La Visitazione di Domenico Ghirlandaio

Visitazione di Domenico Ghirlandaio

Domenico Ghirlandaio: Visitazione
Visitazione, anno 1491, tecnica a tempera su tavola, dimensioni cm. 172 X 165, Museo del Louvre, Parigi.

Sull’opera: “Visitazione” è un dipinto di Domenico Ghirlandaio realizzato con tecnica a tempera su tavola nel 1491, misura 172 x 165 cm. ed è custodito nel Museo del Louvre a Parigi. 

Breve storia

L’opera in esame venne commissionata al Ghirlandaio da Lorenzo Tornabuoni per l’altare ad esso intestato nella chiesa  di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi a Firenze, all’epoca detta dei “cistercensi”

Descrizione e stile

La scena dell’incontro fra Maria e sant’Elisabetta si svolge presso un grandioso ed antico arco, che conferisce al dipinto grande respiro e maestosità aprendo, al centro, ad una veduta paesistica con barche.

Le due donne, una madre seppur vergine e l’altra gestante seppure anziana, si abbracciano e parlano dei miracoli dello Spirito Santo che guida e protegge entrambe. Elisabetta rende omaggio a Maria inginocchiandosi, mentre questa contraccambia facendo cenno di piegarsi umilmente.

Alcune discontinuità stilistiche tra le varie figure fanno chiaramente presupporre l’intervento degli aiuti di bottega, probabilmente del cognato Sebastiano Mainardi.

In basso a destra viene riportata la data: MCCCCLXXXXI (1491).

Adorazione dei Magi Tornabuoni di Domenico Ghirlandaio

Domenico Ghirlandaio: Adorazione dei Magi Tornabuoni

Domenico Ghirlandaio: Adorazione dei Magi Tornabuoni
Domenico Ghirlandaio: Adorazione dei Magi Tornabuoni, anno 1487 circa, tavola, tondo, diametro cm.171, Galleria degli Uffizi, Firenze.

Sull’opera: “Adorazione dei Magi Tornabuoni” è un dipinto di Domenico Ghirlandaio realizzato con tecnica a tempera su tavola intorno al 1487, un tondo che misura 171 cm. di diametro, custodito nella Galleria degli Uffizi a Firenze. 

 Non si ha la certezza che la composizione in esame fosse stata commissionata al Ghirlandaio dalla famiglia Tornabuoni. In quel periodo l’artista era impegnato ai lavori di decorazione della loro cappella e quindi, anche considerandone la forma, si pensa (da una citazione del Vasari) che servisse come ornamento di qualche stanza del loro palazzo.

Secondo Milanesi, però, l’opera era originariamente destinata a palazzo Pandolfini, dopo di cui finì in Inghilterra. Il tondo entrò nella Galleria degli Uffizi nel 1780, e generalmente vengono ignorate le supposizioni dei due studiosi.

Del dipinto esiste una fedele riproduzione (Inv. Palatina n. 358) realizzata dal fratello dell’artista, Benedetto (Firenze, 1458 – Firenze, 1497), custodita a Palazzo Pitti.

Come nell’Adorazione dei Magi degli Innocenti, realizzata nello stesso periodo, l’artista seguì nella creazione della struttura compositiva sia l’esempio del Botticelli (si veda l’Adorazione dei Magi della National Gallery londinese del 1475), che quello di Leonardo da Vinci (l’Adorazione dei Magi, rimasta abbondantemente incompiuta, degli Uffizi, 1481-1482).

Ritratto di Giovanna Tornabuoni di Domenico Ghirlandaio

Domenico Ghirlandaio: Ritratto di Giovanna Tornabuoni

Domenico Ghirlandaio: Ritratto di Giovanna Tornabuoni
Domenico Ghirlandaio: Ritratto di Giovanna Tornabuoni, 1488, tempera su tavola, cm. 76 X 50, Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid.

Sull’opera: “Ritratto di Giovanna Tornabuoni” è un dipinto di Domenico Ghirlandaio realizzato con tecnica a tempera su tavola nel 1488, misura 76 x 50 cm. ed è custodito nel Museo Thyssen-Bornemisza a Madrid. 

Sulla composizione in esame è riportato l’anno di realizzazione, corrispondente a quello della morte per parto di Giovanna degli Albizi, moglie di Lorenzo Tornabuoni.

Secondo gli studiosi di storia dell’arte pare che fosse stata eseguita in memoria della fanciulla scomparsa, quindi dopo la sua morte. Questo confermerebbe la vigorosa idealizzazione caratteriale della figura, non certamente priva – soprattutto nello sguardo – di un certo senso di malinconia.

Contro uno scuro sfondo di un’articolata parete, che si risolve in larga parte in uno stipo contenente alcuni oggetti, spicca il profilo della nobildonna fiorentina, che posa con alto decoro, con un abito sontuoso dal caldo e vigoroso cromatismo.

L’identificazione con la moglie del celebre Lorenzo è testimoniata dai ritratti di lei raffigurati nella Cappella Tornabuoni (si vedano i due profili, contrapposti, nella Visitazione e nella Natività della Vergine), ove appare con simili acconciature e vesti dai pregiati ricami.

Qui Giovanna reca in mano un fazzoletto e porta pochi gioielli, ma di stimato valore, tra i quali spicca il pendente perlaceo tenuto da un sottilissimo nastro che le corre sul petto fino ad attorniarle, con delicatezza, la base del lungo e morbido collo.

Lo stesso oggetto, a forma di spilla si trova nello stipo, sulla cui base compare anche un libro semichiuso di preghiere, simbolo di religiosità.

Una collana di coralli rossi (probabilmente un rosario) è appesa al pianale alto dello stipo e sormonta l’iscrizione in latino, certamente riferita  alle virtù della giovane donna, tratta da un epigramma che il poeta romano Marziale scrisse nel primo secolo d. C.: “ARS UTINAM MORES ANIMUMQUE EFFINGERE POSSES PULCHRIOR IN TERRIS NULLA TABELLA FORET MCCCCLXXXVIII”, ovvero “Arte, volesse il cielo che tu potessi rappresentare il comportamento e l’animo, non ci sarebbe in terra tavola più bella. 1488”.

Ritratto di vecchio con nipote di Domenico Ghirlandaio

Domenico Ghirlandaio: Ritratto di vecchio con nipote

Domenico Ghirlandaio: Ritratto di vecchio con nipote
Domenico Ghirlandaio: Ritratto di vecchio con nipote, anno 1490 circa, tavola, dimensioni cm. 62 X 46, Museo del Louvre, Parigi.

Sull’opera: “Ritratto di vecchio con nipote” è un dipinto di Domenico Ghirlandaio realizzato con tecnica a tempera su tavola intorno al 1490, misura 62 x 46 cm. ed è custodito nel Museo del Louvre a Parigi. 

Della composizione in esame – la cui cronologia è ricavata in base ad analogie stilistiche con il periodo maturo del Ghirlandaio, assai vicino alla decorazione della Cappella Sassetti – non si conosce né il committente né le identità dei due effigiati.

L’evidente danneggiamento della stesura pittorica nella zona in corrispondenza della fronte dell’anziano (ripristinato in un recente restauro ma ormai presente, come in questa specifica pagina, in moltissime riproduzioni fotografiche) fu probabilmente causato dalla punta di un chiodo che sporgeva da un lato interno della cassa dove l’opera venne trasportata.

Esiste un disegno preparatorio, custodito nel Nationalmuseet di Stoccolma, in cui il vecchio ha gli occhi chiusi, cosa che farebbe presupporre che l’uomo in quel periodo fosse già morto prima della realizzazione dell’opera.

Si trova nel museo dal 1880, anno in cui fu acquistato nel mercato antiquario.

La Pala Tornabuoni di Domenico Ghirlandaio

 Domenico Ghirlandaio: La Pala Tornabuoni

Domenico Ghirlandaio: Pala Tornabuoni
Domenico Ghirlandaio: La Pala Tornabuoni, anno 1490-94 circa, tempera su tavola, smembrata e custodita nei vari musei. Il riquadro centrale (qui rappresentato) si trova nell’Alte Pinakothek di Monaco di Baviera.

Sull’opera: la “Pala Tornabuoni” è un complesso pittorico di Domenico Ghirlandaio (e aiuti di bottega) realizzato con tecnica a tempera su tavola intorno al 1490-94 ed è custodito (smembrato) in diversi musei internazionali.

Il riquadro centrale, che misura 221 x 198 cm. (qui rappresentato), si trova nella Alte Pinakothek di Monaco di Baviera. Due raffigurazioni (si veda sotto) furono distrutte durante la Seconda Guerra Mondiale. 

Descrizione della Pala

La pala in esame venne realizzata per il completamento della decorazione della Cappella Tornabuoni in Santa Maria Novella a Firenze.

Fu commissionata al Ghirlandaio a ridosso del completamento degli affreschi con le Storie della Vergine e di San Giovanni Battista.

Di questi ultimi esiste un dettagliato contratto, ove si indica anche la scadenza per la consegna dell’intera opera, il 1490, impegno che venne poi rispettato.

Secondo gli studiosi di storia dell’arte la pala avrebbe avuto un’impostazione iniziale dal Ghirlandaio subito dopo la grande decorazione in Santa Maria Novella, mentre i tempi della realizzazione dovettero prolungarsi sensibilmente a causa della prematura scomparsa (1494) del maestro, appena  quarantenne, che ne ritardò di ben quattro anni la consegna (1498).

A proposito dell’opera il Vasari nelle Vite scriveva: « …. [egli] condusse a tempera la tavola isolata tutta, e le altre figure che sono ne’ sei quadri: che oltre alla Nostra Donna che siede in aria col Figliuolo in collo e gl’altri Santi che gli sono intorno, oltra il S. Lorenzo et il S. Stefano che sono interamente vive, al S. Vincenzio e S. Pietro Martire non manca se non la parola. Vero è che di questa tavola ne rimase imperfetta una parte, mediante la morte sua, per che, avendo egli già tiratola tanto innanzi, che e’ non le mancava altro che il finire certe figure dalla banda di dietro dove è la Resurressione di Cristo, e tre figure che sono in que’ quadri, finirono poi il tutto Benedetto e Davitte Ghirlandai suoi frategli.»

Con le restaurazioni della cappella, e le conseguenti risistemazioni del 1804, il complesso pittorico, che era ubicato nella zona centrale – da non confondere con il punto dell’odierna posizione dell’altare ottocentesco, che volge alla navata – venne smembrato e quindi immesso, nel 1816, nel mercato antiquario.

Oggi la celebre pala è in parte dispersa ed in parte ripartita nei vari musei internazionali. Due riquadri, già a Berlino, furono distrutti nel 1945 durante i bombardamenti aerei nella Seconda Guerra Mondiale.

In origine la pala era dipinta su due facce: una che doveva essere rivolta verso la navata ed i fedeli, l’altra di fronte al coro e verso i monaci domenicani. Era quindi costituita da una grande tavola centrale, dipinta su entrambi i lati, e sei pannelli con raffigurazioni di santi, in piedi a tutta figura, fra i quali attualmente ne rimangono solo quattro.

Il grande complesso pittorico era così composto

Madonna in gloria tra santi

Madonna in gloria tra santi (recto, nella presente pagina), 221×198 cm, Alte Pinakothek, Monaco di Baviera.

Sant'Antonino Pierozzi

S. Antonino Pierozzi, già nel Kaiser-Friedrich-Museum, Berlino, distrutto durante la seconda guerra mondiale.

San Pietro Martire

San Pietro Martire, Fondazione Magnani Rocca, Traversetolo (provincia di Parma).

San Vincenzo Ferrer

San Vincenzo Ferrer, già nel Kaiser-Friedrich-Museum, Berlino, distrutto durante la seconda guerra mondiale.

Santo Stefano

Santo Stefano, 191x 56 cm, Szépművészeti Múzeum, Budapest.

Resurrezione

Resurrezione (recto), 221×199 cm., Gemäldegalerie, Berlino.

Santa Caterina da Siena

Santa Caterina da Siena, Alte Pinakothek, Monaco di Baviera.

San Lorenzo

San Lorenzo, Alte Pinakothek, Monaco di Baviera.

Ricostruzione recto

Ricostruzione recto.

Ricostruzione verso

Ricostruzione verso

Cristo in gloria con quattro santi e un committente di Domenico Ghirlandaio

Domenico Ghirlandaio: Cristo in gloria con quattro santi e un committente

Domenico Ghirlandaio: Cristo in gloria con quattro santi e un committente
Domenico Ghirlandaio: Cristo in gloria con quattro santi e un committente, 1492 circa, tavola, cm. 308 X 199, Pinacoteca Comunale, Volterra.

Sull’opera: “Cristo in gloria con quattro santi e un committente” è un dipinto di Domenico Ghirlandaio realizzato con tecnica a tempera su tavola intorno al 1492, misura 308 x 199 cm. ed è custodito nel Pinacoteca Comunale di Volterra.

 La presente composizione, una tavola di oltre tre metri di altezza, venne realizzata nella bottega del maestro e quindi inviata a Volterra.

Generalmente gran parte della stesura pittorica, esclusi alcuni dettagli, viene attribuita agli aiuti di bottega mentre il disegno spetta certamente al maestro.

La pala ha come tema la manifestazione di Cristo in gloria in cielo, raffigurato in un nimbo luminescente su una nuvola, attorniato da serafini, cherubini ed angeli in preghiera. Egli appare in atteggiamento benedicente recando un libro aperto nelle cui mostrate si leggono due lettere greche, “Alfa” e “Psi”, simboli del suo eterno dominio.

Nella zona sottostante, seguendo uno schema ideato da Pietro Perugino, appaiono, disposti in perfetta simmetria,  quattro santi in vari atteggiamenti.

Le due figure maschili, in piedi ed erette come colonne nei loro chiarissimi abiti, vengono identificate – ma non tutti gli studiosi di storia dell’arte sono d’accordo – in san Giovanni Gualberto (sinistra) e san Romualdo, legati alla Congregazione camaldolese di San Benedetto. Il primo ostenta un libro aperto, mentre l’altro, lievemente appoggiato al suo bastone, con l’indice della mano sinistra segnala la sacra apparizione. Le due figure genuflesse, contrapposte in primo piano, che raffigurano due sante locali, sono servite all’artista anche e soprattutto per enfatizzare la dilatazione spaziale dell’intero impianto.

Nell’angolo in basso, sulla destra, compare in atteggiamento di devozione, l’anziano committente camaldolese, Fra’ Giusto Bonvicini, come testimonia il suo chiarissimo chiaro.

Anche la veduta paesaggistica si ritiene appartenga agli assistenti di bottega.

Santo Stefano tra i santi Jacopo e Pietro di Domenico Ghirlandaio

Domenico Ghirlandaio: Santo Stefano tra i santi Jacopo e Pietro

Domenico Ghirlandaio: Santo Stefano tra i santi Jacopo e Pietro
Domenico Ghirlandaio: Santo Stefano tra i santi Jacopo e Pietro, 1493, tavola, cm. 222 X 222, Galleria dell’Accademia, Firenze.

Sull’opera: “Santo Stefano tra i santi Jacopo e Pietro” è un dipinto di Domenico Ghirlandaio realizzato con tecnica a tempera (oggi anche ad olio nella figura centrale) su tavola intorno al 1493, misura 222 x 222 cm. ed è custodito nel Galleria dell’Accademia a Firenze. 

La composizione in esame viene citata su un manoscritto seicentesco come ubicata in una cappella della  chiesa del Cestello (oggi Santa Maria Maddalena de’ Pazzi in Borgo Pinti) e commissionata il 20 marzo “1492” (1493 del calendario fiorentino) da Stefano di Jacopo Boni.

L’identificazione della tavola viene testimoniata anche dai nomi dei santi in essa raffigurati, che corrisponderebbero ai nomi del committente Stefano e di suo padre Jacopo.

Nel periodo del Cavalcaselle e del Crowe la figura centrale (Santo Stefano) fu identificata in San Girolamo, la cui ridipintura con nuovi attributi risalirebbe al periodo del trasferimento dell’opera nella cappella dedicata al santo eremita, che per il Franceschini avvenne nel 1513. Documentazioni certe, però, attestano la nuova ubicazione alla data del 24 aprile 1525.

Tra gli studiosi di storia dell’arte di pensa che l’artista della ridipintura, che venne rimossa nell’Ottocento, fosse stato Fra’ Bartolomeo. Con le soppressioni l’opera fu spostata nella Galleria dell’Accademia.

In precedenza la pala era assegnata al cognato del Ghirlandaio, Sebastiano Mainardi, mentre oggi è stata riconsegnata in via maggioritaria al maestro (Venturini e Cadogan).

Ultima cena (Convento di San Marco) di Domenico Ghirlandaio

Domenico Ghirlandaio: Ultima cena (Convento di San Marco)

Domenico Ghirlandaio: Ultima cena (Convento di San Marco)
Domenico Ghirlandaio: Ultima Cena, anno 1486 circa, affresco su muro, dimensioni cm. 400 X 800, Convento di San Marco, Firenze.

Sull’opera: “Ultima cena” è un affresco di Domenico Ghirlandaio realizzato intorno al 1486, misura 400 x 800 cm. ed è custodito nel Museo Nazionale di San Marco a Firenze. 

Il presente Cenacolo, ultimo della serie sul tema delle ultime cene realizzate dal pittore nel corso della sua attività artistica – gli altri sono il Cenacolo in San Michele Arcangelo a Passignano del 1476 e quello in Ognissanti del 1480 –  venne commissionato dai frati domenicani del Convento di San Marco, quando il Ghirlandaio aveva ormai raggiunto l’apice della celebrità.

L’incarico era quello della decorazione pittorica del “Refettorio piccolo”, dove di solito non mangiavano i frati e che spesso era a disposizione delle persone ospitate nel convento.

Secondo gli studiosi di storia dell’arte il maestro, a quel tempo pieno di commissioni da evadere per la sua alta popolarità, avrebbe realizzato solo il disegno delegando la stesura pittorica ai suoi due più attivi assistenti: il fratello Davide ed il cognato Sebastiano Mainardi.

L’impostazione è uguale a quella del “Cenacolo” di Ognissanti.

Incoronazione della Vergine (Narni) di Domenico Ghirlandaio

Domenico Ghirlandaio: Incoronazione della Vergine (Narni)

Domenico Ghirlandaio: Incoronazione della Vergine
Domenico Ghirlandaio: Incoronazione della Vergine, anno 1486, tecnica a tempera su tavola, dimensioni cm. 330 X 230, Museo Eroli, Narni.

Sull’opera: “Incoronazione della Vergine” è un dipinto di Domenico Ghirlandaio realizzato con tecnica a tempera su tavola intorno al 1486, misura 330 x 230 cm. ed è custodito nel Museo Eroli a Narni. 

Il committente della pala era Berardo Eroli (Narni, 1409 – Roma, 1479), cardinale e giurista, nonché umanista che, conoscendo bene l’ambiente artistico fiorentino, volle farla eseguire dal Ghirlandaio per il Duomo di Narni.

Il pittore la realizzò nella sua bottega a Firenze, da cui successivamente la fece trasferire in Umbria.  Secondo gli studiosi è innegabile il fatto che ci sia stato l’intervento degli assistenti di bottega, anche se non è facile dare la paternità alle singole figure o a più zone della stesura pittorica.

La scena si svolge in un ambiente alquanto arcaizzante, contro un fondo oro che ricorda le pitture sacre dei primi decenni del secolo (si veda a tal scopo l’Incoronazione dell’Angelico degli Uffizi, ad essa assai simile), probabilmente un’integrazione realizzata su esplicita richiesta della committenza.

Inoltre in questa tavola, che risulta come dimensione la più grande fra le tempere dell’artista a noi giunte, è tra le più affollate.

Il supporto pittorico è – un semi-tondo sormontante un rettangolo – con una cornice in oro ancora originale, ove appaiono serafini e cherubini (in alto), santi e fiori (nei pilastrini), palmette (pulvini).

Sotto, a guisa di fascia bassa della cornice, appaiono le tre raffigurazioni della predella: le “Stimmate di san Francesco” (a sinistra), il “Cristo in pietà” (centro) ed il “San Girolamo nel deserto”.

Il pannello principale lo possiamo suddividere in due fasce con in alto la scena dell’Incoronazione fra angeli, santi e beati del paradiso e, sotto, i santi inginocchiati  attornianti san Francesco che seguono attoniti il miracoloso evento: Maria incoronata da Gesù, genuflessa, che porta al petto le braccia incrociate in segno di umiltà.

Sopra, due angeli tengono un baldacchino, ricavato tramite incisione nell’oro, ove appare un’iscrizione tratta dal Cantico dei Cantici: “VENI ELECTA MEA, ET PONA[M IN TE THRONUM MEUM]”.

Incoronazione della Vergine (Città di Castello) di Domenico Ghirlandaio

Domenico Ghirlandaio: Incoronazione della Vergine (Città di Castello)

Domenico Ghirlandaio: Incoronazione della Vergine (Città di Castello)
Domenico Ghirlandaio: Incoronazione della Vergine, anno 1486 circa, tecnica a tempera su tavola, Pinacoteca comunale, Città di Castello.

Sull’opera: “Incoronazione della Vergine” è una composizione di Domenico Ghirlandaio realizzata a tempera su tavola nel 1486 (circa) e custodita nella Pinacoteca comunale a Città di Castello. 

Il pittore la eseguì a Firenze nella sua bottega, da cui successivamente la fece trasferire nella cittadina Umbria.

Secondo gli studiosi di storia dell’arte non si può negare che anche qui, come nell’altra pala con lo stesso tema (si veda la pagina precedente), ci sia stato l’intervento degli aiuti di bottega, anche se è arduo dare paternità alle singole figure, sebbene il disegno ed altri dettagli indichino la diretta mano del maestro.

La scena si svolge su due registri sovrapposti, la cui impostazione richiama lo schema, già abbastanza diffuso, che introdusse Pietro Perugino, ormai diventato fiorentino d’adozione.

Nella zona in alto, entro cerchi concentrici simboleggianti i Cieli del Paradiso, Maria, umilmente inginocchiata con le mani giunte, viene incoronata da Gesù. Completano la scena del miracoloso evento gli angeli musicanti che, insieme a serafini e cherubini, attorniano le sacre figure.

Sotto, tra il propagarsi delle fiammelle dello Spirito Santo, appaiono i santi che con tanta serenità assistono alla scena: da sinistra vengono identificati: san Francesco d’Assisi (in piedi), san Giovanni Evangelista, Bernardino da Siena, san Ludovico di Tolosa e – dopo un’altra figura maschile – sant’Antonio di Padova.

Al centro appaiono quattro donne genuflesse, riconoscibili in: sant’Elisabetta di Turingia, Maria Maddalena, Caterina d’Alessandria e Chiara d’Assisi.

La scelta degli abbinamenti cromatici, basati su vivi contrasti, tutti caldi, contro il blu della figura di Gesù ed il grigio bluastro dei cieli concentrici, non sono tipici del Ghirlandaio.