Vita artistica e la pittura di Renoir dopo il 1880

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Lo stile di Renoir dopo gli anni Ottanta

L’approdo alla ritrattistica

Renoir riesce già a presentare dipinti del primo periodo della sua maturità come istantanee di vita quotidiana, luminose e ricche di gamme cromatiche. Queste istantanee possono tranquillamente essere riassunte in una sola parola: “impressioniste”.

Bagnante che si asciuga un piede
Bagnante che si asciuga un piede, 1883 65 x 55 Orangerie (Walter) Parigi

Intorno alla metà del decennio, tuttavia, l’artista si allontana dall’Impressionismo per dedicarsi alla ritrattistica e alle figure in genere. Inizia così ad adottare una tecnica un po’ meno libera e più convenzionale, soprattutto nelle configurazioni femminili. Un esempio già si evidenzia nella composizione della Bagnante che si asciuga un piede del 1883 (65 x 55 cm., Orangerie-Walter, Parigi).

“Ecco quello che voglio dipingere”, è una frase che l’artista ripete spesso a se stesso e agli altri: una percezione idilliaca. Percezione caratterizzata soprattutto dalla profonda sensualità delle donne che sceglie come modelle e dall’intensa ricchezza cromatica e completezza delle forme.

I nudi di Renoir

In questi soggetti Renoir è impegnato in una continua ricerca che non finirà mai di rincorrere ritornando, tuttavia, ancora alle maniere impressioniste. L’intenso studio si rafforzerà a partire dal secondo decennio del Novecento, quando rappresenterà nudi su tele di “grande formato”, realizzate in toto all’aria aperta (“en plein air”).

Verso il classicismo

Durante il soggiorno in Italia del 1881, con l’entrare a diretto contatto della pittura dei nostri maestri del Rinascimento, soprattutto con quella di Raffaello, Renoir incomincia a pensare di trovarsi in una strada non troppo buona. Negli anni che seguono, infatti, l’artista adotta una tecnica più accademica, nel tentativo di migliorare il realismo giovanile e quindi arrivare al vero e proprio classicismo.

Il periodo Renoir definito come “Periodo di Ingres”

Ingres: Edipo e la sfinge
Ingres: Edipo e la sfinge

L’attuale periodo viene così denominato da alcuni studiosi della storia dell’arte come “il suo periodo di Ingres“, proprio per la nuova importanza che esso dà alla linearità e ai contorni delle immagini e, soprattutto, alle figure.

È, per l’appunto, proprio durante il viaggio nella nostra penisola che, secondo alcuni studiosi contemporanei – altri invece sostengono tesi diverse – Renoir soggiorna a Capistrano. Questo è un piccolo paese della Calabria, dove l’artista trova ospitalità da un religioso, che per ricompensarlo del vitto e alloggio coglie l’occasione di restaurare Il Battesimo di Gesù sul fiume Giordano, un affresco della chiesa matrice [Jean Renoir, Renoir mio padre, traduzione di Roberto Ortolani, prefazione di Agosti, Ed. Garzani, Milano, 1963].

Un cromatismo più soffice e delicato

Renoir: Junes al Piano
Renoir Jeunes Filles au piano, olio su tela, probabilmente 1892, 80 x 65 cm. Museo d’Orsay Parigi.

Entrato nel nuovo decennio, 1890-1900,  tuttavia, il pittore ha dei ripensamenti riguardo il suo linguaggio pittorico e quindi cambia di nuovo indirizzo. Inizia ad impiegare un cromatismo più delicato e tratteggiato, tanto da dissolvere i profili come nei lavori agli esordi della sua carriera artistica. Poco più tardi, già prima della metà dell’ultimo decennio del secolo, il pittore si concentra nella cura delle figure, soprattutto sui nudi monumentali.

In tale periodo subisce gli influssi della pittura di Alfred Dehodencq, che si evidenziano sulle opere di genere con scene domestiche, tra cui si ricorda Jeunes Filles au piano (1892).

Naturalmente con quest’opera Renoir non resiste alla tentazione di dipingere altre tele avendo come modella la bellissima figlia Julie di Berthe Morisot, di cui è ospite in tale periodo. In questa composizione l’artista riesce a creare una profonda intimità, soprattutto con le delicate  e morbide variazioni delle due eleganti figure in primo piano. Queste ultime, nonostante uno sfondo abbastanza netto e dettagliato – ma fatto di veloci e decise pennellate – sembrano staccarsi dalla tela.

L’ultimo periodo di attività

Gli ultimi nudi realizzati da Renoir sono i più tipici e meglio riusciti del suo periodo maturo, abbastanza noto per la propensione alla scelta di modelle ben in carne.

Renoir: Le Bagnanti 60 x 110 cm.
Renoir: Le Bagnanti 60 x 110 cm., 1919, Museo d’Orsay di Parigi.

Renoir, nel corso di tutta la sua carriera artistica, realizza oltre un migliaio di dipinti. Il suo caldo e sensuale linguaggio pittorico ha fatto sì che sue opere possano considerarsi, tra l’altro – di cui abbiamo già abbondantemente parlato in questa pagina e in quelle precedenti – tra le più celebri dell’Impressionismo. Furono anche fra le più riprodotte nelle pagine della storia dell’arte.

L’artista muore il 3 dicembre del 1919 a causa di una gravissima infezione ai polmoni.

Le Bagnanti (60 x 110 cm., 1919, Museo d’Orsay di Parigi.) sono il suo ultimo lavoro, realizzato con i pennelli legati alle dita ormai incapaci di muoversi autonomamente perché rattrappite.

La composizione si presenta con due gruppi di donne nude: due in primo piano e tre nei piani successivi (si osservi lo sfondo sulla destra). Tutto il contesto è ripreso nel giardino di Renoir, situato a Cagnes-sur-Mer.

Vita artistica e la pittura di Renoir

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Stile di Renoir

Una pittura luminosa e di forte emotività

Le tele di Renoir sono famose per la vigorosa e vibrante luminosità, nonché per il cromatismo solido e corposo.

L’artista con la sua maestria riesce a mettere a fuoco lo stato emotivo dei suoi personaggi in situazioni di profonda intimità.

Gli inizi dell’attività e la pittura impressionista

Inizia la sua attività sin dalla giovane età dipingendo su stoffe e decorando ventagli e porcellane. Frequenta l’atelier del pittore Gleyre dove conosce Monet e Sisley.

Renoir: Le Bagnanti 60 x 110 cm.
Renoir: Le Bagnanti 60 x 110 cm., 1919, Museo d’Orsay di Parigi.

Intorno al 1865 la sua pittura già si può considerare pienamente impressionista. La figura femminile, soprattutto quella nuda, è uno dei soggetti primari della sua produzione artistica.

Nel suo caratteristico linguaggio pittorico – fatto di libere, veloci e decise pennellate – Renoir cura anche i particolari senza però sminuire il risalto dei soggetti principali. Questi ultimi si fondono delicatamente nei vari piani secondo un’armoniosa e progressiva dilatazione spaziale. Inoltre in essi si evidenzia fluidità e morbidezza, che fanno dell’opera una piena e viva soddisfazione dell’animo.

I primi influssi: Delacroix, Corot, Courbet, Manet e Boucher

I suoi primi dipinti, sempre e comunque luminosi  e vibranti, evidenziano influssi coloristici di Delacroix e Corot.

Renoir nei primi anni della sua carriera artistica è molto interessato alla pittura realistica di Courbet e Manet. Anche dopo i suoi primi esordi, infatti, Renoir mantiene ancora per un certo periodo l’abitudine di integrare la propria coloristica con il nero, che adopera nelle zone in ombra o, comunque, sure.

Un altro artista assai ammirato da Renoir è François Boucher con la sua cultura accademica di origine romana (soggiorno a Roma) e veneziana (contatti con Sebastiano Ricci).

La Diana Cacciatrice

Renoir: Diana cacciatrice, 1867
Renoir: Diana cacciatrice, 1867

Un’evidente testimonianza del forte influsso realistico sul giovane artista è la Diana, realizzata nel 1867, una figura mitologica attentamente elaborata in studio e artificiosamente inserita in una paesaggistica immaginaria. Trattasi tuttavia di un lavoro studentesco ove già si intravede la forza espressiva nel conferire sensualità alla figura femminile.

Renoir è il pittore che, dopo Monet, riesce  meglio a rappresentare la poetica dell’Impressionismo.

Intorno alla fine del decennio 1860-1870, lavorando all’aria aperta (en plein air)  insieme al suo amico Monet, Renoir si rende conto che anche le parti in ombra hanno ricche gamme cromatiche, assai lontane dal quel convenzionale marrone annerito. Scopre anche che tali gradazioni derivavano pure dal colore riflesso dagli oggetti dell’ambiente in dipendenza della forza della luce solare.

La Grenouillère e Il Bal au Moulin de la Galette

Renoir Grenouillère
Renoir. Grenouillère,1869 tela cm. 66 x 81, Stoccolma, National Museum.

Lavorando spesso insieme all’amico, molte tele dei due artisti possono essere confuse come paternità autografica (si veda, per l’appunto, la Grenouillère di Monet).

Fra i capolavori di questo periodo non possiamo non ricordare la “Grenouillère” e il “Bal au Moulin de la Galette”. Qui, come in altre sue opere, le immagini vengono create direttamente dalla variazione cromatica che rappresenta la luce attraverso una miriade di rifrazioni e riflessi. Si compongono così immagini inconsuete ma di grande fascino e valore artistico.

Renoir Bal au Moulin
Renoir: Il Bal au Moulin de la Galette, 1876 olio su tela cm 131 x 175, Museo d’Orsay Parigi.

Quando Renoir dipinge coglie i naturali eventi quotidiani con passione e grande maestria. Nel Bal au Moulin de la Galette, capolavoro della pittura impressionista, l’artista riesce a centrare il bersaglio puntando in un momento di vita parigina nella creazione di un ambiente felice e spensierato.

Qui Renoir rende assai vibrante, dinamico e vivace il movimento che anima le figure nelle conversazioni di gruppo e nella danza. L’assenza di una struttura lineare è pressoché totale, per cui sono le variazioni cromatiche che rendono il movimento attraverso giustapposizioni ed accostamenti di vario colore. Non esiste in questa tela un soggetto principale, mentre le coppie danzanti, insieme ai vari gruppi di persone in conversazione, contribuiscono a creare quella dilatazione spaziale, rafforzata soprattutto dalla variazione del colore.

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Bagnante con grifoncino di Renoir

Pierre-Auguste Renoir: Bagnante con grifoncino

Bagnante con grifoncino, 184 x 115 Museu de Arte, San Paulo
Renoir: Bagnante con grifoncino, 184 x 115 Museu de Arte, San Paulo.

Serie opere n° 1  Disegni di Renoir

Sull’opera: “BAGNANTE CON GRIFONCINO” è un dipinto autografo di Renoir realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1870, misura 184 x 115 cm. ed è custodito nel Museu de Arte, San Paulo.

Fu accolta con favore della giuria al Salon del 1870 insieme ad un altro dipinto (Donna di Algeri) riscuotendo grande interesse da autorevoli esponenti della Storia dell’arte e del pubblico per gli accostamenti a Corot e Courbet. Reinach ne parlo molto bene mettendola in rapporto con l‘Afrodite di Cnido.

Una composizione luminosa, piena sapienti contrasti coloristici e chiaroscurali, con l’elegante figura in primo piano.

Biografia e vita artistica di Pierre Auguste Renoir

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Linguaggio pittorico di Renoir

Renoir - Ritratto d'uomo, sanguigna
Renoir – Ritratto d’uomo, sanguigna

Pierre Auguste Renoir (1841 – 1919) è uno dei promotori dell’Impressionismo francese ed è lui che insieme a Pissarro e Monet diffonde la lezione della nuova tecnica, del nuovo modo di vedere la pittura e di eseguirla fuori all’aria aperta.

Le sue figure sono sfrangiate in un unico, costante e fluido ritmo luminoso.

Dalla Storia dell’arte apprendiamo che l’Impressionismo è considerato dagli studiosi di Storia dell’arte del periodo come impresa folle. Proprio per questo motivo dura pochi anni.

Insieme a Monet, suo compagno di avventura, condivide tutte le conseguenze del movimento impressionista, fatte di grandi entusiasmi, umiliazioni, ma anche di vera gloria.

Canottieri a Chatou
Canottieri a Chatou di Renoir

Nonostante il suo temperamento non troppo vicino a quello di Monet, lavora fianco a fianco con lui nelle numerose, lunghe ed entusiasmanti sedute per la pittura “en plein-air”. Per un certo periodo lavorano sempre molto vicini, riportando sulle tele gli stessi soggetti, le stesse emozioni e gli stessi “attimi” catturati nelle varie ore della giornata con un penetrante linguaggio espressivo che ha dell’incredibile. Si scambiano opinioni, suggerimenti, emozioni e, talvolta, anche qualche pennellata, influenzandosi a vicenda. In quei momenti di piccolo relax, con i due artisti un poco scostati dai rispettivi cavalletti, sarebbe stato molto difficile attribuire la paternità di quelle opere.

Primavera di Monet
Monet: Primavera, cm. 60 x 79, Lione Musée des Beaux Arts.

Non soltanto qualcosa di puramente tecnico diversifica le opere di Renoir da quelle di Monet, ma anche di emozionale: le gradazioni cromatiche del primo sono più ricche e il suo controllo emotivo raggiunge la completa libertà. I paesaggi sono carichi di raggianti emozioni capaci di colpire la parte più profonda dell’animo umano. Le pennellate hanno il potere di rendere bello, elegante e soprattutto “vivo”, anche un soggetto privo di tutto questo. Il suo animo è talmente sensibile da esaltarsi al massimo davanti a qualsiasi soggetto: il volto tenero di una bambina, l’animazione festosa di un paesaggio, la calma di un fiume, una semplice composizione floreale, i boulevard di Parigi ecc.

Secondo gli studiosi della Storia dell’arte qualsiasi soggetto egli riproduca sulla tela risulta elegante, brioso, con colori luminosi e, soprattutto sprigiona energia emozionale: l’opera diventa un canto lirico la cui armonia colpisce non soltanto l’occhio dell’osservatore, ma anche il suo sentimento. Nei paesaggi, che sono vivi per conto proprio, non manca mai la scena di vita umana, riportata sotto qualsiasi aspetto, dove si respira un’aria di autenticità non inquinata da preconcetti o scelte di stile dettati da regole fisse. Il suo stato emozionale, che varia attimo per attimo, viene riportato sulla tela con tocchi decisi, senza tanti ragionamenti e nessun ripensamento.

Renoir disdegna la pittura in studio ed ascolta il proprio bisogno di andare a dipingere all’aria aperta, dove sente entrare direttamente nel profondo del suo animo l’essenza stessa della vita. Il suo dipingere è un continuo scambio di emozioni tra la natura, il suo animo sensibile e la tela, e il suo canto lirico diventa sempre più incisivo, facendo nascere ad ogni pennellata una nuova e gradevole sensazione. Altro sulla vita artistica e pittura di Renoir

la colazione dei canottieri
la colazione dei canottieri

La biografia di Renoir

Nasce a Limoges in Francia. Suo padre e sua madre sono entrambi sarti, lui per uomo e lei per donna.

Nel 1844 si reca a Parigi con la famiglia e comincia a studiare l’arte della musica, ma il padre vuole che si dedichi alla pittura, soprattutto all’arte decorativa della porcellana.

Nel 1848 frequenta la scuola “Fratelli delle scuole cristiane” che si trova presso il Louvre.

In seguito entra nell’atelier di Charles Gleyre, noto artista di quel periodo, e tramite lui, Renoir riesce a farsi accettare dall’Accademia d’Arte Francese (1862).

Nel 1864 con la sua opera “Esmeralda che danza” partecipa all’esposizione del Salon (esposizione artistica nazionale) e così comincia ad avere le prime ordinazioni, ma questo non gli basta lo stesso per vivere degnamente, infatti viene aiutato spesso dai suoi due amici Alfred Sisley e Frédéric Bazille.

Nel 1865 dipinge “en plein air” nella foresta di Fontainebleu  con Claude Monet, Alfred Sisley  e Camille Pissarro. In questo periodo conosce Coubert.

Nel 1870 si deve arruolare per il conflitto Francia – Prussia, ma per fortuna non combatte mai in prima linea.

Nel 1872 lavora insieme a Monet che si è stabilito ad Argenteuil, sulle rive della Senna.

Nel 1873 insieme ad altri artisti fonda la Società anonima cooperativa di artisti, scultori, pittori, incisori ed altri. Nel 1874 organizzano una mostra che viene criticata negativamente, anche se Renoir riscuote giudizi favorevoli, e più tardi verrà riconosciuta come la prima esposizione degli artisti impressionisti.

Tra il 1874 ed il 1876 dipinge moltissimi quadri, soprattutto ritratti e, grazie alle vendite delle sue opere, Renoir incomincia a non avere più problemi di tipo  economico.

Nel 1881 va in Algeria e poi in Italia dove rimane colpito dalle opere di Raffaello.

Nel 1890 sposa Aline Chariget, che conobbe dieci anni prima e dalla quale aveva avuto un figlio (Pierre). Dopo il matrimonio avranno ancora altri due figli: Jean (1894) e Claude (1901). Questi sono gli anni d’oro per Auguste Renoir tanto che nel 1900 viene insignito del titolo di Cavaliere della Legion d’Onore.

La sua felicità è rovinata dalla sua salute che lo limita anche nell’arte, ha violenti attacchi derivati dalla sua malattia reumatica e per questo motivo si deve trasferire nel meridione della Francia. La sua ultima residenza è a Cagnes–Sur–Mer (adesso trasformata in un museo).

La sua malattia peggiora tanto da costringerlo a vivere su una sedia a rotelle e deve essere aiutato a lavorare sulle sue ultime opere, facendosi legare il pennello alla mano. Questo è il periodo nel quale si dedica anche alla scultura.
Nonostante lo stato avanzato della sua malattia riesce a vedere alcune sue opere esposte alla National Gallery di Londra e del Louvre di Parigi.

Il 3 febbraio 1919 Renoir muore a Cagnes–Sur–Mer, a 78 anni, per una congestione subito dopo aver terminato la sua ultimissima opera “Le bagnanti”.

Bouquet de chrisanthemes
Bouquet de chrisanthemes

Le Opere di Renoir

Ritratto di William Sisley (1864),  Lisa con ombrello (1867), Ritratto di Bazille (1867), La Grenouiellère (1868,) Monet che legge (1872), La Senna ad Argenteuil (1873), I coniugi Sisley (1868), Il sentiero nell’erba alta (1874 circa), Il palco (1874), Ritratto di Charles Le Coeur (1874), Madame Monet che legge (1874), La liseuse (1875-1876),  Ritratto di Claude Monet (1875),  Nudo al sole (1875),  La pergola (1876), La balançoire (L’altalena) (1876),  Bal au moulin de la Galette (1876), Donna nuda seduta (1876 circa), Giovane donna con veletta (1876 circa), Ritratto di Madame Charpentier (1876–1877),  Donna in nero (1876 circa), Jeanne Samary in piedi (1878),  Jeanne Samary in abito scollato (La Rêverie) (1877),  Ritratto di Alphonsine Fournaise (1879), Testa di donna di profilo (1878), Ritratto di Irene Cahen d’Anversa (1879),  Colazione in riva al fiume (1879), Il canottaggio (1879 circa), Le déjeuner des canotiers (La colazione dei canottieri) (1880-82), Gli ombrelli (1881-86), Donna con ventaglio (1880), Sulla terrazza (1881), Ballo in campagna (1883), Ragazze in nero (1881),  Ballo a Bougival (1883),  Femme nue dans un paysage (1883)  Ballo in città (1883) Ritratto di Stéphane Mallarmé (1892),  Jeunes filles au piano (1892), Yvonne e Christine Lerolle al piano (1897), Mele e pere (1895), Gabrielle e Jean (1895), Ritratto di Ambroise Vollard (1908), Le fragole (1908),  Il clown (1909),  Nudo di donna visto di schiena (1909), La toilette (Donna che si pettina) (1910), Gabrielle à la rose (1910),  Claude Renoir vestito da pagliaccio (1909),  Roses dans un vase (1910), Gabrielle con la rosa (1911), Femme nue couchée (1910), Gabrielle con cappello largo (1915-1916),  Donna appoggiata sul gomito (1917-1919), Ritratto di Adèle Besson (1918), Le bagnanti (1918-1919).

Le lettere di Renoir

Italia, autunno 1881. Alla signora Charpentier.

Dovevo pranzare un mattino con voi, e mi avrebbe fatto infinitamente piacere, perché è già passato tanto tempo. Ma sono diventato improvvisamente viaggiatore e la febbre di vedere Raffaello mi ha preso. Sono dunque sul punto di inghiottire la mia Italia. Ora potrei rispondere apertamente, sì signore io ho visto Raffaello. Ho visto Venezia la bella, ecc. ecc. Ho preso per il Nord, e percorrerò lo stivale tutto intero già che ci sono e quando avrò finito farò la vera festa di venire a pranzo da voi. Allora, nonostante la mia ingratitudine, spero che mi riceverete ugualmente. Un uomo che ha visto i Raffaello. Che pittore eccezionale! Volete che vi racconti quel che ho visto a Venezia. Ecco. Prendete un battello e andate al quai des Orfèvres, o di fronte alle Tuileries, e vedrete Venezia. Per i musei andate al Louvre. Per Veronese andate al Louvre, eccetto Tiepolo, che non conoscevo; ma viene a costare un po’ caro.

No, non è vero, è molto bella, molto bella la laguna, quando c’è bel tempo. San Marco, stupendo, il palazzo dei dogi, stupendo il resto. Io preferisco Saint-Germain Lauxerrois [sic],

Napoli, 25 novembre 1881. A Durand-Ruel.

Sono ancora nella malattia delle ricerche. Non sono contento e cancello, continuo a cancellare […] Credo che non porterò molto dal mio viaggio. Ma credo che avrò fatto progressi, il che capita sempre dopo lunghe ricerche. Si torna sempre ai propri amori, ma con una nota in più. Infine, spero che voi mi perdoniate di non portarvi gran che. Ma così vedrete quello che vi farò a Parigi. Sono come i bambini a scuola. La pagina bianca deve essere sempre ben scritta e … paf! un pasticcio! E io sono ancora ai pasticci … e ho quarant’anni. Sono stato a vedere i Raffaello a Roma. È assai bello e avrei dovuto vederlo molto prima. È colmo di sapere e di saggezza.

Palermo, 14 gennaio 1882.

[Arrivato a Palermo] Trovo la città triste e mi domando se non riprenderò il battello la sera. Infine mi incammino tristemente verso l’omnibus sul quale sta scritto: Hotel de France. Vado alla posta per sapere dove risiede Wagner;

nessuno parla francese e nessuno conosce Wagner, ma nel mio albergo, dove sono dei tedeschi, ho finito col sapere che è all’Hotel delle Palme. Prendo una carrozza e vado a visitare Monreale dove sono dei bei mosaici, e durante il tragitto mi abbandono ad un mucchio di riflessioni malinconiche …

Eccomi all’Hotel delle Palme: un cameriere prende la mia lettera, ridiscende dopo qualche istante dicendomi in italiano: “Non saluti [sic] il maestro”, e mi volta la schiena. L’indomani io ricevo la mia lettera da Napoli, mi ripresento a questo stesso domestico che, questa volta, prende la mia lettera con un disprezzo scoperto … Infine ecco un giovane biondo che prendo per un inglese ma è russo e si chiama Joukoski. Finisce per trovarmi nel mio angolo e m’introduce in una stanzetta. Dice di conoscermi bene, che la signora Wagner è desolata di non potermi ricevere; poi mi chiede se voglio restare un giorno in più a Palermo, perché Wagner sta mettendo l’ultima nota al Parsifal ed è in uno stato di malessere e di nervosismo, e non mangia più, ecc. …

[… L’indomani] Alle cinque suonate sono là e m’imbatto nel solito domestico che mi saluta con deferenza, m’invita a seguirlo e mi fa penetrare in una piccola serra, poi in un salottino attiguo, mi fa sprofondare in un’immensa poltrona […] Odo un rumore di passi attutiti dagli spessi tappeti. È il maestro, in abito di velluto con grandi maniche foderate di seta nera. È bellissimo e molto gentile, e mi tende la mano, m’invita a risedermi e allora comincia una conversazione delle più insensate, cosparsa di hi!, di oh!, mezzo francese, mezzo tedesco con desinenze gutturali.

Io sono ben gontento, Ah ! Oh ! e un suono gutturale, voi venite da Parigi […] Parliamo di tutto. Dico parliamo, ma io non ho fatto che ripetere: Caro Maestro, certamente, Caro Maestro, e mi alzavo per andarmene, allora mi prendeva le mani e mi ricacciava nella mia poltrona. Addendete ancora un bo’ mia moglie sta tenendo e questo buon Lascoux gome va? Gli ho detto che non l’ho visto, che è molto tempo che sono in Italia e che lui non sa neppure che io sono qui. Ah! Oh! e un suono gutturale in tedesco. Parliamo del Tannhàuser all’Opera. […]

All’indomani ero là a mezzogiorno […] Era molto gaio, ma molto nervoso […] In breve, credo di aver impiegato bene il mio tempo, 35 minuti, non è molto, ma se mi fossi fermato prima, sarebbe stato bellissimo, perché il mio modello finiva per perdere un po’ di gaiezza e irrigidirsi. Ho seguito troppo questi mutamenti, vedrete. Alla fine Wagner ha chiesto di vedere e ha detto Ah! Ah! sembro un prete protestante; il che è vero. Comunque ero molto contento di non aver fatto del tutto fiasco: c’è un piccolo ricordo di questa testa ammirevole.

Algeri, marzo 1882. A Durand-Ruel.

Eccomi quasi sistemato ad Algeri e in rapporto con degli arabi per trovare dei modelli. Cosa abbastanza scomoda, perché si vedrà chi imbroglierà di più. Ma spero questa volta di riuscire a portarvi delle figure, ciò che non ho potuto fare nel mio ultimo viaggio. Ho visto dei bambini assai pittoreschi. Li avrò? Cerco di fare tutto quel che occorre per averli. Ho visto anche delle donne graziose. Ma vi dirò in seguito se ci sono riuscito. Ho bisogno ancora di qualche giorno prima di mettermi al lavoro. Ne approfitto per cercare, perché quando sarò a posto voglio fare più che posso e portarvi, se possibile, delle cose non troppo comuni.

[…] Mi irrita un po’ farvi aspettare tanto i miei nuovi invii dall’Italia. Peccato che ci siano dei ritocchi indispensabili da fare, ma poiché la mia nuova pittura non è ven­dibile, spero che non me ne vorrete troppo.

Guemesey, 1883. A Durand-Ruel.

Mi sono trovato su una spiaggia affascinante e completamente diversa dalle nostre normali spiagge normanne. Qui ci si bagna tra le rocce che servono da cabina, poiché non c’è altro : niente di più delizioso del miscuglio di uomini e donne assembrati su questi scogli. Ci si crederebbe molto di più in un paesaggio alla Watteau che nella realtà. Avrò dunque una fonte di motivi reali, piacevoli, di cui mi potrò servire.

La Rochelle, estate 1884. A Durand-Ruel.

L’ultimo quadro che ho visto di Corot aveva suscitato in me un desiderio folle di vedere questo porto e sono meravigliato di notare, malgrado il vago ricordo che ho del quadro, il realismo straordinario del tono. li-quadro dimenticato mi .è ritornato alla memoria. È straordinario.

[…] Piove tutti i giorni, ma il poco che faccio o che farò mi ha fatto compiere qualche progresso. È il primo viaggio che mi sarà servito a qualcosa, e proprio perché il tempo tanto cattivo mi ha indotto più a riflettere e vedere che a eseguire del vero lavoro. Tuttavia ho riempito qualche tela. Ve le mostrerò. Ho perduto molto lavorando nell’atelier, in quattro metri quadrati. Avrei guadagnato dieci anni a fare ciò che ha fatto Monet.

Essoyes, settembre-ottobre 1885. A Durand-Ruel.

Ho ripreso, per non lasciarla più, l’antica pittura dolce e leggera. Voglio rientrare con una serie di tele, poiché, non cercando più, faccio progressi in ciascun dipinto. È tutto diverso dai miei ultimi paesaggi e dal ritratto monotono di vostra figlia. C’è la tecnica delle Pescatrici e della Donna col ventaglio, con una leggera differenza data da un tono che non riuscivo a trovare e sul quale ho finito per mettere la mano. Non è niente di nuovo, ma è un seguito ai quadri del XVIII secolo. […] È per spiegarvi press’a poco la mia nuova fattura e ultima (Fragonard in tono minore). […] Non mi paragono […] a un maestro del XVIII secolo. Ma bisogna pure che vi spieghi in quale senso lavoro.

Essoyes, ottobre 1885. A Durand-Ruel.

Sto lavorando e ho delle cose in atto nella maniera della Donna col ventaglio. Ho avuto come modelli delle deliziose giovanotte e dei bambini. Ho cominciato delle Lavandaie e due teste. Una giovanotta che culla un marmocchio biondissimo. Penso che questa volta andrà bene. È una pittura molto dolce e colorata, ma chiara.

Citazioni e itinerario critico di Renoir

Citazioni e itinerario critico di Renoir (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)

Pagine correlate ad Auguste Renoir: Serie Opere n° 1 – Serie opere 2 – Disegni di Renoir – Biografia e vita artistica – La critica del Novecento – Il periodo artistico.

Il pensiero dei critici di Storia dell’arte su Renoir:

  […] Renoir ha il diritto di essere fiero del suo Ballo [Al “Moulin de la Gaiette”} : mai è stato meglio ispirato. È una pagina di storia, un monumento prezioso della vita parigina, di una esattezza rigorosa. Nessuno prima di lui aveva pensato di notare qualche fatto di vita quotidiana in una tela di così grandi dimensioni; è un’audacia che il successo ricompenserà come conviene. Questo quadro ha per il futuro una portata assai grande, che noi teniamo a segnalare. È un quadro storico. Renoir e i suoi amici hanno compreso che la pittura storica non era l’illustrazione più o meno faceta dei racconti del passato; essi hanno aperto una via che altri seguiranno certamente.

Che quelli che vogliono fare della pittura storica facciano la storia della loro epoca, invece di scuotere la polvere dei secoli passati […].

  Trattare un soggetto per i toni e non per il soggetto medesimo, ecco ciò che distingue gli impressionisti dagli altri pittori […]. E questa ricerca soprattutto, questo modo nuovo di esporre un soggetto, è la qualità personale di Renoir; invece di cercare il segreto dei maestri, di Velàzquez o di Frans Hals, come fanno gli enfants volontaires del quai Malaquais, egli ha cercato e trovato una nota contemporanea, e il Ballo, il cui colore ha tanto fascino e novità, costituirà certamente il grande successo delle esposizioni di pittura di quest’anno.  G. RIVIÈRE, in “L’Imprenionniste”, 1877.

  […] Vivendo all’aria aperta, [Renoir] è diventato il pittore del plein-air. Le quattro fredde pareti dell’atelier non hanno gravato su di lui, ne l’uniforme tono grigio o bruno dei muri ha oscurato il suo occhio; perciò l’ambiente esterno ha su di lui un enorme influsso; non avendo alcun ricordo delle schiavitù cui troppo spesso si legano gli artisti, si lascia trasportare dal soggetto e soprattutto dall’ambiente in. cui si trova.   È il carattere peculiare della sua opera; lo si ritrova ovunque e sempre, dalla Lise, dipinta in mezzo alla foresta, fino al Ritratto della signora Charpentier con i figli, dipinto in casa di lei, senza che i mobili siano stati smossi dal posto che occupavano tutti i giorni; senza che nulla sia stato preparato per dare rilievo a una parte o all’altra del quadro.   Dipinge il “Moulin de la Gaiette”? Vi si stabilisce per sei mesi, entra in rapporto con quel piccolo mondo che ha un suo tipico aspetto, e che modelli in posa non potrebbero ripetere; e, immerso nel turbinìo di quella festa popolare, rende il movimento indiavolato con una verve che stordisce.   Esegue un ritratto? Pregherà il modello di conservare l’atteggiamento abituale, di sedersi come è solito, di vestirsi come è solito […].   […] Ciò che ha dipinto, lo vediamo tutti i giorni; è la nostra stessa esistenza, registrata in pagine che resteranno sicuramente fra le più vive e armoniose dell’epoca. E. Renoir, in “La Vie moderne”, 1879

  [Renoir] È il vero pittore delle giovani donne, di cui sa rendere, in quella allegria di sole, il fiore dell’epidermide, il velluto della carne, la madreperla dell’occhio, l’eleganza della pettinatura. J.-K. Huysmans, in “L’Art moderne”, 1882.

  […] Senza rendersene conto, Renoir anima tutto ciò che vede con un’espressione particolare che è insieme ingenua e raffinata, quieta e commossa. Inutilmente il suo tipo di giovane donna cerca di modificarsi: dovunque, in tutti gli atteggiamenti e in tutti gli abbigliamenti, ritroviamo lo stesso esserino delizioso come un gatto delle favole, che socchiude sul mondo strani occhi maliziosi e pieni di tenerezza. E questa tenerezza non emana soltanto dalle linee del corpo e dai tratti del viso : l’anima di Renoir si riconosce tutta intera nei suoi quadri di fiori, i più belli che siano mai stati dipinti, splendenti di colori e che sempre conquistano per una mescolanza tutta femminile di dolce languore e di inquietante capricciosità. T. de Wyzewa (1891), in Catalogo della ‘personale’ alla Galerie Bernheim di Parigi, 1913.

Renoir ha mostrato una cura e una tenerezza squisite nel rendere gli occhi limpidi e lieti di un bambino, le labbra rosse delle donne, la splendente armonia dei fiori che, quali essi siano, si accordano sempre bene insieme. Non ha mai pensato di aver trovato un disegno abbastanza morbido e mosso, un colore abbastanza vellutato, una materia che meglio sappia ricordare uno smalto dotato di vita […].   Quanto al disegno, che anche i più accaniti avversar! non hanno mai osato attaccare apertamente nemmeno ai tempi eroici, esso rivela una grazia infantile. E Renoir ha veramente di queste scoperte di un animo spiritualmente infantile. È il disegno di un maestro che ha conservato, attraverso le amarezze della vita e le angosce dell’arte, tutto il candore e la vivacità d’impressione dei vent’anni. A. Alexandre, Catalogo della ‘personale’ alla Galerie Durand-Ruel di Parigi, 1892.

 […] Non ci si riesce a spiegare perché un tale colorista non sia piaciuto a tutti, perché non abbia conosciuto il successo folgorante, lui che era voluttuoso, chiaro, felice, agile e sapiente senza pesantezza. Le riserve avanzate su questo successore di Boucher e di Fragonard da persone che protestavano in nome della Francia vanno attribuite soltanto a questioni di scuola e di data, ai contraccolpi della polemica e insieme anche alla silenziosa dignità dell’esistenza di un poeta quietamente sdegnoso dell’opinione altrui, e attento solo alla pittura, il suo unico grande amore. C. Mauclair, L’impressionnisme, son histoire, son esthétique, ses maìtres, 1904.

  Considerando l’insieme delle opere di Renoir, bisogna riconoscere che è stato soprattutto il pittore della donna. Nella sua opera si rivela un tipo femminile originalissimo, che si vede apparire fin dagli inizi. È quello della giovane parigina che va dalla borghese all’operaia, dalla sartina alla ragazza che balla nei locali di Montmartre : una personcina snella, pimpante, vestita con garbo, ridente, ingenua. A questa parigina del XIX e XX secolo Renoir ha conferito una grazia, un fascino che possono trovare riscontro in quelli che i pittori del XVIII secolo impressero a un mondo totalmente diverso e a donne di tutt’altra classe.  Th Duret “Storia dei pittori dell’Impressionismo”.

  Mentre si succedevano le teorie, le dottrine, le estetiche, le metafisiche e le fisiologie dell’arte, l’opera di Renoir si è sviluppata anno per anno, mese per mese, giorno per giorno con la semplicità di un fiore che sboccia, di un frutto che matura. Renoir non ha pensato a compiere un proprio destino : ha vissuto e dipinge. Ha fatto il proprio mestiere : e in ciò sta forse tutto il suo genio. Perciò l’intera sua vita e la sua opera sono una lezione di felicità. Egli ha dipinto con gioia, con quanta gioia bastava per non gridare ai quattro venti quella gioia di dipingere che i pittori tristi proclamano con accenti lirici. Ha dipinto donne, bambini, alberi con la meravigliosa sincerità di un uomo che crede che la natura si offra alla sua tavolozza così semplicemente come se fosse stata creata dall’eternità per essere dipinta.   Renoir non è un profeta: non si attribuisce la missione di pronunciare un giudizio definitivo sull’anima delle cose. La loro apparenza gli basta: non dipinge ne l’anima, ne il mistero, ne il significato delle cose, perché soltanto se si è attenti alle loro apparenze, si riesce ad accostarsi un poco al significato del mistero dell’anima delle cose. In ciò sta il segreto della sua giovinezza e della sua gioia. […] Renoir ha l’ottimismo di coloro che si abbandonano alle forze della natura e alle forze del proprio istinto. Così come uno scienziato non pretende di giungere a conoscere la materia, ma l’interroga nelle sue manifestazioni con un ottimismo minuzioso e candido, così Renoir ha seguito i più sottili passaggi tra colore e colore, tra sfumatura e sfumatura. […]   Forse è il solo grande pittore che non abbia mai dipinto un quadro triste.  O. MIRBEAU, presentazione della ‘personale’ alla Galerie Bernheim di Parigi, 1913.

 Certo, nessun pittore passò mai a traverso le difficoltà della sua arte con una più grande se renità. Appartenendo […] in una certa misura all’impressionismo, egli [Renoir] s’è appropriato di quella scuola la purezza dei toni e la libertà frugatrice del disegno; ma lungi dal farsene, come i suoi colleghi, una tirannia e una maniera, non si serve di cedesti istrumenti che per arrivare a una maggiore intensità e armonia di rappresentazione. E nemmeno versa mai nell’errore contrario. I belli impasti, la maestria della pennellata, la linea spavalda e pomposa, il fa che Cézanne indicava invidiando con un gesto da scenografo, gli sono altrettanto estranei che la fotolatria e la vaporosità vanescente di un Claude Monet.  “Il peint comme un cochon”, diceva di lui un giovane pittore che l’amava; e se queste parole, poco rispettose ma cordiali, possono, come volevano, indicare la semplicità e natività dei suoi mezzi, il suo disdegno per la cucina succulenta, per il “bel pezzo” della pittura edonistica niente di più vero. “Il peint comme un cochon”, senza artifizi, senza lenocini, senza la odiosa fermezza degli uomini del mestiere, ma con la frusta e paziente spontaneità della natura. La sua imperizia stessa è una grazia di più, come l’aneddoto cotidiano, ch’egli tratta costantemente ed eleva quasi alla religiosità, è la prova più convincente della sua potenza artistica … SOFFICI “SCOPERTE E MASSACRI”.

  Più a lungo si osserva Renoir, più si scorgono in lui profondità dietro veli di sottigliezza. E tuttavia, a paragone di altri artisti moderni, era facile e istintivamente semplice. La stessa unità plastica veniva da lui raggiunta con un metodo che sembra più naturale, poniamo, di quello di Cézanne. Mentre questi dava inizio alla sua infaticabile ricerca della prospettiva dei piani in profondità, Renoir sembra aver accettato una formula plastica assai semplice. Qualunque cosa Cézanne abbia voluto esprimere con le sue celebri parole intorno ai coni e ai cilindri, sembra che Renoir considerasse la sfera e il cilindro sufficienti per i suoi scopi. La figura si manifesta a lui come un complesso di rotondità più o meno emisferiche, ed egli dispone solitamente la luce in modo che la parte più prominente di ogni rotondità ne riceva in maggior misura. Da essa i piani indietreggiano con gradazioni insensibili verso il contorno che, di solito, rimane la parte più vaga e meno definita della modellazione.   Tutto ciò che si trova subito al di là del contorno tende ad essere attuato nella sua sfera d’influenza, formando una sequenza indefinita che sviluppa e accoglie i piani. Mentre l’occhio si allontana dal contorno, si formano nuove rotondità meno marcate, che riempiono lo spazio ripetendo il tema fondamentale. Il quadro tende in tal modo ad assumere la forma di un bassorilievo in cui non si hanno recessioni nella profondità dello spazio pittorico, ma solo in un piano posteriore, come se dalla loro massa emergessero i rilievi sferici, anche se l’occhio può interpretare queste recessioni come profondità per via del colore atmosferico.   […] Renoir […] sembra che non abbia mai permesso al suo occhio di accettare qualcosa di più dei grandi elementi di massa e di direzione. Le sue curve piene e rotonde avvolgono la forma nel suo aspetto più generale. Con l’avanzare degli anni e col continuo sviluppo della sua scienza, egli fu in grado, alla fine, di esprimere questa sintesi essenziale con un respiro e una facilità sorprendenti. Continuò ad accrescere l’ampiezza delle sue forme finché, negli ultimi nudi, tutto il disegno è costituito da poche masse rotonde, in perfetto rapporto fra loro.       R. FRY, Vision and designs, 1920.

  Se Delacroix, in antitesi al presuntuoso orgoglio di Courbet per la finezza della sua mano, metteva in guardia contro la maledetta abilità del pennello, si deve tenerne un conto relativo, perché lo stesso Delacroix pretendeva dal pittore la maestria di Paganini e ne aveva bisogno per l’impegno drammatico della sua opera. Quando un Renoir raggiunge invece una piena e chiara visione del suo mondo artistico, gli è sufficiente il mestiere di pittore su porcellana per creare opere immortali: perché allora riesce a far parlare il suo popolo e la sua fanciullezza attraverso la mano, e questa non è che uno strumento guidato dal genio della razza. [Anche da vecchio] Renoir rimane libero come un bambino, cui non nuoce la mancanza di funzioni che gli sono estranee. Con mani sane non avrebbe saputo intraprendere altro, attuando al massimo un ingrandimento del formato. Questa indipendenza che l’artista raggiunse costituisce quasi un coronamento della sua evoluzione organica; e in tale conquista si è tentati di vedere solo il frutto di una crescita naturale, non il risultato di un’azione voluta. In realtà, il superamento di ogni traccia di fatica segna il massimo conseguimento del suo intelletto. Renoir non è mai stato più giovane, mai più radioso che alla fine. J. Meier-Graefe, Die Kunst unserer Tage. Von Cézanne bis Haute, 1927.

E crea immagini secondo natura, senza che abbiano rapporto diretto con le immagini della natura. Può ripetere molte volte il medesimo nudo, senza cader nella maniera, perché la sua forma non è mai saputa, ma è l’effetto immediato del vedere. Ogni oggetto, animato o meno, è trasformato nel medesimo modo, accomunato in uno stile che non distrugge, anzi è datore di vita, nell’arte. Nulla rimane dunque indipendente. Renoir si atteggia a spregiatore dell’impressionismo, malgrado sia sempre la luce che guida la sua mano : ma quella luce non è indipendente dalle cose, anzi penetra ogni molecola, perché ogni immagine sia fatta di una sostanza semifluida impastata di luce. Sembra che i corpi siano tutti una luce condensata secondo certa forma. Perciò ogni cosa si agguaglia, e i ritratti appaiono nature morte.    L. Venturi, in “L’Arte”, 1933.

 Nella sua continuità, nel suo praticamente ininterrotto progredire […], la carriera di Renoir costituisce uno straordinario esempio di tutte le caratteristiche essenziali di un processo evolutivo. Nulla viene mai incluso nei dipinti della maturità che egli non abbia fatto genuinamente suo, e nulla, una volta assimilato, va più perduto. […]       Nel corso della sua evoluzione artistica, Renoir arricchì non soltanto la propria opera ma le tradizioni stesse della pittura. Così il disegno di Manet, la sua eliminazione di quanto non è essenziale, le sue generalizzazioni e i suoi colpi di pennello limpidamente espressivi acquistano tra le mani di Renoir un significato più profondo: egli vi aggiunge un colore più ricco e strutturale in volumi più corposi e collocati in uno spazio più profondo, realizzando effetti che sarebbero stati completamente al di fuori delle possibilità di Manet. Le qualità caratteristiche della pittura francese del diciottesimo secolo riappaiono purgate dalla loro propria frequente artificiosità e banalità ricorrente, e combinate con una forza e un fascino universalmente umano, di cui Watteau, Lancret, Boucher e Fragonard sono relativamente poco dotati. Anche la tradizione veneta riceve un nuovo e più profondo significato : essa recupera la piena misura dell’espressività plastica, mentre gli aspetti accidentali e arcaici sono spazzati via, ed acquista una struttura decorativa più opulenta di quanto si possa mai vedere in Tiziano, Tintoretto o Veronese. La visione di Renoir, insomma, rivela una quantità di valori insospettati nella grande arte di tutti i tempi.   A. C. Barnes – V. de. Mazia, The Art of Renoir, 1935 .

Continua citazioni e critica Renoir

Opere di Pierre-Auguste Renoir

Alcune tra le più celebri opere di Pierre-Auguste Renoir

Pagine correlate ad Auguste Renoir: Serie Opere n° 2 – Disegni di Renoir – Biografia e vita artistica – La critica – Il periodo artistico.

Sotto è riportato l’elenco delle opere di Renoir che sono raffigurate in queste pagine. Sopra invece ci sono altri due collegamenti che portano ad altre opere e disegni del grande pittore impressionista. Fare click sulle miniature con il mouse per ingrandire ed avere maggiori dettagli. In alcune opere ci sono anche le considerazioni di critici della Storia dell’arte.

Ritratto di Bazille,  Il palco, La Grenouiellère, La Liseuse, Giovane donna con veletta …

Le opere

1 bazille

Ritratto di Bazille,  1867, 106 × 74 cm. Museo d’Orsay, Parigi.

2 grenouillere

La Grenouillère, 1869 tela cm. 66 x 81, Stoccolma, National Museum.

3 il palco

Il palco, 1874 olio su tela 80 x 64 Londra, Courtauld Gallery.

7 la luisanne

La Liseuse, 1876,  47 × 38 cm. Parigi  Museo d’Orsay.

8 giovane donna

Giovane donna con veletta, 1876 olio su tela, 61 x 51 cm., Museo d’Orsay di Parigi.

10 jeanne

Jeanne Samary in abito scollato, 1877, 56 x 47 cm. Museo Puskin, Mosca.

11 ritratto di irene

Ritratto di Irene Cahen d’Anversa, 1880, 65 × 54 cm Zurigo, raccolta E.G. Buhrle.

Altre opere

12 la colazione dei canottieri

La colazione dei canottieri, 1880-82 olio su tela 129,5 × 172,5 cm, Phillips Collection, Washington.

13 ragazze in nero

Ragazze in nero, 1881 (o molto prima, dal 1876), cm. 80 x 65 Museo Puskin di Mosca.

14 Junes

“Jeunes Filles au piano”, 1892 olio su tela cm. 116 x 90, Museo d’Orsay Parigi.

15 gabrielle e jean

Gabrielle e Jean, 1895 olio su tela 65 × 54 cm Museo dell’Orangerie, Parigi.

16 bouquet di crisantemi

Bouquet de Chrysanthèmes, 1883-1885, 81 x 65, Musee des Beaux Arts.

17 Gli ombrelli

Gli Ombrelli, 1881-86 olio su tela cm. 180 x 115, National Gallery di Londra.

18 il bal au moulin de la galette

Il Bal au Moulin de la Galette, 1876 olio su tela cm 131 x 175, Museo d’Orsay Parigi.

20 ritratto femminile

Ritratto femminile (storia e descrizione sconosciute dalla redazione: si prega il visitatore di informarci se in possesso di valide notizie).

21 donna con chitarra

Donna con chitarra (Chitarrista, Suonatrice di chitarra), 1898,  81 x 61 cm. Museo delle Belle Arti di Lione.

23 ritratto di giovane donna

Ritratto di giovane donna in profilo, cm. 46 x 38, Museo d’Orsay, Parigi.

25 colazione

Alla fine della colazione, 1879, cm. 100 x 82, Francoforte, Staedelsches Kunstinstitut.

26 bambina

Bambina dalla cintura azzurra, 128 x 75,  Museu de Arte, San Paulo.

27 al concerto

Al concerto, 100 x 80 Sterling and Francine Clarck Art Institute Williamstown.

28 vendemmiatori

Vendemmiatori, cm. 54,2 x 65,4, 1879, National Gallery of Art, Washington.

Altre opere

29 donna nuda

Donna nuda seduta, cm. 80 x 65, Musée Rodin Parigi.

30 colazione

Colazione in riva al fiume, 54 x 65, Art Institute Chicago.

31 campo di banani

Campo di banani, 50 x 71, Parigi, Museo d’Orsay.

32 festa araba

Festa araba ad Algeri, 72 x 93, Parigi, Museo d’Orsay.

33 ponte della ferrovia

Ponte della ferrovia, cm 72 x 93, Parigi, Museo d’Orsay.

35 frutta del meridione

Frutta del meridione, 51 x 68,5, Art Institute Chicago.

36 bambina con cappello

Bambina con cappello profilato, 40 x 35, Proprietà privata Parigi.

37 castagno in fiore

Castagno in fiore, 71 x 89, Nationalgalerie Berlino.

38 valletta in algeria

Valletta in Algeria, 65 x 81, Parigi Museo d’Orsay.

39 bagnante

Bagnante che si asciuga un piede, 65 x 55 Orangerie Parigi.

40 all'estaque

All’Estaque, 65,5 x 81,5, Museum of Fine Art Boston.

41 donne e bambini

Donne e bambini in riva al mare a Guernesey, cm 32 x 41,5, Berna Halnloser.

Renoir: Le Bagnanti 60 x 110 cm.Le Bagnanti 60 x 110 cm., 1919, Museo d’Orsay di Parigi.

Altra serie di opere di Renoir

Ritratto di Bazille (Museo Fabre) di Pierre-Auguste Renoir

Pierre-Auguste Renoir: Ritratto di Bazille (Museo Fabre)

Renoir - Ritratto di Bazille (Museo Fabre)
Renoi: Ritratto di Bazille,  1867, 106 × 74 cm. Museo Fabre, Montpellier.

Serie Opere n° 2   Disegni di Renoir

Sull’opera: “Ritratto di Bazille è un dipinto autografo di Renoir realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1867, misura 106 x 74 cm. ed è custodito nel Museo Fabre a Montpellier.

Il pittore Bazille, amico di Renoir viene ritratto nel suo studio parigino in rue Visconti n° 20, mentre sta realizzando L”Airone (custodito a Montpellier, Musée Fabre). L’opera sopra raffigurata, che  fu apprezzata moltissimo da Manet, ha un impianto compositivo non proprio semplice ma più sciolto di quello delle opere eseguite in precedenza da Renoir. Sul fondo si possono riconoscere alcune opere di Monet, anch’esso ospite di Bazille.

Secondo gli studiosi di Storia dell’arte – e nello specifico sul pittore – Renoir, un anno prima di realizzare questo ritratto, stava passando un brutto periodo con serie difficoltà economiche.

Per tale ragione, fu ospitato da Frédéric Bazille, che lo aveva lo aiutò a superare la crisi.

Opere Pittori A-E

Ritratto di Jeanne Samary in abito scollato di Renoir

Pierre-Auguste Renoir: Ritratto di Jeanne Samary in abito scollato

Renoir - Jeanne Samary in abito scollato
Renoir: Jeanne Samary in abito scollato, 1877, 56 x 47 cm. Museo Puskin, Mosca.

Serie Opere n° 2   Disegni di Renoir

Sull’opera: “Jeanne Samary in abito scollato” è un dipinto autografo di Renoir realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1877, misura 56 x 47 cm. ed è custodito al Museo Puskin, Mosca.

Il dipinto in esame fu esposto in occasione della terza manifestazione degli Impressionisti del 1877 con il titolo La Reverie (fantasticheria, sogno), non fu accolto con entusiasmo dal pubblico, e alcune critiche di voci autorevoli della Storia dell’arte furono anche abbastanza aspre. Jeanne Samary era un attrice che raggiunse la celebrità – più che per la sua bellezza – per le sue grandi doti recitative.

Il pittore conosceva bene Jeanny e la ritrasse in molte sue opere. Il vivo rosso dello sfondo, per la sua ricca e piacevole variazione cromatica, non riesce ad avere la predominanza sul delicato e morbido carnato della figura che viene messa in evidenza con un gradevole equilibrio coloristico.

Citazioni e critica su Renoir

Citazioni e critica su Renoir (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)

Cosa gli studiosi della Storia dell’arte hanno detto a proposito di Renoir:

 […] Se alcuni pittori hanno voluto compiacersi di provare la propria tavolozza inventando immagini indefinite, Renoir si è invece compiaciuto di prendere nella natura ciò che più conveniva al suo temperamento. […] […] Renoir ha avuto l’eccezionale fortuna di trovarsi agli antipodi di ogni gergo filosofico e di essere ciononostante quasi il simbolo di quei pochi eletti […] che in tutti i rami dell’esperienza umana hanno creato un umanismo francese sensibile a tutte le voci ma immune dall’annientamento in una vaga religiosità, dagli impulsi brutali dell’animalità, dalla rinuncia fallace e superba di un ascetismo mal diretto e dalle mollezze di una poesia lontana dalla sensualità della natura. M. Drucker, Renoir, 1944.

Renoir non sentì da giovane alcun bisogno sostanziale di disciplinare, di rendere organicamente consapevoli le proprie qualità. Si era affidato specialmente al suo istinto profondo, alla sua spontaneità, e perciò le sue prime esperienze hanno scarse oscillazioni, sono semplici e piuttosto univoche (Courbet, Manet), giacché il pittore cercava soltanto un mezzo rapido e adeguato che gli consentisse lo sgorgare felice della sua fantasia. La sua ricerca non ha nulla di intellettuale, non è morsa da assillo critico, si muove piuttosto secondo la forza incoercibile del temperamento e ad essa si affida.   […] L’assestamento doveva durare fin quasi al 1900. Renoir ne uscì rinnovato, potenziato, anche più ricco di energie consapevoli : ritrovando e come riformando le sue qualità originarie, ma maturate dal lungo percorso di ricerca è notevole il parallelismo con la crisi michelangiolesca di Tiziano, dopo la quale, ma anche per sua condizione, si giunge ai supremi capolavori della vecchiezza. Fino alla morte Renoir dipinse e modellò, con le sue mani operose rese dall’artrite nodose e ferme come radici, – coi suoi arti sempre più immobili, in una vertiginosa continuità. La sua visione si è ingigantita, si è fatta panica e augusta, spogliandosi di ogni psicologia e di ogni contingenza per un canto puro di un’ampiezza trionfale. Lo stile diviene cosmico, di una violenza di ispirazione, di una unità greve e corale che non hanno confronti, e che lo pongono fra i più grandi creatori di ogni tempo. C. L. Ragghianti, L’impressionismo, 1944.

  L’arte di Renoir, per il suo spirito sereno e per l’assenza apparente di problemi, doveva ben presto imporsi ed affascinare il pubblico. È uno di quei geni che si lasciano avvicinare senza difficoltà; egli stesso diceva: “Pour moi un tableau doit etre une chose aimable, joyeuse et jolie, oui jolie!” Eppure la sua arte, tanto profonda, supera e sconvolge un’estetica così limitata e borghese. E ancor oggi, a distanza di quasi trent’anni dalla morte, l’arte di Renoir non è compresa nel suo giusto valore, al di là appunto degli elementi più facili di cui essa pur consta. R. Pallucchini, Gli impressionisti alla XXIV Biennale, 1948.

  Renoir opera nello stesso modo sia che si tratti di nudi — bagnanti o allegorie —, di odalische o di lavandaie vestite a colori vivaci, e costruisce gli elementi del quadro intorno a punti di luce, centri delle masse cosmiche che per lui tendono sempre più a diventare carni, fiori, frutti, alberi. Le bagnanti che rappresentano la maggior parte delle ultime sue opere, le odalische e le lavandaie sono inseparabili dagli altri elementi della cui essenza partecipano e cui sono intimamente legate. Nel desiderio di non sottrarre gli esseri al proprio ambiente, Renoir continua a dipingere di preferenza nel paesaggio. Sia che serva da decorazione, sia che venga colto in se stesso, esso è trattato coloristicamente in modo sempre più lirico; e la costruzione impostata sulle masse è più o meno evidente a seconda del grado di finitezza. E tali masse, ora lasciate allo stato di zone sfumate, indistinte, ora ravvivate solo da qualche tocco di luce, sono talvolta trasformate in veri roveti ardenti da larghi accenti vigorosi : accenti che diventano di volta in volta più infuocati per il colore e insieme per la forma. Mobili come fiamme, di cui assumono i medesimi toni caldi. In linea generale il rosso domina in tutte le opere dell’ultimo periodo di Renoir, che pure talvolta si lancia in esasperate armonie di verde e azzurro […]. – J D. Roli ART, Renoir, 1954.

Alla critica più antica su Renoir

Cavalieri al bois de Boulogne di Pierre-Auguste Renoir

Pierre-Auguste Renoir: Cavalieri al bois de Boulogne

Renoir - Cavalieri al bois de Boulogne
Renoir: Cavalieri al Bois de Boulogne, 1872-72, cm 261 x 226, Kunsthalle, Amburgo.

Serie opere n° 1   Disegni di Renoir

Sull’opera: “CAVALIERI AL BOIS DE BOULOGNE” è un dipinto autografo di Renoir realizzato con tecnica ad olio su tela tra il 1872 ed il  1873, misura 261 x 226 cm. ed è custodito al Kunsthalle Amburgo.

Pensata per essere presentata alla manifestazione del Salon del 1873, l’opera fu realizzata negli ambienti scuola militare aux Invalides. Renoir vi lavorava nel salone delle feste prendendo come modelli la signora Darras e Joseph Le Coeur.

Il marito della Darras – un esponente della scuola con il grado di capitano – criticò aspramente il cromatismo dell’opera, soprattutto quello dei cavalli.

Famosa rimase la sua frase pronunciata a proposito dell’opera: “Potete credermi, … dei cavalli blu, non si sono mai visti!”.