Citazioni e critica nei secoli a Paul Gauguin

Citazioni e critica su Paul Gauguin (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)

Pagine correlate all’artista: Biografia e vita artistica – Le opere – Il periodo artistico – Bibliografia.

Quello che ha detto la critica ufficiale della Storia dell’arte di Gauguin:

[…] Non esito ad affermare che tra i pittori contemporanei che hanno trattato il nudo, nessuno lo aveva fatto finora con una nota così violentemente reale […]. (J. K. Kuysmams).

[…] Non esito ad affermare che tra i pittori contemporanei che hanno trattato il nudo, nessuno lo aveva fatto finora con una nota così violentemente reale […]. Sono felice di salutare un pittore che, come me, ha provato un invincibile disgusto per le modelle, coi loro seni misurati e rosa, coi ventri corti e duri, modelle messe lì dal cosiddetto buongusto, disegnate secondo ricette imparate copiando i gessi. […] A dispetto dei titoli mitologici e dei panneggi bizzarri di cui riveste i propri modelli, Rembrandt è stato finora il solo che abbia dipinto il nudo […].

Mancando comunque il genio che era quel pittore meraviglioso, sarebbe davvero auspicabile che artisti di talento come Gauguin facessero per il proprio tempo quello che van Ryn ha fatto per il suo, e riprendessero quindi, nei momenti in cui il nudo è possibile, a letto, nello studio, in accademia e al bagno, delle donne francesi il cui corpo non sia fatto di pezzi messi insieme a caso, avendo un braccio preso da una modella, la testa e il ventre da un’altra, e per le quali inoltre, a tutti questi raccordi, si aggiunga l’imbroglio di un procedimento proprio agli antichi maestri […]. Perciò ripeto: Gauguin per primo, dopo molti anni, ha tentato di raffigurare la donna dei giorni nostri e, malgrado la pesantezza dell’ombra che scende dal viso sul petto della modella, vi è pienamente riuscito, e ha creato un dipinto coraggioso e autentico. J. K. huysmams, in “L’Art moderne’, 1880.

No, Gauguin non è stato formato dalla costola di Chavannes e nemmeno da quella di Manet o di Bastien Lepage! Chi è allora? È Gauguin, il selvaggio che odia una civiltà opprimente, qualche cosa di simile a un titano che, geloso del suo creatore, a tempo perso compie la sua piccola creazione, il bambino che smonta i giocattoli per costruirne altri, quello che rinnega e che sfida, che preferisce vedere il cielo rosso piuttosto che blu come la folla. Mi sembra, in verità, […] di cominciare finalmente ad avere una certa comprensione dell’arte di Gauguin. A un autore moderno è stato rimproverato di non dipingere esseri reali ma ‘solamente’ di costruire lui stesso i suoi personaggi. ‘Solamente’!   A. strindberg, prefazione al Catalogo della vendita all’Hotel Drouot di Parigi, 1893.

Nei quadri di Gauguin la forma umana si innalza piena e diritta. Generalmente in piedi, nell’atteggiamento dei vegetali e degli esseri ispirati dalla natura. Questa verticalità non è imposta dalla pesantezza, dal richiamo del suolo, come in Cézanne: è lo sprizzare della linfa terrestre che si erge senza deviazioni. Uno slancio ingenuo eleva dolcemente i corpi. […] Al primo momento si può giudicare banale il disegno largo delle membra, risultante da due linee guidate da un parallelismo sommario. Ma se i nodi muscolari sono dissimulati è perché nulla distolga gli occhi dall’accompagnare il movimento. Tutte le semplificazioni, lungi dal costituire una ricerca di barbarie, servono soltanto per la comodità. Si creano rapporti così soavi che costringono ad accorgersi che siamo in pace. Talvolta addirittura non è avvertibile alcun gesto preciso che determini questa unione, prodotta soltanto da un certo atteggiarsi dell’im­mobilità. Ogni forma, attraverso un certo modo che essa ha di essere solitaria, rende responsabile di sé tutte le altre. Tanta armonia deve necessariamente essere premeditata. Gauguin non ha la credula pazienza di Cézanne. Non aspetta di ottenere un accordo degli oggetti a forza di copiarli. Nei suoi paesaggi linee flessibili traversano i campi e con la loro sinuosità orizzontale legano gli alberi agli alberi. Eppure non si fa violenza alla natura. La composizione si accontenta di risvegliarla: discende verso le cose, le tocca in silenzio, come si avverte con la mano qualcuno che dorme, poi lascia che si rialzino liberamente. Non fa altro che assisterle con la sua molteplice presenza, che sollecitare il loro sviluppo con la sua invisibile delicatezza. J. rivière, in ‘Nouvelle Revue francaise,  1911.

Forse non fu lui ad avere inventato il sintetismo, che attraverso il contatto con i letterati divenne simbolismo; E. Bernard è estremamente reciso a proposito di tale controversa questione. Ma Gauguin ne era comunque il maestro, il maestro incontestato, colui di cui si raccoglievano e si diffondevano i paradossi, di cui si ammiravano il talento, la facondia, il gesto, la forza fisica, la carogneria, l’immaginazione inesauribile, la capacità di resistere all’alcool, gli atteggiamenti romantici. Il mistero di questo suo ascendente consistette nel fornirci una o due idee semplicissime, necessariamente vere, nel momento in cui mancavamo totalmente di insegnamenti. Così, senza aver mai cercato la bellezza nel senso classico, egli ci indusse quasi subito a preoccuparcene. Voleva innanzitutto rendere il carattere, esprimere 1′ “intimo pensiero”, anche nella bruttezza. Era ancora impressionista, ma voleva leggere il libro “in cui sono scritte le leg gi eterne del Bello”. Era ferocemente individualista, eppure si manteneva vicino alle più collettive e anonime tradizioni popolari. Da queste contraddizioni noi traevamo una legge, un insegnamento, un metodo. M. denis, Théories, I890-1910,1912.

Opera stranamente cerebrale, appassionante e anche ineguale, ma stimolante e superba fin nelle sue ineguaglianze. Opera dolorosa, perché per capirla, per avvertirne un urto bisogna avere esperimentato il dolore e l’ironia del dolore, che è la porta del mistero. Talvolta si eleva sino all’altezza di un mistico atto di fede; talvolta si sgomenta e si contorce nelle tenebre angosciose del dubbio. Ma sempre ne emana l’amaro e violento aroma dei veleni della carne. Miscuglio inquietante e saporoso di splendore barbarico, di liturgia cattolica, di sogni induisti, di fantasia gotica, di simbolismo oscuro e sottile; contempla di volta in volta realtà aspre e voli sconfinati di poesia, attraverso i quali Gauguin crea un’arte assolutamente personale e tutta nuova: arte di pittore e di poeta, d’apostolo e di demone, e che riempie d’angoscia. O. mirbeau, Des artistes, 1922.

Vivendo sempre nella luce, non è ossessionato dal desiderio di rivaleggiare con essa e di catturarne l’illusione. Dispone i colori con calma, in larghe zone ben definite, come se fabbricasse vetrate o lavorasse a intarsio : le sue grandi figure, che sembrano ritagliate nel legno di una piroga, si commettono in un universo in cui tutto resta, dove niente passa, ne la forma ne il tono. Questa stabilità, questa assenza di equivoco danno al colore una straordinaria potenza poetica. Sotto la cera di cui talvolta è ricoperto, il colore resta intenso, ma possiede sempre le ragioni armoniche della vista e dello spirito. Così forse si spiega lo strano fascino delle sue nature morte che sono sempre composizioni di oggetti, in cui non ricorre ad altra geometria che quella di un accordo misterioso e premeditato, e che anche quando sono fatte di elementi familiari e di fiori quotidiani, conservano una qualità rara e lontana. […] L’uomo, la bestia e la pianta tornano a combinare l’antico arabesco così prezioso agli occhi dei popoli di un tempo. che hanno cercato di chiudere nei suoi nodi tutto l’enigma del mondo. Gauguin è riandato alle rive di questo passato senza tempo, senza uno sforzo artificiale e letterario. Sembra che vi sia sempre vissuto durante usa lunga serie di anni e che infine veiixa a noi di là, al di la delle ombre e dei giorni, tenendo nelle mani un dio di un legno incorruttibile, polito con un attrezzo di pietra. H focillon, prefazione a Gauguin et ses amis di R. Gogniat, 1934.

Quel poco che Gauguin ha dato alla pittura è una concezione nuova della natura, in cui confluivano le sue preoccupazioni filosofiche e mo­rali, e soprattutto le sue preoccupazioni lettera­rie. Ma esse si mostrano discrete, e non alterano in nulla le qualità plastiche della sua opera. Infatti Gauguin ha saputo accoppiare le qualità visive alle qualità visionarie, ha trovato un’ar­monia perfetta tra ciò che osservava e ciò che immaginava. La trasposizione, benché sia ovun-que sensibile nella sua opera, resta sempre equilibrata e per ciò stesso conferisce all’arte un’incontestabile unitarietà. I suoi calcoli, i ragionamenti, le intenzioni letterarie li conosciamo per ciò che ce ne ha detto l’artista, e mai essi superano i limiti al di là dei quali la pittura cessa di essere opera plastica per diventare soltanto illustrazione. Il limite tra questi due generi è spesso delicato da definire, e i discepoli di Gauguin non sempre hanno saputo rispettarlo; ma nessuno può essere considerato responsabile dei suoi imitatori, o piuttosto ciascuno ne è responsabile soltanto nella misura in cui da loro un cattivo esempio. Di ciò non sapremmo accusare Gauguin, perché l’opera che egli ha realizzato è opera pittorica e decorativa in quanto, pur essendo intuitivo e ragionante, pittore e poeta, ha espresso ciò che dormiva in lui con mezzi eminentemente pittorici, con il colore e la linea. Se ne servì proprio perché per mezzo di essi poteva raggiungere un’intensità di espressione che le parole e i suoni gli negavano. La candida brutalità della sua opera, la soave voluttà, il primitivismo sereno sono acquisizioni della sua tavolozza e del suo senso decorativo. Sono appunto tali acquisizioni che imprimono alla sua arte un carattere così forte e personale, e che hanno ispirato a Van Gogh quella profezia che non è stata smentita: “Credo alla vittoria di Gauguin              J. rkwald, Gauguin, 1938.

Occorre riconoscere che se Bernard può essere considerato – come scrisse il critico d’arte Roger Marx – “il padre del simbolismo pittorico”, Gauguin ne è senza dubbio il figlio! prodigo. Nel 1888, Emile Bernard aveva vent’anni. Dotato di cuore ardente e spirito giovanile, fervido di idee che intendeva esprimere con qualsiasi mezzo […], tuttavia non cercava, attraverso la sintesi, che di tradurre ciò che vedeva. Nelle sue tele, realizzate con abilità prodigiosa, il disegno appare un po’ secco, e i toni generalmente acidi. Crea, ma non ricrea, e lo riconosceva egli stesso dichiarando: “Dipingendo a memoria avevo il vantaggio di abolire inutili complicazioni di forme e toni”. Nella stessa epoca, Gauguin aveva quarant’anni. La vita l’aveva molto segnato. La sua volontaria povertà, la tristezza, le angosce, le sofferenze gli permettono di meditare meglio e comprendere i misteri degli esseri e delle cose. Il mondo che ricrea dichiara la profondità del suo pensiero e le forme che appaiono nelle sue tele sono di una ricchezza incomparabile, con i loro tratti potenti, il costante splendore, l’opulenza, le qualità decorative. Per sostituire alla descrizione la suggestione, Gauguin utilizza soltanto mezzi plastici desunti da Bernard o suggeriti dal giovane amico: un disegno che non ha mai di mira l’effetto, linee senza tratteggi, che esprimono la forma attraverso l’abbreviazione, la semplificazione, per raggiungere il massimo di intensità. Rinuncia alla prospettiva tradizionale, sopprime modellato e ombre, non si occupa dei valori cromatici, deforma volontariamente i piani; e tutto ciò consente di dire che una delle forze maggiori della pittura di Gauguin è la risultante dei suoi difetti. Mentre Cézanne segnava intorno agli oggetti una traccia blu che poi faceva scomparire ma che talvolta dimenticava di cancellare, Bernard e Gauguin circondarono sistematicamente le loro zone di colore con un contomo di blu di Prussia; e questo divenne ben presto un procedimento: il cloisonnisme, adottato con successo da molti artisti intorno al 1890. M. malinoue, Gauguin. Le peintre et son oeuvre, 1948.

[…] Gauguin è stato il primo a prendere coscienza della necessità di una rottura perché potesse nascere il mondo moderno ; il primo a sfuggire alla tradizione latina, disseccata, ossificata, moribonda, per ritrovare tra le leggende barbare e le divinità primitive l’impeto originario; ed è stato anche 11 primo a osare lucidamente di tra­sgredire e anche di respingere la realtà estema insieme al razionalismo. Mentre l’arte occidentale aveva come proprio perno il noto, egli vi ha sostituito l’ignoto. Lasciandosi trasportare dal genio forse meno di altri, egli seppe tanto più volontariamente ricercare. Al di là delle costruzioni plastiche, di cui pure ha insegnato all’arte moderna la libera creazione, ha’intuito le terre sommerse dell’anima, le loro intatte potenze in cui la civiltà decrepita e raffinata potrebbe ritemprarsi; e ha cercato di scoprire come potrebbe essere suggerito questo fondo ineffabile. Ha compreso che tutto ciò che parla ai sensi – linea, colore, immagine – parla nello stesso tempo all’anima e riveste per l’anima un significato misterioso che sfugge alla ragione e oltrepassa la logica. Il che voleva dire aprire simultaneamente la strada alle ricerche che, rese sistematiche, dovevano sfociare nell’arte astratta, e a quelle che, rese esclusive, avrebbero costituito la novità dell’espressionismo e anche del surrealismo. R. huyghe, Gauguin, 1949.

[…] Parte dell’azione da lui [Gauguin] esercitata è per così dire esterna; e si nota nell’aspetto esteriore di certe opere successive. Ponendo l’accento sulla linea (“Disegnare, ecco quello che importa”) e sulle superne! piatte, egli anticipa in larga misura l’Art nouveau che si diffuse in Europa e negli Stati Uniti dopo il ’90. Non è il solo: anticipazioni dell’ari nouveau si possono cogliere in Seurat e Van Gogh. Ma egli era sensibile ai contorni ancora più di costoro; e le sue stilizzazioni curvilinee che iniziano negli anni tra 1’80 e il ’90 e persistono nei dipinti di Tahiti posseggono una ritmica forza decorativa che ebbe peso sul futuro. Ispirarono direttamente alcune delle prime (e migliori) opere di Bonnard e Vuillard, come di altri nabis, e in tal modo esercitarono un’influenza sia diretta che indiretta sulla formazione del gusto fauue. Inoltre l’uso di colori non primari — rosa, malva, arancioni e violetti – in stridente sovrapposizione anticipa Matisse e altri della sua generazione. Al pari di costoro, Gauguin fonda le proprie armonie cromatiche sulla sovrapposizione di colori affini più che contrastanti. Inoltre, la semplificazione del contorno, la modellazione ridotta, la deliberata vastità e rozzezza delle sue silografie, che nel loro effetto finale includono la qualità della materia, furono fondamentali nella formazione degli espressionisti di Monaco e della Germania. E da lui infine (si veda II giorno del Dio) discendono le forme fluide e le astratte figure organiche di Mirò, Arp e dei più giovani pittori di questa tendenza fino ai giorni nostri. Così l’aspetto formale dei dipinti di Gauguin anticipò e condizionò molte opere eseguite parecchio tempo dopo.   R. goldwater, Paul Gauguin, 19».

L’apporto essenziale di Gauguin alla pittura moderna è un nuovo senso decorativo. Con l’impiego delle tinte piatte, delle armonie esaltate volontariamente su larghe superne! nella ricerca dell’ ‘effetto’, il suo prestigio è ancora attuale. Y. brayer, in Gauguin, 1961.

L’evasione fu il tema dominante della vita di Gauguin. “Ho sempre avuto la fissazione delle fughe”, ebbe a confessare, e le fughe le ritroveremo in tutte le tappe della sua corsa dolorosa. Evaso dalla Borsa, evaso dalla morale e dal conformismo borghese, evaso dalla famiglia e dalle costrizioni che essa impone, dall’Europa e dalla cultura occidentale, evaso dal cristianesimo nel suo formalismo dottrinale, evaso dalle vie in cui si instradava la pittura del suo tempo, Gauguin, tipo ideale del pittore maledetto, rivoltoso che proclama la sua rivolta, resta colui che ha volontariamente fuggito tutte le schiavitù e spezzato tutti i vincoli che imprigionano l’uomo mo­derno e in cambio gli garantiscono la sicurezza. Pure […] nella sua pittura, e a dispetto della sua stessa rivolta, egli resta un classico […]. Il parallelo tra Poussin e Gauguin, che si impone a chi si sforza di decifrare l’universo misterioso, malgrado la semplicità del suo simbolismo, del solitario del Pacifico, permette di cogliere sul vivo come quel ° Poussin senza cultura classica” che fu Gauguin – al dire di Maurice Denis – resti nella sua vita essenzialmente un fuori-legge o, per riprendere l’aggettivo già usato, un evaso. G. d’angelis, in Gauguin, 1961.

Gauguin: Bibliografia

Gauguin: Bibliografia

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Gauguin, uno dei grandi artisti dell’Ottocento che progressivamente si distanziò dalla pittura naturalistica per enfatizzare l’astrazione della visione pittorica.

Bibliografia:

“Le Cloisonnisme” di E. Dujardin in £La Revue indépendante,  1888.

“Le Salon des XX à Bruxelles£ di O. Maus  in “Le Cravache”, 1889.

“Concurrence” di A. Aurier,  in “Le Moderniste”,  1889.

“Autre groupe impressioniste ” di F. Fénéon,  in “La Cravache”, 1889.

“Le symbolisme en peinture, Paul Gauguin” di A. Aurier in “Mércure de France”, 1891.

“Gauguin”, J. de Rotonchamp, Parigi, 1906.

“Paul Gauguin”, Ch. Morice, Parigi, 1919.

“Théoeris, 1890-1910”, M. Denis, Parigi, 1921.

“Gauguin und van Gogh”, Sternheim, Berlino, 1924.

“Paul Gauguin” di G. Kahn in “L’Art et les Artistes”, 1925.

“Le Tourment de Dieu”, W. Verkade, Parigi, 1926.

“Gauguin”, R. Rey, Parigi, 1928.

“Paul Gauguin”, sa vie et le sens de son oeuvre, A. Alexandre, Parigi, 1930.

“My father Paul Gauguin”, P. Gauguin, Londra, 1937.

“Souvenirs inédits sur l’artiste Paul Gauguin”, É. Bernard, Lorient,1941.

“Gauguin e l’esotismo”, A. Merlin, Padova ,1943.

“Mémoires sur l’histoire du symbolisme pictural de 1890” di É. Bernard in “Maintenant”, 1946.

“Il mito del buon selvaggio”, G. Cocchiara, Messina, 1948.

“Paul Gauguin”, J. Rewald, New York, 1954.

“Paul Gauguin”, R. Goldwater, New York, 1958.

“Baudelaire”, P. Pia, Parigi, 1958.

“Gauguin”, R. Huyghe, Parigi, 1961.

“Paul Gauguin”, R. Corgniat e G. Wildenstein, Parigi, 1964.

2Gauguin nei mari del Sud”, B. Danielsson, Milano, 1966.

“Avanguardie artistiche del Novecento”, M. De Micheli, Milano, 1966.

“Il Postimpressionsmo. Da van Gogh a Gauguin”, J. Rewald, Firenze, 1967.

“La via dell’Impressionismo”, Lionello Venturi, Torino, 1970.

L’arte moderna, 1870-1970, G. C. Argan, Firenze, 1970.

“Paul Gauguin et l’École de Pont-Aven”, W. Jaworska, Parigi, 1971.

“L’opera completa di Gauguin”, G. M. Sugana, Milano, 1972.

“Gauguin”, D. Wildenstein e R. Corgniat, Milano, 1972.

“Gauguin à Tahiti et aux Îles Marquises”, B. Danielsson, Papeete, 1975.

“Gauguin”,F. Cachin,  Milano, 1988.

“Gauguin. La vita e l’opera”, A. M. Damigella, Milano, 1997.

“La luna e sei soldi”, W. Somerset Maugham, Milano, 2002.

“Il paradiso è altrove”, M. Vargas Llosa, Torino, 2003.

“Gauguin, artiste ethnographe” di P. Peltier in “Gauguin-Tahiti, l’atelier des tropiques”, Parigi, 2004.

“Gauguin a Tahiti”, A. M. Damigella, Firenze, 2006.

“La Casa Gialla. Van Gogh, Gauguin: nove settimane turbolente ad Arles”, M. Gayford, Milano.

In relazione agli scritti di Paul Gauguin:

Di G. Cres et C: “Avant et Après. Avec les vingt-sept dessins du manuscrit original”, Parigi, anno 1923.

Di Duilio Morosini:  “Noa Noa e altri scritti: 1891-1903”, Ed.Bompiani, Milano, 1941.

Di Maurice Malingue (raccolte ed annotate): “Lettere a sua moglie e ai suoi amici” (“Il cammeo”, 24), Longanesi, Milano, 1948.

Di Maurizio Brusa: “Scritti di un selvaggio” (“Quaderni della Fenice”, 95), con un saggio introduttivo di Victor Segalen, Guanda, Milano, 1983. .

L’isola dell’anima. Gli antichi culti maori e i diari di viaggio a Noa Noa illustrati dall’autore, Red, Como, 987.

Lettere: Sarà sempre amicizia tra noi, 1887-1890.

Paul Gauguin, Vincent e Theo Van Gogh, a cura di Victor Merlhes, R. Archinto, Milano, 1991.

Opere di Paul Gauguin

Alcune tra le più celebri opere di Gauguin

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Le opere dell’artista nelle pagine del sito

autoritratto davantia un calvario

Autoritratto davanti a un calvario, cm. 76 x 64 San Paolo Museu de Arte.

1 Donna dallo chignon

Donna dallo chignon, cm. 46 x 38 Tokio Bridgestone Museum.

1 vegetazione tropicale

Vegetazione tropicale, cm. 116 x 89 Edimburgo National Gallery of Scotland.

3 danza delle quattro bretoni

Danza delle quattro bretoni, cm. 72 x 91 Monaco Neue Pinakothek.

4 visione dopo il sermone

Visione dopo il sermone, cm. 73 x 92 Edimburgo National Gallery of Scotland.

5 natura morta

Natura morta con tre cagnolini, cm.92 x 63 New York Museum of Modern Art.

6 veduta degli Alyscamps

Veduta degli Alyscamps, cm.92 x 73 Parigi Museo d’Orsay.

7 donna bretone a torso nudo

Donna bretone a torso nudo, cm. 73 x 92  Proprietà Niarchos.

10 la belle Angele

La belle Angele, cm. 92 x 72 Museo d’Orsay Parigi.

11 mietitori

Mietitori, cm. 92 x 73 Londra Courtauld Institute Galleries.

12 la messe bionda

La messe bionda, cm.73 x 92 Louvre Parigi.

13 bambino bretone nudo

Bambino bretone nudo, cm. 93 x 74 Colonia Walfraf Richartz Museum.

14 contadino che raccoglie il fieno

Contadino che raccoglie il fieno, cm. 51 x 46 Tokio Bridgestone Museum.

15 il cancello di legno

Il cancello di legno, cm. 92 x 73 Parigi Hausammann.

Altre opere

16 bambine davanti al mare

Bambine davanti al mare, 92 x 73 cm. Tokio Museo Nazionale d’Arte Occidentale.

17 natura morta

Natura morta con ventaglio, 50 x 61 cm. Museo d’Orsay Parigi.

20 testa di giovane meticcia

Testa di giovane meticcia, cm. 36 x 30.

21 eva esotica

Eva esotica, cm. 43 x 25 Parigi proprietà privata.

24 Nafea Faa Ipoipo

Nafea Faa Ipoipo, cm 105 x 77,5 Basilea Kunstmuseum.

25 arearea

Arearea, cm. 75 x 94 Parigi Museo d’Orsay.

27 te nave nave fenua

Te Nave Nave Fenua, cm. 91 x 72 Kurashiki Ohara Art Museum.

30 donne tahitiane sulla spiaggia

Donne tahitiane sulla spiaggia, cm. 110 x 89 New York N.Y. Lehman.

31 Ta Matete

Ta Matete, cm 73 x 92, Basilea Kunstmuseum.

33 il mulino david

Il Mulino David a Pont-Aven, cm.73 x 92 Museo d’Orsay Parigi.

34 anna Martin

Anna Martin e la scimmia Taoa, cm. 116 x 81 Berna Halnooser.

35 Otahi

Otahi, cm. 50 x 73 Proprietà privata Parigi.

39 Pape Moe

Pape Moe, cm. 99 x 75 Zurigo Buhrle.

40 notte di Natale

Notte di Natale, cm 72 x 83 New York Small.

41 Vaite Goupil

Vaite Goupil, 75 x 65 Copenaghen Ordrupgaadsamlingen.

46 Vairumati

Vairumati, cm. 73 x 94 Parigi Museo d’Orsay.

47 cavallo bianco

Cavallo bianco, cm. 141 x 91 Museo d’Orsay, Parigi.

49 due donne tahitiane

Due donne tahitiane, 94 x 73 New York Metropolitan Museum.

50 natura morta con coltello

Natura morta con coltello, cm 66 x 75 Zurigo Buhrle.

51 Girasoli e pere

Girasoli e pere, cm. 93 x 73 Proprietà privata Parigi.

55 e l'oro dei loro corpi

… e l’oro dei loro corpi, 67 x 76, Parigi Museo d’Orsay.

56 innamorati tahitiani

Innamorati tahitiani, cm. 73 x 92,5 Praga Narodni Galerie.

57 giovanetta tahitiana

Giovanetta tahitiana con ventaglio, cm 92 x 73 Essen Museum Folkwang.

58 famiglia tahitiana

Famiglia tahitiana, cm 73 x 92 New York proprietà privata.

59 lo stregone

Lo stregone di Hiva-Oa, cm. 92 x 73 Liegi, Musée des Beaux Arts.

63 racconti barbari

Racconti barbari, cm. 130 x 89 Essen, Museum Folkwang.

64 cavallo al pascolo e maiale

Cavallo al pascolo e maiale, cm. 75 x 65 Melsinki Atheneumin Taidemuseo.

Autoritratto davanti a un calvario di Paul Gauguin

Paul Gauguin: Autoritratto davanti a un calvario

autoritratto davanti al calvario
Gauguin: Autoritratto davanti a un calvario, cm. 76 x 64 San Paolo Museu de Arte.

Sull’opera: “Autoritratto davanti a un calvario”, cm. 76 x 64 è un dipinto autografo di Paul Gauguin realizzato con tecnica ad olio su tela, misura 76 x 64 cm. ed è custodito a San Paolo Museu de Arte.

Donna dallo chignon di Paul Gauguin

Paul Gauguin: Donna dallo chignon

Donna dallo chignon
Gauguin: Donna dallo chignon, cm. 46 x 38 Tokio, Bridgestone Museum.

Sull’opera: “Donna dallo chignon è un dipinto autografo di Paul Gauguin realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1886, misura 46 x 38 cm. ed è custodito a Tokio nel Bridgestone Museum.

Firmato in basso a destra con la scritta “P. Gauguin 86”. Il quadro è ambientato nella casa parigina di Gauguin.

L’autografia del dipinto fu messa in dubbio dalla studiosa di storia dell’arte Bodelsen nonostante l’evidenza della firma e l’inconfondibile stile del pittore.

Una composizione, questa, ricca di armoniose variazioni cromatiche.

Vegetazione tropicale di Paul Gauguin

Paul Gauguin: Vegetazione tropicale

Gauguin: Vegetazione tropicale
Gauguin: Vegetazione tropicale cm. 116 x 89 Edimburgo National Gallery of Scotland.

Sull’opera: “Vegetazione tropicale è un dipinto autografo di Paul Gauguin realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1887, misura 116 x 89 cm. ed è custodito ad Edimburgo nella National Gallery of Scotland (Maitland).

Il primo proprietario fu il pittore Ernest Chausson che probabilmente lo comperò per 500 franchi direttamente da Gauguin; Pervenne all’odierna sede nel 1960.

La belle Angele di Paul Gauguin

Paul Gauguin: La belle Angele

La belle Angele
Paul gauguin: La belle Angele, cm. 92 x 72, Museo d’Orsay, Parigi.

Sull’opera: “Angele Satre (La belle Angele) è un dipinto autografo di Paul Gauguin realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1889, misura 92 x 72 cm. ed è custodito nel Museo d’Orsay a Parigi.

L’opera presenta in basso sulla sinistra la scritta “La Belle Angele / P. Gauguin 89”. L’idolo collocato sulla sinistra compare anche nella “Giovane donna bretone” una composizione realizzata nello stesso anno.

Vincent Van Gogh, in una lettera del 5 settembre 1889 a Théo, riferendosi all’opera in esame scriveva: “è un ritratto disposto sulla tela come le grosse teste nei crespi giapponesi, c’è il busto dell’effigiata e poi il fondo.

 È  una bretone seduta, con le mani giunte, abito nero, grembiule lillà e collaretta bianca, cornice grigia e fondo di un bei blu lillà con fiori rossi e rosa. L’espressione della testa e l’atteggiamento sono ben trovati. La donna sembra un po’ una giovane mucca, ma c’è qualcosa di cosi fresco e, ancora, contadinesco, che è bello a vedersi”.

Gauguin voleva donare l’opera all’effigiata – la signora Satre – sposata con un uomo che da pochissimo tempo era diventato sindaco di Pont-Aven, ma essa categoricamente la rifiutò. Il dipinto fu acquistato da Edgar Degas al prezzo di 450 franchi alla vendita organizzata a Parigi nel 1891 dallo stesso Gauguin. Nel marzo del 1918 il dipinto fu messo all’asta insieme alla collezione di Degas, e fu aggiudicato per 3.200 franchi. Il nuovo proprietario, Vollard, poco tempo dopo, lo offrì al Louvre. Dal Louvre passò nel Museo d’Orsay.

Mietitori (Courtauld Institute Galleries) di Paul Gauguin

Paul Gauguin: Mietitori (Courtauld Institute Galleries)

Paul Gauguin: Mietitori (Courtauld Institute Galleries)
Paul Gauguin: Mietitori, cm. 92 x 73, Londra, Courtauld Institute Galleries.

Sull’opera: “Mietitori” è un dipinto autografo di Paul Gauguin realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1889, misura 92 x 73 cm. ed è custodito a Londra nel Courtauld Institute Galleries.

La firma di Gauguin è in basso a destra con la dicitura “P. Gauguin 89”. Per questa composizione l’artista realizzò un bozzetto preparatorio con tecnica ad acquerello di cm. 27 x 17,6 (attualmente custodito all’Albertina di Vienna).

La messe bionda di Paul Gauguin

Paul Gauguin: La messe bionda

La messe bionda
Gauguin: La messe bionda , cm.73 x 92, Museo d’Orsay, Parigi.

Sull’opera: “La messe bionda (Contadini e bica di grano” è un dipinto autografo di Paul Gauguin realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1889, misura 73 x 92 cm. ed è custodito nel Museo d’Orsay a Parigi.

La firma è stata posta in basso sul lato destro della tela: vi si legge la scritta “P. Gauguin 89”. Il dipinto fu venduto – direttamente dall’artista – a Daniel de Monfreid il quale non cedette alle insistenze di Payet che a sua volta voleva acquistarlo; passò di eredità in eredità fino a che un de Monfried non cedette al Museo del Louvre con un contratto in usufrutto.

Il disegno preparatorio, firmato “PG”, di 9 X 16,5 cm. si trova a Reims nel Musée des Beaux-Arts).

Bambino bretone nudo di Paul Gauguin

Paul Gauguin: Bambino bretone nudo

Bambino bretone nudo
Gauguin: Bambino bretone nudo, cm. 93 x 74 Colonia, Walfraf Richartz Museum.

Sull’opera: “Bambino bretone nudo è un dipinto autografo di Paul Gauguin realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1889, misura 93 x 74 cm. ed è custodito a Colonia nel Walfraf Richartz Museum.

La firma di Gauguin si trova in basso, sul lato destro della tela: vi si legge la scritta “89 P. Gauguin”.

Il dipinto fu citato da Arsène Alexandre con il titolo di “Studio per la colazione bretone”  nel suo libro “Paul Gauguin” edito nel 1930. Tuttavia ancora non si conosce alcun’opera di Gauguin con tale tematica.