Le lunette di Michelangelo nella Cappella Sistina

Michelangelo Buonarroti: le lunette nella Cappella Sistina

Michelangelo Buonarroti: Lunette nella Cappella Sistina, 340 x 650 cm, 1508-12.
Michelangelo Buonarroti: Lunette nella Cappella Sistina, 340 x 650 cm, 1508-12.

Ai dipinti di Michelangelo

Sugli affreschi

Le lunette nella Cappella Sistina, raffigurate sul registro superiore delle pareti, sono una serie di composizioni di Michelangelo Buonarroti, realizzate con tecnica ad affresco intorno al 1508-1512 [De Vecchi, citazione a pag. 14].

Esse si trovano a ridosso del soffitto, adiacenti alle vele ed ai pennacchi della grande decorazione della volta, che pur non facendone parte, generalmente vengono ad essa associate. Infatti fanno parte dello stesso programma in coincidenza di tempi, iconografie, committenza, esecuzione e sue fasi.

Michelangelo Buonarroti: Lunetta con Iesse, Davide e Salomone, 340 x 650 cm, 1511-12
Michelangelo Buonarroti: Lunetta con Iesse, Davide e Salomone, 340 x 650 cm, 1511-12, Cappella Sistina

Le lunette, che si trovano sopra le arcate delle finestre, sono quattordici in tutto, dopo che le due con “Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuda” e “Fares, Esrom e Aram” vennero raschiate nel 1537 dallo stesso Michelangelo. L’artista le rimosse per dare ulteriore spazio alla raffigurazione del suo Giudizio Universale.

Tutte le scene delle lunette sono riprese dal Vangelo di Matteo e riguardano le quaranta generazioni degli Antenati di Cristo.

Storia

Michelangelo Buonarroti: Lunetta con Roboamo e Abia, 240 x 350 cm, realizzata intorno agli anni 1511-12
Michelangelo Buonarroti: Lunetta con Roboamo e Abia, 240 x 350 cm, realizzata intorno agli anni 1511-12

Non esistono testimonianze sul fatto che le lunette fossero in precedenza già state decorate. Si pensa comunque, ma non c’è la certezza, che mostrassero partiture geometriche, realizzate dagli artisti quattrocenteschi tra il 1481 ed il 1482.

Secondo il Tolnay Michelangelo realizzò le lunette tra l’ottobre 1511 e l’ottobre 1512 [De Vecchi, citazione a pag. 14]. Lo stesso critico d’arte sosteneva che fossero realizzate utilizzando un ponteggio appositamente studiato, ipotesi contrastante con le fonti tradizionali e poi respinta nel 1978 anche dal Wilde.

Michelangelo - lunetta con Asaf Iosafat e Ioram - 245 x 340 cm, intorno agli anni 1511-12, volta della Cappella Sistina in Vaticano.
Michelangelo – lunetta con Asaf Iosafat e Ioram – 245 x 340 cm, intorno agli anni 1511-12, volta della Cappella Sistina in Vaticano.

Le lunette furono realizzate sulle stesse impalcature che Michelangelo usava per dipingere la volta della cappella. L’ordine di esecuzione corrisponde quindi a quello delle raffigurazioni del soffitto, cioè procedendo dall’ingresso verso l’altare [De Vecchi, citazione a pag. 16]. In tal modo l’artista, dopo i grandi disagi derivati dalla lavorazione con le braccia alzate e la testa reclinata all’indietro, aveva modo di dipingere le lunette in fase di rilassamento.

Michelangelo Buonarroti: Lunetta con Iosias Echonias e Salatiel, intorno al 1508-11, dimensioni 340 x 650 cm., Cappella Sistina, Città del Vaticano.
Michelangelo Buonarroti: Lunetta con Iosias Echonias e Salatiel, intorno al 1508-11, dimensioni 340 x 650 cm., Cappella Sistina, Città del Vaticano.

Il fatto che fossero dipinte con gli stessi ponteggi impiegati per il soffitto viene confermato anche dagli schizzi preparatori di Michelangelo, nel “Taccuino di Oxford”, che mostrano solamente le lunette realizzate della seconda parte della cappella (secondo ponteggio), quelli cioè della seconda fase, dopo il 1511 [De Vecchi, citazione a pag. 16].

Nel corso dei secoli le lunette subirono annerimenti e restauri impropri, tanto che in molti ingenerosamente le giudicarono “tenebrose” e, quindi, sottostimate rispetto ai riquadri del soffitto. Quando nel 1986 si completarono i restauri delle lunette, ritornò alla luce il vero cromatismo michelangiolesco.

Il tempo impiegato

Michelangelo Buonarroti: Lunetta con Ozias, Ioatham e Achaz, intorno al 1508-11, dimensioni 340 x 650 cm., Cappella Sistina, Città del Vaticano.
Michelangelo Buonarroti: Lunetta con Ozias, Ioatham e Achaz, intorno al 1508-11, dimensioni 340 x 650 cm., Cappella Sistina, Città del Vaticano.

L’artista portò a compimento l’intero ciclo delle lunette in tempi assai rapidi: 45-50 giornate d’affresco, cioè impiegando una media di tre “giornate”  per ogni raffigurazione. Per giornate di affresco si intende, naturalmente, il tempo impiegato soltanto per esse, non i giorni passati tra l’inizio e la portata a termine delle sedici raffigurazioni.

Michelangelo riportò direttamente il disegno delle sedici composizioni sull’intonaco senza l’impiego dei cartoni preparatori. Per alcuni particolari, che dovevano essere ben centrati ed assiali, come ad esempio i tabelloni con i nominativi, Michelangelo dovette usare strumenti come il regolo, il filo a piombo e un’incisione guida sulle superfici parietali [De Vecchi, citazione a pag. 18].

La tecnica

I personaggi, generalmente raffigurati in primo piano, misurano circa due volte l’altezza media reale di una persona. Il pittore li delineò sommariamente sull’arriccio. Esistono alcuni piccoli schizzi che rimandano a studi preparatori, di cui non si conoscono notizie: è probabile, però, che Michelangelo avesse eseguito studi in dimensioni maggiori … ma non necessariamente [De Vecchi, citazione a pag. 18].

La coloristica

Michelangelo Buonarroti: Lunetta con Ezechia, Manasse e Amon, intorno al 1508-11, dimensioni 340 x 650 cm., Cappella Sistina
Michelangelo Buonarroti: Lunetta con Ezechia, Manasse e Amon, intorno al 1508-11, dimensioni 340 x 650 cm., Cappella Sistina, Città del Vaticano.

Il colore, come in tutti i riquadri della volta della cappella, riveste anche qui una funzione strutturale, definendo valori plastici, volumetrici e di dilatazione spaziale.

La stesura pittorica è generalmente assai diluita, quasi al punto da non lasciare spessore. L’artista ricorre spesso ai colori puri confidando sul fatto che le successive velature riescano a creare i mezzi toni.

Michelangelo Buonarroti: Lunetta con ZorobabeleAbiud ed Eliacim, intorno al 1508-11, dimensioni 340 x 650 cm., Cappella Sistina, Città del Vaticano.
Michelangelo Buonarroti: Lunetta con ZorobabeleAbiud ed Eliacim, intorno al 1508-11, dimensioni 340 x 650 cm., Cappella Sistina, Città del Vaticano.

Le composizioni, soprattutto nel panneggio delle figure, hanno colori con variazioni ricche di contrasti ed effetti cangianti. Si pensa che tali energie coloristiche fossero create per aumentare la leggibilità delle scene, collocate in lontananza, in semioscurità e sottoposte a reali effetti di controluce, trovandosi ubicate sopra le finestre [De Vecchi, citazione a pag. 19].

Le ultime lunette, quelle prossime all’altare,  appaiono con pennellate più veloci e decise per le pressioni di papa Giulio II, che nel corso della seconda fase decise improvvisamente per una più rapida portata a termine dell’intera opera d’affresco. Michelangelo dovette quindi semplificare tutte le composizioni rimanenti, non soltanto le lunette ma anche i riquadri, le vele e i pennacchi della volta. Le ultime lunette mostrano assai chiaramente tali semplificazioni, soprattutto nella forma dei tabelloni.

Descrizione delle lunette nella Cappella Sistina

Le lunette, tutte raffigurate sui registri superiori delle pareti, si trovano sopra la cornice marcapiano che delimita i dipinti dei papi, realizzati da artisti quattrocenteschi. Esse mostrano un’ampia superficie semicircolare (da cui deriva il termine lunetta), di 340 x 650 cm, resa concava nella parte inferiore in corrispondenza degli archi delle finestre.

Ai lati le lunette confinano con i peducci sotto i troni dei profeti e delle sibille, mentre il profilo alto è in comune con le otto vele ed i quattro pennacchi. Vele e pennacchi, come già sopra riportato, sono raffigurati sulla volta della cappella.

Ogni lunetta è raffigurata in due zone: lato sinistro e lato destro, separati da una tabella con i nominativi dei vari personaggi, scritti in lingua latina a caratteri maiuscoli. Entrambe le zone mostrano figure sedute, generalmente riprese di profilo e simmetricamente contrapposte, molto spesso adattate alla disponibilità dello spazio e alla forma. Da notare la totale mancanza di caratterizzazione identificativa dei personaggi, che Michelangelo ha trascurato per riversarla sugli atteggiamenti e sulle espressività.

Anche le lunette – come le scene della volta, quelle degli artisti quattrocenteschi e le raffigurazioni dei papi – vanno lette iniziando dalla parete che fa angolo con l’altare per procedere verso l’ingresso, spostandosi alternatamente da destra a sinistra, incontrando gli antenati come riportati dal Vangelo di Matteo.

Sei lunette le troviamo agli angoli della cappella sotto i pennacchi, quattro in prossimità dell’ingresso e due vicine all’altare. Per affinità iconografica, e quindi per rendere più facili i paragoni, descriviamo le lunette insieme alle rispettive vele.

Le lunette nella Cappella Sistina con le soprastanti vele:

1 – La vela e la sottostante  lunetta con Salmòn, Booz e Obed.

2 – Vela la sottostante lunetta con Iesse, Davide e Salomone.

3 – La vela la sottostante lunetta con Roboamo e Abia.

4 – Vela e la sottostante lunetta con Asaf, Giosafat e Ioram.

5 – La vela e la sottostante lunetta con Ozia, Ioatam e Acaz.

6 – Vela la sottostante lunetta con Ezechia, Manasse e Amon.

7 – La vela e la sottostante lunetta con Zorobabele, Abiud ed Eliacim.

8 – Vela e la sottostante lunetta con Giosia, Ieconia e Salatiel.

Le lunette corrispondenti ai pennacchi

1 – La lunetta di Aminabad sulla parete di sinistra: si trova sotto il pennacchio raffigurante la Punizione di Aman. È la prima lunetta della parete e, per meglio osservarla, arrivati in fondo alla cappella, alzare lo sguardo avendo l’altare sulla destra.

2 – Lunetta di Naasson sulla parete di destra: si trova sotto il pennacchio con il Serpente di bronzo. Arrivati all’altare ed avendo il Giudizio universale sulla sinistra, la lunetta è la prima che appare sulla parete.

3 – La lunetta di Eleazar e Mattan: si trova sotto il pennacchio raffigurante Giuditta e Oloferne nella parete di ingresso, sul lato destro. Girandosi ed osservando la lunetta con le spalle rivolte all’altare la troviamo a sinistra.

4 – Lunetta di Azor e Sadoc: si trova sulla parete lunga sotto il pennacchio raffigurante Giuditta e Oloferne all’entrata, sul lato destro, procedendo verso l’altare. Per rivolgersi verso la lunetta, bisogna essere presso la campata d’ingresso ed avere l’altare sulla sinistra.

5 – La lunetta con Giacobbe e Giuseppe: si trova sulla parete dell’entrata, sotto il pennacchio di Davide e Golia, sul lato sinistro procedendo verso l’altare. Naturalmente per poterla osservare bisogna voltarsi verso l’entrata per averla in alto a destra.

6 – Lunetta di Achim e Eliud: si trova sulla parete lunga all’entrata a sinistra (la prima procedendo verso l’altare) sotto il pennacchio raffigurante Davide e Golia. Per poterla ammirare occorre essere nella campata d’ingresso ed avere l’altare alla propria destra.

Le lunette rimosse

Come si ricava dal sottotitolo, le prime due lunette, quelle dipinte sul registro superiore ai lati della parete dell’altare, furono raschiate nel 1537 per dare maggior spazio al grande affresco del Giudizio universale.

Esistono però le incisioni delle due lunette, realizzate dal disegnatore Adamo Ghissi. Tali copie ci permettono almeno di conoscere le raffigurazioni rimosse e, quindi, grazie ad esse oggi conosciamo i gruppi delle due composizioni: “Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuda” nella lunetta a destra e “Fares, Esrom e Aram” a sinistra.

Pensando che non sia necessario soffermarsi tanto su queste due composizioni, portiamo a termine la presente pagina con le loro illustrazioni.

Lunetta di Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuda sulla parete dell’altare (rimossa)

1 – La lunetta di Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuda sulla parete dell’altare (rimossa per fare spazio al Giudizio universale): Questa lunetta si trovava sotto il pennacchio che raffigura la Punizione di Aman.

Lunetta Fares, Esrom e Aram sulla parete dell'altare (raschiata)
Lunetta Fares, Esrom e Aram sulla parete dell’altare (raschiata)

2 – Lunetta Fares, Esrom e Aram sulla parete dell’altare (raschiata per dipingere elementi del Giudizio): Si trovava era il pennacchio del Serpente di bronzo.

Vela e lunetta con Asaf, Giosafat e Ioram nella volta della Cappella Sistina

Michelangelo Buonarroti: vela sopra Asaf, Giosafat e Ioram

Michelangelo - vela sopra Asaf Iosafat e Ioram - Cappella Sistina
Michelangelo – vela sopra Asaf Iosafat e Ioram – 245 x 340 cm, intorno agli anni 1511-12, volta della Cappella Sistina in Vaticano.

Sugli affreschi

La vela sopra la lunetta di Asaf Iosafat e Ioram è un affresco di Michelangelo Buonarroti eseguito intorno al 1511-1512, che fa parte della decorazione della volta della Cappella Sistina in Vaticano. La composizione, che misura intorno ai 245 x 340 cm., venne commissionata da papa Giulio II.

La lunetta di Asaf Iosafat e Ioram (più avanti meglio descritta) è anch’essa opera del Buonarroti. L’affresco, eseguito intorno agli anni 1511-1512, misura circa 340 x 650 cm. e appartiene alla decorazione sulle pareti della stessa cappella, commissionata dallo stesso pontefice. Vai alla pagina delle lunette.

Le otto vele appaiono lungo i lati della volta, mentre le rispettive lunette corrono adiacenti ad esse sul registro superiore delle pareti lunghe. I pennacchi, quattro in tutto, con le rispettive otto lunette (si legga l’intero discorso) appaiono ai quattro angoli della volta. Tutte le composizioni in esame mostrano le quaranta narrazioni del Vangelo secondo Matteo, riferite agli Antenati di Cristo. Gli affreschi di due lunette – nei quali erano raffigurati Abramo e Fares – sulla parete dell’altare vennero rimossi per dare più spazio al grande Giudizio Universale.

La vela in oggetto e la sottostante lunetta – a destra della Creazione di Adamo – furono realizzate dell’artista lavorando sul secondo ponteggio. Entrambe si considerano perciò fra le ultime composizioni realizzate sul soffitto e sul registro superiore della parete.

Storia della vela e della lunetta con Asaf, Giosafat e Ioram

Le vele sulla volta e le sottostanti lunette affrescate sul registro superiore delle pareti della cappella sono iconologicamente  collegate tra loro e, sebbene realizzate con una differente struttura, mostrano tutte gli Antenati di Cristo.

Nelle composizioni appaiono gruppi di famiglie che il Buonarroti dipinse anche in spazi concavi a forma triangolare. La colorazione delle vele è un po’ più scura che nelle lunette.

Nelle figure degli affreschi in oggetto (qui trattasi di Asaf, Giosafat e Ioram, forse qualcuno di loro, o tutti, anche sulla vela), per poter dipingere e conferendo le dovute illusioni sull’insolito spazio, Michelangelo dovette scegliere fra i vari atteggiamenti, pose e posizioni dei personaggi, spesso realizzati seduti per terra su rialzi occasionali, anziché su comodi gradoni.

L’identificazione dei personaggi dei riquadri in esame, che richiamano quelli del Vangelo di Matteo, si ricava dai tabelloni delle lunette, dove vengono riportati i vari nominativi. Tuttavia non c’è mai stato pieno accordo fra gli studiosi di storia dell’arte sui nomi dei gruppi rappresentati quando il confronto si sposta dalla lunetta alla soprastante vela. L’artista, pare, avesse dato più importanza agli  atteggiamenti ed alle espressività delle varie figure, tralasciandone la caratterizzazione identificativa, soprattutto sulle vele.

Negli spazi triangolari adiacenti alle vele, appaiono due figure nude in monocromo che simula il bronzo. L’artista le inserì in un fondo abbastanza scuro e violaceo, in simmetria tra loro, e separate da un teschio di ariete.

Le fasi della decorazione

Sia le vele che le lunette, come tutti gli affreschi della maestosa decorazione del soffitto, furono realizzate in due fasi. Michelangelo iniziò a dipingere in corrispondenza delle campate vicine all’entrata per procedere in direzione dell’altare. Le composizioni più prossime a quest’ultimo, ossia le più vicine alla grande raffigurazione parietale del Giudizio universale, sono fra le ultime realizzate dall’artista. Tuttavia la cronologia delle scene dei testi biblici risulta invertita al fruitore dell’opera, che procede dall’entrata in cappella e va in direzione dell’altare.

Riguardo la prima fase dei lavori, eseguiti nella prima metà della cappella sul primo ponte ligneo, si pensa che fosse stata portata a compimento intorno all’estate del 1511. A ottobre dello stesso anno Michelangelo montò un secondo ponteggio lungo la rimanente metà della cappella, procedendo nella stessa direzione, cioè verso l’altare fino alla parete del Giudizio.

L’intera decorazione terminò  nel 1512, poco prima della vigilia di Ognissanti, giorno in cui fu “scoperta” ed inaugurata la maestosa raffigurazione.

Da quanto sopra detto risulta che la vela e la lunetta – relative a Asaf, Giosafat e Ioram – furono fra gli ultimi affreschi che il Buonarroti realizzò sul soffitto della Cappella Sistina.

Descrizione e stile della vela

La sottostante lunetta mostra un gruppo familiare, il cui tabellone al centro indica la presenza di Asaf, Giosafat e Ioram. Non è certa, però, l’identificazione in vela nei tre personaggi in essa contenuti.

Il gruppo della vela, che Michelangelo portò a termine in una sola giornata, appare con una donna in primo piano, seduta su un morbido cuscino e ripresa per intero di profilo, con il volto che guarda verso destra. Essa, che per motivi di spazio viene raffigurata accucciata e col busto piegato in adiacenza alla cornice della vela, ha un atteggiamento assai pensieroso. Il suo braccio destro pare in completo abbandono sebbene rimanga appoggiato al ginocchio.

Sullo sfondo, abbastanza ombreggiato, si intravedono due figure realizzate con pennellate veloci e decise, raffiguranti un uomo ed un fanciullo.

Per il trasferimento del disegno preparatorio sull’intonaco Michelangelo usò la tecnica dell’incisione, con tratti rapidi e decisi.

I nudi simulati in bronzo

I due nudi bronzei, che si trovano ai lati della vela, simmetricamente opposti, appaiono in una posizione alquanto contorta. Sembra che facciano forza sulle contrapposte mani, che si incontrano dietro il teschio dell’ariete, per tirarsi fuori dallo stretto e disagiato spazio in cui si trovano. La loro postura è quasi perfettamente speculare e sapientemente configurata, soprattutto in considerazione dei limitatissimi spazi rimasti a disposizione.

I nudi bronzei furono ricavati dallo stesso cartone preparatorio, prima dritto e poi ribaltato, con piccole differenze atte rompere la perfetta simmetria. Si osservi a tal proposito la luce, che colpisce le figure provenendo dalla stessa direzione, i glutei (uno appoggiato alla cornice della vela, l’altro no) e la diversa fisionomia dei volti.

Descrizione e stile della lunetta

Michelangelo - lunetta con Asaf Iosafat e Ioram - 245 x 340 cm, intorno agli anni 1511-12, volta della Cappella Sistina in Vaticano.
Michelangelo – lunetta con Asaf Iosafat e Ioram – 245 x 340 cm, intorno agli anni 1511-12, Cappella Sistina in Vaticano.

La lunetta con Asaf, Giosafat e Joram è la terza che si incontra sul registro della parete sinistra con l’osservatore che procede dall’altare verso l’ingresso.

L’identificazione dei tre personaggi si ricava dal tabellone con la scritta “ASA – IOSAPHAT – IORAM”, posto al centro della composizione. Uno dei tre riportati nella scritta è raffigurato nella vela ma, come già sopra riportato, e di difficile riconoscimento e, tal riguardo, non c’è accordo fra gli studiosi.

Le figure sono disposte su ciascuna metà della lunetta, che appartiene alla seconda fase dei lavori di decorazione, quella cioè effettuata sul secondo ponteggio. Conoscere la fase a cui la composizione appartiene è di fondamentale importanza, perché coincide con le semplificazioni strutturali, con le dimensioni delle figure (che si fanno più grandi) e con le raffigurazioni nei fondi più veloci e decise. Tutto questo deriva dalle pressioni di papa Giulio II su Michelangelo per una più rapida portata a termine dell’intera decorazione. La targa è perciò meno elaborata di quelle realizzate nella prima fase dei lavori.

Per quanto riguarda le dimensioni più grandi delle figure, è più accettabile – dal punto di vista della logica – che trattasi di un accorgimento studiato dall’artista; un modo per dare un’illusione ottica al fruitore dell’opera, che generalmente procede dalla porta d’ingresso verso l’altare, ingrandendogli illusionisticamente ciò che la normale prospettiva tende a rimpicciolire.

Descrizione

Nella zona a sinistra appare un uomo anziano assai magro, ripreso di profilo, tradizionalmente identificato come Giosafat. Il vecchio siede pensieroso su un gradone marmoreo in una caratteristica postura, che indica una forte concentrazione. Ha la gamba sinistra distesa e la destra con il piede che poggia sul sedile. La posizione di quest’ultima gli permette di poggiare il foglio di pergamena all’altezza del ginocchio dove egli riporta, con una cannuccia, i propri pensieri.

Giosafat è avvolto da un ampio mantello giallastro le cui variazioni cromatiche assumono, nelle zone d’ombra, toni rossi e verdastri. I calzoni sono di un colore bianco rosato, come pure la veste della parte superiore del corpo, di cui è visibile un accenno sul petto e parte della manica. I piedi sono ricoperti da calzari rosati, mentre il copricapo riprende i colori della parete di fondo ma con toni più scuri.

Elisabetta Sirani: particolare della Carità del "La Giustizia, la Carità e la Prudenza",
Elisabetta Sirani: particolare della Carità del “La Giustizia, la Carità e la Prudenza”, anno 1664 (Comune di Vignola). La Carità

Il lato destro della lunetta mostra un gruppo familiare: tre fanciulli con una gran voglia effusioni d’amore verso la loro madre. Uno, che in molti vedono come figura femminile, gravandole sulla schiena la abbraccia al collo baciandola sulla guancia; uno che pare stia cercando di raggiungere il seno per la poppata; un altro che porta il viso sul petto della madre che lo tiene sottobraccio.

La scena ricorda il quadro di Elisabetta Sirani che, nel 1664, riprende la presente scena nelle allegorie de “La Giustizia, la Carità e la Prudenza”.

Nella raffigurazione michelangiolesca gli abiti della donna, dai caldi toni giallastri, che in ombra si fanno più rossi, è bene armonizzato con tutto il contesto riprendendo quelli della zona a destra.

Il Diluvio universale nella volta della Cappella Sistina

Michelangelo Buonarroti: particolare del Diluvio Universale, Vaticano

Volta della Cappella Sistina, Diluvio Universale, anno 1508 (9), 280 x 570 Vaticano
Prima del restauro: Volta della Cappella Sistina,  Diluvio Universale, anno 1508 (9), 280 x 570 Vaticano.

Riquadro successivo: Sacrificio di Noè

Pagina correlata: I dipinti di Michelangelo

Il diluvio universale, commissionato da papa Giulio II, è un affresco (280×560 cm) di Michelangelo Buonarroti, realizzato intorno al 1509, misura 280 x 560 cm, e fa parte della decorazione della volta nella Cappella Sistina in Vaticano.

Cenni storici

Il Diluvio Universale

Nel dipingere la volta della Cappella Sistina, l’artista iniziò dalle campate prossime all’ingresso. La porta di entrata veniva aperta in occasione delle solenni riunioni in cappella con la presenza del pontefice ed il suo seguito.

Il Diluvio Universale di Michelangelo, quindi, appartiene al primo blocco.

Per lo studioso di storia dell’arte Ascanio Condivi quella in esame è la prima scena che fu realizzata sul soffitto.

Nella raffigurazione appaiono alcune disparità di esecuzione che confermano le notizie di inconvenienti tecnici del momento, tra cui ricordiamo un’impropria miscela di colori che provocò varie muffe. Tali disparità rilevano inoltre la presenza di aiuti ad inizio lavori.

Sin dal primo accesso al pubblico, il Diluvio Universale riscosse apprezzamenti e dimostrazioni di stima.

Il Vasari nelle sue “Vite“del 1568 scrisse: «nella storia del Diluvio, dove appaiono diverse morti d’uomini, che spaventati dal terror di quei giorni, cercano il più che possono per diverse vie scampo alle lor vite. Perciò che nelle teste di quelle figure, si conosce la vita esser in preda della morte, non meno che la paura, il terrore et il disprezzo d’ogni cosa. Vedevisi la pietà di molti, aiutandosi l’un l’altro tirarsi al sommo d’un sasso cercando scampo. Tra’ quali vi è uno che abracciato un mezzo morto, cerca il più che può di camparlo, che la natura non lo mostra meglio».

L’affresco in esame subì svariati danneggiamenti, come cadute di intonaco e numerose crepe. Queste apparvero nel 1791 in occasione dello schianto della polveriera di Castel Sant’Angelo.

Dio disse a Noè: “È venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme con la terra. Fatti un’arca di legno di cipresso (Genesi 6,13-14)…Perché tra sette giorni farò piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti; sterminerò dalla terra ogni essere che ho fatto”. (Genesi 7,4)…Dopo sette giorni, le acque del diluvio furono sopra la terra…”(Genesi 7,10).

Michelangelo raffigura le scene del Diluvio Universale con tutta la loro carica di drammaticità.

Per tempo gli esegeti segnalarono gli innumerevoli elementi  della “Storia” (Genesi, VII) – l’Arca, la barca stracolma in procinto di affondare, i rifugiati che si riparano sotto una improvvisata tenda sulla vetta di un monte uscito dalle acque, il travaglio della gente raffigurata in primo piano su quell’altura in cui è arrivata con l’illusione di sottrarsi al castigo divino …. –  identificando le più svariate vicende come la paura, la sofferenza, la pietà, l’amore, l’egoismo. Si salveranno Noè con i componenti della sua famiglia e coppie di animali.

Lo scatenarsi dell’ira di Dio, descritta da Michelangelo sotto la forma di una potente saetta che cade sulla la tenda, di cui ne parlò il Condivi, non è più identificabile per il distacco di una parte dell’intonaco (zona in alto a destra). Questa cadde in seguito alle scosse provocate da un’esplosione a Castel Sant’Angelo nel 1797. Quella raffigurazione del fulmine vi fu, e lo testimonia una riproduzione cinquecentesca attualmente custodita al Museo del Louvre.

Cenni descrittivi

La presente composizione appartiene alle nove Storie della Genesi (l’ottava) e, in particolare, alle tre Storie di Noè (quella di mezzo) degli ultimi riquadri.

Le scene raffigurate dovevano formare il mosaico relativo alle storie dell’umanità “ante legem”.

Le Storie della Genesi venivano prima di quelle di Mosè, rappresentate da artisti quattrocenteschi nei riquadri parietali, tra cui ricordiamo Sandro Botticelli.

Ritornando alle scene in esame, ciascuna di esse aveva altresì una lettura a ritroso in relazione alla prefigurazione della Settimana Santa, che si celebrava solennemente dentro la Cappella Sistina. In tale occasione era anche prevista una processione cerimoniale, che partendo dall’ingresso arrivava fino all’altare.

In queste concordanze nel Diluvio Universale veniva rappresentato il Battesimo di Cristo con la seguente logica: dato che l’acqua del battesimo purifica gli uomini dal peccato, così allo stesso modo il diluvio purificò il mondo da tutti i peccatori.

L’Arca di Noè,infatti, era il simbolo stesso della Chiesa: di legno, come il legno della Croce, e di salvezza come la redenzione in seguito alla crocifissione di Gesù.

Nella composizione, a differenza delle scene che seguono, appaiono una sessantina di figure, relativamente di piccole dimensioni. I personaggi, quasi tutti privi di indumenti, Michelangelo li ha distribuiti seguendo direttrici diagonali, enfatizzandone così la profondità prospettica.

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Sibilla Persica nella volta della Cappella Sistina, Vaticano

Michelangelo Buonarroti: Volta della Cappella Sistina, particolare della sibilla Persica, Vaticano

Michelangelo: la sibilla Persica nella volta della Cappella Sistina.
Michelangelo: la sibilla Persica nella volta della Cappella Sistina , anno 1511, 400 x 380 cm. Vaticano

Sull’opera

La sibilla Persica è un affresco di Michelangelo Buonarroti, realizzato intorno al 1511-12, misura 400 x 380 cm. e appartiene alla decorazione della volta della Cappella Sistina in Vaticano. La composizione raffigurante la veggente fu commissionata da papa Giulio II.

Michelangelo - Volta della Cappella Sistina, particolare della sibilla Persica, Vaticano
Michelangelo Buonarroti: Volta della Cappella Sistina, particolare della sibilla Persica, anno 1511, 400 x 380 cm. Vaticano

Il Vasari parlò della sibilla Persica e ne mise in evidenza la miopia e la sua la “vecchiezza”. Altri aggiunsero  anche una significativa gibbosità. In questa composizione gli Assistenti sono vestiti e ciò apparve come fatto straordinario, “eccezionale” (Michelet, 1876). Gli assistenti vestiti si ritrovano anche nella composizione del  profeta Geremia.

Storia

Nel decorare il soffitto della Cappella Sistina, l’artista procedette dalle campate prossime alla porta d’entrata. Questa veniva generalmente aperta in occasione della settimana santa e per i solenni ingressi del papa con il suo seguito, spesso in processioni che si spingevano fino alla campata sopra l’altare.

Il presente riquadro, che appare in corrispondenza della settima campata, a partire dalla porta d’entrata, appartiene al secondo blocco, realizzato sul secondo ponteggio tra l’autunno del 1511 e quello del 1512.

Descrizione

La sibilla è immersa nella lettura del libro di profezie che tiene molto vicino agli occhi. Le sue braccia sono possenti, il cromatismo delle sue vesti è acceso ed i chiaroscuri,  ben distribuiti, conferiscono luminosità a tutta la composizione.

Dal punto di vista dell’anatomia, la sibilla Persica ha un fisico erculeo e vigoroso, concetto questo, assai caro a Michelangelo e spesso riprodotto nella volta della Cappella Sistina.

Prima del grande restauro presentava delle piccole parti rifatte nella zona inferiore.

Michelangelo la raffigura come un’anziana donna dalla schiena ricurva, su cui spicca una vistosa gobba. La veggente è intenta a decifrare con grande impegno il libro delle profezie, che mantiene con fatica assai vicino agli occhi. Essa pare volgersi, oltre la pagina destra del libro, verso la parete, col volto in un profilo abbastanza “scorciato”, in ombra come pure il petto, mentre parti delle vesti sono fortemente colpite dalla luce.

Ai suoi lati appaiono due coppie di putti-cariatide, mentre sulla sinistra due giovani assistenti, di cui quello nel piano superiore si copre con un manto rosso acceso.

Il violento cromatismo delle vesti della Persica, insieme al forte contrasto chiaroscurale, conferisce grande luminosità a tutto il contesto, mettendo in risalto ogni dettaglio della figura.

Vela e lunetta con Giosia, Ieconia e Salatiel – volta della Cappella Sistina

Michelangelo Buonarroti: Vela sopra la lunetta di Giosia, Ieconia e Salatiel

Michelangelo: La vela sopra Giosia, Ieconia e Salatiel
Michelangelo: La vela sopra Giosia, Ieconia e Salatiel, 245 x 340, anno 1511

Sugli affreschi

La vela sopra la lunetta – raffigurante Giosia, Ieconia e Salatiel – è un affresco di Michelangelo Buonarroti realizzato intorno al 1508-1511 e appartenente alla decorazione della volta della Cappella Sistina in Vaticano. La composizione, che misura 245 x 340 cm., fu commissionata da papa Giulio II.

Michelangelo - Volta C. Sistina, partic. delle Figure della Vela
Prima del grande restauro – Michelangelo Buonarroti: Particolare delle Figure della Vela, anno 1511, 245 x 340 cm.

Figure della Vela: scena del piccolo Giosia, il futuro perfido re Amon.

La lunetta di Giosia, Ieconia e Salatiel (più sotto descritta) è anch’essa opera del Buonarroti, realizzata intorno 1508-11. La composizione, che misura circa 340 x 650 cm., fa parte della decorazione della stessa cappella, sempre commissionata da Giulio II. Vai alla pagina delle lunette.

Secondo il Tolnay, con il richiamo al primo nome della lunetta, il bambino abbracciato dalla madre sarebbe Giosia, il futuro re che divenne il “perfido Amon”, simbolo del male. Prima del grande restauro la composizione presentava alcuni guasti legati all’umidità.

Le otto vele si trovano ai lati della volta della Sistina (destra e sinistra) e corrono adiacenti alle pareti lunghe, sui cui registri superiori sono rappresentate le rispettive lunette.

I quattro pennacchi con con le otto lunette ad essi adiacenti (si legga tutto il discorso) si trovano ai quattro angoli della volta. Le vele, le sottostanti lunette e quelle adiacenti ai pennacchi, mostrano le quaranta storie del Vangelo di Matteo, che riguardano gli Antenati di Cristo. Due lunette, nello specifico quelle sulla parete dell’altare, raffiguranti Abramo e Fares, vennero rimosse per fare spazio all’affresco del Giudizio Universale.

La vela in esame – a destra del Diluvio universale – fu eseguita con il primo ponteggio ligneo e fu una fra le prime ad essere realizzata sulla volta della Cappella. La sottostante lunetta con Giosia, Ieconia e Salatiel, eseguita sullo stesso ponteggio, fu anch’essa fra le prime ad essere dipinta, probabilmente la sesta.

Storia della vela e della lunetta con Giosia, Ieconia e Salatiel

Le vele sulla volta della cappella e le sottostanti lunette nel registro superiore delle pareti sono iconologicamente  collegate e, sebbene diverse nella struttura, mostrano tutte gli episodi degli Antenati di Cristo.

Nelle raffigurazioni (vele e lunette) compaiono gruppi familiari che il pittore realizzò anche in spazi concavi e a forma triangolare (da cui deriva la denominazione di vele). La colorazione di queste ultime è un po’ più scura rispetto a quella delle lunette.

Per i personaggi di queste composizioni (qui trattasi di Giosia, Ieconia e Salatiel, forse presenti anche sulla vela), per poter dipingere e conferire le giuste illusioni prospettiche anche sugli insoliti spazi, il pittore dovette scegliere fra limitati atteggiamenti, pose e posizioni delle figure, spesso riprese sedute per terra su svariati rialzi, anziché su comodi gradoni.

L’identificazione dei personaggi degli affreschi in esame si deduce dalle tabelle inserite nelle lunette, ove sono scritti i vari nominativi. Tuttavia non c’è accordo fra gli studiosi di storia dell’arte sulle identificazioni dei gruppi quando il confronto si sposta dalla lunetta alla corrispondente vela. Michelangelo, pare, avesse dato più importanza agli atteggiamenti ed alle espressività dei personaggi, trascurando le caratteristiche identificative.

Negli spazi triangolari adiacenti alle vele (sopra di esse, a sinistra e a destra) appaiono due nudi in monocromo simulante il bronzo. Il pittore li inserì in uno sfondo alquanto scuro con toni violacei, in simmetria tra loro, separati da un teschio di ariete.

Le fasi della decorazione

Le vele e le lunette, come tutte le altre composizioni della grande decorazione della volta, furono dipinte in due fasi. Il Buonarroti iniziò ad affrescare i vari riquadri in corrispondenza delle campate dell’ingresso, per procedere verso dell’altare. I dipinti più vicini a quest’ultimo, ossia quelli più prossimi alla maestosa rappresentazione del Giudizio universale, sono fra gli ultimi realizzati dall’artista. Tuttavia la cronologia riferita agli episodi dei testi biblici risulta invertita all’osservatore, che entrando in cappella procede in direzione dell’altare.

Riguardo la prima fase dei lavori, quella relativa alla prima metà della cappella, eseguita sul primo ponte ligneo, si pensa che fosse stata portata a termine nell’estate del 1511. Qualche mese più tardi (ottobre) Michelangelo montò un secondo ponteggio lungo l’altra metà della cappella, e procedette nella stessa direzione, cioè verso l’altare fino alle lunette (poi rimosse) della parete del Giudizio universale.

L’artista completò l’intera decorazione nel 1512, poco prima della vigilia di Ognissanti, giorno in cui fu “scoperta” ed inaugurata.

Da quanto sopra riportato risulta che la vela e la lunetta – relative a Giosia, Ieconia e Salatiel – furono fra i primi dipinti che il pittore realizzò sulla volta della Cappella Sistina.

Descrizione e stile della vela

La sottostante lunetta mostra due gruppi familiari, uno nella zona di sinistra e l’altro a destra. Il tabellone al centro, che li separa, indica la presenza di Giosia, Ieconia e Salatiel. Non è sicuro lo specifico riconoscimento dei fanciulli, tuttavia la composizione si identifica tradizionalmente nella famiglia di Iechonias, il cui figlio è Salatiel.

L’uomo, con il volto ripreso di profilo, appare sdraiato in primo piano sulla nuda terra. Il busto, leggermente ruotato a destra, è appena sollevato dal suolo e poggia con la spalla su qualcosa di indefinito. Le sue gambe, ricoperte da calzoni bianchi, contrastando con i toni delle zone circostanti, sbalzano su tutto contesto.

Dietro di lui appaiono la donna con il bambino. Lei è ripresa di profilo seduta su qualcosa di morbido (forse un cuscino) dai toni verdastri. Ha una veste violacea e ed un velo bianco che le ricopre le spalle. Il prolungamento dello stesso velo, i cui toni richiamano quelli dei calzoni del marito, le avvolge anche la testa.

Il bambino, che appare seduto nell’oscurità del fondo, sembra essere affettuosamente tirato dalla madre, che intende avvicinarlo a sé con l’intento di baciarlo.

La scena ricorda quella che spesso vediamo nelle varie composizioni della Fuga in Egitto. San Paolo chiamò “pellegrini sulla Terra” gli antenati di Cristo alla ricerca della terra promessa.

La nuova illuminazione e la nuova configurazione dei personaggi appare in una dilatazione spaziale in piani che man mano, allontanandosi dal fruitore dell’opera, perdono di definizione.

Per riportare il disegno dal cartone all’intonaco della volta Michelangelo impiegò la tecnica dello spolvero. Per portare a termine la composizione occorsero due sole giornate.

Nudi bronzei

La coppia nudi bronzei appare, come in tutte le vele, disposta in simmetria sui due lati della vela. I due sono sdraiati lungo la cornice della vela con il busto in torsione rivolto verso spettatore.

Michelangelo usò un solo cartone, dritto e poi ribaltato, per trasferire il disegno sull’intonaco, agendo poi su piccolissimi particolari per rompere la perfetta simmetria.

La lunetta con Giosia, Ieconia e Salatiel

Michelangelo Buonarroti: Lunetta con Giosia, Ieconia e Salatiel
Michelangelo Buonarroti: Lunetta con Giosia, Ieconia e Salatiel, intorno agli anni 1508-1511, 340×650 cm. Cappella Sistina in Vaticano (Roma)

Descrizione

Come sopra accennato, la lunetta con Giosia, Ieconia e Salatiel fu tra le prime raffigurazioni della volta ad essere state affrescate. Tradizionalmente si pensa che fosse il sesto dipinto in ordine cronologico.

I contenuti delle lunette rimandano alle narrazioni del Vangelo di Matteo con la genealogia di Cristo

La presente lunetta la incontriamo – provenendo dall’ingresso – nella seconda raffigurazione sul registro superiore della parete destra, in corrispondenza del Diluvio Universale.

La composizione mostra due gruppi di figure, uno in ogni metà separata dalla tabella, con la scritta dei nominativi di tre dei quattro protagonisti: ” IOSIAS / IECHONIAS / SALATHIEL”.

A differenza delle altre lunette, questa rompe il ritmo delle narrazioni affini a quelle affrescate sul lato opposto. A contrapporla è la raffigurazione del gruppo di Zorobabele, Abiud ed Eliacim sull’altro lato. La lunetta adiacente a quella in esame mostra invece Ezechia, Manasse e Amon, gli antenati immediatamente precedenti a Giosia, Ieconia e Salatiel. Probabilmente si è voluto mettere in risalto il collegamento tra i due episodi, che entrambi appartengono al periodo babilonese.

Iosias, figlio di Amon, è generalmente indicato nell’uomo a destra con il figlio Ieconia che tiene sulle ginocchia.

I due gruppi raffigurati in questa composizione hanno in comune una chiara espressione drammatica: due bambini che, con gesti tutt’altro che tranquilli, si affrontano gesticolando in lontananza. Non si capisce bene però se si tratti effettivamente di gesti impetuosi, oppure se Ieconia voglia dare al fanciullo nella zona di sinistra l’oggetto non bene identificato che reca nella mano. Il bambino che dovrebbe riceverlo è tenuto con forza dalla madre, contrariata dal concitato scambio.

Stile

L’uomo nella zona a destra è ricoperto per intero da un manto verdastro, che bene si armonizza con le chiarissime gamme cromatiche del fondo e con l’incarnato del bambino che tiene in grembo. Il volto, ripreso di profilo, ha una fisionomia ben caratterizzata e dettagliatamente strutturata, che rimanda alla ritrattistica romana dello stesso periodo.

La coloristica della donna raffigurata nella zona di sinistra è assai più brillante. Spicca la bianca camicia, nonostante appaia solo sulla manica sinistra, ed il manto giallo che le nasconde tutta la parte inferiore del corpo. Il busto è ricoperto da una veste rosa a cui è allacciata una fascia verde. L’energica illuminazione, proveniente da sinistra, le rischiara il volto e la capigliatura, mettendone in evidenza i particolari, soprattutto quelli nell’accurata acconciatura dei capelli.

Michelangelo nella volta della Cappella Sistina

Michelangelo Buonarroti: Affreschi sulla volta della Cappella Sistina

Pagine correlate: Ai dipinti di MichelangeloAltra serie di opere – La biografia, la vita artistica e la critica – La sua pittura pag 1 – La sua pittura pag 2 – La sua pittura pag 3 – Il periodo artistico – Bibliografia.

Le opere di Michelangelo sotto rappresentate sono le riproduzioni fotografiche eseguite prima e dopo del grande restauro alla Cappella Sistina.

Michelangelo Buonarroti è uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. Non tutti gli studiosi di Storia dell’arte si sono trovati in pieno accordo sulle opere nella Cappella Sistina … “a me pare una qualità rude, esteriore, meccanica …” P. B. Shelley, lettera a Leigh Hunt,  “… ignorava tutto ciò che riguarda il colore” R. De Piles 1699 .

Il soffitto della Cappella Sistina

Michelangelo Buonarroti: La decorazione della volta della Cappella Sistina.
Michelangelo Buonarroti: La decorazione della volta della Cappella Sistina.

Sulla volta della Cappella Sistina appare una celeberrima serie di storie di Michelangelo Buonarroti, eseguite nel periodo compreso tra il 1508 ed il 1512. La decorazione viene considerata come uno dei capolavori più significativi di tutta l’arte occidentale.

Fu papa Giulio II a commissionare l’immane ciclo di affreschi (500 m² di superficie, tutta lavorata) all’artista, il quale accettò la grande sfida pur sentendosi più scultore che pittore.

I lavori furono eseguiti in due tempi con due ponteggi differenti e Michelangelo dovette affrontare, superandole, due grosse incombenze. Le esecuzioni degli affreschi, infatti, iniziarono con gli aiuti a suo seguito ma fu proprio l’artista a rifiutarne l’assistenza perché non adeguata alle proprie esigenze; dovette quindi procedere da solo. L’altra incombenza si manifestò a metà decorazione, quando papa Giulio II incominciò ad esercitare forti pressioni sull’artista per fargli portare a termine il lavoro in tempi rapidissimi.

La decorazione della volta doveva completare iconologicamente il ciclo delle Storie (di Gesù e di Mosè, commissionate da Sisto IV), già sulle pareti, realizzate da artisti quattrocenteschi nel 1481-82 tra cui ricordiamo Ghirlandaio, Botticelli, Signorelli, Perugino e Cosimo Rosselli.

Michelangelo, infatti, eseguì sul soffitto le storie dell’umanità “ante legem”, ovvero quelle prima di quando Mosè ricevette le Tavole della Legge.

Cenni storici

Il primo periodo dei lavori, durato alcuni mesi, Michelangelo lo passò facendo schizzi e disegni preparatori su cartoni, ma non solo. Per poter affrescare il soffitto della cappella dovette costruire un grosso ponteggio che, nonostante le grosse dimensioni, non riusciva a coprire tutta la superficie da decorare. Infatti per poter continuare con gli affreschi fu necessario smontare il primo ponte per poi innalzarlo di nuovo in corrispondenza dell’altra metà della Cappella Sistina.

La preparazione dell’intonaco fu eseguita da Piero Rosselli, che la portò a compimento prima del 27 luglio, data in cui gli venne saldata la commissione.

Per le impalcature era previsto che le stesse non dovessero recare problemi alle varie cerimonie in cappella e quindi il primissimo ponte, ideato dal Bramante e mai utilizzato dall’artista, fu costruito sospeso in aria con sistemi di grosse funi. La cosa non piacque a Michelangelo, che la giudicò del tutto inadeguata alle proprie esigenze di lavoro e, quindi, il pittore costruì da solo la nuova prima impalcatura, tutta realizzata in legno.

Il sistema di ponteggio messo in opera da Michelangelo fu lodato da Giorgio Vasari, ma in realtà era già stato usato in precedenza da altre equipe per la gittata delle volte.

La decorazione del soffitto non fu comunque per Michelangelo una passeggiata, come lui stesso testimoniò: “Sono teso come un arco. Mi è già venuto il gozzo, il ventre me lo sento in gola, i lombi mi sono entrati nella pancia, non vedo dove metto i piedi e il pennello mi gocciola sul viso”.[Viaggio nella Cappella Sistina, pag. 76, di Alberto Angela, Rizzoli, anno 2013].

Intorno all’agosto-settembre 1508 Michelangelo chiamò da Firenze una serie di assistenti, tra cui ricordiamo Giuliano Bugiardini, l’amico Francesco Granacci e Aristotile da Sangallo. Assieme a questi tre ve ne erano altri, tutti provenienti dalle botteghe di Domenico Ghirlandaio o di Cosimo Rosselli. Dalle Vite di Vasari si ricava che Michelangelo rimase alquanto insoddisfatto del loro aiuto e quindi li allontanò in modo brusco. Pare però che gli stessi sopra riportati (Bugiardini, Granacci e Sangallo) avessero continuato la collaborazione con Michelangelo.

Conclusione dell’opera

Così scriveva il Vasari nelle sue Vite (1568): «Questa opera è stata et è veramente la lucerna dell’arte nostra, che ha fatto tanto giovamento e lume all’arte della pittura, che ha bastato a illuminare il mondo, per tante centinaia d’anni in tenebre stato.»

Nell’ultimo periodo dei lavori, papa Giulio II, che già dal 1511 aveva chiesto di ridurre i tempi, divenne sempre più incalzante, premendo su Michelangelo in un ritmo frenetico per portare a compimento l’intera opera. Le ultime composizioni (quelle vicine all’altare) appaiono in uno stile assai conciso, con particolari altrettanto semplificati, pur mantenendo l’efficace stile michelangiolesco. A conferma di ciò esiste uno scritto dell’artista, datato 1512, destinato al padre in cui si legge che «io ò finitta la cappela che io dipignevo: el papa resta assai ben sodisfato, e l’altre cose non mi riescono a me come stimavo; incolpone e’ tempi, che sono molto contrari all’arte nostra». 〈dalla lettera datata 30 settembre 1512, cit. in De Vecchi, pagina 88〉

Dal diario del De Grassis si legge che, il 31 ottobre 1512, gli affreschi vennero scoperti e la cappella riaperta al pubblico. 〈Camesasca, citazione a pagina 89〉.

In seguito al fatto di come apparvero gli affreschi al papa ed allo stesso Michelangelo, subito dopo lo smontaggio dell’ultimo ponteggio, vi fu la comune decisione di entrambi nel rifinire alcuni particolari (panneggi, dorature e altri dettagli) con tecnica a secco.

Tale lavoro non fu però mai eseguito per i forti i dubbi sulla stretta necessità delle rifiniture e per le complicate operazioni per l’innalzamento del nuovo ponte. A tal proposito, sempre dalle Vite di Vasari, legge uno scambio di battute tra l’artista e papa Giulio II: «il Papa vedendo spesso Michelagnolo gli diceva: “Che la cappella si arrichisca di colori e d’oro, ché l’è povera”. Michelagnolo con domestichezza rispondeva: “Padre Santo, in quel tempo gli uomini non portavano addosso oro, e quegli che son dipinti non furon mai troppo ricchi, ma santi uomini, perch’egli sprezaron le ricchezze”».

Descrizione

Michelangelo realizzò la grande decorazione della volta anche su tutto il registro superiore delle pareti, che comprendeva le sedici lunette che attorniano l’arco delle finestre.

Sotto le lunette, e a fianco delle aperture, appaiono i ritratti dei primi papi, entro nicchie, realizzati da artisti quattrocenteschi. Due lunette furono rimosse intorno al 1537 per dare maggior spazio alla raffigurazione del Giudizio Universale, che fu portato a termine dallo stesso Michelangelo nel 1541.

La volta, così nel globale, comprende otto vele sopra le lunette delle pareti lunghe e quattro pennacchi agli angoli sulle lunette di estremità. Sulle vele e sulle lunette appaiono le quaranta narrazioni del Vangelo secondo Matteo, riferite agli Antenati di Cristo.

Tra una vela e l’altra appaiono, su troni architettonici, i profeti e le sibille con assistenti e putti-cariatide, questi ultimi tutti in monocromo. Negli spazi triangolari, limitati dalle punte delle vele, e sotto i quattro pennacchi, spiccano coppie di nudi bronzei.

La parte centrale del soffitto rappresenta, in riquadri sequenzialmente alternati in grandezza, le nove Storie della Genesi. Quelle raffigurate in spazi più piccoli sono incorniciate da medaglioni in monocromia con episodi dell’Antico Testamento e da coppie di ignudi. Quelle grandi, invece, sono limitate soltanto dai pilastri.

Il soggetto generale

La tematica globale della decorazione michelangiolesca richiama il mistero della Creazione. In essa si raggiunge la vetta più alta nella raffigurazione dell’Uomo ad immagine e somiglianza Dio che, incarnando Cristo, riscatta l’umanità dal peccato originale avvicinandola ancor più a Lui. In tal senso appare più chiara la ragione per cui l’artista abbia celebrato la bellezza e l’armonia del corpo umano privo di ogni copertura.

Inoltre Michelangelo, con gli affreschi della volta della Cappella Sistina, mette in relazione i due Testamenti, dove l’Antico prefigura il Nuovo … e non solo! Con le previsioni della venuta di Cristo avvicina i profeti (ambito ebraico) alle sibille (ambito pagano).

Storie della Genesi

I nove affreschi centrali raffigurano le Storie della Genesi. I riquadri, che appaiono in ordine cronologico, procedono  dalla parete dell’altare verso l’entrata. Per gli episodi, secondo lo studioso di storia dell’arte E. Steinmann, Michelangelo si ispirò alle dodici “profezie” cantate nel Sabato Santo dal coro della Sistina [De Vecchi, cit., pag. 90.].

Michelangelo, nel procedere con la realizzazione dei riquadri, lavorò a ritroso invertendo così l’ordine cronologico degli episodi. Iniziò con l’ebbrezza di Noè per terminare con la raffigurazione dell’Eterno.

I primi tre riquadri realizzati, riguardanti gli episodi di Noè, non furono proprio invertiti del tutto perché la seconda raffigurazione è il Diluvio e non il Sacrificio.

La ragione di tale scelta, secondo alcuni studiosi di storia dell’arte, è legata a motivi di interpretazione simbolica delle storie della Genesi. Con tale valutazione però non sono d’accordo altri critici, che sostengono la tesi legata allo stesso artista di voler riservare al Diluvio universale uno spazio maggiore. Con l’alternanza sequenziale delle dimensioni dei riquadri (uno grande seguito da uno piccolo), infatti, rispettando l’ordine, il Diluvio avrebbe avuto dimensioni più piccole.

Le storie della Genesi componevano, in un certo modo, un mosaico dei principali avvenimenti dell’umanità, prima Mosè, le cui raffigurazioni, realizzate da artisti quattrocenteschi (fra cui ricordiamo Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Pietro PeruginoCosimo Rosselli), appaiono sulle pareti della stessa cappella.

Ciascuna storia della Genesi poteva essere interpretata in relazione alla Settimana Santa, le cui solenni celebrazioni avvenivano in Sistina con la partecipazione del papa ed il suo seguito.

Nell’ordinare le raffigurazioni l’artista si riferì al neoplatonismo, per cui l’anima ascende al divino partendo dalle due dottrine: ebraica e cristiana. A tal proposito Charles de Tolnay, citato da Giulio Carlo Argan [Storia dell’arte italiana, 1979, Sansoni, vol.3, p. 55-56], scriveva: “il divino appare prima abbozzato nella forma imperfetta dell’uomo imprigionato nel corpo (Noè) per poi progressivamente assumere una forma sempre più perfetta fino a diventare un essere cosmico […]. Al senso biblico della sua opera volle sovrapporre un nuovo significato, un’interpretazione platonica della Genesi”.

Le storie della genesi in ordine cronologico

La Separazione della luce dalle tenebre, 1512, 180 x 260 cm.

13 sistina

Creazione degli astri, anno 1511, 280 x 570 cm.

12 sistina

La Separazione della terra dalle acque, anno 1511, 155 x 270 cm.

Creazione di Adamo, anno 1510-11, 280 x 570 cm. Volta della Cappella Sistina

Creazione di Eva, anno 1511, 170 x 266 cm. Volta della Cappella Sistina

Il Peccato Originale e la Cacciata dall’Eden, anno 1509 (10), Vaticano.

Il Diluvio Universale, Volta della Cappella Sistina, anno 1508 (9), 280 x 570 Vaticano.

Particolari del Diluvio Universale.

Il Sacrificio di Noè, anno 1508-1510,  170 x 260 cm.

L’Ebbrezza di Noè, anno 1508-1510,  170 x 260 cm.

Gli ignudi

Come già sopra riportato, i riquadri delle storie procedono alternandosi in maggiori e minori. Ognuno di questi ultimi è attorniato da quattro ignudi, per un totale di venti, in cinque affreschi più piccoli delle Storie. Le loro raffigurazioni, con volti piuttosto angelici, benché rappresentate entro una struttura architettonica simulata, spiccano travalicando il semplice scopo figurativo.

14 sistina

Un Ignudo della coppia sul Gioele, anno 1509, 190 x 385 cm.

15 sistina

Ignudo (particolare) della coppia sull’Isaia, anno 1509, 190 x 395 cm.

16 sistina

L’Ignudo della coppia sulla Sibilla Eritrea, anno 1509, 190 x 390 cm.

17 sistina

Un Ignudo (particolare) della coppia sull’Ezechiele, anno 1509 (1510), 195 x 385 cm.

18 sistina

Particolare di un Ignudo (sacco verde) della coppia sulla Persica, anno 1511, 200 x 395 cm.

19 sistina

Un Ignudo (particolare) della coppia sulla Persica, anno 1511, 200 x 395 cm.

20 sistina

Ignudo della coppia sul Geremia, anno 1511, 200 x 395 cm.

21 sistina

Un Ignudo (particolare) (cornucopia) della coppia sul Geremia, anno 1511, 200 x 395 cm.

Profeti e sibille

I profeti e le sibille appartengono alla serie dei “Veggenti”, raffigurati su ampi ed architettonici troni, sostenuti da peducci.

Ognuno di essi, rappresentato su un ampio scranno marmoreo, è assistito da due giovani aiutanti.

Nei riquadri dei veggenti appaiono anche coppie di putti nei più svariati atteggiamenti.

Il nome di ogni veggente appare in una tabella sotto il plinto (base del trono), sorretta da un putto. Soltanto la scritta che rappresenta il profeta Zaccaria (ZACHERIAS), sotto la quale spicca lo stemma Della Rovere, ne fa eccezione.

22 sistina

Profeta Zaccaria, anno 1509, 360 x 390 cm.

23 sistina

Sibilla Delfica, anno 1509, 350 x 380 cm.

24 sistina

Profeta Ezechiele, anno 1510, 355 x 380 cm.

25 sistina

Profeta Isaia, anno 1509, 365 x 380 cm.

26 sistina

Sibilla Eritrea, anno 1509, cm. 360 x 380 cm.

27 sistina

Sibilla Cumana, anno 1510, 375 x 380 cm.

28 sistina

Profeta Gioele, anno 1509, 365 x 380 cm.

29 sistina

Profeta Daniele, anno 1511, 395 x 380 cm.

particolare del putto

Particolare di Daniele (particolare di un putto reggi-targa), anno 1511, 395 x 380 cm.

30 sistina

Sibilla Persica, anno 1511, 400 x 380 cm.

31 sistina

Sibilla Libica, anno 1511, 395 x 380 cm.

32 sistina

Profeta Geremia, anno 1511, 390 x 380 cm.

33 sistina

Profeta Giona, anno 1511, 400 x 380 cm.

Storie dell’Antico Testamento

Le raffigurazioni bibliche dei quattro pennacchi angolari, sulla volta della cappella, mostrano eventi miracolosi a favore del popolo di Israele.

35 sistina

Davide e Golia, anno 1509, 570 x 970 cm. (1 Samuele 17,1-54, dai libri di Samuele della Bibbia cristiana)

36 sistina

Giuditta e Oloferne, anno 1509, 570 x 970 cm. (Giuditta 13,1-10, dal Libro di Giuditta riportato dalla Bibbia cattolica)

37 sistina

La Punizione di Aman, anno 1511, 585 x 985 cm. (Ester 7,1-10, dal Libro di Ester riportato nella Bibbia ebraica e cristiana)

Il serpente di bronzo, anno 1511-1512, 585 × 985 cm. (Numeri 21,1-9, dal Libro dei numeri riportato dalla Bibbia cristiana e dalla Torah ebraica).

Le vele e le lunette

Michelangelo, nella decorazione della volta, realizzò anche le raffigurazioni presenti sul registro superiore delle pareti. In esso si contavano 16 lunette, sei sul lato sinistro, sei su quello destro e quattro sui registri frontali delle pareti estreme. Le storie di due di queste – quelle appartenenti alla parete del Giudizio universale – furono rimosse poco dopo per fare spazio a tematiche inerenti al grande affresco parietale dello stesso artista (1537-1541).

Per quanto riguarda la superficie vera e propria del soffitto, in essa essa si contano otto vele: quattro a sinistra e altrettante a destra, adiacenti alle lunette (sopra di esse) lungo le pareti maggiori della cappella. Appaiono anche i quattro pennacchi agli angoli, già sopra dettagliatamente descritti, ognuno in corrispondenza delle due lunette estreme delle quattro pareti, sotto i pennacchi.

Sia sulle vele che nelle lunette vengono rappresentate scene del Vangelo secondo Matteo, relative alle quaranta generazioni degli Antenati di Cristo.

Le vele e le rispettive lunette, anche se molto differenziate nelle raffigurazioni, sono strettamente correlate tra loro in fatto di stile, forma ed iconologia. Trattasi, infatti, di composizioni che Michelangelo realizzò in spazi triangolari non piatti ma moderatamente incavati. Le lunette, comunque, non appartengono alla decorazione della volta della Cappella Sistina ma a quella parietale. Fanno comunque parte dello stesso programma in coincidenza dei tempi, iconografie, committenza (papa Giulio II per entrambe), esecuzione e sue fasi di lavoro.

Gli affreschi mostrano gruppi di famiglie, stagliati su fondi di contrasto (scuro sulle vele e chiaro sulle lunette), in diversi atteggiamenti, spesso seduti in terra anziché su comodi scaloni. Questo perché l’artista dovette riportare le scene in spazi insoliti ed assai limitati.

Il riconoscimento delle figure riportate sulle vele probabilmente coincide con i nominativi che appaiono sulle tabelle delle lunette. In queste ultime appaiono tre nomi anziché i due generalmente riportati. Gli studiosi di storia dell’arte generalmente non si trovano d’accordo sui nominativi dei vari gruppi, dato che Michelangelo non si soffermò su particolari identificativi. L’artista era forse più interessato agli atteggiamenti delle figure da rappresentare.

Michelangelo riempì gli spazi a triangolo retto, ai lati delle vele, con coppie di nudi bronzei a monocromo, rappresentati in simmetria su fondi violacei e scuri.

Tutti i bronzi sono separati sulla punta della vela da un teschio d’ariete.

Descrizioni delle vele e delle corrispondenti lunette

Per una descrizione più dettagliata e sulla storia si segua il link Le lunette di Michelangelo nella Cappella Sistina

Procedendo da sinistra a destra e dall’ingresso all’altare:

1 – La vela a sinistra della Creazione degli astri e delle piante e la sottostante  lunetta con Salmòn, Booz e Obed.

2 – Vela a destra della Creazione degli astri e delle piante e la sottostante lunetta con Iesse, Davide e Salomone.

3 – La vela a sinistra della Creazione di Adamo e la sottostante lunetta con Roboamo e Abia.

4 – Vela a destra della Creazione di Adamo e la sottostante lunetta con Asaf, Giosafat e Ioram.

5 – La vela a sinistra del Peccato originale della volta e la sottostante lunetta con Ozia, Ioatam e Acaz.

6 – Vela a destra del Peccato originale e la sottostante lunetta con Ezechia, Manasse e Amon.

7 – La vela a sinistra del Diluvio universale della volta e la sottostante lunetta con Zorobabele, Abiud ed Eliacim.

8 – Vela a destra del Diluvio universale e la sottostante lunetta con Giosia, Ieconia e Salatiel.

Le lunette corrispondenti ai pennacchi

1 – La lunetta di Aminabad sulla parete di sinistra: sotto il pennacchio della Punizione di Aman e senza la corrispondente vela.

2 – Lunetta di Naasson sulla parete di destra: sotto il pennacchio del Serpente di bronzo e senza la corrispondente vela.

3 – La lunetta di Eleazar e Mattan: sotto il pennacchio di Giuditta e Oloferne alla parete d’entrata a destra e senza la corrispondente vela.

4 – Lunetta di Azor e Sadoc: sulla parete lunga sotto il pennacchio di Giuditta e Oloferne all’entrata a destra e senza la corrispondente vela.

5 – La lunetta Giacobbe e Giuseppe: sulla parete dell’entrata a sinistra sotto il pennacchio di Davide e Golia e senza la corrispondente vela.

6 – Lunetta Achim e Eliud: Sulla parete lunga all’entrata a sinistra sotto il pennacchio di Davide e Golia e senza una corrispondente vela.

Le lunette rimosse

Come si ricava dal sottotitolo, le prime due lunette, quelle ai lati della parete dell’altare, furono rimosse nel 1537 per ottenere più spazio per la realizzazione grande affresco del Giudizio universale.

Esistono però le incisioni delle due lunette, realizzate da Adamo Ghissi. Le riproduzioni ci permettono almeno di conoscere le pitture rimosse e, grazie ad esse, oggi possiamo identificare i gruppi delle due composizioni: “Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuda” a destra e “Fares, Esrom e Aram” a sinistra.

Pensando che non sia tanto necessario indugiare su queste due lunette, portiamo a termine la presente pagina con le loro illustrazioni.

Lunetta di Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuda sulla parete dell’altare (rimossa)

1 – La lunetta di Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuda sulla parete dell’altare (rimossa per fare spazio al Giudizio universale): era sotto il pennacchio della punizione di Aman.

Lunetta Fares, Esrom e Aram sulla parete dell'altare (raschiata)
Lunetta Fares, Esrom e Aram sulla parete dell’altare (raschiata)

2 – Lunetta Fares, Esrom e Aram sulla parete dell’altare (rimossa per fare spazio al Giudizio): era sotto il Serpente di bronzo.

Altri particolari
39 sistina

Particolare di una Vela sopra la lunetta di Iesse, Davide e Salomone e relativi Nudi bronzei, anno 1511, 245 x 340 cm.

40 sistina

Partic. delle figure a destra della lunetta di Iesse, Davide e Salomone, anno 1511 (12), 215 x 430 cm.

40-1 sistina

Particolare delle figure a sinistra della Lunetta di Giosia, Ieconia e Salatiel, anno 1511 (12), 215 x 430 cm.

41 sistina

Partic. di una lunetta di Asaf, Giosafat e Ioram, anno 1511 (12), 215 x 430 cm.