Citazioni e critica del Novecento al Mantegna

Citazioni e critica del Novecento al Mantegna (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)

Pagine correlate: Biografia e vita artistica – Mantegna dalle Vite di Giorgio Vasari (pdf) – Le opere – prima serie – Le opere – seconda seriela bibliografia.

Ciò che gli studiosi di Storia dell’arte scrivono su Mantegna:

… Negli affreschi della chiesa degli Eremitani il ragazzo diciottenne … è il primo e il più grande degli pseudoclassicisti, e, mentre egli guarda inferiormente a un mondo di sua propria creazione, questo distacco dall’umanità è il solo a rendere possibile l’immacolatezza del disegno. (P. Handy)

È perfetto, con una simmetria piuttosto stretta, con tendenza all’idea di bassorilievo scolpito, adottato apertamente in alcune delle sue tele : Il disegno è perfettamente raffinato, mai plastico a pieno rilievo; i colori stimolano per il contrasto sottile piuttosto che commuovere per la profondità- Le sue scene religiose sono prive di compassione, i protagonisti distanti da noi nella loro orgogliosa austerità, benché le loro sofferenze siano tracciate con precisione paurosa. E così è nell’ultima grande serie, i Trionfi di Cesare, a Hampton Court, che il suo genio tocca la piena espansione.

Il suo stesso orgoglio trova il suo ritmo più geniale nel fasto di una processione vittoriosa, e questa serie di nove pannelli, una delle più accurate ricostruzioni, è forse la più commovente espressione di quel sogno di romana grandezza che continuò a ossessionare gli artisti d’Europa per oltre tre secoli.  P. hendy, The Isabella Stewart Gardner Museum. Catalogue of the Exhibited Paintings and Drawings, 1931.

… il Mantegna, per il quale il risultato formale, l’arte, nascono come è evidente da una serie di premesse sistematiche, da una rigorosa, selezionata, convinta ‘poetica’, tanto che, fuori dalla poesia, non è dato incontrare nella sua opera episodi di passionalità non sorvegliata, slanci sensuali o naturalistici o descrittivi che lo trascinino fuori della ‘forma’ … è il più consequenziale e sorvegliato artista del ‘400.      C. L. ragghianti, “Critica d’arte”, 1937.

… [negli affreschi della cappella Ovetari] la conquista delle forme intese plasticamente e dell’ambiente inteso geometricamente si risolve al di là di ogni suggestione scientifica, nella traduzione, e quindi nel superamento della forma per mezzo del colore costruttivo, e della prospettiva lineare per mezzo di quella aerea. E così nasce l’arte moderna …

Spirito logico, fatto per trarre dalle esperienze del Rinascimento, che erano le più alte, le massime conseguenze, se attraverso ad esse seppe in breve tempo superare il tritume disegnativo, residuo della tradizione gotica, prediletta nella sua terra, seppe d’altro canto valersi delle leggi della prospettiva, intese anch’esse, quale fu sempre, al dire di Baudelaire, la buona retorica per i veri poeti, al fine di ottenere ritmi più ampi e più conseguenti; armonizzando dapprima quadro con quadro, poi interi cicli di pitture …   G. Fiocco, Mantegna, La cappella Ovetari nella chiesa degli Eremitani, 1946.

… Il genio del Mantegna esplose con una violenza straordinaria : a seguirne lo sviluppo sulle pareti della cappella Ove­tari … si ha l’impressione di una sensibilità pronta ad assimilare tutti gli apporti in unità di stile precisa e categorica :  egli accoglie e fa sue tutte le conquiste della Rinascenza toscana, filtrandole attraverso una coscienza umanistica che si chiude in un rigore archeologico, accettando in pari tempo i primi echi ferraresi dello spazio misurato da Piero ed il naturalismo di un Roger van der Weyden. Quel che più stupisce in Mantegna è la creazione di un linguaggio plastico di una logica quasi spietata … A metà Quattrocento il Veneto, e con il Veneto l’Italia settentrionale, nella cappella Ovetari trova un punto di riferimento che sarà normativo per lo svolgimento di una cultura artistica in senso nuovo, rigorosamente umanistico, basata sull’esperienza della Rinascenza toscana. R. pallucchini, La pittura veneta del Quattrocento, 1946-47.

… I marmi antichi gli rappresentavano un tipo di bellezza nobile, incorruttibile, perenne; e il suo fervore per essi venne felicemente a innestarsi sull’impostazione scultorea che Donatello aveva dato alla nascente scuola pittorica locale. In realtà, senza l’insegnamento toscano, gli sarebbe mancata la forma in cui esprimere la sua visione. Dall’insegnamento toscano gli derivò la nervosità del contorno e la solidità dell’impianto. E come i toscani seppe essere semplice e monumentale, quando guardò alla natura            L. vertova,  Mantegna, 1950.

… Mantegna e Durer, con intenzione e risultato diverso, hanno sempre un vago sentore di compromesso, sia pure altissimo, classico-romantico.         M. marangoni,  Saper vedere, 1950.

 … Qual era lo scopo che si proponeva il Mantegna? Oggi, parlando di prospettiva, dopo che Cézanne e i suoi successori hanno operato la dissoluzione della sua struttura classica, il darne un’idea esatta appare così privo d’interesse che difficilmente comprendiamo come essa potesse allora costituire la finalità precipua di un giovane artista … Il Mantegna faceva parte della piccola cerchia di tali pionieri; e anzi, secondo il Lomazzo, ebbe persino in animo di scrivere un trattato sulla prospettiva. Del resto, è attraverso l’impostazione prospettica che in questi affreschi [della cappella Ovetari] tutti gli spettatori portano nella composizione la loro presenza, la loro bellezza e giovinezza, assumendo però nel contempo un’importanza nuova. Possiamo considerare tutto ciò il risultato di una logica responsabilità, dato che essi occupano quel posto che fu loro assegnato secondo necessità. In essi non vi è dunque nulla di casuale, e la loro presenza ha funzione chiarificatrice delle norme che regolano l’arte .    E Tietze Mantenga 1955.

Fu … la ricerca di un equilibrio antico, la nostalgia per un’umanità eroica e composta, a trarlo su altra via da quella percorsa dai ferraresi, e la sicura valutazione del senso dell’individuo entro il sistema di storicizzazione che egli andava tentando, a salvarlo da quegli eccessi di sfoggio culturale insorti nel suo tempo e nel suo ambiente, quali il Sogno di Polifilo. E fu proprio l’indagine del dato reale l’antidoto per il Mantegna all’erudizione e alla retorica : alla base della costruzione delle sue immagini è sempre un esame analitico addirittura minuzioso delle forme naturali. Il processo di astrazione di quei piani e di quei profili che le determinano, bloccandone ogni movimento e ogni divenire, è scoperto nella faticosa elaborazione; e l’immagine, per la meditata evidenza della sua genesi, risulta tanto più potente.     R. cipriani, Tutta la pittura del Mantegna, 1956.

[La Camera degli Sposi:] questo ritratto suddiviso in alcuni grandi riquadri, anzi questo romanzo narrato in alcuni capitoli, in cui tutti i Gonzaga, principi, donne, adolescenti, giovinette, prelati, entrano come personaggi, con i loro pensieri politici e i loro piaceri. Si ammira un’arte di psicologo sommo, che penetra nelle anime, le distingue sui volti, ma lasciandole integre. …   G Piovene, Viaggio in Italia, 1957

… Una classicità … che le leggi nuove della prospettiva e dell’armonia compositiva rendono attuale, in cui ogni tensione drammatica si equilibra in serena solennità, e che l’animo appassionato del Mantegna scioglie da una formale aridità marmorea.  P. lecaldano, I grandi maestri della pittura italiana del Quattrocento, 1957.

 Il periodo padovano del Mantegna, quello della prodigiosa giovinezza, è tutto dominato dagli entusiasmi per il linguaggio rinascimentale, allora una novità per l’ambiente padano, e dalla volontà di assimilarlo; ebbrezza di riconoscere la verità naturale soprattutto nei suoi aspetti volumetrici, secondo i suggerimenti e gli esempi dell’antichità. L’istanza realistica e quella culturale in funzione una dell’altra : realismo archeologico. E anche quando l’archeologia non è nel tema stesso o negli episodi o ornamenti che, magari anacronisticamente, il pittore v’introduce, egli si studia di archeologizzare la sua rappresentazione proprio mediante l’accentuazione, talora esasperata, della plasticità … Onde il fascino arcano di quelle opere aspre, imperiose e conturbanti.  L. coletti, La Camera degli Sposi del Mantegna a Mantova, 1959.

… C’è … il Mantegna che cava i suoi personaggi da blocchi pietrigni delle’ cave che ama rappresentare nei suoi quadri come simbolo delle sue preferenze, non soltanto nella Madonna delle Cave, ma anche in uno scomparto della Camera degli Sposi, ma c’è anche il Mantegna che evade da ogni forma rinascimentale nel senso toscano, per rappresentare in primo piano figure dimezzate, quasi ad indicare illusionisticamente la direzione della scena, come i maestri fiamminghi ai quali pure rimanda la eccelsa e folta rappresentazione delle città sul crinale del monte … Queste architetture dei fondi del Mantegna andrebbero quindi isolate e studiate anche in rapporto al formarsi in Vicenza, cioè nel contiguo territorio padovano, di quella architettura di intonazione classicheggiante che ha nel Palladio il suo più grande interprete, ma: nel Mantegna il prologo eccitante.      S. bottai  “Arte veneta” 1961.

La critica antecedente al novecento

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