Citazioni e critica su Bernardo Bellotto

Citazioni e critica su Bernardo Bellotto (Citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Ed.)

Quello che ha detto la critica ufficiale della Storia dell’arte di Bernardo Bellotto:

….. Presentemente è in Dresda, occupandosi a rappresentar col pennello i luoghi più celebri di quella città, ed essendo ancor giovine, e indefesso nello studio ed attenzione, è da sperar che il nome di lui celebre e famoso divenga. P. Guarienti in Abecedario pttorico di P. A. Orlandi, Venezia 1753.

Fu il vero precursore dei paesisti moderni, ma egli però seppe animare i suoi vivacissimi quadri (di una intonazione un po’ fredda, quasi lunare), di una potenza suggestiva e di una poesia profonda della natura da non aver l’uguale.   F. malaguzzi-valeri, Catalogo della R, Pinacoteca di Brera, Bergamo 1908.

L’aria trasparente, il cielo alto portano una freschezza come di rugiada nei panorami [di Varsavia], che anticipano di molti anni i tratti caratteristici essenziali del secolo successivo.   H. A. Fritzische, Bernard» Bellotto Genannt Canaletto. 1936.

[‘ Rosalba Carriera, poi Francesco Guardi; … il Canal, il Bellotto e Pietro Longhi. Per essi soltanto, e non per la retorica anacronistica del Piazzetta e del Tiepolo, Venezia riacquista, accanto a Parigi, il grado di capitale artistica : sono dunque essi i grandi pittori veneziani del Settecento europeo. […]

Il grande Antonio Canal […] parte dapprima dalla secca ‘veduta’ romana nel genere del Vanvitelli e del Panini; poi, per esser più vero, si vale della ‘camera ottica’ e proprio allora, miracolosamente, versa in poesia. […] Qua la sua certezza illuministica di verità assoluta, volta alla luce dorata, a traversoni d’ombra, dei pomeriggi inutili in una Venezia che si sbriciola e scupola come le rughe delle sue mirabili acquaforti, ha la mestizia stereoscopica delle vedute del ‘mondonuovo’. Ne si può dimenticare che il poco men grande nipote, Bernardo Bellotto, trasferì quella stessa poesia sui ponti di Torino, sulle mura e sui campanili di Dresda e di Pirna, anzi con una magica densità da prevedere quella dei grandi descrittori russi dell’Ottocento.    R. longhi, Viatico per Cinque secoli di pittura veneziana, Firenze 1952.

Le prime vedute del Bellotto {…] assomigliano ancora molto alle tele dello zio. Ma progressivamente arriva a farsi uno stile proprio. Le sue opere si caratterizzano per un disegno più secco, più duro, e per una netta delimitazione dei chiari e degli scuri; colpiscono per la totale assenza di prospettiva aerea, e inoltre le caratterizza il ritorno al colore locale. Ciò si collega al passaggio dalla pittura del Barocco tramontante e del Rococò, che trae ogni risorsa dalle macchie cromatiche, a quella del classicismo che accentua la linea e i contorni. Il Bellotto prosegue a dipingere sempre le figurette umane con un fare largo e scorrevole, mentre la resa delle masse architettoniche appare ormai più netta, più dura e più risentita che nel Canal. Tuttavia la luce mantiene in lui un’intensità uguale qualunque sia l’ora del giorno o la stagione, e rivela con lo stesso grado oggetti vicini e lontani. È — come si ama definirla — la luce del Meridione. I quadri del Bellotto non offrono quell’atmosfera in cui appaiono armonizzarsi le tinte per dare l’illusione della profondità. Malgrado tutto, non danno nessun senso di ricchezza cromatica a causa del colore bruno della preparazione che unifica le tinte. […] Soprattutto dalla prospettiva lineare il Bellotto ricava l’illusione della profondità. Così come parecchi altri paesisti del suo tempo, per tracciare gli scorci prospettici nei quadri dipinti dal vero si serviva della camera nera (camera obscura), mentre nelle fantasie architettoniche si valeva delle regole matematiche della prospettiva. Alcune delle sue opere sono veri e propri esercizi di virtuosismo nell’arte prospettica. Alcune sue vedute, come per esempio / prati di Wilanóv o La campagna di Lazienki e così altre di Wilanóv, sono composte da schizzi di edifici vari e di scorci campestri ripresi dal vivo [e poi combinati]. Donde uno slargarsi della prospettiva, che sarebbe impossibile abbracciare da un unico punto di vista. Donde, inoltre, la luce affatto arbitraria di alcune vedute: per esempio, il palazzetto Lubomirski a Mokotów è illuminato dal sole sul lato settentrionale.    M. wallis, Canaletto peintre de Varsavie, Warsaw 1954.

La precisione nel riprodurre l’architettura e i mutamenti dei singoli edifici è sorprendente; leggeri spostamenti della disposizione di certi edifici sono causati dall’uso della ‘camera oscura’ e dal fatto che i disegni venivano trasportati su tela nello studio. Questo metodo ha comportato che la disposizione delle luci e delle ombre non è stato sempre conseguente, dato che i disegni venivano eseguiti in varie ore del giorno; questa fu anche la ragione per cui non sempre è stata debitamente presa in considerazione la prospettiva coloristica e aerea.   S. lorentz in Mostra di Bernardo Bellotto e Alessandro Gierymski, Venezia 1955.

L’attività di disegnatore di Antonio [Canal] è stata oggetto negli ultimi anni di seri studi. Il grande maestro della veduta del Settecento veneto ci appare oggi come un grande disegnatore, nella cui attività l’arte grafica diventa spesso un’arte autonoma. Il suo disegno, quando è una immediata impressione dal vero, diventa un’opera indipendente, finita, gettata sulla carta con una linea leggera e immancabilmente sicura, con chiaroscuri composti mediante un’estrema sensibilità di pittore. Non in questo campo il nipote pieno di talento si avvicina al grande zio. Il Bellotto è vicino al Canal dove il disegno non costituisce arte per se stesso, ma dove aiuta e dove serve alla creazione del quadro. Questo carattere ausiliario nei confronti della pittura è riconoscibile solo in parte dei disegni del Canal; ma il Bellotto sviluppa ulteriormente questa funzione del disegno. Perciò negli elementi che ci interessano troveremo molti tratti caratteristici che uniscono Canal e Bellotto, fermo restando che chi riceveva fu l’artista più giovane. il discepolo. […] La loro tecnica è la seguente : sui contorni appena tratteggiati a matita disegnano liberamente a penna, usando l’inchiostro di terra di Siena bruciata. In disegni di questo tipo non usano il chiaroscuro: può darsi che ciò consegua alle osservazioni attraverso la ‘camera oscura’, oppure all’intento di conservare la maggiore limpidezza del disegno, necessaria quando esso deve venire impiegato per la pittura. Questo sottoporre lo schizzo, anche se disegnato dal vero, ai futuri scopi pittorici, spinge ambedue gli artisti alla tipica trasparenza del contorno. E ciò conduce alla stilizzazione. Nell’ambito dell’identità del procedimento grafico, i disegni del Bellotto si differenziano da quelli del Canal per una linea più nervosa, più tratteggiata. Nei disegni però più vicini alla realizzazione del dipinto appare una linea secca che invano cercheremmo nel Canal. È interessante che, assieme a una certa aridità dei contorni in taluni disegni del Bellotto, le linee complementari abbiano un carattere eminentemente pittorico. Tracciando queste linee il Bellotto suggerisce già le macchie di colore che collocherà, corrispondentemente, nel quadro : non soltanto egli definisce nel tempo stesso i limiti delle macchie, ma segnala con la linea in un modo sintetico la morbidezza o la durezza della materia pittorica e la sua maggiore o minore lucidità.

[,..] Da molti fattori è facilitata la sua opera : elementi attinti dai disegni dello zio, da acqueforti di contemporanei, dalle stampe e da altre fonti; e la schematizzazione del disegno appare accentuata via via che l’artista si approssima alla realizzazione pittorica. Eppure, e malgrado questo, il disegno del Bellotto non è un disegno inerte; esso vive. Il tratto da lui tracciato non si lascerà mai sommergere dal linearismo; magari soltanto nei particolari, in un piccolo dettaglio del disegno più schematico, il Bellotto reagisce a quanto vede, o a quanto ricorda, con una linea viva e immediata. …    S. kozakiewicz in Mostra di Bernardo Bellotto e Alessandro Gierymski, Venezia 1955.

Quante volte non l’abbiamo sentito chiamare fotografo, documentista pedante e, magari, e sarebbe quasi l’opposto, accademico congelato e complimenti affini? […]

Anche nel suo caso è sicuro che la chiesta del committente era soltanto documentaria. Ricordi esatti si volevano del proprio palazzo di città, della propria villa di campagna, e delle proprie res gestae. Ma codesta esigenza puntigliosa, una volta intesa dal pittore, si colmava in lui di una realtà integra e brulicante di vita, stereoscopicamente incantata entro il viraggio continuo dei giorni lunghi del Nord. Spiazzi assolati, accigliature d’ombra sotto le gronde, fra le tegole rosso-paprica schizzate di bigio dalle piogge, brillio gremito sui grandi alberi dei parchi; ma anche la vita comune che vi trascorre, raggiunta, sorpresa ad ogni distanza dal tocco identificante, infallibile : la berlina del principe che passa scintillando, i luccichi! della parata militare, il tessuto d’acque a rispecchiare i barconi a vela sulla Vistola, e poi i borghesi a spasso, gli ebrei che disputano sottovoce, i suonatori girovaghi, gli straccioni, i muratori sui tetti, il venditore di stampe appese alla cantonata, già in ombra, della “Ulica Senatorska”. Qui la grafia prodigiosa del Bellotto, quasi un alfabeto Morse di linee, punti, tratteggi d’ogni specie e colore, svela il segreto sintattico di un trapasso dall’ ‘ottico’ al ‘narrativo’ che è quasi da leggere come certi brani del famoso Ottocento russo. […] La stessa precisione stregata.    R. longhi, Varsavia ebbe dall’Italia il suo grande pittore, ‘L’Europeo” 1955

Castelli, palazzi, ville e parchi, cattedrali e conventi, nella loro qualità di pietra, di sasso, di laterizio, quasi cristallizzata, sono in iscena, come i protagonisti di un tale appassionato racconto. Tutto vi si snoda e svolge, tranquillo e pacato e trasognato come in un ‘romanzo’ della narrativa russa ottocentesca. Qualcosa tra la limpidezza di Puskin e la pienezza, la concretezza di natura, di Tolstoi. D’altra pane, e in quelle opere un sottinteso di impassibile osservazione. che incrina e intiepidisce il dato dell’osservazione della ricerca quasi scientifica, ottica. Impassibilità, limpidezza e sottigliezza, del ragionamento cartesiano. Il pensiero, ma soprattutto il sentimento del pensiero di Cartesio, da oltre un secolo, dominavano l’Europa. Ma anche la civile, l’umana ironia, della meditazione, e della scrittura di Diderot. Un “Neveu de Rameau”, nelle strade, in un caffè di Varsavia,             G. raimondi, Bernardi, Bellotto a Varsavia, “II Mondo’ 1959.

Certamente il Bellotto trae forza per il suo turgido stile proprio dalla partecipazione così piena ed intensa del motivo. Ma è motivo sempre realizzato con una “magica densità” [Longhi] : cioè potenza di trasfigurazione lirica e non piatto verismo.

Il paesaggio bellottiano nasce così fedele interprete di un clima e d’un ambiente; ma ricco della presenza umana del suo autore. Nasce cioè già ottocentesco nella disposizione descrittiva e nella concezione di uno stato d’animo, che è la nostalgica e smemorata malinconia del Bellotto, ormai lontano e sganciato dalla frivolità del suo tempo. In lui non v’è solo la tristezza d’un promeneur solitaire, ma la pienezza di possesso di un ambiente e di una atmosfera che ritroverà poi l’Ottocento francese, a partire da Courbet. Dobbiamo rimpiangere che il nostro Ottocento non abbia potuto raccogliere ne comprendere l’eredità del Bellotto, di questo figlio di Venezia divenuto grande pittore europeo.               pallucchini, Vedute del Bellotto, Milano 1961.

Esprimendo qui [Rovine della Kreuzkirche di Dresda, n. 177] per la prima volta l’idea della vitalità cittadina in forma valida e a tutti accessibile •[…] come dichiarazione parziale nell’ambito d’una visione generale e completa della città •[…], il Bellotto eleva la raffigurazione ben al di sopra d’un dipinto meramente documentario.   H. menz in Bernardo Bellotto genannt Canaletto in Dresden und Warschau, catalogo della mostra di Dresda, 1963-64.

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Dresda – i resti della Kreuskirche da est di Bernardo Bellotto

Bernardo Bellotto: Dresda – i resti della Kreuskirche da est

Bellotto: Dresda - i resti della Kreuskirche da est
Bernardo Bellotto: Dresda – i resti della Kreuskirche da est, cm. 80 x 110, Gemäldegalerie, Dresda.

Sull’opera: “Dresda – i resti della Kreuskirche da est” è un dipinto autografo di Bernardo Bellotto, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1765, misura 80 x 110 cm. ed è custodito nella Gemäldegalerie a Dresda.

Nella zona bassa, in corrispondenza del centro, si legge la scritta “BERNA. BELOTO DE CANALETTO. FEC. A. MDCCLXV”.

La tela fu venduta nello stesso anno della sua realizzazione (1765)all’’Accademia artistica di Dresda per 200 talleri.

Come per molte altre opere del Bellotto, anche per questo dipinto esiste una riproduzione con tecnica ad acquaforte, eseguita dallo stesso artista nel 1765, nella quale con la scritta “…. du Cabinet de MF le Surintendant Ecclésiastique Docteur am Ende …” viene indicato il preciso punto di ripresa del paesaggio.

La chiesa raffigurata nel dipinto aveva subìto gravissimi danneggiamenti dalle bombe prussiane del 1760. Quando il Bellotto decise di realizzare il presente dipinto, la prima pietra della nuova chiesa era già stata posta nell’anno precedente. Infatti la cerimonia d’inaugurazione per l’avvio ai lavori si svolse il 16 luglio 1764 (in primo piano appare casotto del relativo cantiere).

Per la cronaca, il 22 giugno 1765, a quasi un anno dall’inizio lavori – nonostante le impalcature indicassero la bontà della rimanente torre e la volontà di reintegrazione dell’originaria parte della chiesa – ci furono altri rilevanti crolli relativi a più parti del grande edificio.

Il 1° luglio del 1766 iniziò la completa demolizione di tutta la chiesa, torre compresa.

Vienna – la piazza del mercato della farina da sud ovest di Bellotto

Bernardo Bellotto: Vienna – la piazza del mercato della farina da sud ovest

Bellotto: Vienna - la piazza del mercato della farina da sud ovest
Bernardo Bellotto: Vienna – la piazza del mercato della farina da sud ovest, cm. 116 x 155, Kunsthistorisches Museum, Vienna.

Sull’opera: “Vienna – la piazza del mercato della farina da sud ovest” è un dipinto autografo di Bernardo Bellotto, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1760, misura 116 x 155 cm. ed è custodito nel Kunsthistorisches Museum a Vienna. 

A sinistra, ripresa di scorcio, appare la facciata della chiesa dei Cappuccini. Nella vasta piazza, specialmente nella zona di destra, viene svolta la compravendita della farina.

La cronologia riferita all’anno 1760 è stata avanzata da Heinz [1965] in base a scrupolose analisi storiche riguardanti il portale della sopra specificata chiesa.

Monaco di Baviera – il castello di Nymphenburg da ovest di Bellotto

Bernardo Bellotto: Monaco di Baviera – il castello di Nymphenburg da ovest

Bellotto: Monaco di Baviera - il castello di Nymphenburg da ovest
Monaco di Baviera – il castello di Nymphenburg da ovest, cm. 69,5 x 120, National Gallery of Art di Washington.

Sull’opera: “Monaco di Baviera – il castello di Nymphenburg da ovest” è un dipinto autografo di Bernardo Bellotto, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1761-65, misura 69,5 x 120 cm. ed è custodito nella National Gallery of Art di Washington.

Pendant del dipinto “Monaco di Baviera La Bruckentor e l’Isar” il quale è a sua volta pendant del “Monaco di Baviera – il castello di Nymphenburg da est”

Esiste una copia identica, con lo stesso titolo ma con dimensioni più grandi (132 x 235 cm.) custodita nel Residenzmuseum di Monaco di Baviera.

Capriccio con palazzo, porticato e loggiato e fontana monumentale di Bellotto

Bernardo Bellotto: Capriccio con palazzo, porticato e loggiato e fontana monumentale

Bellotto: Capriccio con palazzo, porticato e loggiato, fontana monumentale e il Vojoda Potocki
Bernardo Bellotto: Capriccio con palazzo, porticato e loggiato, fontana monumentale e il Vojoda Potocki, cm. 153,5 x 113,5, Museum of Art di el Paso Texas.

Sull’opera: “Capriccio con palazzo, porticato e loggiato, fontana monumentale e il Vojoda Potocki” è un dipinto autografo di Bernardo Bellotto, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1763-64, misura 153,5 x 113,5 cm. ed è custodito nella Museum of Art di el Paso (Texas).

In basso a destra appare la scritta: “Bernard. BELOTTO. DE. CANALETTO.”.

Il dipinto non era noto fino al 1949, anno in cui venne introdotto in un’asta londinese di Christie da R. Adeane (Babraham Hall [Cambrldge]). Pochi anni dopo, nel 1954, Suida gli attribuì il periodo del soggiorno di Varsavia (1767-80) per la presenza indiscutibile del vojoda Franciszek Salezy Potocki e suo Stanislaw Szczesny.

Lorentz – in un intervento privato, prima del 1960 – fece presente che l‘apparente età del giovane, nato nel 1752, non permetteva di pensare ad una datazione posteriore al 1764, cosicché la tela doveva essere stata realizzata a Dresda anziché in Polonia, durante una permanenza in quella città del voioda.

Si pensa che quest’ultimo possa avere trasferito il dipinto in Ucraina, da dove fu riportato in Occidente durante la guerra del 15-18.

La cronologia così postdatata è più verosimile anche per le affinità stilistiche con il “Capriccio, con palazzo e porticato e autoritratto” (Contini Bonacossi, Firenze), di cui si conosce con sicurezza l’anno di realizzazione, 1765.

Capriccio, con cortili, scalinata e edificio loggiato e porticato di Bellotto

Bernardo Bellotto: Capriccio, con cortili, scalinata e edificio loggiato e porticato

Bellotto: Capriccio, con cortili, scalinata e edificio loggiato e porticato
Bernardo Bellotto: Capriccio, con cortili, scalinata e edificio loggiato e porticato, cm. 76 x 110, Kunsthalle, Amburgo.

Sull’opera: “Capriccio, con cortili, scalinata e edificio loggiato e porticato” è un dipinto autografo di Bernardo Bellotto, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1762, misura 76 x 110 cm. ed è custodito nella Kunsthalle ad Amburgo.

In basso, sulla destra, si legge: “Canaletto […] e […1 1762″. La scalinata, se non si considerano le statue, è identica a quella del “Capriccio veneziano-romano” (Staatliches Museum a Schwerin).

L’edificio venne identificato con molti palazzi di Varsavia, ma senza alcun effettivo riscontro, e in seguito a questo presupposto il dipinto in esame veniva attribuito al periodo polacco (posteriore al 1767), ovvero in corrispondenza a un’ipotetico soggiorno del Bellotto in quella città mentre viveva a Dresda.

Risulta invece più verosimile, soprattutto per lo stile, l’anno 1762.

Varsavia – la Vistola al castello reale dal sobborgo di Praga di Bellotto

Bernardo Bellotto: Varsavia – la Vistola al castello reale dal sobborgo di Praga

Bellotto: Varsavia - la vistola al castello reale dal sobborgo di Praga
Bernardo Bellotto: Varsavia – la Vistola al castello reale dal sobborgo di Praga, cm. 171,5 x 259,5, Muzeum Narodowe di Varsavia.

Sull’opera: “Varsavia – la Vistola al castello reale dal sobborgo di Praga” è un dipinto autografo di Bernardo Bellotto, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1770, misura 171,5 x 259,5 cm. ed è custodito nel Muzeum Narodowe di Varsavia.

In questo dipinto il Bellotto si autoritrae (a sinistra in basso con il figlio Lorenzo e, probabilmente, il genero de Perthées). L’inventario della galleria redatto nel 1795 infatti parla di tale auto-raffigurazione. 

L’artista sta dialogando con re Stanislao Augusto mentre realizza la veduta.

Sulla tela che sta sul cavalletto si legge la scritta: “Prospectus Varsaviae incipiendo de Villa / nova usque ad Palatium Comitis Sa/piehae cum inclusa parte Pragae trans / flumen depictus per B. B. de Canaletto / A.° 1770”.

L‘opera in esame appartiene alla serie a cui fa capo la tela intitolata “Varsavia – la porta di ferro, dalle caserme di Mirow” (già Varsavia, Castello reale) risultandone uno dei ‘pezzi’ più pregiati per la particolare spettacolarità.

Il Bellotto stesso decise di realizzare la relativa acquaforte (1772) con alcune varianti nella posizione del grande albero a sinistra e del corteo reale.

Varsavia – la città dalla loggia est del castello reale verso il sobborgo di Cracovia di Bellotto

Bernardo Bellotto: Varsavia – la città dalla loggia est del castello reale verso il sobborgo di Cracovia

Bellotto: Varsavia - la città dalla loggia est del castello reale verso il sobborgo di Cracovia
Varsavia – la città dalla loggia est del castello reale verso il sobborgo di Cracovia, cm. 166 x 269, Muzeum Narodowe di Varsavia.

Sull’opera: “Varsavia – la città dalla loggia est del castello reale verso il sobborgo di Cracovia” è un dipinto autografo di Bernardo Bellotto, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1773, misura 166 x 269 cm. ed è custodito nel Muzeum Narodowe di Varsavia.

Il dipinto in esame appartiene alla serie di tele a cui fa capo “Varsavia – il sobborgo di Cracovia, dalla porta di Cracovia verso sud” (Varsavia, Muzeum Narodowe).

Nella Svolta viene precisato che la veduta venne “presa dal Gabinetto del Castello che Guarda sino a Villa Noua”, cosa che invece farebbe pensare diversamente per la presenza dello spigolo della facciata sulla destra.

Quasi certamente il pittore ricorse a uno fra i suoi più eccellenti ‘accomodamenti’, con la creazione di effetti prospettici pieni di straordinaria vitalità.

Anche la partitura del cromatismo è di pregiata qualità: si osservi le pareti dei palazzi in ombra, sull’estrema destra, carichi di vibrazione ‘materica‘, enfatizzata dalle sapienti variazioni tonali, soprattutto sulle tende a strisce.

Varsavia – via Miodowa, da sud-est verso nord-ovest di Bellotto

Bernardo Bellotto: Varsavia – via Miodowa, da sud-est verso nord-ovest

Bellotto: Varsavia - via Miodowa, da sud-est verso nord-oves
Bernardo Bellotto: Varsavia – via Miodowa, da sud-est verso nord-ovest, cm. 84 x 107.5,  Muzeum Narodowe di Varsavia.

Sull’opera: “Varsavia – via Miodowa, da sud-est verso nord-ovest” è un dipinto autografo di Bernardo Bellotto, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1777, misura 84 x 107,5 cm. ed è custodito nel Muzeum Narodowe di Varsavia.

La presente composizione appartiene alla serie di tele a cui fa capo quella intitolata “Varsavia – il sobborgo di Cracovia, dalla porta di Cracovia verso sud” (Varsavia, Muzeum Narodowe) la cui  cronologia è indicata nella Svolta.

Sulla destra, vicino alla targa di via dei Senatori, di fronte all’esposizione delle stampe di un mercante d’arte, i due personaggi fermi – secondo alcuni studiosi – sono verosimilmente i ritratti dei commissionari.

Varsavia – Palazzo Lubomirski e la porta di ferro da ovest di Bellotto

Bernardo Bellotto: Varsavia – Palazzo Lubomirski e la porta di ferro da ovest

Bellotto: Varsavia - Palazzo Lubomirski e la porta di ferro da ovest
Bernardo Bellotto: Varsavia – Palazzo Lubomirski e la porta di ferro da ovest, cm. 116 x 164, Muzeum Narodowe di Varsavia.

Sull’opera: “Varsavia – Palazzo Lubomirski e la porta di ferro da ovest” è un dipinto autografo di Bernardo Bellotto, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1779, misura 116 x 164 cm. ed è custodito nel Muzeum Narodowe di Varsavia.

Anche l’opera in esame, come le altre due raffigurate nella pagina precedente, appartengono alla  serie di tele a cui fa capo quella intitolata “Varsavia – il sobborgo di Cracovia, dalla porta di Cracovia verso sud” (Varsavia, Muzeum Narodowe) la cui  data di realizzazione è riportata nella Svolta.

 La cosiddetta Porta di Ferro, posizionata nella sezione aurea, è l’arco a tre fornici.