Trementine

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ESSENZA DI TREMENTINA

Meno conosciuta come olio etereo di trementina, appartiene alla famiglia degli oli essenziali, ha una certa volatilità e si ricava con la distillazione delle parti resinose di alberi resiniferi. I migliori alberi sono il pino, l’abete ed il lance, ma ne esistono molti altri che danno un’essenza di migliore o peggiore qualità.

Moltissime perciò, sono le piante che producono resina, dalle quali si ricava l’olio etereo, ma la categoria dei pini è quella che ne offre maggior quantità. Il Pinus larix dal quale si ricava quella conosciuta con la denominazione di “trementina di Venezia”, il Pinus abies dal quale si ricava quello chiamato “olio di abezzo”, il Pinus picea che genera quella detta “trementina di Strasburgo”, il Pinus marittima dal quale viene quella denominata “trementina di Bordeaux” e tante altre.

Le parti resinose degli alberi sono chiamate comunemente con i nomi di ragie o trementine.

L’essenza di trementina è quella che viene impiegata più comunemente nella tecnica della pittura a olio, prevalentemente come diluente per i pigmenti (con le dovute attenzioni) e per lavare i pennelli.

L’essenza di trementina ha migliori caratteristiche dell’essenza di petrolio, perché con essa si ottengono colori più morbidi, solidi ed elastici, mentre l’essenza di petrolio toglie gran parte dell’olio ai pigmenti, facendoli diventare troppo duri e polverosi.

Si deve aggiungere che, l’elasticità della pittura, è un caratteristica indispensabile per la conservazione del dipinto; infatti molte tele vengono conservate arrotolate grazie a questo suo requisito.

 Anche l’essenza di trementina, come tutte le essenze in generale, ha il caratteristico difetto di resinificare quando viene esposta all’aria, cioè di ingiallire e ingrassare, per via della sua volatilità che ad un certo punto si interrompe.

Il metodo più pratico per evitare questo inconveniente è di rinvigorirla frequentemente con altre aggiunte e di scegliere una buona marca.

Per provarne in modo assai pratico la bontà, basta lasciarne cadere alcune gocce sopra un pezzo di carta bianca, attendere l’essiccazione ed osservare attentamente se al termine di questa, lascia traccia.

Se non si riconosceranno i punti dove la carta è stata bagnata, vorrà dire che è di buona qualità, nel caso contrario è da intendere che sia ossidata.

La migliore essenza di trementina per l’impiego nella tecnica a olio, è quella che viene impiegata per uso medico e che risulta rettificata, cioè distillata per ben due volte e si chiama «spirito o essenza di trementina» propriamente detta, mentre con il l termine acqua ragia s’intende definire un’essenza più rozza e meno raffinata.

OLIO DI RAGIA O ACQUA RAGIA

Viene ricavata in abbondanza dalla distillazione della ragia di alberi resinosi.

L’olio di ragia, ricavato dal pino, è molto meno rispetto a quello ricavato dall’abete e serve esclusivamente che per gli usi ordinari, cantieristica, artigianato, usi domestici ecc. Ha un odore orribile.

ESSENZA DI PETROLIO

L’essenza che viene invece ricavata dalla distillazione del petrolio, conosciuta anche con la denominazione di “etere di petrolio”, si impiega nella pittura come medium.

Affinché risulti adatta a questo scopo, è necessario che sia purissima e quindi di altissima qualità.

Le caratteristiche fondamentali dell’essenza di petrolio sono: l’alta solubilità negli oli, l’assoluta mancanza di odore, la sua alta volatilità, la purezza tale da non lasciare residui, la capacità di conferire ai colori una bellissima opacità, il combinarsi anche con pigmenti in stato avanzato di essiccazione e l’eliminazione dell’olio in eccesso dai pigmenti (se aggiunta razionalmente).

Un altro tipo di prodotto, simile a quest’essenza, è l’olio essenziale di petrolio che si distingue dal primo solo per il processo di evaporazione assai più lento, utilissimo per quegli artisti che vogliono conservare più a lungo la fluidità del colore durante le loro sedute pittoriche, cosa che permette di poter usare per molti giorni, sul fresco, la stessa parte di un quadro.

Dopo che l’evaporazione ha raggiunto il completo processo, i colori riprendono il loro stato normale.

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Il colore verde

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IL COLORE VERDE

Il verde è un colore secondario con una estesissima gamma, ed è formato dalla mescolanza di giallo ed azzurro. È molto piacevole all’occhio e dona una ricchezza considerevole di tinte. I colori verdi possono raggrupparsi nelle seguenti categorie:

Verdi chimici, realizzati tramite procedimento chimico. Tra questi ci sono il verde Veronese, il verde smeraldo e tutti i verdi di cromo.

Verdi naturali, come le terre verdi, la crisocolla, la malachite ecc.

Verdi composti, derivati da una mescola e qualche volta da una combinazione chimica di due sostanze coloranti, come cinabri verdi, il verde permanente, il verde di zinco, il verde di cadmio.

Verdi vegetali, come ad esempio il verde vescica.

Il Colore Crisicolla

 Ha origine inorganica, minerale e naturale. Questo colore era già conosciuto dagli Egizi, dai Greci e dai Romani.

Il termine Chrysocolla, che dal greco significa “attaccato all’oro”, apparteneva ai minerali verdi contenenti rame, che oggi identifichiamo come crisocolla e malachite.

Il pigmento è costituito da carbonato basico di rame, silicato idrato di rame e malachite, viene reperito nelle miniere ed è il risultato terminale della trasformazione di minerali misti di rame in acque silicifere.

Il pigmento è considerato assimilabile al verde di montagna ed ha un discreto potere coprente. Può essere impiegato nell’affresco, nella tempera e nella tecnica della pittura a olio. Viene sconsigliato per l’encausto.

Il colore Verde di rame

 

Il verde di rame, conosciuto anche come verde montagna artificiale, o verde Verditer, è un carbonato di rame artificiale.

Questo verde, con caratteristiche molto vicine a quelle della Crisocolla, ha origini antichissime.

Ci arrivano istruzioni dei procedimenti per la realizzazione di questo colore, da epoche altrettanto antiche. In alcune si parla di un sale di rame, calce e potassa, con ulteriore aggiunta di sale ammoniaco.

Questo è uno dei migliori metodi antichi. Si tratta di una precipitazione del solfato di rame, nella calce e carbonato di potassa.

Dopo tale precipitazione, seguono altri trattamenti, con cloruro d’ammonio e solfato di rame, per un periodo di tempo superiore alle quarantotto ore.

Il colore Verde Paolo Veronese

Questo pigmento deriva dall’arseniato di rame. La sua gradazione è di un verde vivissimo, brillante e luminoso, che riesce ad affascinare ma è ingannevole. Infatti, questo pigmento, è sconsigliato in modo assoluto in tutte le tecniche, data la sua scarsa resistenza all’azione degli agenti atmosferici e del tempo.

È di una stabilità minima, tanto che basta una debole luce, dopo soltanto pochi giorni dalla sua applicazione, per incominciare a cambiare colore, fino a raggiungere un consistente annerimento.

Non può essere mescolato con altri colori perché provoca problemi e sgradite alterazioni di varia natura. Risulta intollerante alla mescolanza con molti colori (bianco d’argento e di piombo, gli ossidi di ferro, il blu ceruleo, di cobalto e di Prussia) e non sopporta assolutamente i gialli di cadmio.

Per tutti i motivi sopra citati, si consiglia di non fare uso di questo colore, specialmente nella tecnica della pittura a olio. Io personalmente, lo ritengo uno dei peggiori pigmenti esistenti in commercio e spesso mi domando perché continuino a fabbricarlo.

Il colore Verde smeraldo (Ossido di cromo)

Il verde smeraldo (ossido di cromo idrato) è, secondo la mia opinione, il verde migliore ed è indispensabile nella tavolozza . La sua gradazione è ricca: viene realizzato mediante la calcinazione di una mescola di acido borico e bicromato potassico. È da molti considerato il verde più solido, che la chimica, finora, abbia mai potuto offrirci. La sua tonalità energica e vigorosa, si può definire certamente pittorica. Mescolandolo con i bianchi, si ottengono dei verdi freschi e luminosi, con i gialli di cadmio si ottengono bellissimi verdi con eccellenti requisiti di stabilità e di resistenza al tempo. È considerato un colore preziosissimo per la tavolozza del pittore. Tinte solide si ottengono anche mescolandolo con il blu oltre­mare e con il blu cobalto. L’unico che può procurargli problemi è il blu di Prussia.

Il colore Verde ossido di cromo

Come dice il suo stesso nome, questo pigmento è un ossido di cromo anidro. La sua solidità è ottima, ma la sua tinta ha poca forza. Il suo colore scialbo può rendersi utile, soprattutto nelle tematiche paesaggistiche, per attenuare certi contrasti. Con i bianchi genera una vasta gamma di tinte molto delicate ed assai solide. Questo verde è chiamato anche verde di cromo inglese, ma non deve essere confuso con il verde di cromo ordinario  –  di mediocre solidità  –  ottenuto con una preparazione diversa, composto cioè col giallo di cromo e il blu di Prussia.

Il colore Verde di cobalto

È un composto di ossido di zinco e di ossido di cobalto. È un pigmento abbastanza solido, che può essere mescolato con i bianchi e con tutti i colori fissi, ad eccezione di quelli contenenti il ferro, con i quali del resto, per motivi coloristici, non vi è nessuna necessità di farlo. È un colore molto utile al pittore che si dedica alle tematiche della paesaggistica.

Il colore Verde permanente

È un verde composto da altri pigmenti reperibili in commercio, che si può realizzare anche sulla tavolozza.

È una miscela di verde ossido di cromo e giallo di cadmio, con aggiunta di bianco per neutralizzare completamente l’azione del verde sul giallo, che con gli anni tende a sopraffarlo.

Con questo colore abbiamo nella nostra tavolozza un verde solidissimo. Tuttavia, è bene ricordare che, per alcuni esperti , questo colore è da sconsigliare, perché ritenuto estremamente instabile.

Il colore Verde di cadmio.

Questo pigmento ha la stessa composizione del verde permanente. È di origine inorganica e minerale, composto da solfuro di cadmio e ossido di cromo.

Come il verde permanente, è per alcuni esperti da sconsigliare per le ragioni di estrema instabilità.

Il colore Cinabro verde

Questo verde, alla stessa stregua di altri colori, come il verde seta, il verde cromo estratto ecc., appartiene ad una serie di tinte composte con blu di Prussia e gialli di cromo.

Questi verdi, di tinte molto variegate, hanno, oltre ad un forte potere coprente e colorante, una vastissima gamma di gradazioni calde.

Presentano il pregio dell’ottima stabilità alla luce, sono i colori che il pittore vuole mescolare sulla tavolozza con gli stessi colori di base.

Questi colori, infatti, possono sopportare nel trattamento chimico che provoca la loro combinazione, sostituzioni ed aggiunte, che incidono positivamente sulla loro solidità. Tali verdi sono ben tollerati dai bianchi, con l’esclusione del bianco d’argento.

Il colore Verde di zinco

Questo pigmento è formato da una mescola di giallo di zinco e blu di Prussia. La sua gradazione può variare, naturalmente, a seconda della proporzione dei pigmenti coloranti impiegati.

Non ha la completezza di colore dei cinabri, ha uno scarso potere coprente, e la sua tinta, in gran parte della sua gamma, è piuttosto fredda .

Con gli anni, il blu che ne fa parte integrante, prende il sopravvento sul giallo, tendendo a scurirlo.

Tuttavia, questo verde ha una resistenza superiore a quella dei cinabri, riguardo l’azione degli agenti atmosferici e dei prodotti chimici con i quali potrebbe venire a contatto.

Può facilmente essere prodotto nella tavolozza al momento del bisogno ed è quindi un colore che inutilmente occupa spazio nella valigetta del pittore.

Terra verde (Ocra verde di Verona)

La terra verde è un prodotto ottenuto dalla decomposizione della augite. La sostanza attiva colorante è il silicato ferroso insieme ad altre essenze, aggiunte per ottenere la variabilità della gradazione e dell’intensità del colore. Si produce digerendola in acido cloridrico diluito per togliergli le impurità.

Il Verde di Verona (terra verde) è un verde di colore piuttosto smorto, molto solido ma povero di corposità; assai utile, integrato con i vari grigi, per la realizzazione di verdi nei piani lontani e, ottimo per ottenere alcune tinte fredde e delicate della carnagione.

La terra verde deriva in genere da silicati di ferro con sali di potassio, di magnesio e d’alluminio. Ha il pregio di potersi mescolare tranquillamente con tutti i colori.

Il colore Verde malachite (Verde minerale)

Il pigmento originale Verde Malachite non viene più usato, ma ne rimane la denominazione.

In passato è stato un colore di una certa importanza per la sua caratteristica gradazione, ma oggi è sostituito con un prodotto chimico che porta lo stesso nome, ma che purtroppo, ha lo stesso difetto, di non essere abbastanza resistente agli effetti della luce e del tempo.

La malachite naturale si trova nei giacimenti delle zone dei monti Urali, contenuta in una pietra di un vivo colore verde. Triturando finemente questa pietra si ottiene la sostanza colorante.

Data la difficoltà per la sua macinazione e l’insoddisfacente solidità del pigmento ottenuto, questa pietra, oggi non viene più considerata. Anche il suo sostituto, ottenuto chimicamente, per le sue scarse qualità, può essere rimpiazzato dal Verde Montagna.

Il colore Verde vescica

L’essenza di questo colore viene ricavata dal pruno nero, conosciuto anche come brocco spinoso.

Alla sostanza di questa pianta si associa una soluzione concentrata di gomma arabica, la quale evapora lasciando una pasta piuttosto corposa e densa. Il prodotto così preparato, viene immesso in vesciche di maiale.

Se vogliamo ottenerla allo stato solido, è necessario aggiungere allume di potassio.

Questo colore si presenta come lacca, con una gradazione abbastanza calda, una buona trasparenza ed una facile reperibilità, tuttavia non è sufficientemente stabile alla luce.

Le lacche verdi hanno le stesse caratteristiche delle lacche gialle. La maggior parte di esse sono realizzate con colori derivati dal catrame.

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Il colore Violetto

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Il colore violetto

Il violetto non è un colore base, ma un colore composto. Si ottiene mescolando gli azzurri con i rossi. Il suo complementare è il giallo.

Il violetto è facilmente componibile anche sulla tavolozza del pittore. Tuttavia, alcuni tipi di violetto, preparati con procedimenti chimici, hanno vivacità e splendore tali, che è impossibile ottenere con le mescolanze dei due colori fondamentali (rosso ed azzurro).

Il colore Violetto di cobalto

La sostanza colorante di questo pigmento è un arseniato cobalto – magnesiaco. Il colore, che si ottiene con il procedimento della precipitazione, ha una gradazione rosacea, ma in seguito al trattamento con alta temperatura, si avvicina al violetto chiaro.

La sua gradazione verso il violetto, aumenta in relazione alla somministrazione di calore, fino a diventare molto scuro.

La tinta chiara è la più vivace e luminosa. La sua fissità è altissima. Si può mescolare con sicurezza con tutti i bianchi (compreso il bianco d’argento), generando delle bellissime tinte dallo splendore eccezionale, difficile da raggiungere sulla tavolozza con mescolanze di altri colore, anche se di ottima qualità..

Questo colore è superiore addirittura, per vivacità, ai colori d’anilina. Si mescola bene con le lacche di garanza, col blu oltremare ed il cobalto, mentre è sconsigliato mescolarlo con i colori contenenti il ferro.

Può essere considerato, indiscutibilmente, il violetto più bello e valido, nella tecnica della pittura a olio. Asciuga in breve tempo.

Il colore Violetto minerale

La materia colorante di questo pigmento è un fosfato di manganese, che si ottiene tramite un procedimento di fusione ad alta temperatura, di un miscuglio di pirolusite e di acido fosforico.

Aggiungendo ferro al manganese, si possono ottenere diverse ed interessanti gradazioni cromatiche. Ha una stabilità ed una fissità di colore molto alta.

Questo tipo di violetto, dopo il violetto di cobalto, è quello che ha i requisiti più alti e che dà maggiori sicurezze.

Mescolandolo con i bianchi non si raggiungono grandi risultati e non dà certamente la vivacità e la luminosità delle tinte ottenute con il violetto di cobalto. Ha però il vantaggio, rispetto a quest’ultimo, di poter essere mescolato anche con i colori contenenti il ferro.

Il colore Violetto di Marte

È un violetto che ha una gradazione assai vicina a quella della terra di Siena bruciata e, come questa, non è brillante.

Questo colore ha i pregi di stabilità di tutti i colori di Marte. Nella tecnica pittorica tuttavia, ha una scarsa importanza.

Il colore Violetto oltremare

Questo pigmento si ottiene variando le proporzioni delle sostanze che compongono il blu oltremare.

Esso è resistente alla luce, ma ha un potere coprente molto scarso. Il suo impiego nelle varie tecniche pittoriche è altrettanto scarso, ma tuttavia non è pericoloso.

Lacche violette

Le lacche violette sono numerosissime e sono in generale derivate dal catrame. Non offrono perciò sufficienti garanzie di resistenza alla luce ed agli altri agenti atmosferici.

Le lacche vengono prodotte attraverso l’assorbimento su supporti minerali (solfato di bario, allumina ecc.) di coloranti organici. Sono molto sensibili alle aggressioni degli acidi.

Vengono prevalentemente impiegate nella tecnica dell’acquerello. Sconsigliate nelle tecniche dell’affresco, encausto, tempera ed olio.

La sola lacca viola consigliabile è la “Garanza Viola”, che si ottiene dalla calcinazione della robbia. Questa garanza possiede le stesse caratteristiche delle altre lacche di garanza scure.

Ametista

Questo pigmento ha origine inorganica e minerale. L’ametista è un quarzo contenente manganese ed ossidi di ferro.

È un pigmento che si altera verso lo scolorimento, raggiungendo il giallo paglierino alla temperatura di 350 C°. Può essere impiegato nella tecnica dell’affresco, ma è sconsigliato in quella a olio, a tempera e nell’encausto.

Il colore Violetto Porpora

È un sostanza densa e vischiosa che ha un odore orribile. Questo pigmento veniva utilizzato soprattutto per tingere tessuti e colorare pergamene.

È insolubile nell’alcool, etere e cloroformio; è invece solubile in fenolo e anilina. È sconsigliato impiegarlo nelle tecniche pittoriche.

Il colore Violetto manganese

Questo pigmento ha origine inorganica e sintetica. La sua prima realizzazione risale nel 1868 da Leykhuf .

Non è altro che l’unione di pirofosfato mananoso ammonico con fosfato di manganese e si ottiene tramite un trattamento assai complesso.

La realizzazione avviene attraverso la fusione di un vaso smaltato di perossido di manganese con acido fosforico, portando ad ebollizione la massa violetta con carbonato ammonico.

Dopo un primo trattamento si procede al filtraggio, al lavaggio e alla fusione finale. Il prodotto ha un discreto potere coprente. Può essere impiegato nella tecnica a tempera, encausto ed olio.

Assolutamente sconsigliato per la tecnica dell’affresco.

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Tecnica della "Punta secca"

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Tecnica della “Punta secca”

La punta secca è, tra l’altro, il nome del bulino impiegato per questo tipo di incisione. La tecnica consiste nell’incidere  –  provocando solchi, graffi, righi, raspature, sollevando piccole sbavature mediante l’impiego del bulino di acciaio  –  la matrice che può essere di zinco o di rame, nella misura dovuta, in modo che la parte bulinata possa trattenere l’inchiostro che verrà depositato sulla carta, con l’aiuto della pressione del torchio.

Pur essendo una tecnica elementare, nel procedimento puramente “tecnico”, richiede invece molta attenzione da parte dell’artista, che non può sbagliare né avere ripensamenti. Nel caso dovesse commettere un errore, l’artista perde giornate di lavoro.

Una volta incisa, la lastra viene inchiostrata a caldo, in modo che tutti i solchi bulinati possano essere penetrati dal liquido. Si prosegue quindi ripulendo la lastra con l’aiuto di carta, stracci e, per terminare anche con le dita, portando la lastra alla sua caratteristica lucentezza.

La matrice carica di colore è pronta per dare l’impressione di stampa sul foglio. Questo deve essere prima inumidito, per avere la sufficiente flessibilità alla pressione del torchio calcografico.

La tiratura delle copie non sarà notevole, data la poca resistenza del rame o dello zinco, a mantenere tale la struttura incisa, sottoposta ai mutamenti coatti della pressione del torchio.

Già agli inizi del Novecento, per poter aumentare la tiratura, che generalmente era intorno alle trenta copie, le lastre venivano preventivamente trattate con processi elettrolitici, per velare l’intera matrice con materiale acciaioso, rendendola più dura.

Tecnica della pittura a rilievo

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Pittura a rilievo

La tecnica della pittura a rilievo, o più comunemente detta “Pittura a rilievo”, è nata verso la fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, nel generale contesto dei movimenti artistici delle avanguardie.

Lo scoglio da superare era quello vincere le resistenze lasciate dall’espressionismo, dadaismo, l’informale e di sostituire quei colori violentemente espressivi con qualcosa di più contemplativo, senza trascurare la partecipazione della psiche.

La tela liscia veniva quindi sostituita con quella trattata, i cui disegni emergevano con reali contrasti di luce ed ombra, rafforzati da effetti coloristici, ancor meglio di un bassorilievo.

Il colore Rosso

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IL COLORE ROSSO

La grande categoria del colore rosso viene presentata sotto varie specie. I rossi più importanti per la tavolozza del pittore sono il rosso di cadmio, il vermiglione o cinabro, il carminio di garanza e le varie lacche rosse.

A questi è giusto aggiungere anche le terre  e le ocre rosse , come il rosso di Venezia, il rosso inglese, il rosso di Fazzuoli, il rosso Indiano, il rosso di Marte, il Caput Mortum, ecc.

Il colore Vermiglione o cinabro

Non è altro che un solfuro di mercurio già formato, allo stato naturale. Giacimenti di questo solfuro esistono in molte parti del mondo, tra le quali Spagna ed Italia.

Questo colore è molto usato dai pittori ed ha un potere coprente molto buono, con un’ottima forza coloristica.

Quando viene mescolato con i bianchi, si riesce ad ottenere bellissime gradazioni rosate, molto calde e solide.

Mescolato con le lacche rosse, aumenta il suo splendore e la sua stabilità, diventando indispensabile per la realizzazione di nature morte e floreali.

Quando questo pigmento viene adoperato allo stato puro (uscito dal tubetto), ha solidità e fissità senza limiti, come testimoniano molte opere di grandi maestri vissuti parecchi secoli fa, che hanno conservato tutta la loro originale armonia, brillantezza e vivacità.

Non bisogna assolutamente mescolare il Vermiglione o rosso cinabro con i colori derivati dal piombo, come ad esempio  tutti i gialli di cromo, il giallo di Napoli e tanto meno con il bianco d’argento, con il quale forma il solfuro di piombo, che con il trascorrere del tempo, perde vivacità e scurisce.

Il rosso, colore caldo, che in genere ha la caratteristica di dominare sugli altri colori, se  unito al giallo (specialmente a quello di cadmio) accresce ancor di più la sua tinta calda, mentre con l’azzurro tende verso i violetti, che sono tinte fredde.

Il rosso ha il grande pregio di rinfrescare in modo singolare il verde che gli viene accostato o mescolato. Per il paesaggio è un colore indispensabile, ma bisogna tenere sempre presente che con il suo abuso si può distruggere l’atmosfera tematica.

Il colore Rosso di cadmio

Realizzato direttamente con l’impiego del solfuro di cadmio, è l’unico rosso che può rimpiazzare convenientemente il rosso cinabro (vermiglione), con il vantaggio di avere una maggiore resistenza alla luce ed essere meglio tollerato dagli altri colori, nelle mescolanze.

Questo pigmento può essere impastato anche con il bianco d’argento. È utile per correggere, rendendoli più caldi, i gialli di cadmio e di Napoli. Ha un delicato e costoso procedimento di approntamento e non è difficile trovarlo nei negozi di belle arti.

Bisogna fare attenzione alla sua originalità perché ci sono in commercio confezioni con denominazioni di “rosso di cadmio” che sono imitazioni, infatti se si legge bene la targhetta del tubetto si leggerà : ROSSO DI CADMIO, con vicino la parola “imitazione”.

Non fidarsi se il rosso di questi tubetti appare decisamente luminoso a causa della presenza di derivati del catrame che vi sono stati aggiunti.

Altri rossi del tipo minerale, che si avvicinano alla vivacità del cinabro e del cadmio, sono i rossi di antimonio e di cromo. Questi non hanno certamente gli stessi requisiti, circa la solidità, fissità, stabilità, splendore e assoluta resistenza agli agenti atmosferici ed al tempo.

I colori Rosso di carminio e lacca di garanza

Il rosso carminio deriva da una sostanza animale, che si estrae dalla femmina del Cocus cacti, un insetto che vive sui cactus o fichi d’India.

Subisce un ulteriore procedimento dopo un trattamento di essiccazione.

Questo meraviglioso colore ha tuttavia due grossi difetti: di essere molto costoso e di avere una scarsissima fissità. Per questi motivi, molti pittori lo sostituiscono eccellentemente con la lacca di garanza, che pur essendo più scura, gli assomiglia molto ed ha una buona stabilità.

Questo è un pigmento di origine organica e vegetale che deriva dagli estratti di una pianta denominata Rubea Tinctorum. Questa è una delle lacche più stabili. Qualche volta viene imitata con l’impiego di legni di minor pregio, perciò è bene sempre fare molta attenzione alle etichette dei tubetti.

Le gradazioni di questa lacca variano da un cremisi intenso al marrone rossastro. È abbastanza trasparente, come d’altronde tutte le lacche e  può essere impiegata anche nella tecnica della tempera, oltre che naturalmente quella dell’olio. Impiega molto ad asciugare.

Terre rosse

Tutte le terre rosse sono pigmenti che derivano dal ferro e prendono le denominazioni di rosso inglese, Caput Mortum, ocre rosse, rosso di Venezia, rosso di Pozzuoli, rosso Indiano, terra di Siena bruciata, rosso di Marte e molte altre. In generale, tutte queste terre rosse hanno un’ottima resistenza agli effetti della luce, del tempo e degli agenti atmosferici.

Rosso inglese

Il rosso inglese è un colore solidissimo, ma occorre adoperarlo con molta cautela, perché ha una forte potenza coloristica che lo rende dominante sui colori a cui viene mescolato o accostato.

Terra rossa

Anche la terra rossa, conosciuta come ocra rossa, è un  colore solidissimo, con  caratteristiche  simili al rosso inglese, ma di tinta meno tendente all’arancione.

Rosso indiano

Per il rosso indiano, anch’esso colore solidissimo, occorre tenere presente che, se mescolato con il giallo di cadmio chiaro e/o il rosso Saturno, subisce delle sicure alterazioni.

Rosso di Marte

Il rosso di Marte è un’ocra e si ottiene con il procedimento della calcinazione del giallo di Marte, e ne eredita  le caratteristiche, che per la maggior parte, sono assai positive.

Terra di Siena

La terra di Siena bruciata è una terra calcinata. La sua gradazione è dovuta ad una giusta combinazione di ossido idrato di ferro e di manganese. Per il suo caratteristico colore è difficile da imitare.

Il suo potere colorante è molto buono, la sua fissità altissima, ed asciuga in brevissimo tempo. Si ottengono bruni meravigliosi mescolandola con i colori scuri, tra i quali anche il nero. Questo colore può venire indifferentemente annoverato sia nei rossi che nei bruni.

L’alkanna

L’alkanna, colore di origine organica e vegetale, viene estratto dalle foglie della Lawsonia Alba, una pianta appartenente alla famiglia delle Litracee nelle zone dei paesi arabi.

La sua gradazione è rosso-brunastra ed è alquanto trasparente. L’imitazione più vicina ad essa, è quella che deriva dalla radice di borraginea (Alkanna tintoria). L’alkannina è consigliata solamente per la realizzazione di velature.

È  poco resistente alla luce, all’azione degli agenti atmosferici, al tempo ed è quindi sconsigliabile la sua presenza nella tavolozza dell’artista.

Il colore Bolo rosso

Il bolo rosso, pigmento di origine inorganica, è una terra con un aspetto compatto ed oleoso al tatto. Ha un ottimo potere coprente e, per il pregio di avere una grana molto raffinata, può essere impiegato come base per raggiungere delle bellissime gamme cromatiche dorate. Consigliato soltanto per la tecnica dell’affresco.

Il colore Cinabro di miniera

Il Cinabro di miniera, un colore inorganico, minerale e sintetico, è un eccellente rosso vivo.

La sua materia prima si estrae in Italia nei giacimenti del Monte Amiata, in Istria ed in buona parte della Spagna. Il cinabro di miniera è un solfuro di mercurio,  ma si può ottenere anche con procedimenti artificiali, potendo competere con l’originale.

Può inoltre essere imitato, anche con essenze ancor di più basso valore, che abbattono ulteriormente il costo: minio, ossido di ferro ed altro..

Questo pigmento ha diverse gradazioni, e cioè chiara, scura, ranciata, porpora e violetta.

Esso è un pigmento molto fine ed alquanto omogeneo con un ottimo potere coprente. Occorre tuttavia fare attenzione a non mescolarlo con pigmenti che contengono il piombo. Il cinabro di miniera è sconsigliato nella tecnica dell’encausto.

Lacca di kermes

La lacca di kermes è un pigmento che ha origine organica ed animale. La sostanza primaria si preleva dalla cocciniglia, un insetto che vive nelle zone mediterranee ed in America Meridionale.

Il prodotto finale che se ne ricava, composto da acido chermesico e alluminio, viene ulteriormente essiccato e polverizzato.

La lacca di Kermes è impiegata principalmente nella tecnica a olio e, poiché piuttosto trasparente, si utilizza nelle velature.

Per le sue scarse caratteristiche di resistenza alla luce, al tempo ed agli agenti atmosferici, è sconsigliata per l’affresco, la tempera e l’encausto …. ,ma anche nella tecnica a olio, quando si tratta di non effettuare le velature.

Legno di Brasile

Il legno di Brasile, di origine organica e  vegetale, è un colore abbastanza antico e la sua prima realizzazione risale al V secolo.

La brasilina viene ottenuta dall’unione di legni rossi (Caesalpina brasiliensis) e allumina.

Questa lacca può venire imitata con sostanze meno pregiate. Essa è alquanto trasparente. Sconsigliata in tutte le principali tecniche per la sua bassa  e medio bassa affidabilità di resistenza e fissità.

Minio

Questo pigmento di origine inorganica, è un tetrossido di piombo che si trova anche allo stato naturale, ma con un po’ di difficoltà.

Si ottiene sinteticamente riscaldando a circa 480 C°  il litargirio, sali di piombo che sono agevolmente decomponibili oppure calcinando cerussa (ovvero carbonato basico di piombo).

Le caratteristiche di questo pigmento sono variabili e dipendono sempre dalla procedura per la sua preparazione.

I detriti molto raffinati e di tonalità vicina al rosso scarlatto, hanno un potente potere coprente. In soluzioni acquose diventa marrone e continua a scurirsi sotto gli effetti della luce a causa della formazione del biossido di piombo.

In soluzioni oleose diventa  stabile e viene impiegato nella tecnica della pittura a olio e nell’encausto.

Il minio, a causa delle sue bassissime qualità, è sconsigliato nelle tecniche dell’affresco e della tempera.

Realgar

Questo colore è di origine inorganica e minerale. Ha una gradazione rosso aranciata ed è un arsenico bisolfuro.

La sua prima realizzazione risale al periodo degli antichi Egizi, che lo impiegavano sia nella pittura che nella cosmesi femminile.

Ha un ottimo potere coprente, ma annerisce con i colori contenenti i solfuri e viene aggredito dagli acidi.

Si impiega, generalmente insieme all’orpimento, nelle tecniche della tempera e dell’encausto. Esso è fortemente sconsigliato nelle tecniche dell’affresco e dell’olio.

Il colore Rosso di smalto

Questo è un pigmento che ha origine inorganica, minerale e sintetica. Esso è noto fin dai tempi degli Assiri, non è altro che un vetro colorato insieme ad ossido rameoso o porpora di Cassio, che viene finemente macinato in acqua e portato poi, a fusione in cruogiuoli, in modo da formare un’omogenea amalgama vetrosa.

Esso possiede un buon potere coprente e non viene aggredito da soluzioni acide e basiche.

Si può impiegare con sicurezza nella tecnica dell’affresco, della tempera e dell’olio. Sconsigliato in modo particolare nella tecnica dell’encausto.

Il colore Rosso oltremare

Questo è un colore di origine inorganica, minerale e sintetica. La sua prima realizzazione risale al 1828.

La sua composizione è fatta di silicato, alluminio e solfuro di sodio ottenuto calcinando a circa 800 gradi centigradi, 100 parti di caolino, 80 parti di soda, 80 parti di zolfo e dalle 10 alle 15 parti di carbone ligneo e carbonati.

Esso non ha un buon potere coprente, è insolubile in acqua, etere, alcool, olio grasso e volatili.

Non viene consigliata la mescolazione con colori contenenti il piombo perché si altera in modo certo.

Può essere adoperato nella tecnica dell’affresco, della tempera, dell’olio e dell’acquerello. Sconsigliato nella tecnica dell’encausto.

Il colore Sangue di drago

É una tinta che ha origine organica, naturale e vegetale. Questo pigmento non è altro che una resina dal colore bruno – rossastro all’esterno e rosso carminio all’interno, derivata dai frutti del Calamus Draco Willd, una pianta rampicante appartenente alla famiglia delle palme e della Dracaena draco delle Giliacee.

Questo colore si altera con molta facilità ed è solubile in alcool etilico. Appassionatamente sconsigliato in tutte le tecniche pittoriche.

Il colore Arancio di antimonio

Questo è un pigmento di origine inorganica che fu realizzato per la prima volta da Murdoch nel 1847.

Esso non è altro che una composizione di triossido e trisolfuro di ammonio, raggiunta mediante la precipitazione della materia da una soluzione di tricloruro di antimonio ed idrogeno solforato.

L’arancio di antimonio ha un’ottima forza coprente. Può essere usato sia nella tecnica della tempera che in quella dell’olio. Sconsigliato per le altre tecniche pittoriche.

Il colore Arancio di cadmio

Questo colore ha origine inorganica. La sua prima realizzazione la fece Stromeyer nei primi anni dell’Ottocento.

Esso è un solfuro di cadmio che si ottiene con lo stesso procedimento del giallo di cadmio, con la precipitazione di una soluzione acida di sale di cadmio con l’idrogeno solforato, con temperature e acidità della soluzione differenti.

L’arancio di cadmio ha una potentissima forza coprente. Non deve però essere mescolato con colori contenenti piombo ed acido cloridrico. Resta inalterato invece a contatto di soluzioni basiche.

Per le sue pregiate qualità può essere utilizzato con tutte le tecniche pittoriche.

Il colore Arancio di cromo

Questo colore ha origine inorganica. Esso è stato realizzato per la prima volta da Vaquelin verso la fine del XVIII secolo.

È una combinazione di bicromato di piombo e molibdato di piombo, che viene ottenuta dai sali di piombo (che sono il giallo di cromo) preventivamente elaborati con cromato di sodio oppure con cromato di potassio in soluzione alcalina.

È una polvere raffinatissima ed alquanto compatta. Ha una marcata forza coprente.

È solubile in soluzioni alcaline, ma con una temperatura abbastanza alta. È insolubile nell’aceto.

Scurisce in ambienti ventilati e a contatto con i solfuri. Per le sue qualità mediocri può essere utilizzato,  ma con cautela, nelle tecniche dell’affresco, della tempera e dell’olio.

Sconsigliato per le altre tecniche, compreso l’encausto.

Il colore Arancio di Marte

Questo pigmento è una combinazione di ossido idrato di ferro e alluminio precipitato, ottenuta da incompleta calcinazione del giallo Marte.

Ha un buonissimo potere coprente ed è intaccabile dall’acido cloridrico.

Completandogli la calcinazione diventa rosso e poi bruno. Per le sue pregiate qualità è adatto a tutte le tecniche pittoriche.

Il colore Arancio di molibdeno

Questo pigmento ha origine minerale e fu realizzato per la prima volta da Ledearle nel 1935.

È una combinazione di solfato di piombo, cromato di piombo e molibdato di piombo, ottenuto tramite la precipitazione di cloruro di piombo insieme al solfato di sodio, cromato di potassio e molibdato di ammonio.

Ha una buonissima forza coprente e, per le sue buone qualità, viene usato in tutte le tecniche pittoriche ad eccezione di quelle dell’affresco e dell’encausto.

Il colore Arancio di Piombo

Questo colore ha origine inorganica. Conosciuto fin dall’antichità, è un ossido di piombo solubile in acido nitrico e acetico. Scurisce se viene a contatto con  colori che contengono i solfuri.

Ha un ottimo potere coprente e può essere impiegato, per le sue buone qualità di resistenza alla luce ed agli agenti atmosferici, nella tecnica a olio. Sconsigliato invece per tutte le altre tecniche.

Il colore Arancio di zolfo

Questo è un pigmento di origine inorganica e sintetica. Viene realizzato dalla fusione dell’anidride arseniosa con lo zolfo, che dà il trisolfuro di arsenico.

Ha un’ ottima forza coprente ed è solubile nelle soluzioni alcaline: carbonato d’ammonio,ammoniaca, potassa caustica ecc.. Viene aggredito dagli acidi se molto forti.

È sconsigliato in tutte le tecniche pittoriche.

Il colore Arancio ercolano

Questo pigmento ha origine minerale e proviene dall’Italia.

È una terra naturale, formata da silicati ed ossidi di ferro, alla quale viene effettuato lavaggio, essiccazione e macinatura.

Ha una buona forza coprente e  può essere impiegato in tutte le tecniche pittoriche.

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Tecnica della sanguigna

Pagine correlate alla tecnica della sanguigna: Le tecniche arti visive – Tecnica a carboncino – Tecnica a matita nera.

La diffusissima tecnica della sanguigna detta, per l’appunto, “a sanguigna”, è chiamata in questa maniera perché impiega un colore che s’avvicina molto al colore del “sangue.

Un rosso un po’ opacizzato ma denso, reperibile sia come matite che come “stick”, ed ha le pregiate caratteristiche di lasciare un denso strato di materia sul foglio e di durare a lungo nel tempo.

La sanguigna è una sostanza colorata che, qualche volta, mescolata a colori di tonalità tendenti al giallo o all’arancione, consente di portare in risalto, nelle sue stesure, una vivace luminosità.

Essa viene ricavata dall’ematite appartenente alla famiglia degli ossidi di ferro ed ha guadagnato un ruolo caratteristico, come mezzo e come tecnica, nell’ambito dei bozzetti agli inizi del Rinascimento.

 Tecnica della serigrafia

Pagine correlate: Le tecniche arti visive – Tecnica  della Silografia.

Tecnica della serigrafia

Con l’avvento del digitale questa tecnica ha avuto moltissime e positive integrazioni, permettendo procedimenti assai diversi da quello qui appresso illustrato, che rimane la tecnica di riferimento della serigrafia.

La serigrafia è una tecnica di stampa che prevede l’impiego di teli di seta, convenientemente tesi su telai che sono normalmente di materiale ligneo.

L’approntamento dei supporti relativi alla stampa avviene generalmente in modo indiretto, cioè sulla carta trasparente plastificata (la pellicola), dove il disegno viene eseguito – in reale e non rovesciato – con pigmenti diluiti ad acqua.

A disegno ultimato, si prosegue con l’incisione fotografica della seta tesa sul telaio: questa, essendo stata preventivamente cosparsa uniformemente di gelatina fotosensibile, è pronta per ricevere il disegno, quindi gli viene sovrapposta la pellicola ed esposta ad un forte fascio di luce, che fa essiccare la gelatina soltanto nei punti esposti ad essa, proteggendo invece quelli più scuri che contengono il disegno.

Questo primo procedimento, talvolta può essere semplificato tracciando direttamente “in negativo” (immagine rovesciata) il disegno sul telaio di seta ed applicando materiale di riempimento, che diventerà, ad essiccazione completata, impermeabile sulle parti non disegnate.

Continuando e prendendo in considerazione il procedimento iniziale, dopo aver sottoposto alla luce le parti non disegnate ed averle rese asciutte, si passa alla fase di lavaggio con abbondanti getti d’acqua, che liberano i pori della seta dalla gelatina non essiccata.

A questo punto abbiamo un telo con pori ostruiti e pori liberi da gelatina, pronto per la fase di inchiostrazione, dove l’inchiostro potrà passare soltanto dai pori liberi da ostruzione.

Si monta il telaio sulla macchina serigrafica e si passa alla fase di stampa. Sovrapposto il foglio di carta nel piano di stampa e facendo uniforme pressione contro la seta, l’inchiostro passa dai pori aperti depositandosi sulla carta.

Il telaio viene sottoposto ad un’usura poco incisiva e può potenzialmente permettere la realizzazione di un numero elevato di copie perfettamente uguali e, proprio per questa peculiarità, la serigrafia è molto impiegata nel settore della pubblicità.

Le copie sono monocromatiche, ma impiegando tante matrici per quanti sono i colori che si desidera impiegare, lo stesso foglio verrà impresso più volte, ottenendo così la serigrafia policromatica.

Tecnica della silografia

Pagine correlate: Le tecniche arti visive – Tecnica della Serigrafia.

Tecnica della silografia

La silografia impiega la tecnica detta “in rilievo” con l’utilizzo di tavole lignee. L’approntamento della matrice viene fatto mediante intagli ed asportazione di materiale dalle tavolette, impiegando attrezzi quali stiletti, sgorbie e bulini.

Le zone che non sono state intagliate o scavate, vengono quindi inchiostrate da un tampone oppure da un rullo ed impresse su carta mediante pressatura a mano o meccanica.

Possono essere impiegati praticamente tutti i tipi di carta: dove non è possibile pressare il foglio a sufficienza (ad esempio con il sistema manuale), conviene che questo contenga poco collante. Talvolta è anche necessario inumidire la carta prima della pressatura.

La silografia è divisa in due importanti settori, cioè quella detta “su legno di punta” e l’altra detta “su legno di filo”, in dipendenza dal fatto che la tavoletta sia stata ricavata con il taglio del tronco in longitudinale oppure in verticale.

Tecniche pittoriche: Tecnica ad olio

Pagine correlate: Colori – Azzurro – Bruno – Bianco – Giallo – Nero – Rosso – Verde – Violetto – Teoria del colore – Trementina – Olio – Le tecniche arti visive – Tecnica della Pittura acrilica – colori acrilici.

Pittura ad olio: una visione paesaggistica dell'Argentario
Una visione paesaggistica dell’Argentario di Stefano Busonero

 

Tecnica della Pittura ad olio

Nella presente pagina troverete una breve descrizione delle varie tecniche pittoriche. Quella dei colori ad olio, spiegata in modo assai più approfondito, si può trovare nell’altro mio sito d’arte nella sezione dedicata al Corso di pittura ad olio. Le lezioni sono suddivise in modo tale che anche il principiante le possa seguire senza tanta fatica. Una sezione assai vasta di questo corso accompagna – passo passo – l’allievo a dipingere anche senza imparare a fondo la tecnica.

A proposito di questa ultima affermazione (senza imparare la tecnica), chi avesse già avuto i primi approcci con la Pittura può arricchire la propria esperienza con i suggerimenti della pagina “Imparare a dipingere al di là della tecnica col cuore e l’emozione“.

Il contenuto della presente pagina, invece, è uno schematico sommario soltanto per chi inizia il suo viaggio nel meraviglioso mondo della Pittura.

Descrizione

Questa “Tecnica Pittorica”, la più importante e la più diffusa nel mondo, si usa fin da antichissime epoche.

Si basa essenzialmente sull’utile proprietà dell’olio di potersi mescolare con i colori ridotti in finissima polvere (pigmenti coloranti ricavati dal mondo minerale, animale e vegetale) e di essiccare nell’aria insieme ad essi.

Il tempo di essiccazione è abbastanza lento ma non subisce apprezzabili alterazioni.

L’olio più adatto per la macinazione e l’impasto con i pigmenti coloranti è, come ormai risaputo, l’olio di lino vergine (meglio conosciuto come olio crudo) che, dopo i necessari trattamenti relativi alla chiarificazione, purificazione e filtraggio, deve assumere un’assoluta limpidezza e un colore giallastro paglierino con elevata trasparenza.

Le sue peculiari proprietà grasse, lo rendono il più adeguato per la preparazione dei colori, ai quali conferisce una giusta consistenza. Si sa ormai assai bene che l’olio, essiccandosi ed indurendosi, offre la più alta resistenza agli anni ed a tutti gli agenti atmosferici.

Insieme all’olio di lino, che si considera in senso assoluto il più importante per la tecnica della pittura ad olio, oltremodo si impiegano utilmente, per questo genere di pittura, anche altri tipi di olio, come quelli di papavero e di noce.

Particolarità in random della pittura ad olio

L’olio ha l’importante proprietà di mantenere inalterato il suo tono, prima, durante e dopo il suo prosciugamento.

La pittura ad olio è insolubile nell’acqua.

Qualsiasi tipo di colore (allo stato originario) mescolato o macinato con l’olio, dopo la sua essiccazione diventa solido e può resistere con sicurezza ad energici lavaggi con acqua, anche impiegando i “comuni” detergenti.

L’olio ha un’ottima azione di solidificazione sui colori. Con l’avvenuto essiccamento lo strato di pittura diventa compatto, molto solido ed allo stesso tempo elastico, la cui durata certamente superiore a tutte le altre pitture, riesce ad attraversare i secoli.

La tecnica della pittura ad olio, con le sue pregiatissime peculiarità, si presta molto bene al temperamento pittorico e creativo dell’artista.

Ed ancora

Facilissimo ottenere dall’olio un’efficace e sostanziosa pastosità della materia, unita alla pregiata resistenza al tempo ed agli agenti atmosferici.

L’olio, contenuto nei colori, ha la pregiata proprietà di conferirgli freschezza, morbidezza e di farlo diventare docile al pennello più delicato, dando la possibilità al pittore di procedere con mano sciolta e decisa

Ciò di cui sopra, non si può dire per colori a tempera o acrilici che iniziano ad essiccare non appena vengono stesi sulla tela.

Per la generosa e la facile trattabilità di questi pigmenti, in virtù dell’olio con il quale sono impastati, i colori possono essere uniti in un complesso armonioso, tanto da far apparire l’opera come se fosse stata realizzata in un’unica seduta.

L’opportunità di poter ritoccare e di rifinire lentamente il quadro iniziato, dà modo al pittore di porre maggior cura nell’esecuzione, studiandone a fondo i dettagli.

La tecnica della pittura ad olio permette di avere forti caratteristiche di brillantezza, trasparenza, elasticità.

La pittura ad olio

Questa pittura può essere stesa su qualsiasi superficie: su tele, su tavole di legno o cartoni convenientemente preparati (imprimitura). Si può, in alcune circostanze, usare anche senza nessun tipo di preparazione.

L’olio contenuto permette una maniera diversa di assorbimento a seconda delle proprietà specifiche di questi supporti. Ad esempio, su una superficie di legno non trattata, l’olio contenuto nei colori viene assorbito in modo più accentuato che sulla stessa superficie dopo una stesura di pittura acrilica.

Nella pittura ad olio si usano diversi additivi per dare più o meno fluidità ai colori, per aumentarne o diminuirne la brillantezza o la capacità di essiccazione.

Essenza di petrolio e olio essenziale di petrolio

Tra gli additivi di cui l’artista oggi dispone, vi è anche l’essenza di petrolio. Questa permette di ottenere da sola, oppure unita alla cera disciolta in precedenza, un effetto di opacità e chiarezza di buon aspetto. È ottima per dipinti a scopo decorativo ed è affine alla tempera come risultato ma di questa è molto più resistente, soprattutto all’umidità.

Altro prodotto analogo a tale essenza è l’olio essenziale di petrolio, che si differenzia soltanto per l’evaporazione molto più lunga. Questo permette di conservare più a lungo la fluidità ai colori già destinati alla stesura.

La pittura ad olio e la tela

La vasta diffusione di questa tecnica pittorica fu possibile principalmente grazie all’impiego della comune tela, di canapa o di lino, la cui utilizzazione iniziò ad affermarsi intorno alla prima metà Quattrocento nel Nord Europa.

In Italia le prime opere ad “olio su tela” fecero la loro apparizione soltanto alcuni decenni dopo a Venezia. In seguito il metodo prese forza tra gli artisti propagandosi poi su tutto il nostro territorio.

La ragione del successo fu che la “pittura su tela” non si deteriorava a breve termine come la “pittura su tavola” a causa delle condizioni climatiche sfavorevolmente umide e della costante presenza di salsedine. Inoltre la tela permetteva di eseguire opere di più vaste proporzioni.

Da questo momento la tecnica della pittura ad olio prosegue la sua corsa attraverso i secoli soprattutto insieme alla tela. Ci sono stati, in verità, vari periodi in cui questa corsa in tandem si affievolì per dare  spazio ai più svariati tipi di supporto, soprattutto quelli lignei.

Quello telato permetteva un impiego migliore di questa tecnica grazie principalmente alla possibilità di ottenere un’imprimitura più fine con la stesura di pigmenti amalgamati a resine meno dure. I Maestri fiamminghi furono i primi ad usare impasti a base di resina e di olio. Agli inizi le resine dei fiamminghi, essendo assai dure, non si mescolavano con la stessa facilità di oggi.

La maggiore versatilità della tecnica a olio e la facilità nei procedimenti di elaborazione della materia, ha favorito la diffusione della pittura in generale. L’artista, infatti, non ha più avuto bisogno di portarsi dietro l’intera bottega d’arte per dipingere, dal vivo, un paesaggio.