Il Seicento è considerato dagli studiosi il secolo più fecondo e prosperoso della storia dell’arte spagnola, soprattutto nel campo della pittura.
Molto attivi e dinamici sono i centri artistici sparsi in tutto il Paese tra i quali si evidenziano quelli dell’Andalusia e di Siviglia, quest’ultima cardine economico, artistico-intellettuale e spirituale della Spagna.
Progressivamente molti pittori, tra i quali alcuni di grandissimo profilo, confluiscono anche a Madrid per la presenza della corte, ma molta importanza continua ad avere la pubblica richiesta delle opere a tema ecclesiastico in tutta la Spagna.
La scelta naturalistica è un elemento ormai comune in tutta l’Europa già a partire dai primi anni del Seicento e la predisposizione a questo linguaggio artistico è incoraggiata anche dal dilagare del caravaggismo e dalle attività artistiche italiane in genere.
Velazquez: L’acquaiolo di Siviglia
Il dare importanza alla realtà così com’è e il giocare abilmente con il colore sugli effetti luce-ombra, connotano gli esordi dei più grandi artisti della prima generazione seicentesca di stampo Sivigliano: Diego Velàzquez (nato nel 1599, morto nel 1660), Francisco de Zurbaràn (1598-1664) e Alonso Cano (1601-67). Educato alle scuole di Herrera el Viejo e di Pacheco (suo futuro suocero), già nelle primissime opere di Diego Velàzquez si respira un forte linguaggio realistico di stampo caravaggesco, con temi relativi alla gente comune ed alla realtà giornaliera, descritti con un’eccezionale efficacia espressiva (“L’acquaiolo di Siviglia”, Londra Wellington Museum, “Vecchia che frigge le uova”, Edimburgo, National Gallery).
Zurbaran: Un riquadro dei dipinti del Monastero de Guadalupe.
Altrettanto realistiche si manifestano le figure nei temi sacri, caratterizzate da un approfondimento sulla volumetria e sul chiaroscuro, influenzata certamente dalla scultura sivigliana del periodo. A partire dal 1623, il pittore conosce Filippo IV, dal quale ha il compito di eseguire parecchi ritratti di famiglia; a Madrid ha la possibilità di studiare le opere di Tiziano che sono facilmente reperibili nelle collezioni reali, e di far conoscenza con Rubens (1628-29). In seguito alla meravigliosa esperienza della sua visita esplorativa in Italia dal 1629 al 1631, Velàzquez raggiunge il livello più alto della sua creatività caratterizzata da una tecnica libera e disinvolta, da accostamenti di colore vibranti ma sofficemente sfumati, da tocchi sintetici e pennellate rapide, dando alla pittura uno straordinario gioco tra illusione e realtà.
Murillo: Madonna col Bambino
L’artista pittore e scultore Alonso Cano, inizia la sua attività di pittore con uno spiccato linguaggio naturalistico ed approda a un raffinato ed approfondito irreale fascino di ispirazione rinascimentale.
Francisco de Zurbaràn è interprete dell’inflessibile e caratteristica spiritualità spagnola; le sue figure scultoree spiccano su sfondi abbastanza bui ed indistinti. Verso il 1650 emerge con forza la figura di Bartolomé Esteban Murillo (1618-82), influenzato dalla lezione dei pittori precedenti, fra i quali il catalano Francisco Ribalta (1565-1628) – fortemente caravaggesco in età avanzata – e il malinconico, singolare Luis de Morales (1520-86), famoso per le sue caratteristiche Madonne. Nella produzione di Murillo la pittura sacra si manifesta in un’arte affascinante, ed in un’interpretazione rassicurante.
El Greco: Madonna col Bambino e le sante Martina e Agnese
Potente e tragica invece si manifesta l’attività artistica di Juan Valdés Leal (1622-90). È questo il periodo in cui in tutta la Spagna si rivela decisa l’influenza fiamminga e l’espandersi a tutto campo del gusto barocco. È questo il momento in cui si sviluppa quella metamorfosi che porta alla grande decorazione ad affresco, i cui maggiori esponenti sono Francisco Rizi (1614-85) e i pittori di corte Juan Carreno de Miranda (1614-85) e Claudio Coello (1642-93).
Cenni biografici: Diego Rodriguez de Silva y Velàzquez nato a Siviglia nel 1599 e morto a Madrid nel 1660, dà inizio alla formazione del suo profilo artistico nelle botteghe di validi maestri come Francisco de Herrera (1585 e nel 1657) e Francisco Pacheco. Intorno agli anni 1622 e 1623 lavora a corte, dove l’ammirazione del conte duca di Olivares, gli permette di conseguire l’incarico di pittore di camera.
Nel 1629 va in Italia ed esplora i suoi più importanti centri artistici, da nord a sud, fino a Napoli. Pittore di grandissimo successo, con una tendenza alla lezione caravaggesca, forgia il proprio realismo con un’incessante verifica della natura estetica della creazione e del riscontro armonico delle parti cromatiche. Proprio l’elegante, equilibrato e solido cromatismo, l’intensità misurata ed eloquente della pennellata, lo caratterizzano come un maestro al di fuori dei gusti correnti, pittore straordinariamente morigerato del grande teatro barocco. Le sue opere rimangono come monumenti, con i quali si stanno ancor oggi misurando gli artisti.
Francisco de Zurbaràn nato a Fuente de Cantos nel 1598 e morto a Madrid nel 1664, forgia la sua formazione presso le botteghe d’arte di Siviglia ed a venti anni è un pittore affermato. Inizia con un’attività in proprio ed invia a Siviglia le ventuno eccezionali tele per la chiesa di Santa Maddalena.
Nel 1629 Zurbaràn viene chiamato dalla città di Siviglia dove si stabilirà, esclusa una breve visita a Madrid, fino alla morte. Zurbaràn dipinge temi religiosi con figure aventi caratteristiche non ben definite ed entro spazi dove manca la consistenza volumetrica. Questo genera, in contrasto, figure con un solido impianto volumetrico e il cromatismo con una straordinaria intensità nelle luci. I suoi scuri hanno la stessa ricchezza di Velàzquez e i suoi chiari, fino a raggiungere il bianco, sono impareggiabili. Anche le sue nature morte, negli effetti di luce ed ombra, irreali ma tangibili nella ricchezza del colore, comunicano un’arte fondamentale e cruda.
Frammenti
La presenza a Valencia di pittori italiani come il Borgiani ed i fratelli Carducci, stimolano il mondo dell’arte spagnola a staccarsi dagli schemi cinquecenteschi.
A Valencia Francisco Ribalta, maestro di Jusepe de Ribera, trasmette al suo discepolo le proprie caratteristiche di marchio naturalistico
Molti grandi artisti spagnoli risentono dell’influenza caravaggesca
Fray Juan Sanchez Cotan è un grandissimo rappresentante di nature morte, molto diverse da quelle italiane, dove predomina la rigorosa ricerca di armonia e composizione. Ogni elemento ha una collocazione indipendente che gli conferisce un’assoluta e concreta verità.
Nei primi anni del decennio, il clima artistico sivigliano è dominato da alcuni pittori, tra cui Las Roelas, Francisco Pacheco, Francisco Herrera el Viejo. Sguiranno naturalmente i giovani Velázquez, Zurbarán e Cano
Il dopo Velázquez vede pittori come Bartolomé Esteban Murillo, Pedro Nunez de Villavicencio, Juan Bautista del Mazo, Juan Carreno de Miranda, Matteo Cereso, José Antolinez, Juan de Valdes Leal
Un altro pittore del tardo Seicento è Antonio de Frias y Escalante
Velàzquez nasce a Siviglia nel 1599 e muore a Madrid nel 1660. Inizia la sua formazione artistica nelle botteghe di esperti maestri quali Francisco de Herrera (1585 – 1657) e Francisco Pacheco.
Verso gli anni 1622 e 1623 esercita piena attività presso la Corte, dove lo stupore del conte duca di Olivares gli dà la facoltà di conseguire l’importante incarico di pittore di camera.
Intorno al 1629 si reca in Italia esplorando i suoi più interessanti centri artistici, in lungo ed in largo, fino a Napoli.
Pittore di grandissimo talento e successo, con una certa tendenza alle lezioni caravaggesche, forma il proprio realismo con una continua verifica del naturale estetismo della creazione e nel riscontro armonico delle parti riguardanti il puro cromatismo.
Velazquez: L’infanta Margarita a tre anni
Proprio il raffinato, equilibrato e ben solido cromatismo, l’intensità determinata e persuasiva della pennellata, lo contraddistinguono come un grande artista al di fuori del gusto corrente, eccezionalmente morigerato pittore dell’attuale teatro barocco.
Le sue opere ci arrivano come monumenti, con i quali si misurano tutt’oggi gli artisti.
Itinerario critico(citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)
La creda che un pitor manda da un rè sia per esser stima de gran giudicio: perché a chi se comete un tanto oficio, certo che cima d’homo esser el de. M. boschini, La carta del navegar pitoresco, 1660
Crebbe a tal punto la sua abilità nel far ritratti belli e condotti con arte e talmente rassomiglianti da suscitare gran meraviglia, tanto tra i pittori quanto tra gli uomini di buon gusto. I. martinez, Discvrsos practicables del nobilisimo arte de la pintura, entro il 1682
Ho compresa la mente di S.A.S. sopra i Ritratti di Pittori Celebri e già vò facendo le diligenze per vedere se ve ne sia alcuno, non compreso nella nota trasmessami, ma fin’adesso, non ho trovato, che quello di Diego Velasques Sivillano, che fu Pittore di Camera del Rè Filippo 4°, quale è una testa vantaggiosissima pittoresca, e bella, e solo mi manca, di pigliare riscontro sicuro, che sia di Sua mano per concertarne poi, trovandola tale, il prezzo, con il maggiore possibil vantaggio. Presto vedrò ancora il ritratto d’un tale Herrera, e di Carregno, come del Morillo Sivillano, e di Claudio Queglio Pittore di S. Mtà. C. di castiglione, lettera da Madrid a F. Panciatichi, 18 luglio 1689 »
Qualcuno rinfacciò [a Velàzquez] il fatto che non dipingeva con soavità e bellezza soggetti più seri, in cui avrebbe potuto benissimo emulare Raffaello d’Urbino: ed egli se la cavò elegantemente, dicendo “che preferiva essere primo in quel genere grossolano, che secondo in uno più delicato”… A. palomino, El Museo pletorico. Escàia óplica, 1724
… un genio ardito è penetrante, un pennello fiero, un colore vigoroso, un tocco energico, hanno fatto di Velàzquez un artista celebre. I quadri di Caravaggio erano di suo gusto, quelli che loColpirono di più … J. LacombeDictionnaire portatif de, Beaux.Arts, 1752
… fu erudito e filosofo, e dopo che ebbe acquistato una cultura con lo studio delle lettere, esercitò filosoficamente la pittura. A. ponz, Viaje por Espana, 1772-94
Dove indubbiamente [Velàzquez] diede la più esatta idea dello stesso vero, fu nel quadro delle Filatrici, che appartiene alla sua ultima maniera, ed è condotto in modo tale da far sembrare che la mano non abbia avuto parte alcuna nell’esecuzione, ma che sia stato dipinto unicamente con la volontà … A. R. mengs, lettera ad A. Ponz, 1776
Tutti convengono che l’eccellenza di Velàzquez non appartiene al genio filosofico e ideale della pittura, ma all’imitazione della natura. Perciò, nella classificazione dei pittori, viene collocato tra i ‘naturalisti‘; nome, questo, che si da a coloro che, pur senza innalzarsi all’ideale regione della bellezza, la cercano nella natura, tal quale esiste in essa, ed aspirano unicamente a trasferirla integra nei loro quadri. G. M. de jovellanos, Reftexiones y conjeturas …, 1789
Visto Velàzquez … Ecco quel che cercavo da tanti anni, un impasto netto e nello stesso tempo ricco di sfumature. E. delacroix, Journal, 1824
L’unico gran pittore spagnolo che non abbia dedicato abitualmente i suoi lavori alla Chiesa e che non sia andato a chiedere i suoi soggetti ne alla Bibbia ne alle vite dei santi, fu Velàzquez … ma anche nel trattare temi profani mantenne sempre quella severità che corrisponde al carattere spagnolo e che contrassegna particolarmente le varie scuole pittoriche di Spagna. stirling-maxwell,Velàzquez and his Works, 1855
Velàzquez non è soltanto un grande maestro, nel senso abituale che ha questa parola, per il genio, il talento, la tecnica, il successo e per tutte quelle qualità che fanno di un artista un caposcuola. È un grande maestro (anzi, uno dei più grandi e addirittura il più grande da un certo punto di vista) anche se prendiamo questa parola nel significato di professore, di educatore all’arte della pittura. Cerchiamo di chiarire il concetto :
da una parte, un allievo, solo ammirando i suoi quadri e studiandoli intelligentemente, può ricevere la lezione di un maestro che non è più; dall’altra, gli allievi possono ricevere la continua raccomandazione di imitare severamente, e soprattutto, la natura, questo modello invariabile, che non può mai essere alterato ne dai capricci della moda, ne dalle stravaganze degli stili individuali, ne dalle regole arbitrarie delle scuole successive. L Viardot, Les Musées de Franco, 1855
… tra santi ed angioli si sentiva in disagio; gli aspetti, gli affetti degli uomini non aveansi misteri! per lui, e li rappresentò da filosofo profondo, da insuperabile pittore. T. dandolo, Panorama di Virente, 1863
Come rimpiango che non siate qui. Quale gioia avreste provato nel vedere Velàzquez. Da solo, vale il viaggio. I pittori di tutte le altre scuole, che sono intorno a lui al Museo di Madrid, e molto ben rappresentati, sembrano tutti, in confronto a lui, dei rimasticatori. È il pittore dei pittori. E. manet, lettera da Madrid a H. Fantia-Latour, 1865
Questo artista è un mago che evoca, a prima vista, tutte le apparizioni nello stesso istante, ma grazie a misteriosi esorcismi di cui nessuno possiede il segreto. W. BiiRGER [E’. thoré], Catalogne (in Velàsquez di W. Stirling-Maxwell), 1865
È il principe dei pittori spagnoli e uno dei maggiori del mondo … In tutte le sue opere dominano la prospettiva aerea, l’atmosfera, la luce, il giusto valore di tutti i toni, e per mezzo del colore riesce a fissare i termini e le distanze con la stessa precisione con cui potrebbero farlo le inflessibili regole della prospettiva … Le sue grandi opere non debbono nulla a nessuno, per quanto egli abbia tributato non poca ammirazione ai pittori veneziani; sono figlie della sua originalità, della sua spontaneità, del suo senso artistico. Lo studio costante del vero gli diede il dominio del disegno, così come lo sguardo finissimo gli aveva dato la capacità d’apprezzare il colore … Il buon gusto e l’eleganza nel presentare atteggiamenti, espressioni e gruppi con snellezza e grazia, dominano in tutte le sue tele … Non è artista di grandi e complesse concezioni, ne di ricerche erudite, ne di spirito ardito … Naturalista per eccellenza, dipinge ciò che vede; e sa quel che dipinge e come deve dipingerlo … Ne l’antichità classica, ne il Rinascimento condizionano le sue opere; per lui non esistono altri libri, ne altri modelli, ne altri studi che il vero; non conosce altra erudiziene, altra storia, altri orizzonti oltre a quelli percepibili con l’occhio. Da ciò dipende il fatto che Velàzquez è in pittura, come Cervantes nelle lettere, così mirabilmente Spagnolo. G.cruzada villaamil, Anales de la vida y de las obras ile Diego de Silva y Velázquez, 1885
Fu il pittore che meglio seppe penetrare nell’anima spagnola, quello che trovò la forma e l’espressione che s’addicevano allo spirito del suo popolo. … Dipinse con tanta finezza e acume, con tanto vigore e precisione, con tanta semplicità e forza rappresentativa, che di fronte a lui il più magistrale dei pittori prova la tentazione di spezzare i pennelli. K. justi, Velàzquez und sein Jahrhundert, 1888
Le forme, come quelle di Fidia, hanno un loro svolgimento anche nella staticità … Come Fidia, egli ha scorto la corrispondenza che esse avevano con le onde della terra e il cerchio dell’orizzonte. Nessun altro, dopo Fidia, ha conservato davanti alla vita questa gravita rispettosa e questo entusiasmo cosciente che sono la vera religione, E. Faure Velàzquez. 1903
… è sprovvisto/d’immaginazione. È incapace di una qualsiasi invenzione … e questa ‘debolezza’ d’immaginazione è ciò che costituisce la sua forza. a Breal Velázquez 1904
È nello stesso tempo il tecnico più fecondo e l’esteta più pericoloso. Occorre studiarlo per imparare a dipingere bene: ma occorre dimenticarlo perché uno possa diventare un artista. Seppe restare un grande signore nell’arte che egli trascinava alla volgarità. È una specie di olandese, ma in grande, innalzato da una gravita tutta spagnola. E. Bernard sur art et sur les Maitres 1922
La tavolozza del nostro artista è estremamente semplice. Non vi troviamo che i colori fondamentali e imprescindibili, e quegli altri che chiameremo ‘puri’ … Questi colori sono le terre in genere, le ocre, la terra di Siena bruciata e il nero d’osso … Le tele che Velàzquez usava agli inizi erano ruvide (preparate da lui o almeno nella sua bottega), con un tono rossastro e con una gran quantità di colore. Via via che l’artista procede nella sua carriera, adopera tele sempre più sottili e rischiara anche i colori dell’imprimitura, che divengono prima rossicci chiari, poi ocra, quindi grigiastri e, sulla fine, grigi quasi chiari. I toni rossastri-scuri, caldi, che usava nel suo primo periodo causavano poi l’annerimento della pittura, che certo non era, nell’insieme, scura come ci è giunta oggi. Ma ancor più che l’imprimitura, quel che ha scurito tante opere è stato l’uso del bitume. Si potrebbe dire che lo svolgimento della tavolozza di Velàzquez si identifica con il passaggio dal bitume al nero d’osso. de beruete y moket, La paleta de Velàzquez, 1922
Velàzquez è come un cristallo sospeso sul mondo. E nulla quanto i cristalli merita il rispetto che si deve alla veracità. E nulla c’è tuttavia che corra altrettanto pericolo di lasciarci nel dubbio se esista o no. Ma nessuno al mondo potrebbe mai perdonare a se stesso la stoltezza di ammonire Velàzquez. Egli è come è: tranquillo, impassibile, irresponsabile. Ed anche le sue creature, emancipate da qualsiasi preoccupazione di levità o di peso, sono come sono e stanno come stanno. E. D’Ors, Tres horas en el Museo del Proda, 1922
Non fu costretto a scostarsi dalla natura, perché egli sapeva vedere il bello nella natura. Dipingeva con sicuri e ampi movimenti, e nelle sue opere la precisione è sempre accompagnata dalla facilità d’espressione. Le sue forme creano un ritmo meraviglioso. Una luce argentea percorre la sua opera. Vi è un tono violetto nel viso spagnolo. Henry The art Spirit, 1923
… l’infallibilità lincea che è propria, costantemente, al Velàzquez e che non è già mero naturalismo ma invece modo personale di vedere con una terribile naturalezza che soltanto a pochi, nell’arte, fu propria.
In altre parole, una facoltà complessa di afferrare il momento più icastico dell’apparenza naturale — momento dunque non già previsto e codificato in un canone di degnila ritmica o plastica … ma, per contro, sorgente dall’efficienza cosmica delle relazioni conflagrate ad un tratto tra la luce e la materia delle cose, fra le quali, per avventura, è anche l’uomo. Una degnila, insomma, luministica, o ambientale, che si è sostituita a quella umanistica del Rinascimento, e la cui significazione storica non potrebbe esser mai abbastanza accentata … R. longhi, in “Vita artistica”, 1927
In realtà, senza Michelangelo non si può concepire il Greco, come senza il Tintoretto non si concepisce ‘il furiosissimo’; ed io riconosco oggi che il Greco è l’ultima fase, la realizzazione del manierismo ispano-europeo (lo storico spagnolo direbbe forse più esattamente ‘plateresco’) ; l’ultima fase, dopo la quale non c’è più altro; il vero limite. Successivamente dovette venire Velàzquez perché si tornassero a creare uomini di carne e di sangue, nati dalla terra e uniti ad essa, dopo che il Greco aveva dipinto degli esseri simili a uomini senz’ossa e senza muscoli, esseri che non eran altro che spirito e anima. H. kehrer, in “Archivo espanol de Arte y Arqucologia”, 1935
… Si può dire che le due grandi composizioni che Velàzquez dipinse verso la fine della carriera, Le damine di corte e Le filatrici, offrono un esempio evidentissimo del senso spaziale che il grande spagnolo possedeva, e dell’arte con cui sapeva utilizzare e realizzare gli insegnamenti tratti a suo tempo dalle opere del Tintoretto. Velàzquez comunica realmente allo spettatore la nozione delle dimensioni, in primo luogo giovandosi degli esseri animati, degli oggetti, delle scale, degli ordigni per tessere, dei soffitti a volta e delle pareti, e in secondo luogo con la vita che infonde nei personaggi, coi loro gesti professionali, con una genuflessione, con una mano tesa. Ma è soprattutto il modo armonioso con cui sfrutta ombre e luci che costringe l’occhio ad abbracciare l’intera visione e a cogliere la distanza tra l’uno e l’altro piano. Con queste variazioni animate, Velàzquez ci trasporta nello spazio che egli stesso ha creato, ci faivere direttamente in esso; e attinge così le vette della realtà artistica e vivente. A. L. Mayer “Velázquez”, 1936
Economia dei gesti. Il corpo più pesante genera uno schema quasi astratto. Tutto lo scintillio di tocchi, di cui la tela è coperta, finisce nell’uniformità, un po’ smorta, del volto. La pesantezza carnale non è altro che il sostegno per lo spirito che la anima. L’eloquenza di Velàzquez consiste proprio in questa sua grande discrezione. L’anima è, qui, la forma del corpo. R. schwob, Profondeurs de l’Espagne, 1937
… Velàzquez, in particolare una testa da lui dipinta (dato che egli è soprattutto un ritrattista), è immediatamente accessibile anche allo spettatore meno versato nei segreti del mestiere:
lo spettatore ammira in lui, senza aver bisogno di riflettere, la verità, la vita e ciò che gli appare come un effetto semplice e sorprendente. Eppure l’iniziato, che conosce le difficoltà dell’arte . pittorica, gode della tecnica meravigliosa, delle sottigliezze e delle raffinatezze che permettono ad un artista (colmato di doni da tutte le fate di questo mondo) di realizzare una creazione così simile, o meglio, così equivalente all’opera della natura. P. jamot,La peìnture en Espagne, 1938
Egli sapeva dipingere l’essenza della dignità di un essere umano, anche quando quell’essere era fisicamente o mentalmente anormale: lo testimoniano i suoi,..straordinari dipinti di nani e buffoni. Aveva la capacità dell’osservazione psicologica propria dell’introverso; se fosse vissuto oggi, invece di un pittore sarebbe forse Stato uno psichiatra. j evans,Tast and Temperament, 1939
Pittura austera, pittura di Castiglia, pittura della concen-trazione, pittura pregna di luce intcriore, dove lo spazio esiste per lo spazio, come l’arte esiste per l’arte … Velàzquez è l’indice della bilancia della Spagna nel momento in cui la bilancia saliva più in alto e nei suoi piatti stava l’oro del Secolo d’oro. È l’equazione plastica reale e aurifera perfetta. R. gómez DE la serna, Don Diego Velàzquez, 1943
Concentrava il suo interesse nell’aspetto fisico delle cose; e la sua arte stava proprio nell’enfasi della volumetricità dei colori, della loro consistenza, evidenza ed essenza vivente. L. venturi,Painting and Painters, 1945.