Opere di Antonello da Messina

Pagine correlate alle opere di Antonello da Messina: Biografia e vita artistica – La critica – Il periodo artistico – Elenco delle opere – Bibliografia.

Alcune tra le più importanti opere di Antonello da Messina

01 antonello da messina - san Gerolamo nello studio

San Gerolamo nello studio, cm. 46 x 36,5,  National Gallery di Londra.

02 antonello da messina - salvator mundi

Salvator mundi, cm. 39 x 29,5, National Gallery di Londra.

03 antonello da messina - ritratto d'uomo

Ritratto d’uomo, cm. 32 x 27, Museum of Art di Filadelfia.

04 antonello da messina - ecce homo

Ecce homo, cm. 42,5 x 30,5, Metropolitan Museum of New York.

05 antonello da messina - ritratto d'uomo

Ritratto d’uomo, cm. 35,5 x 25,5, National Gallery di Londra.

06 antonello da messina - vergine annunziata

Vergine annunziata, cm. 43 x 32, Bayerische Staatsgemäldesammlungen, Monaco.

07 antonello da messina - madonna benson

Madonna Benson, cm. 58 x 40, National Gallery di Washington.

08 antonello da messina - san gregorio

I dottori della chiesa: San Gregorio, cm. 46,5 x 36;  San Gerolamo, cm. 39 x 31,5; Sant’Agostino, cm. 46,5 36;Galleria Nazionale di Palermo.

Altre opere

Polittico di San Gregorio

Polittico di San Gregorio, Museo Regionale di Messina.

13 antonello da messina - ecce homo

Ecce homo, cm. 48,5 x 38, Collegio Alberoni, Piacenza.

14 antonello da messina - ritratto d'uomo

Ritratto d’uomo, cm. 32 x 26, Staatliche Museen, Berlino.

15 antonello da messina - ecce homo

Ecce homo, cm. 39,7 x 32,7, Galleria Spinola di Genova.

16 antonello da messina - vergine annunziata

Vergine annunziata, cm. 45 x 34,5, Museo Nazionale di Palermo.

17 antonello da messina - l'annunciazione

L’Annunciazione, cm. 180 x 180, Museo Nazionale di Siracusa.

18 antonello da messina - pietà con tre angeli

Pietà con tre angeli, cm. 117 x 85, Museo Correr di Venezia.

19 antonello da messina - il condottiero

Il condottiero, cm. 35 x 28, Louvre, Parigi.

20 antonello da messina - la crocifissione

La Crocifissione, cm. 59,7 x 42,5, Musée Royal des Beaux-Arts, Anversa.

Pala di San Cassiano

Pala di San Cassiano (Madonna col Bambino in trono), cm. 115 x 135,5 (assieme), Kunsthistorisches Museum, Vienna.

23 antonello da messina - san sebastiano

San Sebastiano, cm.171 x 85, Staatliche Gemäldegalerie, Dresda.

24 antonello da messina - crocifissione

La crocifissione, cm. 42 x 25,5, National Gallery di Londra.

25 antonello da messina - ritratto d'uomo

Ritratto d’uomo, cm. 20 x 14, Staatliche Museen, Berlino.

Elenco delle opere di Antonello da Messina

Elenco delle opere di Antonello da Messina realizzate nel corso della sua carriera artistica.

Pagine correlate all’artista: Biografia e vita artistica – Alcune opere di Antonello – La critica – Il periodo artistico – Bibliografia.

Elenco dei dipinti

Virgo advocata, anno di esecuzione 1452 circa, tecnica a tempera e olio su tavola, 57 x 39 cm., Pinacoteca civica, Como.

Crocifissione (attribuito ad Antonello, probabilmente a Colantonio), anno di esecuzione 1450-1455 circa, tecnica a tempera e olio su tavola, 44 x 52 cm., Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid.

Vergine leggente, anno di esecuzione 1460-1462 circa, tecnica a tempera e olio su tavola, 38,7 x 26 cm., Venezia, collezione Mino Forti.

San Girolamo penitente, anno di esecuzione 1460-1465 circa, tecnica a tempera e olio su tavola, 39,9 x 30 cm., Pinacoteca Civica, Reggio Calabria.

Visita dei tre angeli ad Abramo, anno di esecuzione 1460-1465 circa, tecnica a tempera e olio su tavola, 21,4 x 29,3 cm., Pinacoteca civica, Reggio Calabria.

Vergine leggente, anno di esecuzione 1461 circa, tecnica a olio su tavola, 43 x 34,5 cm., Walters Art Museum, Baltimora.

Altre opere

Crocifissione, anno di esecuzione 1463-1465 circa, tecnica a tempera e olio su tavola, 39 x 22,5 cm., Museo nazionale d’arte rumeno, Bucarest.

Madonna col Bambino e un francescano, (recto), Cristo in pietà (verso), anno di esecuzione 1465-1470 circa, tecnica a tempera su tavola, 16 x 11,9 cm., Museo regionale, Messina.

Ritratto d’uomo, anno di esecuzione 1465-1470 circa, tecnica a tempera su tavola di noce, 27 x 20 cm., Pinacoteca Malaspina, Pavia.

Salvator mundi, anno di esecuzione 1465-1475 circa, tecnica a olio su tavola, 38,7 x 29,8 cm., National Gallery, Londra.

Ecce Homo (recto); San Girolamo penitente (verso), anno di esecuzione 1465 circa, tecnica a tempera e olio su tavola, 19,5 x 14 cm., Collezione privata, New York.

Ecce Homo, anno di esecuzione 1470 circa, tecnica a olio su tavola, 40 x 33 cm., Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, Genova.

Madonna Salting, anno di esecuzione 1470 circa, tecnica a tempera e olio su tavola, 43,2 x 34,3 cm., National Gallery, Londra.

Ritratto d’ignoto marinaio, anno di esecuzione 1470-1472 circa, tecnica a tempera e olio su tavola di noce, 30,5 x 26,3 cm., Museo Mandralisca, Cefalù.

Altre opere

Polittico dei Dottori della Chiesa, anno di esecuzione 1470-1475 circa, tecnica a olio su tavola, opera sembrata e suddivisa fra i vari musei:

  • Madonna col Bambino e angeli reggicorona, 114,8 x 54,5 cm., Galleria degli Uffizi, Firenze.
  • San Giovanni Evangelista, 114,3 x 38,5 cm., Galleria degli Uffizi, Firenze.
  • San Benedetto, tecnica a tempera e olio su tavola, 105 x 43,5 cm., Pinacoteca del Castello Sforzesco, Milano.
  • Sant’Agostino, tecnica a tempera e olio su tavola trasportata su tela, 46,5 x 35,5 cm., Galleria regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, Palermo.
  • San Girolamo, tecnica a tempera e olio su tavola trasportata su tela, 35,7 x 31 cm., Galleria regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, Palermo.
  • San Gregorio Magno, tecnica a tempera e olio su tavola trasportata su tela, 45,5 x 35,5 cm., Galleria regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, Palermo.

Ritratto di giovane, anno di esecuzione 1472-1473 circa, tecnica a tempera e olio su tavola, 27 x 20,6 cm., Metropolitan Museum of Art, New York.

Polittico di San Gregorio, anno di esecuzione 1473 circa, tecnica a tempera grassa su tavola, 194 x 203 cm., Museo regionale, Messina.

Ritratto d’uomo, anno di esecuzione 1473-1474 circa, tecnica a olio su tavola di pioppo, 35,5 x 25,5 cm., National Gallery, Londra.

Ritratto di giovane, anno di esecuzione 1474 circa, tecnica a tempera e olio su tavola di noce, 31,5 x 26,7 cm.Philadelphia Museum of Art, Filadelfia, .

Ecce Homo, anno di esecuzione 1474, tecnica a olio su tavola, 36,7 x 28,8 cm., fu custodito nel Castello di Radoszewnica, collezione Ostrowski.

Altre opere

Ritratto d’uomo, anno di esecuzione 1474 circa, tecnica a olio su tavola, 31,5 x 26 cm., Collezione Schwarzenberg, Vienna.

Annunciazione, anno di esecuzione 1474-1475 circa, tecnica a tempera e olio su tavola di noce, 180 x 180 cm., Galleria regionale di Palazzo Bellomo, Siracusa.

San Girolamo nello studio, anno di esecuzione 1474-1475 circa, tecnica a olio su tavola di tiglio, 45,7 x 36,2 cm., Londra, National Gallery.

Madonna col Bambino e benedicente e un francescano in adorazione (recto) e Cristo in pietà (verso), tecnica a olio su tavola, 165 x 11,9 cm., Museo regionale, Messina.

Ecce Homo, anno di esecuzione 1475 circa, tecnica a tempera e olio su tavola di pioppo, 42,5 x 30,5 cm., Metropolitan Museum of Art, New York.

Crocifissione, anno di esecuzione 1475 circa, tecnica a olio su tavola, 52,5 x 42,5 cm., Koninklijk Museum voor Schone Kunsten, Anversa.

Crocifisso tra la Vergine dolente e san Giovanni, anno di esecuzione 1475, tecnica a olio su tavola, 41,9 x 25,4 cm., National Gallery, Londra.

Ecce Homo, anno di esecuzione 1475 circa, tecnica a olio su tavola di rovere, 48,5 x 38 cm., Galleria del Collegio Alberoni, Piacenza.

Altre opere

Ritratto d’uomo (Il condottiero), anno di esecuzione 1475 circa, tecnica a olio su tavola di pioppo, 36,4 x 30 cm., Museo del Louvre, Parigi.

Il Ritratto d’uomo (Michele Vianello?), anno di esecuzione 1475-1476, tecnica a olio su tavola, 30 x 24 cm., Galleria Borghese, Roma.

Ritratto di giovane, anno di esecuzione 1475-1476 circa, tecnica a olio su tavoletta incollata su compensato, 27,5 x 21 cm., Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid.

Pala di San Cassiano (Madonna col Bambino tra i santi Nicola di Bari, Lucia, Orsola e Domenico), anno di esecuzione 1475-1476 circa, tecnica a olio su tavola, 115 x 135,6 cm., Kunsthistorisches Museum, Vienna.

Vergine Annunziata, anno di esecuzione 1475-1476, tecnica a tempera e olio su tavola di noce, 42,5 x 32,8 cm., Alte Pinakothek, Monaco di Baviera.

Cristo morto sostenuto da tre angeli, anno di esecuzione 1475-1476 circa, tecnica a olio su tavola di pioppo, 145 x 85 cm., Museo Correr, Venezia.

Il Cristo in pietà e un angelo, anno di esecuzione 1475-1478 circa, tecnica a olio su tavola di pioppo, 74 x 51 cm., Museo del Prado, Madrid.

Cristo alla colonna, anno di esecuzione 1475-1479, tecnica a olio su tavola, 29,8 x 21 cm., Museo del Louvre, Parigi.

Altre opere

Annunziata di Palermo, anno di esecuzione 1476 circa, tecnica a olio su tavola, 45 x 34,5 cm., Galleria regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, Palermo.

Ritratto Trivulzio, anno di esecuzione 1476, tecnica a olio su tavola di pioppo, 37,4 x 29,5 cm., Museo Civico d’Arte Antica di Torino, Torino.

Ritratto di giovane, anno di esecuzione 1476 circa, tecnica a olio su tavola, 20,4×14,5 cm., Gemäldegalerie, Berlino.

San Sebastiano, anno di esecuzione 1476-1477, tecnica a olio su tavola trasportata su tela, 171 x 85,5 cm., Gemäldegalerie, Dresda.

Madonna Benson, anno di esecuzione 1477-1479 circa, tecnica a olio su tavola, 58,9 x 43,7 cm., National Gallery of Art, Washington.

Ritratto di giovane, anno di esecuzione 1478 circa, tecnica a tempera e olio su tavola di noce, 32×26 cm., Gemäldegalerie, Berlino.

Antonello da Messina: bibliografia

Antonello da Messina: bibliografia

Bibliografia:

“Antonello a Napoli”, AA.VV., Milano 2001.

“Antonello da Messina”, AA.VV., catalogo della mostra allestita a Messina, 1981.

Cristina Acidini e Antonio Paolucci, Antonello agli Uffizi, Firenze, 2002.

“Antonello da Messina”, G. Barbera,  Milano, 1998.

“La bottega dell’artista tra Medioevo e Rinascimento”, R. Cassanelli,  Milano, 1998.

“Antonello e l’Europa”, F. Sricchia Santoro, Milano, 1986.

“Antonello e la sua città”, S. Tramontana,  Palermo, 1999.

“Antonello da Messina, Rigore ed emozione”, Teresa Pugliatti,  Edizioni Kalós, 2008

“Analisi scientifiche, restauri e prevenzione sulle opere di Antonello da Messina”, a cura di Francesco Galletta, e Francesco Sondrio.

“L’Annunciazione, l’unità figurativa ritrovata come ipotesi virtuale per un restauro”, in VILLA G.C.F., POLDI G.,  pp. 118-129, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2006.

“La rappresentazione dello spazio architettonico, la geometria modulare e la costruzione prospettica nell’Annunciazione di Antonello da Messina” a cura di Francesco Galletta e Francesco Sondrio, in G. BASILE, V. GRECO.

“Annunciazione, Antonello. Il restauro”,  pp. 34-41, Regione Siciliana, Ass. BB.CC.AA. e PI., 2008,

Citazioni e critica su Antonello da Messina dal 1942 al 1964

Citazioni e critica su Antonello da Messina dal 1942 al 1964 (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli)

Quello che ha detto la critica ufficiale della Storia dell’arte di Antonello da Messina:

l’elemento luce che, mentre nel Laurana era riassorbito nella radiante convessità di incorruttibili forme d’avorio, da Antonello è conservato nella incidenza astrale di Piero, anzi in quel valore di repentina emergenza in seno alla misura geometrica di uno spazio rarefatto.    C. brandi, Mostra dei dipinti di Antonello da Messina, 1942.

Nella costruzione della prospettiva Antonello si pone molto in alto, come pure nell’abilità a presentare le figure e il loro ambiente dallo stesso punto di vista. Difficilmente si trova un altro quadro del quindicesimo secolo in cui l’uomo e il suo ambiente siano rappresentati in un interno con tale fedeltà alla natura come nel San Gerolamo alla National Gallery di Londra.    M. J. friedlànder. The Death of the Virgin by Petrus Christus, in “The Burlington Magazine”, 1946.

Antonello, decisamente fiammingo di educazione, di gusto, di temperamento (e sia pure partenopeo-fiammingo e catalano-fiammingo), attua, come i fiamminghi, quella integrazione di plasma e di croma che solo parzialmente si può definire tonale; modella col colore ma non ancora costruisce col colore;

tende ad isolare i volumi dall’ambiente, e di qui, appunto, il forte e netto rilievo delle sue figure, al quale conferisce anche la sottigliezza della nuova tecnica olearia.    L. coletti, Revisione storiografica belliniana, in “Vernice”, 1949.

ivi [a Venezia] avvenne l’incontro mirabile con l’arte del rinascimento, facilitato dall’opera dei grandi coloristi …

E fu un incontro dei più fortunosi e fecondi dell’arte, perché quella conquista, che ai veneziani, più cromatici che tonali, era stato difficile, non dico di risolvere, ma di portare innanzi decisamente, fu subito affrontata da Antonello vittoriosamente. Illuminato, oltre che dal Mantegna, da Piero della Francesca a Ferrara, e dagli altri toscani che avevano lavorato fra le lagune e sulla terraferma, conchiuse in definitiva conquista la visione pittorica, basandola sul gioco per valori del colore “costruttivo”, e sulla conseguente libera “prospettiva aerea”. E fu vittoria per Venezia e per tutti, fu il raggiungimento del linguaggio più duttile dell’arte, oggi ancora moderno.    G. fiocco, Catalogo della Mostra di Antonello da Messina e la pittura del ‘400 in Sicilia, 1953.

Antonello. Un nome che si impone con la urgenza della grande individualità, quando spicca a tal punto dalla storia della cultura, ma non per astrarne, anzi per esaltarla a un livello ancora sconosciuto. Una grandezza che spaura nell’ambiente siciliano, quando si pensi ch’egli ‘cominciò a sormon­tare in Messina ad un tempo con Tommaso de Vigilia a Palermo; forse anzi anche prima, quando i carretti siciliani ancora portavano sui monti gli ultimi ‘retablos’ del gotico fiorito. La sua posizione in Sicilia è insomma quella di un Masaccio a Firenze, non fosse ch’egli aveva il vantaggio in partenza, di poter apprendere, non tanto lontano, una storia più moderna, e punto semplice.     R. longhi, Frammento siciliano, in “Paragone”, 1953.

Egli immise la grammatica fiamminga nella sintassi italiana, e dette all’umanità della sua terra, della sua isola, un’espressione assoluta ed eterna. Questo ci dicono i suoi Ritratti, quello di Cefalù per esempio, così terribilmente siciliano che sembra di sentirlo parlare in dialetto, mentre attinge artisticamente, come personaggio, la sfera dell’universale; e lo stesso dialetto parlano le sue Annunziate, quella di Monaco, quella di Palermo, quella di Siracusa. Questa aderenza umana al soggetto, questo trasfigurare liricamente in assolutezza di forme la sostanza più intima, più cocente, dell’umanità che egli si propone, è la ragione del misterioso stupore che s’impadronisce di chiunque guarda un’opera di Antonello. Per questo i per­sonaggi terreni della Crocifissione di Sibiu sembrano bruciati da una fiamma interna, che si consuma e si disperde nel calore bianco del cielo del paesaggio; per questo i suoi santi e le sue Madonne impongono la loro/umana presenza con tanta sofferta e semplice nobiltà. Per questo ancora i suoi Ritratti hanno una tale potenza e concentrazione di vita da attrarre gli interlocutori in una specie di orbita magnetica : che è poi niente altro che la scintilla scoccata dal genio quando tocca le massime vette della creazione artistica.   G. vigni, Antonello da Messina, in “II ponte”, 1953.

La Sicilia non possiede, dal declinare del Medioevo agli inizi o maturazione del Rinascimento, una grande tradizione artistica. In un periodo che coincide, in tutta Europa, con il riaffermarsi della personalità, e che difficilmente lascia alla notte dell’anonimato l’opera d’arte, i nomi dei Maestri siciliani si possono contare sulle dita. Senonché, tra questi pochi, il solo Antonello è di tal forza da riempire gli spazi muti di una regione. E per quanto relativamente poche siano le opere di Antonello a noi pervenute e di queste poche alcune in pessime condizioni, nondimeno la genialità di Antonello è così lampante, il suo percorso creativo così chiaro nella sua ascensione, da poterle considerare “tipiche” o esemplari.

Tutti conoscono la vasariana narrazione del viaggio nelle Fiandre, dove il pittore avrebbe appreso dal già morto Jan van Eyck i segreti della tecnica a olio. Il vecchio Vasari, con il suo non fallibile intuito di artista, ha tentato di spiegare un fatto chiaro ai contemporanei, ma divenuto oscuro ai posteri immediati, cioè il riattacco di Antonello alla tradizione fiamminga, la sua novità nei confronti delle correnti italiane, diciamo ufficiali : le uniche, in fondo, che per lo storico aretino avessero diritto di cittadinanza nella repubblica dell’arte. È insomma, in terra italiana, l’improvviso “nascimento” del paesaggio, del colore autonomo, del gioco rigoroso degli oggetti naturalistici di fronte all’indigeno apprezzamento della figura umano-divina; nonché del disegno, e della sintesi monumentale che ogni artista italiano cova nel sangue.   S. samek ludovici, Antonello da Messina, in “Prospettive”, 1953.

la morbidezza pittorica del colore di Antonello, la sua quasi miracolosa finezza di graduare le variazioni di un lume particolare che di sé intride ogni colore, dovettero rifarsi in origine a quel lenticolare modo di intendere la luce, che fu dei van Eyck. Ma ogni minuzia in Antonello subito si scioglie in un rotare largo di piani, e dalla disciplina di quella tradizione, attenta e sensibile ad ogni particolare, egli raccoglie il frutto di una finezza estrema di modellazione e lascia cadere ogni particolarismo. Alla dolcezza fusa dell’irradiazione luminosa, unisce l’incanto del raccoglimento spirituale e un’ideale larghezza di sintesi, in cui si svela infine il carattere italiano e rinascimentale della sua pittura. Partito da questa cultura del Mezzogiorno, l’arte di Antonello approda e si compie a Venezia e vi sortisce le conseguenze più grandi e fruttuose. Ma quel che Antonello portò a Venezia — e quivi subito e splendidamente fruttificò — fu quel modo più unito e dolce di fondere le ombre e il lume, di tornire i volumi e farli vivere morbidi e pieni con rapporti tonali creatori di spazio e di atmosfera. La Pala di S. Cassiano, pur così rovinata e frammentaria, da ancora un senso di integrità stilistica, tanto è alta. Si capisce che essa dicesse una grande parola a G. Bellini : ogni residua crudezza di contorni e profili, ogni incisività e rovello di disegno lineare superati e risolti in una modellazione integrale pittorica e tonale.         A. M. brizio, Antonello, in “La stampa”, 1953.

II carattere dominante dell’opera di Antonello, via via liberato alla massima limpidezza, è … la visione monumentale, il gusto dei rapporti spaziali, per cui il quadro diventa una misura di spazio dentro la quale si accampano le figure dei personaggi, solide come blocchi che la luce, senza un’origine precisa ma calda e soffice al pari di un lume che salga dall’interno, distacca dal fondo ombroso e impone come realtà assoluta. Ci si accorge cioè, in là con gli anni, che la prospettiva minuziosa, da cannocchiale, dei fiamminghi, a cui sono legati i primi anni di Antonello e che ispira il San Girolamo nello studio … cede il passo alla struttura più ampia, architettonica e riassuntiva degli italiani nuovi, realisti più per passione e per sentimento della vita concreta che non per pedanteria ottica …

E italiana ancora è la definizione dei personaggi dei suoi ritratti prodigiosi. Sottoposti come sono alla frusta dello stile e della sintesi formale, questi ritratti non perdono un’oncia della realtà umana del personaggio. Si direbbe anzi che l’accentuano, e limitati come sono alle maschere potenti dei visi, vi studiano e fissano i moti più riposti del carattere …   M. valsecchi, Antonello ritorna alla sua Messina, in “Tempo”, 1953.

… l’Annunciazione di Siracusa, dipinta negli ultimi mesi di quell’anno … pur con le lacune che oggi disturbano e affaticano il riguardante, e ancor prima che ci si renda conto di ogni altro elemento del quadro, commuove per la soavità profonda del colore, per quello spiccare delle figure dalla penombra della stanza in una solenne unitaria fusione con le cose che le circondano. È questo colore di Antonello, questo superamento del mezzo intellettualistico del limite lineare in una forma più naturalmente oggettiva, perché da sé tondeggiante, permeata com’è in se stessa di luce attraverso la ricca materia, che un anno dopo levò alti il nome e l’influenza del pittore siciliano a Venezia, e dette la spinta decisiva a Giovanni Bellini per passare il ponte tra i campi del disegno mantegnesco e quelli della sintesi di colore, dove si sarebbe nutrito Giorgione.   G. vigni, Tutta la pittura ai Antonello da Messina, 1957».

La geometrizzazione di Piero della Francesca è spinta da lui sino a un’astrazione formale, che le vibranti sfumature cromatiche attinte ai fiamminghi fanno rivivere. Lontano da ogni retorica, egli immerge corpi e paesaggi in una luce che ne modifica la comune apparenza coloristica; talché le sue figure — pur assurte, nelle loro purificazioni schematiche, a simboli universali — ripalpitano di umana, quotidiana poesia, per la delicata, dileguante realtà di cui si rivestono, fermate da lui nel loro inafferrabile momento lirico.  P. lecaldano, / grandi maestri della pittura italiana del Quattrocento, 1958.

manca … per Venezia un’opera sicura a cui riattaccare la sorprendente fecondazione fiamminga, ancor più importante secondo me in Giovanni Bellini che in Antonello; nel quale, piuttosto, viene ricacciata, risospinta, contenuta e infine quasi eliminata, dai tralignati dati iniziali. In Antonello la corrente italiana, pierfrancescana, belliniana, vince, stravince, e tutti ormai più o meno francamente siamo disposti a riconoscere che Antonello prese più di quel che portò, a Venezia.    C. brandi, Spazio italiano, ambiente fiammingo, 1960.

Egli coglie nella realtà più descritta o nelle panoramiche più ampie, l’esistenza assoluta ma vibrante degli esseri, la sostanza fisica e spirituale insieme della natura. Gli basta un primo piano ravvicinato, senza accenni all’ambiente, per creare con una lievissima disposizione a tre quarti, con l’avanzamento di una mano nello spazio, la profondità e la vitalità dei luoghi.   F. russoli, La pittura del Rinascimento, 1962.

La vita di queste immagini [nel Polittico di San Gregorio] è nella docilità con cui secondano il ritmo prospettico o, per meglio dire, nell’assumere, sulla base di un tal ritmo, l’immobilità severa dell’architettura. Possiamo infatti immaginare il fondo dorato in funzione di un velario abbassato su un arioso paesaggio del genere di quello del San Gerolamo di Londra o dell’‘Annunciazione di Siracusa, opera più vicina nel tempo :

visioni di natura che restano distaccate dall’ambiente, come un quadro più piccolo entro un quadro più grande, senza quella fusione panica che è nelle opere di Piero. L’esperienza di Piero si traduce in tal modo nella poetica antonelliana, con un ritmo serrato, altamente rigoroso. Ma tale equilibrio è di lieve momento : esso infatti appare già compromesso nell’Annunciazione di Siracusa, in cui sulle conquiste recenti tornano ad imporsi, con rinnovata vivacità, pensieri più antichi …    S. bottari, Antonello da Messina, m ^Enciclopedia universale dell’arte”, 1963.

nello schema obbligato, nel breve passo di un volto descritto e minuziosamente analizzato, Antonello trovò modo di impegnarsi con forza sempre nuova, fermando quasi “ad annum” un commentario dei suoi interessi formali, a partire da opere precoci … fino al gruppo della maturità, dove tutto intero il suo mondo formale trova modo di esprimersi con una decisione ed una compiutezza in nulla minori di quanto si rivela nelle opere monumentali …

Dopo il soggiorno veneziano, Antonello è ancora in Sicilia, e l’Annunciata di Palermo da la misura di quest’ultima fase. Pochi anni prima, ai tempi del Polittico di San Gregorio, aveva affrontato lo stesso tema con la tavoletta che ora è a Monaco, ma proprio il confronto tra le due opere all’apparenza tanto simili vale a rivelare, ancora una volta, la sconvolgente rapidità di sviluppo dell’arte di Antonello nel senso di una traduzione della realtà naturale in termini di poesia trasumanante, aliena da ogni astrazione, indifferente ad ogni indugio formalistico. È qui la misura più vera di Antonello, nato estraneo al Rinascimento e che del Rinascimento si fa forza viva, portante, inarrestabile.     R. causa, Antonello, 1964.

Citazioni e critica su Antonello da Messina dal 1562 al 1940

Citazioni e critica su Antonello da Messina dal 1562 al 1940 (Citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli)

Quello che ha detto la critica ufficiale della Storia dell’arte di Antonello da Messina:

Antonello da Messina … faceva vere le immagini delle cose e quasi vive quelle degli animali. Per il suo mirabile ingegno quest’uomo visse alquanti anni a Venezia a spese dell’erario. Fu celeberrimo anche a Milano.   F. Maurolico, Compendio di storia siciliana, 1562.

Antonello da Messina, persona di buono e desto ingegno ed accorto molto, e pratico nel suo mestiere … se n’andò a Vinezia, dove … fece molti quadri a olio, secondo che in Fiandra aveva imparato, che sono sparsi per le case de’ gentiluomini di quella città; i quali per la novità di quel lavoro vi furono stimati assai … [La Pala di San Cassiano] per la novità di quel colorire e per la bellezza delle figure, avendole fatte con buon disegno, fu commendata molto e tenuta in pregio grandissimo.   G. vasari, Le vite, 1568.

Diria che d’Antonelo da Messina Ghè una Madona con un libro avanti, Che de sto mondo i studi tuti quanti Nò i ghà certo una cosa cusì fina.  M. boschini, Carta del navegar pitoresco, 1660.

Antonello da Messina, persona di bello spirito, e che nel dipignere valeva assai. Costui meravigliandosi del bei modo di colorire, lasciando ogn’altro suo affare, se ne passò in Fiandra, ne rifinì giammai con presenti e con altri modi cortesi da obbligarsi gli uomini, finché non fece dimestichezza con Giovanni da Bruggia, e da lui/ne apparò la maniera del dipignere a olio : col qual segreto ritornato in Italia, si mise a dimorare in Vinegia, dove fece molti quadri a olio, secondoché in Fiandra avea appreso, i quali per lo nuovo modo di dipignere furono in quel tempo molto belli tenuti : ed avendo gran fama acquistata, ultimamente fece una tavola che fu posta in S. Casciano, parrocchia di quella città : e mentre visse fu Antonello molto stimato per aver condotto così raro segreto in Italia : il quale da lui insegnato a molti altri, si è andato pian piano ampliando, ed oggi si vede ridotto in somma perfezione.    F. baldinucci, Notizie de’ professori del disegno, 1681.

In varie quadrerie venete si conservano quadri di Antonello e sono di un gusto il più diligente e di un pennello il più fine. Le forme dei volti, benché vive, non sono guari italiane, ne punto scelte; e il colore stesso è meno forte di alcuni veneti di quel secolo che ne portarono la perfezione al più alto segno.   L. lanzi, Storia pittorica della Italia, 1792.

… dipinse varie tavole, e specialmente Madonnine, genere in cui era eccellente … Le sue opere si confondono con quelle de’ migliori maestri del suo tempo.    F. hackert, Memorie de’ pittori messinesi, 1792.

II merito di Antonello da Messina non solamente consiste Dell’aver migliorato la condizione della moderna pittura, propagando il perfezionamento del metodo di dipingere a olio, ma pur nell’essere stato uno dei più valorosi italiani pittori del quattrocento. Sovrano pregio di lui è teneramente commuovere, sia che nei vari soggetti che rappresenta prevalga la severità alla dolcezza, il magnifico al patetico, il dolore alla soavità, ovvero che per tranquillità degli affetti quasi tacitamente si annunzino i più intimi e più dolci sensi dell’anima. Su tanta varietà di espressione egli è sempre eccellente maestro, e da a vedere quanto alto e fecondo fosse il suo ingegno … Nelle sue dipinture quasi obliò tutte le ricordanze dell’arte bizantina, che monche e adulterate erano sino ai suoi tempi rimaste nelle arti figurative; e solo alla propria invenzione die campo. Ne di proprio piacimento egli mai s’indusse a ripetere quelle azioni, che sin dall’infanzia dell’arte avevano ereditato i suoi maggiori, e quasi tipicamente per lunga età ripetevano. Ma invece studiò sempre ed ottenne di unir con tale accordo ed armonia le varie parti del soggetto, in guisa che meglio venisse a formar corpo tra loro, e più evidentemente esprimessero il pensiero vagheggiato nella sua mente.    G. Di marzo, Delle belle arti in Sicilia, 1862.

abbiamo in Antonello una interna assimilazione dei principi artistici di Piero della Francesca e del Mantegna, che erano diventati bene comune degli artisti più vicini a quei maestri e li ponevano perciò in grado di produrre cose affini. La interpretazione realistica che noi, proprio per la sua provenienza, poniamo a base della formazione di Antonello, è presente anche qui [nel San Sebastiano di Dresda], ma in una forma maturata e purificata dalla visione delle opere veneziane : perciò la prospettiva lineare, trattata con la più grande esattezza, vi è raddolcita dalla collaborazione dell’atmosfera, come soltanto ad Antonello poteva riuscire.

proprio nel Sebastiano di Dresda appare più chiaramente che mai il suo doppio rapporto con i veneziani contemporanei, ai quali egli per primo aveva portato la nuova tecnica pittorica e dai quali per converso ora apprendeva per la verità della resa prospèttica e degli accordi di colore come per la grazia fluente delle linee. Ma Antonello rimane un realista in tutte le sue fasi e il suo sapere d’arte è più fondato che non sia quello del tenero Bellini, senza che per questo s’induca ad espressioni aspre come quelle del Carpaccio.   J. A. cRowe – G. B. cavalcaselle, A History of Painting in North Italy, 1876 (ediz. tedesca).

Solitario, impassibile, impersonale, questo artista ci ricorda, come illustratore, Piero della Francesca. Ha un senso dello spazio; e nella sua unica superstite pittura di gran superficie, il San Sebastiano di Dresda, ha un’architettura prestante, maestosa. Ma i suoi valori tattili non sono comparabili con quelli d’un Piero della Francesca o d’un Cézanne; ne forse supe­rano quelli di Giambellino.    B. berenson, The  Italian Painters of the Renaissance, 1896.

Un ritratto di Antonello è la rivelazione di una vita più intensa della nostra. A tale esito giunge con uno studio attento e profondo della tecnica pittorica. La bianchezza e il rosato delle carni hanno sempre una freddezza speciale, che li rende consistenti e forti. In questa espressione delle carni è forse l’indizio più chiaro del classicismo di Antonello, il quale forse non è mai stato un verista. Egli non ha studiato la pelle, non è mai stato oggettivo ; i suoi ritratti sono troppo vincolati da unica forza di carattere, per pensare che l’anima da essi rivelata fosse propria al committente : era di Antonello, uguale, profonda, serena. Ciò dunque che comunemente si prende per verismo, non è altro che forza di carattere espressa dalla forma del contorno e delle ombre che delineano i piani, ottengono rilievo. Un gioco di colori insomma era per lui verismo, e in questo consiste il suo pregio particolare, o almeno la sua originalità e anche il suo valore tecnico. La migliore limpidezza di colori vieppiù gli permetteva la purezza nei lineamenti, a malgrado della crudezza nei passaggi di tinte e nei piani facciali …

Antonello, più di quasi tutti gli altri ritrattisti, anziché quella dell’effigiato portava nei ritratti la propria espressione fine, osservatrice, fredda, tagliente.  L. venturii Le origini della pittura veneziana, 1906.

Antonello sviluppò il problema della forma prospettica, applicandosi quasi essenzialmente all’attuazione della monumentalità prospettica della forma umana …

Ma che parte fare tuttavia al fondo psicologico fiammingo quasi inevitabile in Antonello? La spiegazione è appunto nel fatto che gli permetteva di sviluppare il senso di plasticità carnosa e di particolarismo caro ai fiamminghi. Van Eyck, l’artista che la tradizione ci afferma avere impressionato Antonello, era appunto giunto a una plasticità formale per cui il colorismo s’era ridotto a smalto e si era naturalmente avviato, quanto a soggetto, verso un accurato ritrattismo : anche Antonello si sentiva attratto verso la plasticità di quello smalto epidermico, e verso un accurato ritrattismo : ciò adunque lo distraeva dalla fusione avvenuta in Piero del senso plastico con il colore e con la luce, mentre d’altra parte il suo insegnamento prospettico nei riguardi della forma gli additava il modo di superare la plasticità illusoria dei van Eyck dotandola di volumi regolari, ideali, per mezzo dello squadro prospettico, e di potersi fermare sopra un particolare microscopico senza cadere nel realismo : col metterlo in prospettiva.   R. longhi, Piero dei Franceschi e lo sviluppo della pittura veneziana, in “L’arte* 1913.

La fantasia di Antonello, nelle due prime Crocefissioni [di Londra e di Firenze], non rifulse ma si dimostrò fiacchissima. Nel simbolo del Redentore morto, egli non seppe vedere che un uomo pendente dalla croce e non sospettò ciò che quel martirio nascondesse di profondo e di funesto. Egli non ardì fiorire di nessuna nota originale il motivo eterno e la sua tecnica fredda non riesce a commuoverci. Quello che manca al nostro Antonello è proprio ciò di cui la natura fornì larghissimamente Leonardo : il genio creatore.

Dove la tecnica di Antonello trionfa in tutto il suo splendore e dove si mostrano tutte le sue facoltà attive senza che la povertà di immaginazione venga ad isterilire la forma, è nel ritratto …

il suo nome, e dal lato storico, perché si riallaccia alla diffusione della pittura ad olio, e dal lato artistico, perché legato ad opere di tortissimo polso, occupa un posto degno nella storia dell’arte. La sapiente maestrìa del colore, la vigorosa tecnica del disegno, la grazia dell’insieme che sono le attrattive maggiori dei suoi quadri bastano a metterlo fra i più grandi, e la potenza dei suoi ritratti fra i primi.   V. scalia, Antonetlo da Messina e la pittura in Sicilia, 1914.

Antonello, figlio di scultore, sentì fin dal principio la necessità di plasmare le imagini facendole balzare dal fondo schiette e forti. L’analisi fiamminga cedette il posto alla vigorosa sintesi italiana, la ricerca dell’autonomia a quella del volume, le forme gotiche alle nostre rinascenti. Egli serbò dei fiamminghi l’esattezza, lo scrupolo, non la minuzia, per la tendenza propria di rivaleggiar con la plastica e di architettar tutto, gli uomini e gli alberi, gli animali e le pietre. L’alleanza dell’arte con la scienza in Antonello fu più stretta da quando apparve Piero della Francesca al versatile pittore : allora la geometria e la prospettiva accrebbero in lui la forza di rendere la pienezza del volume dei corpi e l’ampiezza degli spazi avvivati da luce.

Classico senza studiare i classici, come aveva fatto invece il Mantegna dominatore della regione veneta; diligente, esatto come uno di quei maestri fiamminghi dei quali risonava dappertutto la fama; luminoso talvolta come Piero della Francesca, a cui era ricorso anche Giambellino; potente per lo smalto dei suoi colori ad olio….  A Venturi Storia dell’arte italiana, 1915.

Antonello … rappresenta il genio della razza. Egli è greco in tutto, nella sua più genuina natura, e palesa una di quelle spontanee, miracolose apparizioni, sulla scena del mondo, che contrassegnano gli esseri privilegiati, sulla cui fronte balena la carezza di Dio : genio della stirpe nostra, sintesi mirabile ; come Michelangelo e Leonardo comprendono in sé stessi la grandezza delle genti italiche, principalmente etrusche, così il pittore messinese abbraccia, nel suo largo amplesso, tutte le civiltà isolane, dai siculi ai greci, dagli arabi ai normanni, e rende il fiore delle bellezze secolari germogliate sotto il sole benedetto di Sicilia      E, mauceri, Antonello da Messina, 1923.

Diciamo Antonello genio della pittura, ma sebbene avvolga nel vivido smalto dei suoi colori le forme possenti, egli è anzitutto un plastico, che anche della luce si vale, non come i fiamminghi ad animar di riflessi il morbido velluto dell’ombra, ma ad isolar dai fondi le sue geometriche architetture mar­moree : esempio sublime la Vergine leggente di Palermo.

precorrendo di più d’un secolo un genio che onorerà delle sue opere la nostra terra, Michelangelo da Caravaggio, il grande Siculo esalta il valore plastico della forma, ad essa convergendo la luce, strumento di sintesi nelle mani del potente costruttore.   A. Venturi, Grandi artisti italiani, 1925.

Dalle tornite membra del santo [il San Sebastiano di Dresda] — emulatrici della colonna vicina, vagheggiato simbolo stilistico — ai dadi perfetti delle architetture; dal pavimento-scacchiera alle figurette cristallizzate, ogni cosa è trasfigurata nella più alta visione di stile … Ed è proprio per così audace astrazione che l’alta spiritualità dell’eroe cristiano, la sua fede incrollabile, la sua forza morale, la sua calma superiore al dramma terreno si concretano nella perfezione ideale delle forme, immobili nella calma dei piani prospettici.   M. Marangoni, Saper vedere, 1933.

Celebrativo della grandezza di Antonello è il San Sebastiano. Ve di lui tutto : la potenza statuaria e l’ataraxia ellenica; la cilindrica circoscrizione delle forme e il valore del tono che quelle forme investe, non riveste; l’impressione fattagli dal Tura e dal Cossa negli aneddoti di Schifanoia e gli insegnamenti padovani del Mantegna che gli aveva rivelato la potenza emotiva dello scorcio, non solamente prospettico-architettonico; il senso nuovo dell’orizzonte abbassato per dar più posto al cielo; ed in quel cielo le nuvole umide, candide, cerulee, vaganti, come in quello spazio dilatato della terra le sfaccendate persone. Concorsero a comporre quest’opera i più diversi elementi e vi si fusero in un’armonia tanto perfetta che pochissime pitture sono, come questa, riassuntive di tutto lo spirito e la forma del Rinascimento …

Antonello ha, nella progressione dei piani verso l’orizzonte, smorzato i toni e sfumato le forme in un sempre più pallido polverio atmosferico; ha insomma chiamato in aiuto della prospettiva lineare la prospettiva aerea. E qui è il culmine delle sue scoperte. Certo la prospettiva aerea non è invenzione di Antonello. Ma il modo di dipingere che egli aveva costituiva una tale preparazione da conferire all’applicazione nell’aria aperta un valore di stupefacente scoperta. Se ne accorgerà subito Giovanni Bellini e con lui tutta Venezia pittorica. Poiché Antonello possedeva il segreto di dipingere pulito e limpido come forse nessuno allora in Italia.  R. Papini) Interpretazione di Antonello (Discorso tenuto a Messina), 1939.

Nel rigoroso impianto costruttivo e attraverso forme obiettivamente valide, Antonello persegue una serena armonia dell’assieme. La costruzione dello spazio e quella delle forme plastiche costituiscono il punto centrale della sua composizione. Le opere giovanili, ancora legate in modo essenziale alla tradizione fiamminga, raggiungono l’unità plastica, spaziale e figurativa certamente più attraverso un’atmosfera costruita con mezzi pittorici e intesa quale elemento di unità che non attraverso un vero impianto costruttivo, rispondente cioè alle leggi della prospettiva, anche se la Crocifissione [di Bucarest] e il San Gerolamo [di Londra] già preludono chiaramente a una trasformazione di alcuni elementi essenziali in tal senso. In queste opere, ancora strettamente legate alla tradizione fiamminga, paesaggio e spazio interno rivestono un ruolo preponderante. Con lo svolgersi della sua arte Antonello porrà la figura umana sempre più al centro della composizione, creando così un nuovo rapporto tra figura e spazio …

I grandi dipinti degli ultimi anni — la Pala di San Gassiano e il San Sebastiano di Dresda — presentano uno spazio che non solo è inscindibilmente legato alla figura, ma che solo esiste in funzione e in ragione di essa. Questa nuova importanza assunta dalla figura umana rivela una visione artistica che deve essere considerata italiana nel pieno senso della parola. Ciò implica anche un atteggiamento mutato e indipendente nei confronti dell’arte fiamminga, i cui caratteri fondamentali vengono in parte adottati dall’artista, ma in seguito a una scelta e in conformità alle sue personali predilezioni artistiche. Antonello giunge ad adottare in modo quasi esclusivo la presentazione a mezzo busto, più rispondente al suo intento di concentrare l’espressione e la forma plastica e alla sua ricerca di effetti monumentali …

Un lungo percorso conduce da opere quali la Crocifissione di Sibiu [ora a Bucarest] e il San Gerolamo di Londra, al San Sebastiano di Dresda. È difficile a tutta prima, con un solo sguardo, comprendere la significativa unità che lega l’attivita iniziale a quella estrema; ma chi cerchi di seguire gli esiti successivi del maestro, resterà ammirato dalla coerenza dello svolgimento che collega un’opera all’altra, in modo tale che le prime testimonianze artistiche racchiudono già in sé il germe di tutto ciò che porterà alla splendida fioritura finale. Le prime opere, con i paesaggi ricchi e gli interni pieni di luce e di aria, con l’intenso colore smaltato che si distende sulle superfici come una materia grassa, con la visione risultante dagli effetti del particolare pittorico, mostrano già tuttavia un senso della forma di timbro proprio, italiano nel significato più alto, che tende a un’unità più rigorosa superando tale particolarismo. La figura umana è collocata sempre più al centro della creazione artistica; subordinata dapprima allo spazio circostante, ne assume presto uguale significato, finché giunge a dominarlo.   J. Lauts, Antonello da Messina, 1940.

la critica dopo il 1940

Breve biografia di Antonello da Messina

Breve biografia di Antonello da Messina

Pagine correlate all’artista: Le opere di Antonello da Messina – Il periodo artistico – La critica – Biografia dalle Vite di Vasari in pdf – Bibliografia.

(Messina 1430 c. – 1479)

Antonello da Messina: la pala si san Cassiano
Antonello da Messina: la pala si san Cassiano

Antonello da Messina nasce intorno al 1430, come riportato in una biografia dal Vasari.

Della sua formazione artistica si conosce ben poco ma, sempre secondo il Vasari, risulta che Antonello l’abbia acquisita nei suoi soggiorni giovanili di Roma e Napoli e, in età matura, nelle Fiandre a contatto diretto con Van Eyck.

Le sue opere, influenzate dal linguaggio e dalla tecnica fiamminga, risultano luminose, ricche di gamme cromatiche e di particolari.

La città di Napoli in questo periodo è un centro nevralgico per la pittura dove arriva costantemente nuova linfa vitale dai fiamminghi, dagli spagnoli e dai provenzali, voluta fortemente da Renato d’Angiò e da Alfonso d’Aragona.

Si danno per scontati, quindi, gli influssi sui dipinti realizzati da Antonello nel periodo napoletano, durante il quale lavora incessantemente nella bottega dell’allora celebre artista Colantonio.

La Vergine Annunziata
La Vergine Annunziata

Dopo alcuni brevi viaggi Antonello ritorna a Messina dove apre la sua personale bottega d’arte aiutato da Paolo di Ciacio. È qui che nel 1457 firma la sua prima opera: un gonfalone andato poi perduto per S. Michele dei Gerbini di R. Calabria effettuato sul modello precedente, dipinto su committenza della confraternita di S. Michele di Messina, anche quest’ultimo andato perduto.

Dopo altri brevi soggiorni in varie località italiane, fra le quali sicuramente Venezia e Milano, Antonello ritorna a Messina e vi si stabilirà – salvo un misterioso viaggio nelle Fiandre – fino alla morte.

La sua fama diventa sempre più grande e ad Antonello arrivano committenze sempre più importanti: nel decennio Sessanta-Settanta gli vengono commissionate delle opere per le chiese di Sant’Elia dei Disciplinanti e  di San Nicolò della Montagna.

Gli ultimi anni del decennio sono bui e nulla si sa di Antonello e delle opere realizzate in quel periodo: esiste la possibilità che sia ritornato nelle Fiandre, perché nelle opere compiute dopo questo viaggio si nota uno spiccato influsso di quella pittura.

Nel periodo 71 – 72 Antonello è attivo a Noto, un importantissimo centro culturale, per la realizzazione di un altro gonfalone su committenza della chiesa di S. Spirito, che andrà anch’esso perduto. L’importanza di Noto è dovuta principalmente alla politica influenzata dalla potente famiglia Speciale, i cui rappresentanti ricoprono alte cariche istituzionali nei vari centri del sud, compresa quella di viceré della Sicilia.

Antonello da Messina: Crocifissione, Museo di Sibiu in Romania
Antonello da Messina: Crocifissione, Museo di Sibiu in Romania

Sempre a Noto, Antonello incontra di nuovo il pittore Francesco Laurana con il quale scambia idee, linguaggio pittorico e tecnica, tanto da influenzarsi profondamente a vicenda, alla luce delle informazioni che abbiamo sulla pittura di Piero della Francesca (1412/1420-1492) le cui opere, Laurana prende spesso come modello.

In altri lavori di Antonello da Messina, come ad esempio “I tre Angeli e S. Girolamo” (custodita nel Museo di R. Calabria), “La crocifissione” (custodito in Romania nel Museo di Sibiu) e “S. Girolamo nello studio” (National Gallery di Londra), si riscontrano le influenze fiamminghe molto vicine alla pittura di Van Eyck. Nel 1478 Antonello si ammala e muore di tubercolosi il 14/02/1479.

San Gerolamo nello studio
San Gerolamo nello studio

Viene sepolto, come da lui richiesto, vestito con il saio dell’ordine dei frati minori di S. Francesco nel cimitero antistante il convento di Santa Maria del Gesù.

Antonello lascia un grande vuoto nella storia dell’arte rinascimentale. Nel 1863 una grande alluvione devasta il cimitero del convento “Il Ritiro” (precedentemente chiamato “Santa Maria del Gesù”) dove riposa Antonello da Messina e con esso vengono perdute anche le sue spoglie.

La crocifissione (National Gallery di Londra) di Antonello da Messina

Antonello da Messina: La crocifissione (National Gallery di Londra)

Antonello da Messina: La crocifissione (di Londra).
Antonello da Messina: La crocifissione, cm. 42 x 25,5, National Gallery di Londra.

Sull’opera: “La crocifissione” è un dipinto autografo di Antonello da Messina, realizzato con tecnica a olio su tavola nel 1475 (?), misura 42 x 25,5 cm. ed è custodito nella National Gallery di Londra. 

La tavola si presenta con un cartiglio dipinto (assai ripreso), in basso al centro, con la scritta “147(?) / antonellus messaneus / me pinxit”. Secondo il Bottari, Davies (Catalogo. 1951) ed altri studiosi,  l’ultima cifra – non troppo leggibile, indicante la datazione – può essere intesa come un 7. Il Lauts (“WJ” 1933) la legge invece “5”.

Dietro la straziante scena principale viene raffigurato un serenissimo paesaggio. In corrispondenza della parte bassa della croce si nota un piccolo poggio dove stanno – in piedi –  tre figurette (a sinistra della croce) che potrebbero essere identificate nelle tre Marie.

La tavola fu lasciata, nel 1848, dal marchese di Bute alla marchesa di Waterfold che  la vendette, nel 1884, a Clarhe Fund. Quest’ultimo la fece pervenire alla National Gallery di Londra, l’attuale sede.

A quel tempo il cartiglio con data e firma dell’artista si trovava sul verso dell’opera. Più tardi venne collocato sul recto, sopra un piccolo riporto (due centimetri) di legno nuovo. In quell’occasione venne eseguita la quadratura della cornice con l’aggiunta di due triangoli agli angoli superiori della composizione, che in origine probabilmente era centinata.

L’impianto compositivo, quasi certamente strutturato secondo una sezione aurea orizzontale, se paragonato alla Crocifissione del Musée Royal des Beaux-Arts, si presenta con più immediatezza.

Da un attento esame di studiosi di storia dell’arte risulta che l’opera nel corso dei secoli abbia subito numerosi restauri.

Ritratto d’uomo (Berlino) di Antonello da Messina

Antonello da Messina: Ritratto d’uomo (Berlino)

Antonello da Messina: Ritratto d'uomo (di Berlino).
Antonello da Messina: Ritratto d’uomo, cm. 20 x 14, Staatliche Museen, Berlino.

Sull’opera: “Ritratto d’uomo” è un dipinto autografo di Antonello da Messina, realizzato con tecnica a olio su tavola nel 1478 (?), misura 20 x 14 cm. ed è custodito negli Staatliche Museen di Berlino. 

A. M. Zanetti (Della pittura veneziana, 1771) nella parte dedicata all’artista cita soltanto una sua opera: “Nella galleria di scelte pitture che per suo nobile piacere formò il veneziano patrizio S, E. sig. Bartolommeo Vitturi, v’è il ritratto d’un gentiluomo parimenti veneziano, dipinto da Antonello, in cui si trova tutto il miglior gusto delle fiamminghe e delle italiane maniere in quella età. In esso sta scritto il nome dell’autore e l’anno 1478 (…). È cosa degna di sapersi, ch’era prima questo prezioso rifratto nella famosa galleria de’ patrizii co. Vidman; e che passò in quella di casa Vitturi, per dono fatto dal co. Lodovico Vidman ad esso signore Bartolommeo”.

Pare che in tale citazione venga identificato il dipinto in esame, tanto più che il verso della tavola (noce), reca la scritta, coeva: “Vitturi 1773”.

Nel cartellino dipinto sul parapetto si legge “147(?) / Antonellus messaneus me pinxit”, dove l’ultima cifra della data, alquanto illeggibile viene generalmente interpretata – in seguito all’ipotesi dello Zanetti, che per primo l’avanzò – come una “8”.

Tuttavia ancora molti studiosi di storia dell’arte sostengono che il numero sia pressoché indecifrabile e, per di più, tutta la scritta si presenta come se fosse stata rifatta da una mano diversa da quella di Antonello da Messina.

In basso, alla base del parapetto, sotto il cartiglio, appare una scritta in lettere maiuscole: “PROSPERANS MODESTVS ESTO INFORTVNATVS VERO PRVDENS” che tradotto significa “Sii modesto nella prosperità: prudente nella sfortuna”. Anche questa sembrerebbe scritta molto tempo dopo la realizzazione del ritratto.

Pala di San Cassiano di Antonello da Messina

Antonello da Messina: Pala di San Cassiano

Antonello da Messina: Pala di San Cassiano (Madonna col Bambino in trono)
Antonello da Messina: Pala di San Cassiano, cm. 115 x 65, Kunsthistorisches Museum, Vienna (foto da Wikimedia Commons).

Sull’opera: “Pala di San Cassiano (Madonna col Bambino in trono)” è un dipinto autografo di Antonello da Messina, realizzato con tecnica a olio su tavola nel 1475, misura cm. 115 x 135,5 (assieme), cm. ed è custodito nel Kunsthistorisches Museum a Vienna.

Esistono documentazioni certe da cui si ricava che la composizione in esame venne realizzata da Antonello nel biennio 1475-’76, su commissione del patrizio Pietro Bon, per la chiesa di San Cassiano a Venezia.

 Viene identificata in diverse citazioni di antichi storiografi che ne parlano senza però descriverla nei particolari: M. Colazio in “Opuscoli di retorica” (anno 1486), M. Sanudo in “Cronica” (anno 1493), M. A. Sabellico in “De Venetae urbis” (anno, 1494), M. A. Michiel (1543). Anche il Vasari, il Sansovino (“Venetia, città nobilissima et singolare”) e il Ridolfi  (Meraviglie dell’arte) citano la pala. Quest’ultimo si rammarica, tra l’altro, per la sua scomparsa dalla chiesa di San Cassiano.

Dieci anni dopo dalla sua realizzazione viene segata e, probabilmente già a “pezzi”, compare  – con l’attribuzione al Giambellino – nella raccolta dell’arciduca Leopoldo Guglielmo a Bruxelles.

La Pala, secondo la maggior parte degli studiosi di storia dell’arte, riveste una valenza fondamentale nella carriera artistica del Maestro e si inserisce fra episodi più significativi nello sviluppo della pittura veneziana. Certamente creò consistenti spunti al pittore Alvise Vivarini (1445 circa – 1505) per la sua pala (già nel Kaiser Friedrich Museum di Berlino ma distrutta nel 1945), al Giorgione (1470/77? – 1510)  per la Pala di Castelfranco ed a Cima da Conegliano (Conegliano, 1459/1460 – Conegliano, 1517/1518) per quella datata 1493, custodita nel duomo di Treviso.

Madonna col Bambino in trono, cm. 115 x 65.

22 antonello da messina - pala di san cassiano

I santi Nicola da Bari e Maddalena, cm. 55,9 x 35.

Madonna col Bambino in trono

I santi Orsola e Domenico, cm. 56,8 x 35,6.

Pietà con tre angeli di Antonello da Messina

Antonello da Messina: Pietà con tre angeli

Antonello da Messina: Pietà con tre angeli
Antonello da Messina: Pietà con tre angeli, cm. 117 x 85, Museo Correr di Venezia.

Sull’opera: “Pietà con tre angeli” è un dipinto autografo di Antonello da Messina, realizzato con tecnica a olio su tavola nel 1475, misura 117 x 85 cm. ed è custodito nel Museo Correr di Venezia. 

Il fondo della composizione è una paesaggistica, dove sulla destra, viene identificata – come è ancor oggi – l’abside della chiesa di San Francesco a Messina.

La storia di questa tavola è pressoché sconosciuta ma può essere collegata senz’altro alla notizia del Boschini (Miniere della Pittura, edizione 1664), nella sezione dedicata al Palazzo Ducale di Venezia: “Al Consiglio dei Dieci vi è poi anco, nella detta stanza sopra il Tribunale, Cristo morto appoggiato al Monumento e sostenuto da alcuni angeletti, di mano di Antonello da Messina”.

In precedenza, quando l’opera si trovava a Vienna, ma anche dopo il suo ritorno alla sede veneziana (nello stesso Palazzo Ducale), la si pensava una replica della tavola con lo stesso tema, dipinta dal nipote dell’artista, Antonio (conosciuto anche come Antonello) de Saliba al quale rimase attribuita ancora per un po’ di tempo finché, nel 1909,  venne riconsegnata al Maestro dal Frizzonj (“RDA*). Tale riferimento trovò l’universale approvazione degli studiosi successivi.

La tavola si presenta ridotta in più di due lati, o forse tre: alto, basso e sinistro, ma alcuni critici sostengono che sia stata segata lungo tutti e quattro i bordi. Ma i danni imputati alla leggerezza delle azioni dell’uomo non finiscono qui perché la stesura pittorica, sottoposta ad un’impropria generale ripulitura, subì perdite di materia cromatica con conseguenti abbattimenti di nitidezza luminosità.