Autoritratto di Toulouse-Lautrec a 16 anni

Autoritratto di Toulouse-Lautrec a 16 anni

Autoritratto di Toulouse-Lautrec a 16 anni
Toulouse-Lautrec: Autoritratto a 16 anni, cm. 32,4, Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

Seconda serie opere Toulouse-Lautrec

 Sull’opera: “Autoritratto a 16 anni” è un dipinto autografo di Toulouse-Lautrec realizzato con tecnica ad olio su supporto cartaceo nel 1880, misura 40,3 x 32,4 cm. ed è custodito ad Albi nel Musée Toulouse-Lautrec.

Questo è l’unico autoritratto che si conosca nella serie dei dipinti realizzati dall’artista con la tecnica ad olio.

Citazioni e critica su Toulouse-Lautrec dal 1944

Citazioni e critica su Toulouse-Lautrec dal 1944 (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)

Cosa hanno detto i critici della Storia dell’arte su Toulouse-Lautrec

… nell’opera di Lautrec come in nessun’altra del suo tempo (un tempo fortemente incline alla stilizzazione in tutte le forme dell’arte), lo ‘stile’, quel nostro Liberty che si chiamò in Francia Art nouveau, in Germania Jugendstile, in Austria, poco più tardi, Secessione, e che fu in realtà il gusto di un assoluto linearismo, nato in Inghilterra e potenziato in Francia dalla pittura postimpressionista, trova la più alta, forse la sola valida espressione pittorica, e ne dilaga quindi nell’architettura, nell’arte decorativa, nel costume.

Cosicché tutto pare confondersi di fronte a Lautrec, fino a dar l’impressione ch’egli si fermi prima, sia pure un sol passo prima, della pittura. È vero il contrario, naturalmente … [Egli fu] un eccezionale pittore, così forte da determinare, non da subire, il gusto di un’epoca … uno dei creatori della pittura del nostro tempo … … una volta stabilite ovviamente le sue origini nell’impressionismo, e (con qualche riserva sulla ‘rifinitura’ del disegno come procedimento espressionistico) considerato l’apporto dato alla sua pittura dalla sua frequentazione parigina dei simbolisti, sarebbe più esatto dire ch’egli inaugura l’Espressionismo prima di appartenervi: inaugura cioè quella pittura che nell’oggetto trasferisce l’espressione soggettiva, lo rende espressivo caricando di potenza espressiva linea e colore. Alcuni pittori tedeschi porteranno poi all’estremo limite, e oltre, questo modo pittorico: fino al punto in cui l’opera “scoppia per troppa interiorità” (come dice Kasimir Edschimid), ciò che non avviene mai in Lautrec. Ad onta delle sue intemperanze, delle sue libertà, del suo totale scioglimento dei sentimenti e dei sensi in una macchia, in un tratto che la sostiene e insieme l’apre e la lascia dilagare, straripare, invadere l’opera stessa nei suoi diversi elementi: ad onta della sua assoluta e totale, persino cinica indipendenza, Lautrec rimane un classico (un critico francese direbbe che rimane francese), a paragone degli espressionisti tedeschi… G. veronesi, Toulouse-Lautrec, in “Emporium”, 1951.

… se egli [Toulouse-Lautrec] appartiene interamente al suo tempo, non è solo perché ha saputo vedere la smorfia dei contemporanei; per quanto si sia mostrato indifferente non solo all’evolversi della società, ma anche a quella delle idee che ne erano causa o conseguenza, non poteva restare del tutto estraneo a tale evoluzione, ne sottrarsi alla forza di quelle idee, o evitare gli effetti del fenomeno di mimetismo che ha fatto di lui un personaggio molto rappresentativo degli ultimi anni del XIX secolo. In quale altra epoca, infatti, un artista avrebbe potuto altrettanto liberamente seguire il proprio capriccio e rifiutare ogni costrizione? In quale epoca avrebbe potuto non solo saziare la propria sete d’indipendenza, ma addirittura sentirla nascere in sé e concepire come possibili certe libertà che i costumi d’altri tempi avrebbero precluso? … Se Lautrec ha potuto dire ciò che aveva da dire, è perché gli è stato possibile fare ciò che desiderava fare. Per consacrare la vita all’arte non ha creduto necessario rinchiudersi in una torre d’avorio. Questo gaudente non ha conosciuto la neghittosità. Tra la vita di Lautrec e la sua arte v’è interdipendenza e, per un fenomeno d’osmosi, interpenetrazione. Egli viveva la propria arte ; l’arte non era per lui un sacerdozio, piuttosto la conseguenza naturale delle sue inclinazioni. Non ci fu soluzione di continuità fra il viveur e l’artista, fra quello che sembrava essere il suo diversivo e quello che era il suo potere creativo. Passando il tempo al ‘Moulin Rouge’, cioè guardando, lavorava, e acquisiva altrettanto che dipingendo nello studio. Non lo si può immaginare ne con un’esistenza ne con una pittura differente. Non v’è contraddizione alcuna tra la sua vita e la sua pittura, nessuna pausa nel loro sincronismo, nessuna sorpresa nello svolgimento dell’una e dell’altra.   F. jourdain, in Toulouse-Lautrec  1952.

Pari a Goya e a Daumier, non molto al di sotto di Rembrandt o di Dürer, Lautrec merita d’occupare un posto di primo piano tra i pittori-incisori non solo di Francia ma fra i più grandi stranieri. Questa constatazione non ha oggi più nulla di originale. Lo si è detto a più riprese da una quindicina di anni, e lo si ripeterà. La nostra affermazione non avrebbe sorpreso lo stesso Lautrec, che era conscio del suo grande valore e della sua originalità; ma ai suoi tempi nessuno fra gli amici o fra i primi ammiratori, nemmeno Roger Marx o Arsène Alexandre, ha osato collocarlo, come facciamo oggi, in prima fila. Lautrec ne soffrì? “Quando diciamo che ce ne freghiamo” confessò un giorno “è che non ce ne freghiamo per niente”, rivelando così il suo pensiero vero, la sua nostalgia d’essere capito, d’essere apprezzato come merita.      J. adhémar, in Toulouse-Lautrec, 1952.

… Pietà, pessimismo profondo, sentimento della fatale barbarie e animalità della vita, nostalgie vietate dalla spieiata verità dell’osservazione, come in Maupassant, e insieme un’energia appassionata e indomita condussero l’artista all’alcoolismo, alla misantropia, a una sorta di dimenticanza nella sensualità … A un certo momento, si stabilì in una casa di tolleranza, come per consumare tutta la febbrile animalità in cui aveva identificato la vita. E però proprio questa vitalità allo stato bruto, animale, fu la condizione più vera per la sua arte, la sola materia che si

offrisse per il suo segno, che come pochi altri serba l’impeto sorgivo e imperioso della vita nascente, la purezza innocente, la calma, nervosa, sontuosa e varia bellezza del mondo animale, a cui anche le apparenze e le figure umane si uniformano in un inesauribile arabesco vitale.    N.N. Lasutrec grafico in SeleArte 952.

… Nessuno, nemmeno Gavarni, Guys, Degas, Forain, è penetrato più di Lautrec nell’intimità dei propri modelli. I suoi ritratti sono confessioni; una carrozza che corre sulla strada bianca è tutta l’eleganza d’un mondo e di un’epoca; i suoi cavalli non hanno soltanto la vita, hanno la razza. Ciò che l’interessa non è la struttura fisica degli esseri e delle cose; e nemmeno ciò che una sensibilità comune può scorgere delle loro scorze esterne: è quel nonnulla, quel quid che è F’aria’ personale di ciascuno, il timbro indefinibile che fa riconoscere una voce tra mille … Il pericolo di una simile estetica alla Verlaine è quello di una certa inconsistenza. Ma la sua osservazione acuta si vale di un mestiere formidabile; un mestiere che è l’uomo stesso, con la sua distinzione innata, la sue disgrazie fisiche, le sue tare, i suoi nervi a fior di pelle. La mano più rapida e leggera. Un tratto che se la ride della calligrafia così come dell’esattezza fotografica; dinoccolato, invertebrato, disossato, sdegnoso d’ogni applicazione, ma eccezionalmente sensibile ed espressivo … Possiamo vedere in Lautrec l’ultimo anello d’una catena di osservatori, che da Géricault, passando per Gavarni e Daumier, hanno tracciato del loro tempo una immagine sempre più intima, sempre più libera da/ogni convenzione … J. laran, L’Estampe, 1959.

II problema di situare Lautrec come artista è arduo, perché non può essere annoverato tra i grandissimi, neppure della sua epoca, pur se non si possa negare l’ovvia importanza del suo contributo singolarissimo. Forse è più semplice considerarlo dapprima da un punto di vista storico; poiché egli fu un anello fecondo nella catena della reazione all’Impressionismo, alla bella pittura come tale, e al piccolo mondo borghese, soddisfatto e mediocre, che era stato raffigurato dagli impressionisti. Per quanto Lautrec sia stato fin de siede, non fu un reazionario. Stilisticamente si pone accanto a Seurat, a Gauguin e a Van Gogh, in netto contrasto con impressionisti ritardatari quali Bonnard e Vuillard. Lautrec ampliò il contenuto dell’arte e introdusse un nuovo elemento di reale umanità. Tuttavia il suo ascendente sulla pittura è stato stranamente limitato, e si estende ben poco oltre l’opera prima di Rouault e del Picasso anteriore al 1904. Come pittore, Lautrec non fu un grande innovatore tecnico, benché sia stato un buon tecnico. Come artista grafico invece fu eccelso, e la sua portata è stata considerevole nel tempo. Studiò infatti e sviluppò l’arte della litografia, e diede all’arte commerciale uno stile che resta tuttora insuperato. Ma come personalità artistica occupa giustamente un posto elevato tra i suoi contemporanei perché non fece concessioni al gusto popolare — non fu cioè ne un illustratore ne un propagandista — e perché i suoi quadri si ispiravano alla vita in un periodo in cui, a dir poco, questa ispirazione non era di moda.     D Cooper, Henry de Toulouse-Lautrec, 1960.

Già Degas aveva messo di moda il mondo equivoco dei cabarets e dei caffè-concerto; ma la profondità morale, l’acribia, i problemi psicologici e intellettuali che guidavano lo sguardo acuto e disincantato di Degas erano altra cosa dal piglio di gran signore che si diverte, dall’estro fantasioso, sempre lievemente iperbolico nel senso dell’eleganza o nel senso della parodia, che caratterizzano la pittura di Toulouse-Lautrec : onde il brio, l’immediatezza, l’efficacia evocativa che hanno le sue figurazioni di cantanti e ballerine di cabarets, filles de joie, e, di scorcio, i loro eleganti spettatori ed equivoci presentatori; onde, anche, l’eccezionale bellezza ed efficacia dei suoi cartelloni per il Moulin Rouge, la Goulue, Aristide Bruant, Le Divan Japonais, e tutti gli altri. Il gusto della linea e dell’arabesco tanto diffuso nella pittura parigina del tempo prendono in Toulouse-Lautrec un accento particolarissimo di animazione, eleganza, rapida sintesi, e una crudezza di caratterizzazione — anche — che non si farà crudeltà solo perché rimane così sospesa a un attimo rapido di apparizione e di divertimento.     A. M. Brizio, Ottocento-Novecento  II, 1962.

Con la sua opera, Lautrec libera il mondo della pittura da tutti i tabù correnti, come aveva fatto il Caravaggio nel suo tempo, come aveva fatto Courbet. L’uomo che colloca il cavalletto nei postriboli, e nello stesso tempo solleva un angolo di sipario su una società fin allora nascosta (e che costituisce in effetti una società segreta del piacere, così come vi sono delle società dello spirito quale la Massoneria, tanto potente tra il 1850 e il 1900), crea una tecnica pittorica nuova. È difficile, a distanza di tempo, pensare ch’egli abbia potuto usufruire della tecnica impressionista, valida per gli esterni assolati, e soprattutto per una descrizione della natura in cui l’uomo è solo un accessorio (in Monet o in Pissarro l’uomo non è spesso che un suggerimento di linee o di colore, destinato a far cantare degli accordi; e Renoir è un caso a parte) ; è una tecnica troppo leziosa per un’analisi dell’atteggiamento e del carattere spinta all’estremo. Poiché Degas ha una visione e un disegno da scultore, Lautrec s’interessa alla sua opinione e, notiamolo, solo alla sua. Poiché Jules Renard ha uno stile raccolto, analitico e sintetico insieme nella descrizione, piace a Lautrec come scrittore. Se ci si rammenta del viaggio di Lautrec in Belgio, ci si accorge che il pittore che più lo colpì nei musei fu Cranach.  J. bouret, Toulouse-Lautrec, 1963.

Lautrec appartiene alla corrente antinaturalista che, nella pittura e nella letteratura francese dell’800, dal romanticismo al simbolismo, occupa un posto altrettanto importante del realismo, di cui l’impressionismo è una manifestazione. Al vivo pregiudizio contro la pittura paesaggistica ch’egli proclama un giorno davanti a Maurice Joyant con una convinzione appassionata, s’aggiunge la disposizione per tutto ciò che è trasformato dall’ingegno umano, per le donne truccate, per le luci della ribalta, l’atmosfera del teatro, l’amore venale; ama l’arte forse più della vita e ha una netta preferenza per i paradisi artificiali. La sua arte è quella del contrappunto. Sceglie soggetti notoriamente volgari: sale da ballo dagli orpelli miserevoli, corpi di donna stanchi o sgraziati, non per mostrarne la bruttezza ma per scoprirvi una bellezza, una gaiezza, una freschezza che un altro occhio non potrebbe scorgervi. Insomma, Lautrec  mostra il contrario di ciò che rappresenta. Ed è precisamente questa ricerca di purezza, questo suo bisogno d’assoluto che lo spingono a cercare la sua ispirazione sempre più lontano dalla società aristocratica e colta nella quale è nato … ph. huisman e M. G. dortu, l.autrec et le Croxi-Margouin, in “L’Oeil”, 1964.

Dell’educazione raffinata ricevuta nell’infanzia, Lautrec aveva sempre conservato una cortesia perfetta e una grande gentilezza. Non l’ho mai sentito pronunciare la benché minima bestemmia, ne servirsi di parole grossolane nella conversazione. Possiamo dire che gli mancò, per questo, il tirocinio in un collegio o la vita di caserma. Se a volte si divertiva per le parole dialettali inattese ed espressive che usava il suo amico Aristide Bruant, tuttavia non le diffondeva nei salotti delle vecchie dame benestanti o delle madri superiore. Sapeva però rispondere per le rime, nella lingua che occorreva, agli importuni che volevano considerarlo come un fenomeno alla Barnum, mostrandogli troppo palesemente una condiscendenza ingiuriosa, od ostentando una superiorità pretenziosa fondata sui centimetri di altezza che permettevano loro di guardare Lautrec dall’alto in basso. Per questo la gran parte di questi ‘illustri signori’ ha atteso la morte del pittore per vendicarsene ‘letterariamente’. Si sarebbero guardati bene dal farlo mentre era vivo. R. de montcabrier, in  il  y a 100 ans  Henri de Toulouse-Lautrec, 1964.

Lautrec s’innalza con una freschezza irritante in un ambiente fra i più propensi alla volgarità che si fossero visti da molto tempo, quando la grassa borghesia dell’800 si metteva beatamente in mostra a Montmartre come altrove. Lautrec rappresenta la rivincita del ‘700 libertino (si sa quanto è implicito in questo termine, ricco di cinismo, di splendore e di coraggio) sulla fiacchezza moderna, perché questo pittore dilettante, improvvisamente decisosi a sgominare i ‘professionisti’ d’ogni genere, si lanciò in modo irresistibile controcorrente. Il piccolo provinciale ricco che a diciotto anni, nel 1882, frequenta le accademie parigine e conosce la capitale nel momento in cui trionfa l’Impressionismo, dieci anni dopo aveva già raggiunto quella padronanza stilistica che le litografie del 1892 bastano a rivelare. Il periodo del maggior successo va collocato verso il 1895; ma quando muore, nel 1901, a trentasette anni, Lautrec ha avuto il tempo di dare alla pittura moderna un’impronta decisiva che la conduce di là da ogni formula precedente, con le conseguenze che tutti sappiamo … Lautrec ritrova senza sforzo quel vago senso di mistero e di essenzialità che da vita a gran parte dell’arte orientale: una posa riversa, una nuca scoperta, la studiata costruzione delle acconciature devono collocarsi in una specie di vuoto. Si è detto spesso, e basterà ricordarlo in due parole, che l’esempio delle incisioni giapponesi portò a Lautrec la conferma decisiva della quale poteva forse aver bisogno: lo spazio ridotto a linea obliqua od orizzontale di un piano si dilata o si restringe (in quel mondo quasi privo di prospettiva) in funzione di certi segni; il colore risulta libero da ogni peso descrittivo (ossia di valore tonale), e diviene possibile iscrivere i motivi come le note del pentagramma. Probabilmente, se non avesse studiato i giappo nesi, Lautrec non avrebbe mai attuato in modo così totale i perfezionamento dei suoi mezzi espressivi. A. chastel, Touloust-Lawtrec, 196…

… l’artista delinea i suoi personaggi, nelle pitture come ne disegni e nelle litografie, e perfino nelle affiches, con l’impiego sapiente di una linea di contorno che ne caratterizza l’eleganza che afferma la priorità dello stile sulla resa immediata del particolare veristico e, al tempo stesso, sull’eccessiva idealizzazione L’arte di Toulouse-Lautrec si precisa proprio in questa sintesi stilistica di realismo e di idealizzazione, sintesi realizzata nel pei corso lineare che unisce i vari piani delle figure e che, pur con tutta la sua originalità di presentazione e di dislocazione delle masse e con la novità consistente proprio nella capacità di unificare i piani successivi, con un procedimento ripreso più tardi anche da Modigliani, rientra tuttavia nella grande tradizione di disegno francese. Tradizione che, lungo tutto il secolo, da Davi discende attraverso Ingres fino a Degas e che trova una delle sue espressioni più qualificate proprio nell’opera di Toulouse-Lautrec.

Lontano dall’Impressionismo, che pure conosce bene e eh gli si rivela soprattutto attraverso i dipinti di Manet e di Renoir Toulouse-Lautrec ne sa tuttavia mettere a frutto lo spirito ( sintesi, sostituendo all’analisi descrittiva dei particolari una rei immediata, concisa, per mezzo della quale identifica, con pochi tratti efficaci e con libere illuminazioni cromatiche, le fisionomie i caratteri dei suoi personaggi … N. ponente, Toulouse-Lautrec, in “Enciclopedia universale dell’arte”, XIV, 19…

Toulouse-Lautrec è un caso unico nell’arte … Fu lui che per primo seppe avvalersi dei cartoni, coprendoli appena, come ‘bianchi’ negli acquerelli di Cézanne. Sembra che tutto sia invenzione, in questo curioso ingegno: grazie a lui, i manifesti divennero capolavori di spirito e di estrosità. Oggi siamo abitua alle nuove leggi della plastica, a scoperte in trompe-l’œil, a scorci che ci estasiano; ma allora i suoi manifesti costituivano audacie assolute. Quanto si trovò a dipingere —i cavalli cani calessini musi halls ritratti, fossero anche di ‘quelle’ —, tutto marcò con una potenza e un tratto che ne hanno fatto l’artista più personale questa fine del diciannovesimo secolo … … La sua morte fu prematura: sembra quasi che la desiderasse; non fece nulla per contenere il male, ma al contrai commise tutte le imprudenze per affrettare la fine. Aveva vissuto abbastanza ; il suo messaggio geniale s’era concluso, e voleva dormire il sonno eterno; a trentacinque anni come Seurat. Questi due giganti dell’arte vi giunsero all’età cui gli artisti cominciano ad acquistare la maturità del propri talento; furono, come Mozart, esseri privilegiati, segnati dal segno celeste che li rende ineguagliabili.  H. dauberville, La bataille  de l’impressionnisme 1967.

 Critica dal 1887 al 1944

Toulouse-Lautrec: citazioni e itinerario critico

Toulouse-Lautrec: citazioni e itinerario critico (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)

Cosa hanno detto i critici della Storia dell’arte su Toulouse-Lautrec

… ecco la strana tela firmata con lo pseudonimo trasparente Trè-clau. Certo, tentativi consimili non devono essere incoraggiati … e la maggior parte dei visitatori è di certo indietreggiata per l’orrore alla vista di questi capelli viola, di questi tratti limone che assomigliano a un passato di legumi. Ma che ci si allontani di tre o quattro passi, alla distanza da cui si guarda abitualmente un ritratto in un salotto, e ci si accorgerà che questa apparente barbarie è calcolata, che il profilo assume valore e solidità nonostante le vibrazioni del tocco … J. De lahondés, in “Le Messager de Toulouse”, giugno 1887.

Abbiamo torto di compiangere Lautrec; dovremmo invidiarlo … Il solo luogo dove si possa trovare la felicità è ormai una cella di manicomio. Lautrec meritava davvero, dopo aver dato evidente prova d’una semifollia nella quale si dibatteva come la maggior parte degli uomini, di godere infine dell’annullamento divino della pazzia completa. E. lepelletier, Le sceret du bonheur, m “L’Echo de Paris”, 20 marzo 1890.

Nonostante i neri con i quali sporca indebitamente le sue figure, Toulouse-Lautrec mostra una forza reale, spirituale e tragica nello studio delle fisionomie e nella penetrazione dei caratteri.                  O mirbeau, in “L’Echo de Paris”, 30 marzo 1891.

… segue Degas e Forain nel modo di atteggiare i personaggi, nel gioco delle fisionomie, nella sicurezza decisiva del segno. Il ritratto di Toulouse-Lautrec s’impone, lasciando il ricordo di una penetrante capacità analitica, e a un tempo di un pittore padrone del mestiere e in pieno possesso di mezzi espressivi personali.       R. Marx in “le Rapide”, 30 maggio 1891.

… da molto tempo non s’incontrava un artista tanto dotato come Toulouse-Lautrec. In lui si fondono la penetrazione dell’analisi e l’acutezza dei mezzi d’espressione … Non rientra in alcuna scuola, ne appartiene a conventicole di sorta; si è sottratto ben presto a ogni suggestione per diventare integralmente se stesso .       R. Marx in “L’Art Nouveau” 1893.

Toulouse-Lautrec si presenta con un gusto del tutto affermalo e con uno stile fatto proprio, che svilupperà logicamente secondo la forza segreta che è in lui. Possiamo avere una indicazione sicura sulla sua facoltà di esprimere i ‘paesaggi dell’essere’ e di combinare i valori cromatici, ponendo mente che ha ideato ed eseguito nel migliore dei modi alcuni manifesti: Bruaat, la Goulue e, più recentemente, il Divan Japonais hanno preso possesso della strada con un’autorità irresistibile. È impossibile non vedere l’ampiezza delle sue linee e il senso artistico delle sue belle pagine. Con un colore variato, a volte sordo ma opulento, a volte fangoso, quasi sporco a seconda dei casi, Lautrec pittore e pastellista si mostra quasi perfetto nell’esprimere il ‘sorgere’ di un individuo, l’apparizione spontanea di un atteggiamento o di un movimento, l’andare e venire d’una donna in cammino, il volteggiare di una danzatrice                   G. geffroy, in ‘La Justice”, 15 febbraio 1893.

Per la pura vivezza del tratto, per la sorprendente abilità tecnica, la mostra di Lautrec da Goupil andrebbe vista. Devo dire francamente che non mi curo dei tipi che Toulouse-Lautrec disegna. Li trovo proprio spiacevoli … D’altro canto, tecnicamente c’è molto da imparare dalla sua opera. Il modo di trattare l’acquerello, il pastello, il gesso e l’olio, tutti i mezzi insomma, è altamente magistrale. Egli trova le più strane combinazioni di. colore, e le registra nel modo più singolare. Ma per me questo continuo insistere sul brutto, il volgare, l’eccentricità, questo dipingere e ridipingere sempre la stessa gente, è veramente mostruoso.  N. N., in “The Star”, 10 maggio 1898.

… Ecco come doveva finire Toulouse-Lautrec. Aveva la vocazione della casa di salute. Ieri ce l’hanno rinchiuso e finalmente la pazzia, gettata la maschera, firmerà i suoi dipinti, i suoi disegni, i suoi manifesti nei quali già da lungo tempo dimorava.    A. hepp, La vraie force, in “Le Journal”, 26 marzo 1899.

Ho visto un pazzo pieno di saggezza, un alcolizzato che non beve più, un uomo considerato perduto che ha una splendida cera. C’è una vitalità così intensa in questo cosiddetto condannato, una tal carica di forza in questo che alcuni considerano un aborto, che quelli stessi che l’hanno visto correre giù per la china della perdizione sono ora stupefatti di vederlo così rimesso a nuovo.   A. alexandre, Une guerison, in Le Figaro , 30 marzo 1899.

Poiché era piccolo, brutto, paradossale, singolare in tutto, i parigini, sempre pronti a giudicare gli uomini solo dall’apparenza, si sono fatti di Toulouse-Lautrec un’idea sommaria, uno schema. Era prigioniero d’una formula. Le parole gnomo, nano, bohème di Montmartre, sono andate a finire da sole sotto la penna dei necrologisti, e hanno espresso solo un lato di questa natura misconosciuta, rimasta, nonostante le molte disgrazie, nobile di cuore come lo era per nascita.  L. N. Barangon Necrologio 9 settembre 1901.

Un nome. Un maestro troppo presto scomparso ; uno dei rari che prendono e fanno fremere. Ricco, egli aveva potuto affrancarsi da ogni difficoltà dell’esistenza e si era messo a osservare la vita. Ciò che vide non è un complimento per la fine del secolo scorso, di cui è il pittore veritiero. Ha cercato la Realtà, sdegnando finzioni e chimere che falsano le idee e sbilanciano gli spiriti. Certuni diranno forse che fu un ficcanaso, un dilettante dall’originalità piuttosto triste, verso la quale (disposizione particolarissima di chi soffre) si sentiva naturalmente portato. È un errore, e tutta la sua opera lo grida. Non ha rimestato nulla per trovare, non ha cercato di prendere, malgrado tutto, là dove non c’era niente. Si è accontentato di guardare. Ha visto ciò che noi siamo, e non, come molti fanno, ciò che abbiamo l’aria di essere. E allora, con sicurezza di mano, con un ardire delicato e fermo insieme, ci ha mostrati a noi stessi. Non è certo adulatore, e ve n’è per tutti i gusti: grandi concerti o balli pubblici, teatri, circhi, caffè, campi di corse, tutti i luoghi insomma ove la febbre della vita spinge uomini e donne alla ricerca d’un piacere qualsiasi, sono fissati per sempre dalla matita spietata dell’artista. Si è forse dedicato maggiormente a un genere nel quale anche altri si sono cimentati. Facce imbellettate, sottovesti provocanti, luccichii alle dita e alle orecchie, gioielli di latta, emblemi evidenti di disgraziate che nascondono lacrime cocenti sotto pallidi sorrisi; Toulouse-Lautrec ci ha mostrato tutto ciò. Non ha voluto fare soltanto opera di pittore, ma si è rivelato psicologo profondo e potente. Il suo insegnamento è triste ma vero. È per questo che il Maestro resterà il pittore di un’epoca che noi ignoriamo, perché l’abbiamo vissuta da scettici a volte, da noncuranti e da indifferenti quasi sempre. N. N., Necrologio, in “Journal de Paris”, 10 settembre 1901.

Abbiamo perduto qualche giorno fa un artista che s’era acquistato una certa celebrità nel genere laido. Intendo parlare del disegnatore Toulouse-Lautrec, essere bizzarro e deforme che vedeva un po’ tutti attraverso le proprie miserie fisiche … Prendeva i suoi modelli nel fango, nei lupanari, nelle balere di periferia, ovunque il vizio deforma i volti, abbrutisce la fisionomia e fa salire fino al volto le brutture dell’anima … È morto miserevolmente, rovinato nel corpo e nello spirito, in un manicomio, in preda ad attacchi di pazzia furiosa. Fine triste d’una trista vita.  jumelles, in “Lyon Républicain”, 15 settembre 1901.

Grazie ai suoi mezzi e alle relazioni che aveva la sua famiglia potè pubblicare la maggior parte delle sue litografie, e alcuni critici d’arte ‘s’interessarono’ a lui. Grandi giornali lo paragonarono seriamente a Goya. Fu questo che lo perse … Come ci sono amatori entusiasti delle corride, delle esecuzioni capitali e di altri spettacoli desolanti, vi sono amatori di Toulouse-Lautrec. È un bene per l’umanità che esistano pochi artisti di questo genere. Il talento di Lautrec, poiché sarebbe assurdo negargli del talento, era un talento cattivo, che esercitava un influsso pernicioso e rattristante.   J. rocoues, in “Le Courrier  francio”, 15 settembre 1901.

L’arte di Toulouse-Lautrec è quella di un uomo che la vita ha fatto soffrire, e che si è vendicato. I suoi studi ce lo mostrano mentre scruta le deformità, mostra il vizio, ricerca la stupidità. I suoi quadri sono caricature terribilmente veritiere e sconcertanti. Si resta penosamente impressionati dallo spettacolo di tanta bruttezza magnificata nelle sue tele che raffigurano tipi presi per lo più dalle balere e dalle bettole di periferia.    J. pascal, Le Salon d’automne, 1904.

A Toulouse-Lautrec più che a ogni altro si deve applicare il metodo moderno della critica d’arte, che consiste nel ricollocare l’opera nella vita dell’artista e nell’ambiente in cui questa vita s’è svolta, poiché da esso è totalmente determinata, pur se dobbiamo notare che il nostro pittore ha saputo sempre dominare a sua volta, con la sua personalità potente, le impressioni che gli giungevano dall’esterno … Egli fa parte di quella gloriosa scuola moderna che ha voluto liberare l’arte francese da tutte le suggestioni straniere che il cattivo gusto del secolo scorso aveva preteso d’imporre alla nostra ammirazione.                 J Pigasse in Toulouse-Lautrec, 1908.

Questo grande ometto era davvero una persona prodigiosa! Quando ci ha lasciati, ancora così giovane, qualcuno ha detto che non era una morte, e che questo strano Lautrec era stato semplicemente restituito al mondo soprannaturale … Scopriamo ora che Lautrec ci era parso soprannaturale perché era naturale all’estremo. Era veramente un essere libero. Ma nella sua indipendenza non si trovava alcun partito preso. Non che disprezzasse le idee già fatte: non ne subiva assolutamente l’ascendente. Ma lo sdegno che aveva per esse era tanto poco sistematico che gli capitava benissimo d’adottarne una, se era il caso, quando gli pareva giustificata. Le opinioni di questo autentico indipendente potevano benissimo collimare, per una combinazione qualsiasi, con quelle di tutti, perché egli seguiva il suo cammino libero, una strada che poteva incrociare inopinatamente la passeggiata pubblica, sulla quale non era attirato ne da un’abitudine sociale ne dall’ora della musica. Lautrec, infatti, si divertiva nella Vita, con la libertà sovrana d’un monello ai giardini. T. bernard, Prefazione al catalogo della vendita Toulouse-Lautrec di Parigi, 30 aprile 1913.

Fu a volte nell’ultimo gradino della scala infernale che Lautrec andò a cercare i suoi modelli. Certo, con Constantin Guys, fu uno dei pochi che siano riusciti a tradurre in arte lo studio diretto degli ambienti in cui si trova la foemina simplex del satirico latino. La qualità del suo spirito e le sue doti erano tali che le particolarità del soggetto non hanno nociuto ne alla bellezza dell’espressione ne al valore della sua opera; che è propria di un aristocratico in tutti i sensi della parola, ivi compreso il migliore … Lo stile, magia degli artisti, mistero della creazione intellettuale, è ciò cui si dovrà tornare sempre parlando di questo pittore. Con tale parola, indubbiamente indefinibile, noi intendiamo tradurre la nostra ammirazione per opere di accento così vigoroso e sincero, nelle quali la vita — e con essa la personalità dell’artista — si esprime con tratti ampi e incisivi …

Per aver impiegato i suoi doni magnifici, la sua intelligenza eletta e fine, allo scopo di descrivere le scene, gli eroi o le comparse della commedia umana, Henri de Toulouse-Lautrec non s’è reso colpevole ne verso il proprio casato, ne verso la propria origine, ne verso la terra natale. L. Berard discorso al Museo di Albi, 30 luglio 1922.

… Lautrec è un ‘visionario della realtà’, ma non, come un Rops, un visionario da incubo nel senso satanico: è uno spirito semplice e diritto, emanato dalla Natura, ed è solo tramite le critiche letterarie che si è giunti a farlo credere imbevuto di complicate leggi mistiche: è più vicino a Giotto che a Rops. Inutile incorporarlo in una ‘scuola d’arte’, espressione priva di senso, perché in effetti non v’è scuola alcuna, ne ufficiale ne indipendente ne impressionista, simbolista o altro. Vi furono e vi sono personalità che si sono elevate o stanno per elevarsi al disopra delle altre: le parole e le classificazioni arbitrarie vengono create per l’ignoranza della folla. In ogni epoca e attraverso ogni tempo tutti i pittori sono originali come creatori individuali, e hanno un solo punto in comune fra tutti: lo Sforzo che cerca di tradurre la Natura tramite il loro cervello, più o meno dotato, più o meno aperto, più o meno sincero. L’Arte è in effetti nel manifestarsi dell’uomo a se stesso o, se si preferisce una definizione troppe volte ripetuta, “l’Arte è la natura vista attraverso un temperamento” (E. Zola). Se si adottano cedeste formule, si può dire che Lautrec ne è un esempio evidente, con l’apporto di tutto il suo atavismo di razza, di tutti i doni naturali, corretti dalle lezioni del passato. M. joyant, Henri de Toulousc-Lautrec, 1926-27.

Nel pieno rigoglio dell’Impressionismo, allorché Claude Monet, Sisley, Pissarro e tanti altri, collocato il cavalletto all’aria aperta, traducevano nei propri quadri la dolcezza della luce sui campi, un pittore, pur dichiarando di seguire in pieno le loro teorie, si immergeva nell’ombra della città, a Montmartre, e da tale osservatorio studiava i passanti: non la luce che li illuminava, ma i loro tratti, soprattutto quelli che ne rivelavano il carattere. Questo pittore ci appare oggi un’anomalia. Ricerca di carattere: dispiaceri d’amore, tenerezza frustrata? Lautrec ha scelto dei modelli tarati. Ha frequentato luoghi malfamati e ne ha disegnato i frequentatori. Lavorava senza posa, osservava, scrutava, vivisezionava. Questa curiosità di tutto e di tutti, questa passione per il disegno, ci.oè questo bisogno di esprimersi, sono il risultato d’una sensibilità dolorante, compressa, che cerca in tutti i modi di conquistare la libertà. Le manifestazioni d’arte che ne derivano sono patetiche come un tentativo d’evasione. De profundis clamavi. Lautrec è andato all’inferno per dipingervi i dannati. Egli cercava il ‘carattere’. L’ha colto dove ha potuto. P. de Lapparent, Toulouie-Lautrec, 1928.

La sua infermità lo portò a un pessimismo sistematico, avido di turpitudini, ma lo condusse a vivere in un ambiente d’eccezione e di festa, nel quale la sua figura disgraziata era solo un’eccentricità involontaria fra tante altre, e dove essa gli procurava piuttosto popolarità che occhiate di scherno, contrariamente a quanto accadeva in qualunque altro ambiente. Si è rifugiato in questa vita come nell’alcool, e non ha fatto che esercitare, allora, senza intenzioni sinistre, quel suo dono di osservatore implacabile che avrebbe sviluppato in qualsiasi altro ambiente dove fosse vissuto. Se di quell’ambiente lia accentuato la bruttezza, ciò dipende dal fatto che il suo temperamento lo portava a sottolineare il ‘carattere’ e che il mondo in i     cui viveva non poteva rivelargliene un altro.          R- Huyghe, Aspects the Tousoluse-Lautrec, a ‘L’Amour de l’Art”. 1181.

Lautrec è anzitutto e soprattutto una certa definizione della forma. Appartiene alla famiglia di spiriti per i quali la forma della vita e gli impulsi degli esseri sono un linguaggio cifrato pieno dei più poetici segreti. Nulla è indifferente in questa rete di arabeschi che lega e scioglie l’azione. L’attaccatura di un braccio, di un polso, colta nello svolgersi istantaneo del gesto, un girare del collo, un dorso di mano, una torsione delle anche, la maniera in cui i nervi si legano, si tendono e determinano le variazioni inattese e logiche d’un atteggiamento, d’una espressione, ecco dove si colloca l’enigma che più attira questi spiriti. Li chiamiamo disegnatori, grafici, il che non significa nulla; geni analitici, mentre giungono spesso alle sintesi più concise ed efficaci. La verità è che sono più sensibili degli altri agli ondeggiamenti e agli sbalzi dell’essere vivente, e che hanno in sé una specie d’istinto mimico che accresce con la sua trepidazione sorda i loro procedimenti divinatori. A questi maestri piaceranno sempre i bei cavalli, non come masse scultoree ma come eleganti strutture articolate; le danzatrici, i mimi, gli acrobati, i funamboli d’ogni genere, e anche la donna che canta, tutta compresa nello sforzo di liberare la voce … H. focillon, Toulouse-Lautrec, in “Gazette des Beaux-Arts”, 1931.

Secondo Emile Zola, un’opera pittorica si risolve in uno stato d’animo. Ciò può essere valido per Claude Monet, Édouard Manet, Renoir, Pissarro, Cézanne, Van Gogh, persino per Seurat, ma non per Henri de Toulouse-Lautrec. La concezione di Zola non gli si adatta. Non v’è in lui nessuno stato d’animo deformante. Questo meridionale luminoso che sfugge alla plastica pura non è che una curiosità perpetua, sottile, incisiva, senza limiti, spinta fino allo stato di nevrosi lancinante e guidata dalla vita stessa. La scoperta del reale, la sua espressione grafica, sono per lui il brivido estremo, la soddisfazione suprema. Ciò mi fa pensare a La Tour. L’opera d’un Peyronneau, d’un Hubert Robert, d’un Boucher, così come quella di Degas, di Manet o di Renoir, costituisce un notevole documento di costume. L’opera di La Tour, come quella di Lautrec, ha un valore storico, soprattutto in un’epoca come la nostra, in cui la storia cessa d’essere aneddotica per diventare psicologica, e tende a preoccuparsi soprattutto della mentalità generale e dell’anima dei personaggi più in vista. Questi personaggi, Lautrec, come La Tour, li ha scelti con una lucidità rara. Gli scrittori, i pittori, gli uomini di mondo che entrambi hanno disegnato offrono nel loro insieme una selezione qualitativa. Ma Lautrec s’è spinto più lontano ancora di La Tour, che si è interessato solo a donne o a uomini. Nessuno più di Lautrec ha capito che la folla ha un’anima del tutto differente dalla somma delle anime individuali che la compongono. Sotto questo aspetto le grandi opere di Lautrec sono singolarmente rappresentative e sintetiche. Sintetici soprattutto i modelli anonimi che, in primo piano, riassumono in qualche modo l’opera completa. Le tele e i cartoni che studiano i music-halls, i circhi, i caffè, i teatri, sono, sotto questo punto di vista, di primissimo ordine, e assai meno episodici dei dipinti di Degas, che cade volentieri nell’aneddotica, come i piccoli maestri fiamminghi. Degas ha visto piccolo, e ha cercato la perfezione localizzata. Lautrec ha visto grande. E. SCHAUB-KOCH, Psicanalyse d’un peintre  moderne: Henri de toulouse-Lautrec 1935.

Toulouse-Lautrec cominciò a dipingere con la lode e l’incoraggiamento di Degas, che è da considerarsi il suo vero maestro. Fin dalla prima fanciullezza aveva mostrato un istinto grafico d’eccezione, e la sua opera anche pittorica si risolve essenzialmente nel disegno. Un segno nervoso, protervo, di una sintesi caratterizzatrice sorprendente, che per spiegarsi appieno cercò naturalmente i soggetti più acconci a far valere la sua spietata e commossa intensità. Non si può negare che egli spesso cedesse alla sopraffazione di quella realtà morbida e viziosa che egli coltivava e anzi condivideva : ma certo la sua soggezione avviene in forma assai minore che in Forain, e la dignità e la vigorosa incisività del suo stile riescono sempre a salvare anche gli episodi più ambigui. Parimenti l’approfondimento del segno, celato da certe apparenti noncuranze, gli impedisce di scadere, salvo rari casi, nel mero decorativo. Tuttavia c’è nella sua arte qualche cosa di sociale, un’estensione, una mediazione verso l’uomo comune, un modo brusco e insieme eccitante di avvincere la sua sensibilità e di avviarla allo stile, che non è l’ultima risorsa ne l’ultimo fascino di questo grande disegnatore. La scelta nella sua ampia e talvolta un po’ svagata produzione dev’essere compiuta con qualche severità: ma compensano i momenti di perfetta intimità lirica, come Les deux amies, quando la sua scarna e rapida matita, però così intrisa di sottile raffinatezza, mai arida, ma diramata in una quasi immemore dovizia sensuosa, ferma intorno a qualche figura quella sospesa e fremente melanconia che è la serenità dell’artista    C. L. ragghianti, Impressionismo, 1944.

Continua

Bibliografia relativa a Henri Toulouse-Lautrec

Henri Toulouse-Lautrec: bibliografia

Henri Toulouse-Lautrec, tra le figure più importanti nella pittura del tardo Ottocento.

Bibliografia:

  • “La cucina di Monsieur Momo”, Henri de Toulouse-Lautrec e Maurice Joyant, Ibis, 2005.

  • “Toulouse-Lautrec: lo sguardo, il segno” di Casimiro Di Crescenzo: opere dalla Biblioteca nazionale di Francia, dal Museo d’Ixelles e dalla Fondazione Antonio Mazzotta, Basilissa, 2003.

  • “Toulouse-Lautrec”, Daničle Devynck, Kunstbogklubben, 1994.

  • “Tolouse-Lautrec”, Douglas Cooper, Edizione d’Arte Garzanti, Milano, 1963.

  • “Toulouse-Lautrec”, Gabriella Di Cagno, Giunti Editore, Firenze, 1998.

  • “Toulouse-Lautrec. Vita e opere”, Udo Felbinger, Ullmann, 2005.

  • “Arte e Architettura, Musée d’Orsay”, Peter J.Gartner, Könemann, Köln 2001.

  • Catalogo della mostra, (Hayward Gallery, Londra 10 ottobre 1991 – 19 gennaio 1992 e quindi alla Galeries Nationales du Graind Palais, Parigi 21 febbraio – 1 giugno 1992): “Toulouse-Lautrec” a cura di Marianne Ryan, Leonardo De Luca Editori, Roma 1991.

La biografia di Toulouse-Lautrec

Biografia e vita artistica di Toulouse-Lautrec (1864 – 1901)

Pagine correlate all’artista: La critica dell’Ottocento – Novecento – La critica del Novecento – Le opere – Il periodo artistico – L’Impressionismo – Bibliografia.

Toulouse-Lautrec: Toulouse-Lautrec discende da una nobile e ricca famiglia ma, a causa di un grave incidente e di  una devastante malattia alle ossa che lo affligge fino alla menomazione fisica (i suoi femori, smettendo di crescere insieme al resto del corpo rimangono corti), gli è preclusa la bella e spensierata vita che conducono i giovani suoi coetanei appartenenti alla stessa condizione sociale.

Toulouse-Lautrec: La Goulue Molin Rouge
Toulouse-Lautrec: La Goulue Molin Rouge (manifesto)

A Parigi,  dove si stabilisce per intraprendere gli studi artistici, il pittore frequenta giornalmente le avanguardie intellettuali del periodo, trovando anche il tempo per riprodurre, con semplici schizzi ma di grande efficacia, i cabaret, i frequentati locali di Montmartre, i teatri, i circhi e le case di appuntamento.

Toulouse-Lautrec riporta su supporti pittorici, con grande originalità e scioltezza, le impressioni ricevute dai seguenti soggetti: La Goulue (Louise Weber) che arriva al Moulin Rouge, Jane Avril che arriva al Moulin Rouge, e Au salon de la rue des Moulins.

Al circo Fernando – Cavallerizza, cm. 161,3, Art Institute, Chicago
Al circo Fernando – Cavallerizza, cm. 161,3, Art Institute, Chicago

L’artista realizza un grandissimo numero di capolavori impiegando diverse tecniche: a olio, acqueforti, disegni, litografie e manifesti illustrati, prodotti per stampa e anche disegni umoristici per diversi giornali. Il suo linguaggio espressivo, pur essendo molto personale, risente degli andamenti altalenanti della pittura francese del suo periodo e dell’arte giapponese, per via delle quali  stravolge il suo metodo di composizione delle masse, del colore e della linea.

Toulouse-Lautrec: Il calesse
Toulouse-Lautrec: Il calesse

Le sue prime opere sono scene all’aria aperta con cavalli in atteggiamenti di scatto, poi quelle dei cabaret, del circo e delle case chiuse. Il drastico mutamento tematico implica l’adozione di nuove tecniche raffigurative.

Quella della litografia è ideale per rappresentare il gesto e l’attimo, irripetibili e senza la possibilità di ripensamenti. Toulouse-Lautrec abbandona completamente la tecnica impressionista per navigare controcorrente, con un deciso affrancamento dall’arte ufficiale: le stampe giapponesi lo indirizzano in altre direzioni, non solo nella tecnica ma anche nella campitura, che diventa molto ampia e di colore piatto.

Ballo al Moulin Rouge, cm. 150, Collezione Mcllhenni, Filadelfia
Toulouse-Lautrec: Ballo al Moulin Rouge, cm. 150, Collezione Mcllhenni, Filadelfia

Il cabaret, con tutte le sue connessioni al mondo della Belle Epoque, entra prepotentemente e pieno di vitalità nelle sue opere: il repentino volteggiare e roteare delle gonne nell’impetuoso balletto del “can – can” della ballerina in un precario equilibrio tra spettacolarità e prostituzione, il corpo della stessa che assume armoniose pieghe ed inarcamenti, i salotti delle case di appuntamento con clienti in attesa, testimoniano il bisogno esistenziale di un artista, per il quale la rappresentazione figurativa è un fatto di primaria importanza, spontaneo e naturale, uno stile di vita. Toulouse-Lautrec percepisce il valore delle grandi potenzialità pubblicitarie e crea un nuovo genere artistico di rappresentazione, grazie alle proprie immancabili capacità. L’artista arriva alla convinzione che l’immagine-manifesto riuscirà a catturare fortemente l’interesse dell’osservatore.

Nel 1881, nella realizzazione del manifesto del Moulin Rouge – la Goulue, Toulouse-Lautrec tocca il culmine della sua popolarità, diventando il più famoso ed apprezzato autore di tutta la Francia. Nel 1893 realizza il suo manifesto più bello, celebre ed apprezzato, “Divan  Japonais ”, nel quale è raffigurata la cantante Jane Avril, in toni neri, che si staglia sullo sfondo catturando con forza l’attenzione del fruitore dell’opera.

Le numerose figure femminili studiate agli inizi per i primi manifesti, vengono poi rimpiazzate da altre immagini a carattere più naturalistico, ma sempre caratterizzate dal suo tipico linguaggio espressivo.

Con alcuni tratti ben decisi, il pittore riesce a delineare una figura nella forma, nel carattere e nel contesto. Egli penetra con disinvoltura nel profondo intimo del soggetto traendone i caratteri psicologici più importanti.

Opere di Toulouse-Lautrec dopo il 1892

Alcuni tra le più celebri opere di Toulouse-Lautrec

I quadri di Toulouse-Lautrec

31 Toulouse-Lautrec - Divan Japonais

Divan Japonais, cm. 60, (Manifesto).

32 Toulouse-Lautrec - Lui lei e il cane

Lui, lei e il cane, cm. 60, Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

33 Toulouse-Lautrec - Loie Fuller alle Folies Bergère.jpg

Loie Fuller alle Folies Bergère, cm. 45,3, Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

34 Toulouse-Lautrec - il signor Boileau al caffè

Il signor Boileau al caffè, cm. 65, Museum of Art of Cleveland.

35 Toulouse-Lautrec - Leon Delaporte al Jardin de Paris

Leon Delaporte al Jardin de Paris, cm. 60, Ny Carlsberg Glyptotek, Copenaghen.

36 Toulouse-Lautrec - il lavandaio della casa

Il lavandaio della casa, cm. 46,2, Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

37 Toulouse-Lautrec - Gabriel Tapie de Celeyran

Gabriel Tapie de Celeyran, cm. 56, Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

Nella sala di rue des Moulins

Nella sala di rue des Moulins, cm. 132,5, Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

40 Toulouse-Lautrec - Yvette Guilbert saluta il pubblico

Yvette Guilbert saluta il pubblico, cm. 28, Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

Altre opere

41 Toulouse-Lautrec - donna che si infila una calza

Donna che si infila una calza, cm. 44,5, Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

42 Toulouse-Lautrec - nel palco

Nel palco, cm. 32,4, Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

43 Toulouse-Lautrec - May Belfort

May Belfort, cm. 60 (manifesto).

44 Toulouse-Lautrec - ritratto di Oscar Wilde

Ritratto di Oscar Wilde, cm. 48, Collezione Lester di New York.

45 Toulouse-Lautrec - Napoleone

Napoleone, cm. 47, Collezione Buhrle di Zurigo.

Cha-U-Kao al Moulin Rouge, cm. 55, Collezione O. Reinhart of Winterthur

Cha-U-Kao al Moulin Rouge, cm. 55, Collezione O. Reinhart of  Winterthur.

47 Toulouse-Lautrec - Cha-U-Kao in camerino

Cha-U-Kao in camerino, cm. 49, Museo d’Orsay di Parigi.

48 Toulouse-Lautrec - Chocolat danzante

Chocolat danzante, cm. 50, Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

49 Toulouse-Lautrec - Marcelle Lender danza il bolero in chilperic

Marcelle Lender danza il bolero in Chilperic, cm. 150, Collezione Whitney, New York.

50 Toulouse-Lautrec - la danza moresca

La danza moresca, cm. 307,5  Museo d’Orsay di Parigi.

Altre opere

51 Toulouse-Lautrec - Maxime Detomas al ballo dell'Opera

Maxime Detomas al ballo dell’Opera, cm. 52,5, National Gallery of Art, Washington.

52 Toulouse-Lautrec - la toeletta

La toeletta, cm. 54, Museo d’Orsay di Parigi.

53 Toulouse-Lautrec - donna che si pettina

Donna che si pettina, cm. 30, Museo d’Orsay di Parigi.

54 Toulouse-Lautrec - donna nuda in piedi

Donna nuda in piedi, cm. 36,8   Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

54 Toulouse-Lautrec - lo scrittore Romain Coolus

Lo scrittore Romain Coolus, cm. Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

55 Toulouse-Lautrec - alla toeletta

Alla toeletta, cm. 49,6   Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

56 Toulouse-Lautrec - l'inglesina dello Star a le Havre

L’inglesina dello Star a le Havre, cm. 32,8    Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

57 Toulouse-Lautrec - al Rat Mort

Al Rat Mort, cm. 45,  Courtauld Institute Galleries of London.

58 Toulouse-Lautrec - la modista

La modista, cm. 49,5     Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

59 Toulouse-Lautrec - Maurice Joant nella baia di Somme

Maurice Joyant nella baia di Somme, cm. 81, Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

60 Toulouse-Lautrec - Messaline

Messaline, cm. 68, Collezione Buhrle di Zurigo.

61 Toulouse-Lautrec - un esame alla facoltà di medicina

Un esame alla facoltà di medicina, cm. 81, Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

Alle opere della pagina precedente

Ritratto del signor Fourcade di Toulouse-Lautrec

Toulouse-Lautrec: Ritratto del signor Fourcade

Toulouse-Lautrec: Ritratto del signor Fourcade
Toulouse-Lautrec: Ritratto del signor Fourcade, cm. 77 x 63, Museu de Arte  de San Paolo.

Seconda serie opere Toulouse-Lautrec

Sull’opera: “Ritratto del signor Fourcade” è un dipinto autografo di Toulouse-Lautrec realizzato con tecnica ad olio su supporto cartaceo nel 1889, misura 77 x 63 cm. ed è custodito nel Museu de Arte a San Paolo.

Con molta probabilità l’effigiato è il banchiere Henry Fourcade.

       Sul dipinto, in alto a destra, c’è la scritta con dedica, data e firma : “A mon bon ami / Fourcade / 89. HTautrec. Nell’anno della realizzazione fu esposto nel Salon des Indépendants.

Justine Dieuhl seduta nel giardino di Forest di Toulouse-Lautrec

Toulouse-Lautrec: Justine Dieuhl seduta nel giardino

Toulouse-Lautrec: Justine Dieuhl seduta nel giardino di Forest
Toulouse-Lautrec: Justine Dieuhl seduta nel giardino di Forest, cm. 74 x 58, Museo d’Orsay Parigi.

Seconda serie opere Toulouse-Lautrec

Sull’opera: “Justine Dieuhl seduta nel giardino di Forest” è un dipinto autografo di Toulouse-Lautrec realizzato con tecnica ad olio su supporto cartaceo nel 1890, misura 74 x 58 cm. ed è custodito nel Museo d’Orsay a Parigi.

 Il quadro, che  in precedenza apparteneva al principe giapponese Matsukata, entrò nel Museo del Louvre (Jeu De Paume) in seguito ad una clausola previste nel trattato di pace con il Giappone del 1959.

Per la cronologia, Bouret assegna all’opera il biennio 1889-90, un periodo che trova concordi anche gli altri studiosi di storia dell’arte e gli estensori del Catalogo del Louvre nel 1961.

Secondo Joyant, il dipinto fu realizzato nel 1891.

La signorina Dihau al pianoforte di Toulouse-Lautrec

Toulouse-Lautrec: La signorina Dihau al pianoforte

Toulouse-Lautrec: La signorina Dihau al pianoforte
Toulouse-Lautrec: La signorina Dihau al pianoforte, cm.69 x 49, Musée Toulouse-Lautrec, Albi.

Seconda serie opere Toulouse-Lautrec

Sull’opera: “Dihau al pianoforte” è un dipinto autografo di Toulouse-Lautrec realizzato con tecnica ad olio su supporto cartaceo nel 1890, misura 69 x 49 cm. ed è custodito nel Musée Toulouse-Lautrec ad Albi.

Il dipinto è datato e firmato in alto a destra, in corrispondenza di un quadro appeso alla parete. Fu esposto nel 1890 al Salon des Indépendants.

Ritratto di Georges-Henri Manuel in piedi di Toulouse-Lautrec

Toulouse-Lautrec: Ritratto di Georges-Henri Manuel in piedi

Toulouse-Lautrec: Ritratto di Georges-Henri Manuel in piedi
Toulouse-Lautrec: Ritratto di Georges-Henri Manuel in piedi, cm. 51, Collezione Buhrle Zurigo.

Seconda serie opere Toulouse-Lautrec

Sull’opera: “Ritratto di Georges-Henri Manuel in piedi” è un dipinto autografo di Toulouse-Lautrec realizzato con tecnica pastello (?) nel 1891, misura 88 x 51 cm. ed è custodito nella Collezione Buhrle Zurigo.

 L’effigiato lavorava in quel periodo nella Bibliothèque Nationale ed abitava in rue Saint-Lazare n° 80.

L’artista andava spesso a trovarlo, soprattutto per preparare “pietanze provenzali”. Il ritratto fu esposto l’anno successivo in una squisita galleria d’arte, conosciuta come Cercle Volney.

Nel 1893 Toulouse-Lautrec la presentò al Salon des Indépendants.

L’opera compare in una foto scattata da Guibert nel 1893-94 dove viene ripreso il pittore nel suo studio, insieme ad una modella. In basso a destra reca una dedica, la firma e la data: “A G. H. Manuel / Lautrec / 91”