente scolorati, da temere che un soffio li cancelli : azzurri e rosa teneri, arancioni luminosi ; di accordi sommessi e palpitanti che attingono ad una mirabile delicatezza.    F. valcanover, Affreschi sconosciuti di Pietro Longhi, in “Paragone Arte”, 1956.

Come egli partisse dallo studio del vero risulta anzitutto nella sua attività disegnativa fecondissima e geniale. Fissava nei fogli figure e particolari, aggiungendo a volte annotazioni, e mentre si procurava in tal guisa dei quaderni di appunti di prezioso appoggio alle pitture, esprimeva già la sua arte. Tutto un mondo vive in quei disegni, dai domestici interni coi loro tendaggi e i ritratti degli avi, alle dame preziose in dilatate andriennes, ai signori in velada, alle ‘baùte’ ambigue e via via fino alla servitù e alla povera gente. L’artista guardava intorno a sé nella Venezia più brillante d’incontri mondani, come in quella chiusa e assonnata delle antiche dimore, ghiotto delle effimere parvenze della moda e d’ogni particolare in un’acconciatura, un nastro, un fiore.     V. moschini, Pietro Longhi, 1956.

II disegno è il primo colpo d’occhio e la lente che mette a fuoco quel determinato particolare, e vede e penetra e sa tutto (fu detto che se volete sapere che cosa facesse una dama a qualsiasi ora del giorno, potete domandarlo al Longhi : ve lo dirà). Dal disegno comincia verso per verso, strofa per strofa, questo componimento garrulo, garbato, e mai impertinente, di una maldicenza senza fiele, quasi impercettibilmente caricaturale, amabile, indulgente, affettuosa; poemetto del vivere quotidiano più intimo e più casalingo di quello dei francesi coetanei, da Lancret a Chardin; più libero e più particolarmente poetico di quello di un fiammingo o di un olandese il cui gusto non segue fino alle rumorose Kermesses o alle chiassose adunate di paesani e di contadini; perché questi personaggi, il popolo di Longhi, non è mai plebe, è sempre di veneziana distinzione, sorvegliato e galante anche se si tratta di gondolieri o di battitori di caccia; nella verità della rappresentazione, il verismo naturalistico non tocca mai la volgarità; e lo stesso ‘morbin’, e il ‘boresso’ e perfino una iniziale e distintiva sensualità di queste creature, vengono sempre tradotti in forma gentile e in gusto aggraziato.   G. de Logu, Pittura veneziana dal XIV al XVIII secolo, 1958.

Si tratta di una specie di Molière della pittura, o piuttosto, come si è spesso notato, di una equivalenza pittorica del Goldoni più incisivo ed ironico. In genere si è molto apprezzato il valore documentario di questo diario illustrato, trascurandone le alte qualità pittoriche, testimoni di una sensibilità eccezionale per gli interni, per i colori dimessi e ben calcolati. […] Un’arte che non può confondersi con quella di un Hogarth o di uno Ghardin.      A. chastel, L Arte Italiana, 1958.

L’impressione di disorganicità nella rappresentazione sia per quanto riguarda la composizione, sia per quanto riguarda il tema, è tipica del Longhi e pone il problema se egli fosse un ndif o soltanto un falso naìf. È un pittore a cui tocca regolarmente di raccogliere le più stravaganti e ottuse lodi che possano essere attribuite, perfino da critici italiani, a un artista. Benché la goffaggine presupponga sempre un tocco di genio, e benché Longhi sia stato accostato a Watteau (per dire il vero, questa stupefacente analogia ha origine a opera del Mariette) e paragonato a Renoir o a Manet, non è questa la via per giudicarlo giustamente o rottamente. Dal momento che è unico, si è concluso che è di importanza incalcolabile. Sembra però che la sua goffa tecnica pittorica, la sua costante incapacità di fissare i piani di un dipinto e disegnare con proprietà, fossero puri e semplici difetti che non riuscì a emendare anche dopo molti anni di pratica.    M. levey, Painting in XVIII Century Venice, 1959.

[…] Non improvvisa : non crea di memoria. La sua fantasia non consiste nel getto dell’invenzione, ma nel modo con cui rielabora pittoricamente, nella unità di un organico sistema compositivo, gli appunti e le impressioni còlte sul vero, con quei suoi modi pittorici delicati, affatto plastici, ma tutt’intenti a suggerire effetti di luminosità e di colore. Attraverso la pratica disegnativa, tenendo presente esempi francesi di Watteau, Lancret, Portali, Mercier, il Longhi veniva affinando quel suo gusto un po’ goffo e pesante, ereditato dalla scuola del Crespi e del Gamberini, imprimendo alle sue figure una eleganza nuova, d’un sapore leggermente gracile e quindi di carattere sottilmente ironico. Ma allorché, sulla scorta di questi disegni, dove è fissata la situazione tematica di ciascuna figura, il Longhi passa al dipinto, egli compone la scena sub specie coloris :

un colore prezioso, equilibrato nei passaggi e nella più raffinata discriminazione di accordi.   R. pallucchini, La pittura veneziana del Settecento, 1960.

Fu certamente un segno delle nuove idee che si sviluppavano a Venezia — dove nel 1760 Gaspare Gozzi pubblicava “L’Osservatore” ad imitazione di “Thè Spectator” — il fatto che Pietro Longhi (1702-85), F ‘Hogarth italiano”, di soli sei anni più giovane del Tiepolo, rinunciasse presto a dipingere affreschi barocco-mitologici in favore di una pittura di genere illustrante la vita del suo tempo con una vena documentaria assolutamente nuova. Tale cambiamento di indirizzo risale al 1734 circa, ma la maggior parte di queste opere furono dipinte verosimilmente durante gli ultimi anni della vita di Hogarth e dopo la sua morte. Si afferma che il Longhi intraprese questo genere come conseguenza dei suoi studi bolognesi sotto la guida del Crespi oppure sotto l’influsso delle incisioni di Hogarth. In ogni caso — e mi sembra che le singole figure del “Marriage a la Mode” debbano aver attirato la sua attenzione – i suoi dipinti rivelano più varietà e maggior penetrazione rispetto alla pittura di genere olandese del secolo XVII. Rappresentò gli svaghi e i costumi dell’aristocrazia mercantile veneziana, che possedeva determinate caratteristiche di ceto medio urbano, e, a volte, anche quelli di gente più umile. Lo fece più sistematicamente di quanto non fosse mai stato fatto, con un linguaggio accurato e giornalistico ricco di una grande sensibilità per l’ambiente. Perciò il Longhi, senza il quale conosceremmo molto meno la vita dell’aristocrazia veneziana, ha qualche affinità con Hogarth. Ma l’arte di Hogarth non è una pura e semplice pittura di genere, è anche critica e dibattito;

e il vago, talora impercettibile, umorismo di alcuni dipinti longhiani — lontano dall’ironia che oggi si è soliti scoprirvi — non può sostituirne il vigore ideale.   F. antal, Hogarth and His Place in European Art, 1962.

È abbastanza facile supporre che il Lodoli possa aver ammirato il padre di Alessandro, Pietro. Infatti sappiamo che Pietro Longhi era tenuto in grande considerazione in altri circoli avanzati della società veneziana. È significativo il fatto che nel 1750 il Goldoni, per la prima volta, salutasse in lui un uomo “che cerca il vero”. Proprio in questo periodo il Goldoni stava rompendo deliberatamente e in maniera incisiva col vecchio teatro delle maschere e stava tentando una riforma del teatro stesso attraverso il ritorno alla natura. Così il pittore avrebbe potuto benissimo ispirare il poeta – Longhi dipingeva già da anni scenette di genere – piuttosto che il contrario, come generalmente si pensa. Sette anni più tardi il Goldoni ritornò sul­l’argomento e lodò nuovamente il Longhi per la sua “maniera di esprimere in tela i caratteri e le passioni degli uomini”. Le simpatie del Goldoni erano ‘avanzate’, almeno per implicazione, ed egli fu accusato dagli oppositori di essere un “corruttore non meno della poesia che del buon costume”. Potrebbero adattarsi le raffigurazioni del Longhi — quei piccoli squarci di conversazioni, incontri, scene giocose di amore e gelosia — allo stesso tipo di interpretazione? L’idea stessa appare “assurda” sebbene agli inizi del diciannovesimo secolo uno storico veneziano (peraltro non confortato da alcun elemento comprovante) sostenesse che “per la sua spasmodica ricerca del vero nella pittura era incorso più volte in sanzioni penali”. Non di meno è significativo che la lode più entusiastica dovesse essergli tributata da uomini ansiosi di osservare obiettivamente la realtà contingenziale della vita veneziana in modo non certo usuale a quel tempo. Nonostante questo, Pietro Longhi fu certamente ammirato e accolto da un grosso numero di famiglie patrizie in nessun modo legate alle ideologie più avanzate, e agli occhi dei più il suo distacco dalla fantasia poteva non significare un legame diretto con i motivi politici.   F. haskell, Patrons and Painters, 1963.

Opere di Pietro Longhi

Pagine correlate alle opere di Pietro Longhi: Biografia e vita artistica – La critica – Il periodo artistico – Bibliografia

Alcune tra i più significativi lavori del pittore

1 pietro longhi - l'allegra coppia

L’allegra coppia, cm. 61 x 50, Ca’ Rezzonico, Venezia.

2 pietro longhi - le lavandaie

Le lavandaie, cm. 61 x 50, Ca’ Rezzonico, Venezia.

3 pietro longhi - la lezione di danza

La lezione di danza, cm. 60 x 49, Gallerie dell’Accademia, Venezia.

4 pietro longhi - il sarto

Il sarto, cm. 60 x 49, Gallerie dell’Accademia, Venezia.

5 pietro longhi - il gioco della pentola

Il gioco della pentola, cm. 49 x 61, National Gallery of Arts di Washington.

6 pietro longhi - lo svenimento

Lo svenimento, cm. 49 x 61, National Gallery of Arts di Washington.

7 pietro longhi - la contadina addormentata

La contadina addormentata, cm. 61 x 50, Pinacoteca Querini Stampalia, Venezia.

8 pietro longhi - le filatrici

Le filatrici, cm. 60 x 49, Pinacoteca Querini Stampalia, Venezia.

9 pietro longhi - il rinoceronte

Il rinoceronte, cm. 62 x 50, Ca’ Rezzonico , Venezia.

10 pietro longhi - la scuola di lavoro

La scuola di lavoro, cm. 62 x 50, Ca’ Rezzonico , Venezia.

11 pietro longhi - il farmacista

Il farmacista, cm. 60 x 48, Gallerie dell’Accademia, Venezia.

12 pietro longhi - la famiglia sagredo

La famiglia Sagredo, cm. 61 x 50, Pinacoteca Querini Stampalia, Venezia.

13 pietro longhi - il battesimo

Il battesimo, cm. 60 x 49, Pinacoteca Querini Stampalia, Venezia. Il Matrimonio 62 X 50 cm., anno 1755.

14 pietro longhi - il mondo novo

Il mondo Novo, cm. 61 x 49, Pinacoteca Querini Stampalia, Venezia.

15 pietro longhi - il parrucchiere

Il parrucchiere, cm. 63 x 51, Ca’ Rezzonico, Venezia.

16 pietro longhi - la lezione di geografia

Lezione di geografia, cm. 62 x 41,5, Pinacoteca Querini Stampalia, Venezia.

17 pietro longhi - la toeletta

La toeletta, cm. 61 x 50, Ca’ Rezzonico , Venezia.

18 pietro longhi - la caccia in valle

La caccia in valle (sette dipinti),  Pinacoteca Querini Stampalia, Venezia.

Pietro Longhi: bibliografia

Pietro Longhi: bibliografia

Pietro Longhi, l’artista che costantemente riferisce la sua pittura al mondo teatrale.

Bibliografia:

“Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia” di Antonio Maria Zanetti, 1733.

“Compendio delle vite de’ Pittori Veneziani” di Alessandro Longhi, 1761.

“I pittori veneziani del Settecento” di Damerini, 1928.

“Le chiese di San Pellegrino” di Galizzi, 1942.

“Affreschi sconosciuti di Pietro Longhi” di Valcanover, in «Paragone», 1956.

“I pittori veneziani del Rinascimento” di Berenson, 1958.

“L’arte italiana” di Chastel, 1958.

“Painting in XVIII Century” di Levey, 1959.

“La pittura veneziana del Settecento” di Martini, 1964.

“Catalogo ragionato delle opere di Pietro Longhi” a cura di Valcanover, 1968.

“Storia della pittura italiana”, Argan, 1968.

“Pietro Longhi” di Pignatti, 1968.

L’allegra coppia di Pietro Longhi

Pietro Longhi: L’allegra coppia

Pietro Longhi: L'allegra coppia
L’allegra coppia, cm. 61 x 50,  Ca’ Rezzonico a Venezia.

Sull’opera: “L’allegra coppia” è un dipinto autografo di Pietro Longhi, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1740, misura 61 x 50 cm. ed è custodito nella Ca’ Rezzonico a Venezia. 

 La tela in esame fa gruppo con altri tre dipinti (“La filatrice”, “Le lavandaie”  e “La polenta”), anch’essi con una coreografia inerente ad episodi di vita contadina, insieme ai quali apparteneva alla raccolta Gambara di Venezia.

Trattasi di pittura di genere ispirata direttamente alla tradizione bolognese, dove personaggi e luoghi popolari sono variamente strutturati in composizioni colme di significativa e raffinata ironia.

Per quanto riguarda la cronologia delle quattro opere (tre tele ed una tavola raffigurante le lavandaie), il periodo è probabilmente collocabile intorno al 1740 (ArsIan, 1943).

Altri eminenti studiosi, come il Meschini (1956), invece ipotizzarono una datazione assai più tarda.

Le lavandaie (Ca’ Rezzonico) di Pietro Longhi

Pietro Longhi: Le lavandaie (Ca’ Rezzonico)

Pietro Longhi: Le lavandaie della Ca' Rezzonico
Pietro Longhi: Le lavandaie, cm. 61 x 50, Ca’ Rezzonico, Venezia.

Sull’opera: “Le lavandaie” è un dipinto autografo di Pietro Longhi, realizzato con tecnica a olio su tavola nel 1740, misura 61 x 50 cm. ed è custodito nella Ca’ Rezzonico, Venezia. 

La composizione in esame, da considerarsi a tutti gli effetti una pittura di genere, appartiene ad un gruppo di dipinti di quatto elementi, tutti raffiguranti la vita contadina: “Le lavandaie” (tavola), “La filatrice” (tela), La polenta” (tela)  e  la “Allegra coppia” (tela).