Biografia di Ludovico Carracci

Ludovico Carracci (Bologna, 21 aprile 1555 – Bologna, 13 novembre 1619)

Ludovico Carracci nacque a Bologna nel 1555 ed ebbe la sua formazione artistica presso la bottega locale di Prospero Fontana (Bologna, 1512 – Bologna, 1597).

Soggiornò in alcune città come Firenze, Mantova, Venezia e Parma, venendo a contatto, in quest’ultima, con Camillo Procaccini (Parma, 1561 – Milano, 1629).

Cugino di Annibale Carracci, fra i pittori della famiglia, Ludovico è il più anziano. Esso Predilige la pittura a tema religioso volta alla moralizzazione ed alla devozione.

Prima del 1584 si iscrisse alla Compagnia dei Pittori. Appartengono probabilmente a tale periodo il San “Vincenzo in adorazione della Vergine e del Bambino” (oggi al Credito Romagnolo di Bologna), lo “Sposalizio mistico di santa Caterina” (attualmente facente parte di una collezione privata) e il “San Francesco in adorazione del Crocifisso” (Pinacoteca Capitolina a Roma). In quest’ultimo dipinto si evidenzia un certo influsso del Parmigianino.

Nel 1584, nella sua città natale, collaborò alla decorazione del Palazzo Fava insieme ai cugini Annibale e ad Agostino Carracci.

Tra le sue opere più significative si ricordano il “Battesimo di Cristo,  il Matrimonio mistico, ed il “San Francesco” della Galleria Capitolina a Roma. Nei primi dipinti, tra i quali citiamo la “Visione di san Francesco” (custodita al Rijksmuseum di Amsterdam) e la “Annunciazione” (1585 circa, Pinacoteca Nazionale a Bologna), si riscontrano gli influssi della pittura di Bartolomeo Cesi (Bologna, 1556 – Bologna, 1629)  e di Federico Barocci, ma anche una certa metamorfosi dovuta alle crisi morali dell’artista di fronte alle disposizioni (Controriforma) emanate dal Concilio di Trento [Le Muse”, De Agostini, Novara, 1965, Vol. III, pag.114].

Nel 1587 realizzò la “Conversione di san Paolo” e nel 1588 la “Madonna dei Bargellini” insieme alla “Assunzione” ed alla “Trasfigurazione”, quest’ultima attualmente facente parte di un collezione privata. Più tardi eseguì la “Madonna degli Scalzi” e la “Sacra Famiglia con san Francesco” (1591, oggi a Cento).

Tra il 1590 e il 1592, sempre insieme ai cugini Carracci. Annibale ed Agostino, lavorò al fregio di Palazzo Magnani. Nello stesso periodo realizzò la “Flagellazione di Cristo” (attualmente nel Museo della Certosa a Doagio, in Francia) e “Predicazione del Battista” (1592, Pinacoteca Nazionale a Bologna).

Tra il 1604 e il 1605 lavorò ad un ciclo di affreschi nel chiostro di San Michele in Bosco, attualmente in grave stato di conservazione, in collaborazione con i suoi discepoli, tra cui Guido Reni (Bologna, 1575 – Bologna, 1642).

Nel biennio 1607-08 soggiornò a Piacenza, dove affrescò il coro del Duomo e il palazzo arcivescovile. Qualche anno più tardi, nel 1612, realizzò il “San Sebastiano gettato nella Cloaca Massima” (Getty Museum di Los Angeles), per la cappella gentilizia di Maffeo Barberini, nella chiesa di Sant’Andrea della Valle a Roma. Del 1614 è la “Crocifissione” in Santa Francesca Romana a Ferrara.

Le opere di Ludovico Carracci

Deposizione dalla croce, anno 1582 circa, tecnica ad olio su tela, 95 × 172 cm, Metropolitan Museum, New York.

La Visione di san Francesco d’Assisi, anno 1583-1585, tecnica ad olio su tela, 103 × 103 cm, appartenente al Rijksmuseum (in deposito alla National Gallery di Londra fino al 2013), Amsterdam.

Storie di Giasone, anno 1584, affreschi, con la collaborazione dei cugini Annibale e Agostino Carracci, Palazzo Fava, Bologna.

Annunciazione, anno 1584 circa, tecnica ad olio su tela, 182,5 × 221 cm, Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Annunciazione, anno 1585 circa, olio su rame, 56 × 45,5 cm, Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Battesimo di Cristo, anno 1585 circa, tecnica ad olio su tela, Pinacoteca di Oberschleissheim (Monaco di Baviera).

Assunzione della Vergine, anno 1586-1587 circa, tecnica ad olio su tela, 245 × 134 cm, North Carolina Museum of Art, Raleigh.

Conversione di Saulo, anno 1587-1588, tecnica ad olio su tela, 279 × 171 cm, Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Madonna dei Bargellini, anno 1588, tecnica ad olio su tela, 282 × 188 cm, Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Madonna col Bambino e san Domenico, anno 1588-1590, tecnica ad olio su tela, 109 × 79,5 cm., Pinacoteca Nazionale, Bologna.

La Trinità con Cristo morto, anno 1590 circa, tecnica ad olio su tela, 173 × 127 cm, Pinacoteca Vaticana, Città del Vaticano.

La famiglia Tacconi, anno 1590 circa, tecnica ad olio su tela, 97 × 76 cm, Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Sposalizio della Vergine, anno 1590 circa, tecnica ad olio su tavola, 40 × 32 cm, National Gallery, Londra.

Orazione nell’orto, anno 1590 circa, tecnica ad olio su tela, 48 × 55 cm, Museo del Prado, Madrid.

Madonna col Bambino fra i santi Girolamo e Francesco, anno 1590 circa, tecnica ad olio su tela, 219 × 144 cm, Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Madonna col Bambino con santi e committenti, anno 1591, tecnica ad olio su tela, Pinacoteca civica, Cento.

Orazione nell’orto, anno 1590 circa, tecnica ad olio su tela, 100 × 114 cm, National Gallery, Londra.

Predica del Battista, anno 1592 circa, tecnica ad olio su tela, 380 × 227 cm, Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Martirio di sant’Orsola, anno 1592, tecnica ad olio su tela, 330 × 218 cm, Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Martirio di sant’Orsola, tecnica ad olio su tela, Imola, Chiesa di San Domenico.

Rinaldo e Armida, anno 1593, tecnica ad olio su tela, 190 × 136 cm, Museo di Capodimonte, Napoli.

Il Sogno di santa Caterina d’Alessandria, anno 1593 circa, tecnica ad olio su tela, 139 × 111 cm, National Gallery of Art, Washington.

La Vergine appare a san Giacinto, anno 1594, tecnica ad olio su tela, 375 × 223 cm, Musée du Louvre, Parigi.

Trasfigurazione di Cristo, anno 1595 circa, tecnica ad olio su tela, 437 × 267 cm, Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Flagellazione di Cristo, anno 1595 circa, tecnica ad olio su tela, 219 × 148 cm, Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Coronazione di spine, anno 1595 circa, tecnica ad olio su tela, Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Pietà, anno 1585 circa, tecnica ad olio su tela, 34,7 × 46 cm, Galleria Nazionale di Arte Antica, Roma.

La Piscina probatica, anno 1596 circa, tecnica ad olio su tela, 430 × 250 cm, Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Ritratto della Contessa Bentivoglio, anno 1597-1599 circa, tecnica ad olio su tela, 125 × 95 cm, collezione privata.

Ritratto di Carlo Alberto Rati Opizzoni in armatura, anno 1597-1600, tecnica ad olio su tela, 101 × 85 cm, collezione privata.

Martirio di San Pietro Toma, anno 1598-1599, tecnica ad olio su tela, 153 × 117,5 cm, Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Incontro dei santi Francesco, Domenico e Angelo, anno 1598-1599, tecnica ad olio su tela, 156 × 118 cm, Pinacoteca Nazionale, Bologna.

San Sebastiano, anno 1600-1602 circa, tecnica ad olio su tela, 99 × 74 cm, Philadelphia Museum of Art, Filadelfia.

Nascita del Battista, anno 1604, tecnica ad olio su tela, 420 × 268 cm, Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Presentazione al tempio, anno 1605 circa, tecnica ad olio su tela, 122 × 94 cm, appartenente al Museu Nacional d’Art de Catalunya, in deposito dalla Collezione Thyssen-Bornemisza, Barcellona.

Vocazione di Matteo, anno 1605-1607, tecnica ad olio su tela, 449 × 265 cm, Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Madonna col Bambino e sei Santi, anno 1607, olio su rame, 30 × 25 cm, New York, Metropolitan Museum of Art (in precedenza si trovava a Bowood House, Gran Bretagna, nella collezione Earl of Shelburne; acquisto 2007).

Cristo servito dagli angeli nel deserto, anno 1608-1610, tecnica ad olio su tela, 157 × 225 cm, Staatliche Museen, Berlino.

San Sebastiano gettato nella Cloaca Massima, anno 1612, tecnica ad olio su tela, 65 × 91 cm, J. Paul Getty Museum, Los Angeles.

Martirio di santa Margherita, anno 1616, tecnica ad olio su tela, Chiesa di San Maurizio, Cappella di Santa Margherita, Mantova.

Susanna e i vecchioni, anno 1616, tecnica ad olio su tela, 146,6 × 116,5 cm, National Gallery, Londra.

San Carlo battezza a Milano in tempo di peste, Museo del Louvre, Parigi.

San Carlo adora il Bambino, Pinacoteca civica, Forlì.

Affreschi di Palazzo Magnani a Bologna di Annibale Carracci

Annibale Carracci: Affreschi di Palazzo Magnani a Bologna

Annibale Carracci: Affreschi di Palazzo Magnani a Bologna - Remo mette in fuga e uccide i ladri degli armenti
Annibale Carracci: Remo mette in fuga e uccide i ladri degli armenti
Annibale Carracci: Affreschi di Palazzo Magnani a Bologna - Romolo traccia con l'aratro il confine della città di Roma
Annibale Carracci: Romolo traccia con l’aratro il confine della città di Roma

Seconda serie opere

Sull’opera: “Affreschi di Palazzo Magnani a Bologna” è una serie di dipinti autografi di Annibale, Ludovico ed Agostino Carracci, realizzati con tecnica ad affresco tra il 1589 ed il 1590.

L’edificazione del famoso palazzo fu voluta da Lorenzo Magnani ed affidata all’architetto Domenico Tibaldi. Il famoso ciclo di affreschi di Annibale, Ludovico ed Agostino Carracci, che raffigura gli episodi della fondazione di Roma (1590 – 1592), si trova al piano nobile nel salone d’onore (oggi Salem).

Gli affreschi, eseguiti sotto il soffitto ligneo del salone, rappresentano un ciclo di quattordici storie contenute in altrettanti riquadri, tre per lato sulle pareti corte e quattro su quelle più lunghe (4 + 4 + 3 + 3 = 14). La tematica è tratta dal “Libro delle Storie” di Tito Livio e dalla “Vita di Romolo” di Plutarco. Ogni episodio è inframmezzato da “termini” costituiti, per tutta la lunghezza delle pareti, da otto raggruppamenti di figure realizzate tutte in policromia (putti rosati e cerei telamoni che reggono le mensole), mentre agli angoli sono ubicati quattro gruppi di putti dal morbido color carne e giovanetti bronzei. Sotto, sui piedistalli, stanno otto “termini” con telamoni in affresco monocromatico simulante un bassorilievo. La lunghezza totale del fregio di circa 25 metri.

 Circa l’attribuzione delle varie storie ci fu, e c’è ancora tanta confusione tra gli studiosi di storia dell’arte, tanto che gli stessi Carracci, quando la gente gli domandava di chi avesse realizzato tale riquadro, essi rispondevano: “ella è de’ Carracci: l’abbiamo fatta tutti noi” (fonte: Malvasia, che puntualizzava anche che i Carracci “affettassero anch’essi questa confusione”).

L’opera a sinistra “Remo mette in fuga e uccide i ladri degli armenti” viene concordemente attribuita ad Annibale.

L’opera a destra “Romolo traccia con l’aratro il confine della città di Roma ” viene assegnata per intero ad Annibale da Bodmer (1933), da Cavalli (1960, da Posner (1971), da Volpe (1972) e da Boschloo (1974). Secondo Mahon (1963) il dipinto è interamente realizzato da Ludovico, eccetto la figura a sinistra, certamente attribuibile ad Annibale perché riferita ad un disegno di questi custodito agli Uffizi di Firenze.

Opere di Annibale Carracci

Alcune fra le più significative opere di Annibale Carracci.

Le opere di Annibale Carracci

0 Carracci - autoritratto e altre figure

Autoritratto e altre figure, cm. 60 x 48 Pinacoteca di Brera Milano.

1 Carracci - crocifissione e sant

Crocifissione e santi, cm. 305 x 210 Chiesa di Santa Maria della Carità Bologna.

2 Carracci - la bottega del macellaio

La bottega del macellaio, cm. 190 x 271 Christ Churc of Oxford.

4 Carracci - affreschi di palazzo Fava

Affreschi di Palazzo Fava,  Bologna.

5 Carracci - il mangiafagioli

Il mangiafagioli, cm. 57 x 68 Galleria Colonna Roma.

9 Carracci - Battesimo di Cristo

Battesimo di Cristo, cm. 383 x 225 chiesa di San Gregorio Bologna.

11 Carracci - pietà e santi

Pietà e santi, cm. 374 x 238 Galleria Nazionale di Parma.

13 Carracci - nozze mistiche di Santa Caterina

Nozze mistiche di Santa Caterina, cm. 162 x 118 Gallerie Nazionali di Capodimonte Napoli.

15 Carracci - Ritratto di Claudio Merulo

Ritratto di Claudio Merulo (probabile) cm. 92,5 x 68,5 Gallerie Nazionali di Capodimonte Napoli.

16 Carracci - San Francesco in meditazione

San Francesco in meditazione, cm. 96 x 79 Gallerie dell’Accademia a Venezia.

17 Carracci - Paesaggio con scena di caccia

Paesaggio con scena di caccia, cm. 136 x 253 Louvre Parigi.

17 Carracci - Paesaggio con scena di pesca

Paesaggio con scena di pesca, cm. 136 x 253 Louvre Parigi.

18 Carracci - l'angelo annunciante

L’angelo annunciante, cm. 149 x 75 Pinacoteca Nazionale di Bologna.

19 Carracci - la vergine annunciata

La Vergine annunciata, cm. 150 x 76 Pinacoteca Nazionale di Bologna.

22 Carracci - Madonna in gloria con il bambino e i santi

Madonna in gloria con il Bambino e sei santi, 278 x 193 Pinacoteca Nazionale di Bologna.

23 Carracci - venere satiro e due amorini

Venere, Satiro e due amorini, cm. 112 x 142 Galleria degli Uffizi Firenze.

25 Carracci - venere e adone

Venere e Adone, cm. 212 x 268 Prado Madrid.

26 Carracci - affreschi di palazzo Magnan

Affreschi di Palazzo Magnani a Bologna: Remo mette in fuga e uccide i ladri degli armenti.

28 Carracci - Madonna con il Bambino e Santi

Madonna con Bambino e santi, cm. 401 x 226 Louvre Parigi.

29 Carracci - elemosina di San Rocco

Elemosina di San Rocco, 331 x 477 Gemäldegalerie Dresda.

30 Carracci - Venere e Cupido

Venere e Cupido, cm. 110 x 131 Galleria Estense di Modena.

31 Carracci - Assunzione della Vergine

Assunzione della Vergine, cm. 260 x 177 Pinacoteca Nazionale di Bologna.

33 Carracci - Resurrezione di Cristo

Resurrezione di Cristo, cm. 217 x 160 Louvre Parigi.

35 Carracci - Cristo e la samaritana

Cristo e la samaritana, cm. 170 x 225 Pinacoteca di Brera.

Venere, Satiro e due amorini di Annibale Carracci

Annibale Carracci: Venere, Satiro e due amorini

Annibale Carracci: Venere, Satiro e due amorini
Venere, Satiro e due amorini, cm. 112 x 142  Galleria degli Uffizi Firenze.

Seconda serie opere

Sull’opera: “Venere, Satiro e due amorini” è un dipinto autografo di Annibale Carracci realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1588, misura 112 x 142. cm. ed è custodito nella Galleria degli Uffizi a Firenze.

Quest’opera del Carracci può essere identificata in un documento di un certo Guido Anselmi (agente del sig. Camillo Bolognetti) in cui si parla della “Venere in schiena di mano del già sig. Annibale Caracia” e della somma ricevuta “ducatoni di fior, n.° ducenti” dal milanese Michelangelo Spiga che l’acquistò per volere del granduca di Toscana (fonti: Cavalli, 1958; carteggio di Cioli, l’allora segretario nell’archivio de’ Medici a Firenze).

Il Malvasia (1678) cita l’opera come appartenente alla collezione granducale.

Il Gulandi (1843) mette in relazione il dipinto citato dal Malvasia con quello del documento: “ne sdegnò Ludovico ch’era cicciosetto e polputo, spogliarsi fino alla cintura, lasciar copiare la sua schiena ad Annibale nella Venere volta in quell’attitudine, che poi da’ signori Bolognetti fu venduta alle Altezze Serenissime di Firenze, ed oggi trovasi fra l’altre pitture famose del Real Museo”.

Elenco delle opere di Annibale Carracci

Un dettagliato elenco delle opere di Annibale Carracci.

Pagine correlate all’artista: Prima serie opere del Carracci – Seconda serie opere – Biografia e vita artistica – La critica – Il periodo artistico – Bibliografia.

La lista dei lavori realizzati dall’artista

Scene della vita di Giasone, anno 1584, affreschi, Palazzo Fava, Bologna.

Le Scene della vita di Ercole, anno 1593-1594, affreschi, Palazzo Sampieri, Bologna.

Scene della fondazione di Roma anno 1590, affreschi, Palazzo Magnani, Bologna.

Ragazzo che beve, anno 1582-1583, tecnica a olio su tela, 55 × 43 cm., proprietà privata.

Testa d’uomo sorridente, anno 1583, tecnica a olio su tela, Galleria Borghese, Roma.

Crocifissione e santi, anno 1583 circa, tecnica a olio su tela, 305 × 210 cm., Santa Maria della Carità, Bologna.

Madonna che abbraccia il Bambino Gesù, anno 1586, tecnica a olio su tela 55 × 44 cm., proprietà privata, Bologna.

Salma di Cristo, anno 1583-1585, tecnica a olio su tela, 70,7 × 88,8 cm., Staatsgalerie Stuttgart, Stoccarda.

Altre opere

Battesimo di Cristo, anno 1584, tecnica a olio su tela, Chiesa di San Gregorio, Bologna.

Mangiafagioli, anno 1584-1585, tecnica a olio su tela, 57 × 68 cm., Galleria Colonna, Roma.

La bottega del macellaio, anno 1585, tecnica a olio su tela, 185 × 266 cm., Christ Church Picture Gallery, Oxford.

San Francesco penitente, anno 1585 circa, tecnica a olio su tela, 75 × 57 cm., Pinacoteca Capitolina, Roma.

Visione di sant’Eustachio, anno 1585-1586, tecnica a olio su tela, 86 × 113, Museo di Capodimonte, Napoli.

Matrimonio mistico di santa Caterina, anno 1585-1587, tecnica a olio su tela, 160 × 128 cm., Museo di Capodimonte, Napoli.

Cristo coronato di spine sorretto dagli angeli, anno 1585-1587, tecnica a olio su tela, 85 × 100 cm., Gemäldegalerie, Dresda.

San Francesco d’Assisi, anno 1585-1590, tecnica a olio su tela, 55 × 37 cm., Museo di Capodimonte, Napoli.

Ritratto di musicista, anno 1587 circa, tecnica a olio su tela, 91 × 67 cm., Museo di Capodimonte, Napoli.

Madonna col Bambino in gloria e santi, anno 1587-1588, tecnica a olio su tela, 278 × 193 cm., Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Venere con un Satiro e Cupido, anno 1588 circa, tecnica a olio su tela, 112 × 142 cm., Galleria degli Uffizi, Firenze.

Altre opere

Arcangelo Gabriele e Vergine Annunziata, anno 1588 circa, tecnica a olio su tela, 152 × 76 cm. ciascuno, Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Madonna col Bambino in trono e i santi Francesco, Matteo e Giovanni Battista, anno 1588, tecnica a olio su tela, 384 × 255 cm., Gemäldegalerie, Dresda.

Satiro, anno 1588-1590 circa, tecnica a olio su tela, 128 × 76 cm., Museo di Capodimonte, Napoli.

Paesaggio con Diana ed Endimione, anno 1590 circa, olio su tavola, 33 × 46 cm., City Art Gallery, York.

Autoritratto di profilo, anno 1590 circa, tecnica a olio su tela, Galleria degli Uffizi, Firenze.

Uomo con scimmia anno 1590 circa, tecnica a olio su tela, 68 × 58,3 cm., Galleria degli Uffizi, Firenze.

Venere e Cupido, anno 1590 circa, tecnica a olio su tela, 110 × 130 cm., Galleria Estense, Modena.

Paesaggio con un fiume, anno 1590 circa, tecnica a olio su tela, 88,3 × 148 cm., National Gallery of Art, Washington.

Assunzione della Vergine, anno 1590 circa, tecnica a olio su tela, 130 × 97 cm., Museo del Prado, Madrid.

Altre opere

Le tre Marie al sepolcro, anno 1590 circa, tecnica a olio su tela, 121 × 145,5 cm., Ermitage, San Pietroburgo.

Bacco, anno 1590-1591 circa, tecnica a olio su tela, 160 × 100 cm., Museo di Capodimonte, Napoli.

Venere abbigliata dalle Grazie, anno 1590-1595, tecnica a olio su tela, 133 × 170,5 cm., National Gallery of Art, Washington.

La morte di Didone, anno 1592, affresco staccato, Palazzo Francia, Bologna.

La Vergine appare alle sante Lucia e Caterina, anno 1592, tecnica a olio su tela, 401 × 226 cm., Musée du Louvre, Parigi.

Assunzione della Vergine, anno 1592, tecnica a olio su tela, 260 × 117 cm., Pinacoteca Nazionale, Bologna.

La resurrezione di Cristo anno 1593, tecnica a olio su tela, 217 × 160 cm., Musée du Louvre, Parigi.

La Sacra Famiglia, anno 1593 circa, tecnica a olio su tela, 120 × 98 cm., Musée du Louvre, Parigi.

Adorazione dei pastori, anno 1593, tecnica a olio su tela, 85 × 63 cm., Galleria Nazionale di Arte Antica, Roma.

Altre opere

Madonna col Bambino in trono e i santi Giovanni Evangelista e Caterina, anno 1593, tecnica a olio su tela, 289,5 × 192,5 cm., Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Allegoria fluviale, anno 1593-1594, tecnica a olio su tela, 80,5 × 90,5 cm., Museo di Capodimonte, Napoli.

Cristo Crocifisso, anno 1594, tecnica a olio su tela, 33,8 × 23,4 cm., Staatliche Museen, Berlino.

Visione di san Francesco d’Assisi, anno 1594 circa, tecnica a olio su tela, 47 × 35,5 cm., Staatliche Kunstsammlungen, Kassel.

San Giovanni Battista nel deserto, anno 1594-1595, tecnica a olio su tela, 129,3 × 98 cm., Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Scena di pesca, anno 1595 circa, tecnica a olio su tela, 136 × 253 cm., Musée du Louvre, Parigi.

Scena di caccia, anno 1595 circa, tecnica a olio su tela, 136 × 253 cm., Musée du Louvre, Parigi.

Venere, Adone e Cupido, anno 1595 circa, tecnica a olio su tela, 212 × 268 cm., Museo del Prado, Madrid.

Venere con Adone, anno 1595 circa, tecnica a olio su tela, 217 × 246 cm., Kunsthistorisches Museum, Vienna.

Incoronazione della Vergine, anno 1595 circa, tecnica a olio su tela, 117,8 × 141,3 cm., Metropolitan Museum, New York.

Altre opere

San Francesco adorante il Crocifisso, anno 1596 circa, tecnica a olio su tela, 48 × 36,5 cm.., Pinacoteca Nazionale, Bologna.

La scelta di Ercole, anno 1596 circa, tecnica a olio su tela, 167 × 273 cm., Museo di Capodimonte, Napoli.

Cristo deriso, anno 1596 circa, tecnica a olio su tela, 60 × 69,5 cm., Pinacoteca Nazionale, Bologna.

Orazione nell’orto, anno 1596-1597, olio su tavola, 39,4 × 29 cm., Royal Collection, Hampton Court.

San Girolamo, anno 1596-1599, tecnica a olio su tela, 44 × 32 cm., Museo di Capodimonte, Napoli.

Cristo in gloria e santi, anno 1597, tecnica a olio su tela, 194,2 × 142,4 cm., Palazzo Pitti, Firenze.

Marsia e Olimpo, anno 1597-1600, olio su tavola, 35,4 × 84,2 cm., National Gallery, Londra.

Sileno che mangia l’uva, anno 1597-1600, olio su tavola, 54,5 × 88,5 cm., National Gallery, Londra.

Maria Maddalena in un paesaggio, anno 1598 circa, olio su tavola, Fitzwilliam Museum, Cambridge.

Cristo appare a sant’Antonio Abate, anno 1598 circa, olio su tavola, 49,5 × 34,4 cm., National Gallery, Londra.

Madonna col Bambino e san Giovannino, anno 1599-1600, tecnica a olio su tela, 51,2 × 68,4 cm., Royal Collection, Hampton Court.

Altre opere

Sacrificio di Isacco, anno 1599-1600 circa, tecnica a olio su tela, 45 × 34 cm., Musée du Louvre, Parigi.

Compianto su Cristo morto, anno 1599-1600, tecnica a olio su tela, 156 × 149 cm., Museo di Capodimonte, Napoli.

Ercole strozza i serpenti, anno 1599-1600 circa, tecnica a olio su tela, 16 × 15 cm., Musée du Louvre, Parigi.

Madonna Montalto, anno 1600 circa, olio su tavola, 35 × 27,5 cm., National Gallery, Londra.

Ritratto di Giovanni Gabrieli, anno 1600 circa, olio su tavola, Gemäldegalerie, Dresda.

Riposo durante la Fuga in Egitto, anno 1600 circa, tecnica a olio su tela, diametro 82,5 cm., Ermitage, San Pietroburgo.

Assunzione della Vergine Maria, anno 1600-1601, tecnica a olio su tela, 245 × 155 cm., Santa Maria del Popolo, Cappella Cerasi, Roma.

Rinaldo e Armida, anno 1601 circa, tecnica a olio su tela, 154 × 233 cm., Museo di Capodimonte, Napoli.

Domine, quo vadis?, anno 1602 circa, olio su tavola, 77,4 × 56,3 cm., National Gallery, Londra.

Altre opere

Pietà con san Francesco e Maria Maddalena, anno 1602-1607 circa, tecnica a olio su tela, 277 × 186 cm., Musée du Louvre, Parigi.

La Pietà e due angeli, anno 1603 circa, olio su tavola, 41 × 60,8 cm., Kunsthistorisches Museum, Vienna.

Martirio di santo Stefano, anno 1603-1604, tecnica a olio su tela, 51 × 68 cm., Musée du Louvre, Parigi.

Lapidazione di santo Stefano, anno 1603-1604, tecnica a olio su tela, 51 × 53 cm., Musée du Louvre, Parigi.

Paesaggio con la fuga in Egitto, anno 1604 circa, tecnica a olio su tela, 122 × 230 cm., Galleria Doria Pamphilj, Roma.

Autoritratto su tela, anno 1604 circa, olio su tavola, 42 × 30 cm., Ermitage, San Pietroburgo.

Trittico della Deposizione, anno 1604-1605, olio su tavola, ciascuno sportello: 37 × 24 cm; 37 × 12 cm., Galleria Nazionale di Arte Antica, Roma.

Cristo e la samaritana al pozzo, anno 1604-1605 circa, tecnica a olio su tela, 60,5 × 146 cm., Kunsthistorisches Museum, Vienna.

Traslazione della Santa Casa, anno 1605 circa, tecnica a olio su tela, 250 × 150 cm., Chiesa di Sant’Onofrio, Roma.

Altre opere

Natività della Vergine, anno 1605-1609, olio su tavola, 279 × 159 cm., Musée du Louvre, Parigi.

Compianto su Cristo morto, anno 1606, tecnica a olio su tela, 92,8 × 103,2 cm., National Gallery, Londra.

Deposizione nel sepolcro, anno 1610 circa, tecnica a olio su tela, 45 × 35 cm., Kunsthistorisches Museum, Vienna.

San Girolamo 1585 circa.

Il trionfo di Bacco e Arianna, anno 1597-1600.

L’ira di Polifemo, anno 1600 circa.

Annunciazione, anno 1593-1596, Louvre.

Due macellai al lavoro (conosciuto anche come “La piccola macelleria”), tecnica a olio su tela, 59.7 × 71.0 cm., (1582-1583 ca), Fort Worth, Kimbell Art Museum.

La Samaritana al pozzo, custodito nella Pinacoteca di Brera.

Natività di Gesù, Museo-Antico Tesoro della Santa Casa, Loreto.

San Giovanni Battista nel deserto, proprietà privata (apparteneva al cardinale Flavio Chigi).

San Giovanni Battista, New York, Metropolitan Museum (donazione Fabrizio Moretti, si trovava nella collezione Farnese a Parma).

Sepoltura di Cristo, New York, Metropolitan Museum (acquistato nel 1998, si trovava nella collezione Sampieri di Bologna).

Due bambini che molestano un gatto, tecnica a olio su tela, Metropolitan Museum (si trovava nelle collezioni Ranuzzi e di Tommaso Ruffo), New York.

Citazioni e critica su Annibale Carracci

Citazioni e critica su Annibale Carracci (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)

Pagine correlate a Annibale Carracci: Biografia e vita artistica – Le opere – Elenco delle opere – Il periodo artistico

Quello che ha detto la critica ufficiale della Storia dell’arte di Annibale Carracci:

Come è caratteristica la trasformazione degli Schiavi michelangioleschi della Cappella Sistina nelle figure equivalenti della Galleria Farnese, composte dai Caracci! Quale turbolenza, quali contorsioni delle membra!

Tutti i movimenti spontanei diventano più faticosi, più pesanti, e richiedono uno sforzo eccezionale.

Le singole membra non agiscono liberamente, ma in parte attraggono nel loro movimento il resto del corpo.

D’altra parte la passione esagerata fino all’estremo limite, fino all’estasi e ad un furioso trasporto non può trovare una espressione omogenea in tutto il corpo: il sentimento si scarica violen-temente ed impetuosamente in singoli organi, mentre il resto del corpo rimane dominato soltanto dalla pesantezza.

Ma al grande sforzo non corrisponde nel complesso una più forte struttura del corpo; anzi! L’azione degli organi motori spontanei è deficiente, gli impulsi dello spirito dominano troppo debolmente il corpo.

I due momenti: corpo e volontà si sono, per modo di dire, divisi, È come se questa gente non avesse più in suo dominio il proprio corpo, come se non potesse più trasfondergli la propria volontà; mancano l’animazione e la conformazione equamente distribuite.

Stati di dissolvimento, di molli adagiamenti, di abbandono informe, accompagnati da movimenti veementi di singole parti del corpo, diventano sempre più i soli ideali dell’arte. H. wolfflin, Renaissance und Barock, 1888

I Carracci sono i primi a pensare chiaramente il paese come un soggetto a sé; lo sfondo verde s’avvicina, comincia ne’ primi piani del quadro, e le figure, destinate a scomparire, si rimpiccioliscono, diventano macchiette, elementi decorativi che rompono la massa de’ verdi digradati, o squarciano con le glorie angeliche i cieli argentati di nubi. Annibale sapeva cogliere, anche nel diporto, le forme più eccentriche dell’umanità: la sua continua arguzia non era verbale ma lineare, e i ricordi in matita, fatti per giuoco, le faccie caricate degli amici e de’ conoscenti destarono ben presto il riso e l’impermalimento di molti. (Aldo Foratti;  I Carraccinella teoria e nella pratica, 1913).

Scompaiono così, per una singolare coincidenza, all’incirca nello stesso momento, i due rappresentanti più interessanti della pittura italiana all’inizio del Seicento, i due che più avevano operato per il rinnovamento di quest’arte. Il Caravaggio e Annibale Carracci, i cui sforzi sembrano in contrasto fra loro, hanno seguito, se non la stessa strada, almeno vie parallele. Ambedue hanno contribuito in modi differenti a rigenerare l’arte, liberandola dall’enfasi e dall’ampollosità dei manieristi, gli immediati predecessori. Per quanto poco stimati siano oggi tali pittori, si deve comunque riconoscere che le loro opere costituiscono un progresso enorme in confronto alla produzione di artisti quali il Vasari e lo Zuccaro. Li avvicina la comune tendenza verso la verità, poiché Annibale Carracci […] può essere definito un realista a buon diritto quanto il Caravaggio. Anche nelle opere in cui più grande spazio è dato alla fantasia e all’immaginazione (si allude soprattutto alla Galleria Farnese), Annibale mostra di comprendere la natura nei suoi effetti esteriori: è un paesaggista e, quando capita, un animalista. Sa stabilire il giusto rapporto fra le azioni dei suoi personaggi e il mondo che li circonda; nell’espressione dei suoi eroi si rivela psicologo più profondo di quel che si potrebbe immaginare. G. rouchès, La peinture bolonaise a la fin du XVIe siede (1575-1619) : Les Carioche, 1913.

Già nel XVII secolo Annibale Carracci veniva considerato il grande riformatore della pittura italiana; e dal Baglione, il suo più antico biografo, fin verso il 1800, è possibile constatare un accrescimento costante della sua fama. Scrivere di lui e dei suoi seguaci significa press’a poco scrivere la storia dell’intera pittura italiana dal 1600 al 1800, afferma il Lanzi non senza esagerazione. La storiografia più recente ha invece manifestato nei confronti dell’arte di Annibale un atteggiamento di ostilità o per lo meno di freddezza, basandosi più sulla critica dei presunti presupposti teorici della sua creazione che sulla considerazione spassionata della sua opera. Parole come ‘eclettismo’, ‘accademia’ e simili, impiegate e interpretate nell’accezione corrente, hanno rappresentato dei perniciosi ostacoli sulla via di una valutazione scevra di pregiudizi. Ciò che oggi resta da fare a questo proposito è muovere esclusivamente dalle opere e non dai precetti che si è detto vi fossero alla base. Più dei maestri del Quattrocento, Annibale è divenuto ciò che è grazie all’eredità di una tradizione — o, meglio, grazie alla sintesi di diverse tradizioni ereditarie —, e la sua arte, a confronto con la semplicità, appare quindi complessa, di effetto meno immediato.  H. Voss, Die Molerei des Barock in Rom, 1924.

Annibale Carracci, più facinoroso ed esuberante, è anche stato dei tre il temperamento più curioso, che ha avuto più larghezza di interessi, se pure li ha sentiti talora con poca intensità e si è lasciato andare soverchiamente dietro ad esigenze estrinseche: espressionismo, decorativi-*mo, servilità agli scopi di politica religiosa e di edonismo pratico. Ma poiché è stato il più reputato e il più seguito, e il maggior responsabile delia tradizione dei gusti che per la Accademia bolognese furono tramandati, gli va dedicato un maggiore spazio. Sentì e rese con sufficiente aderenza il gusto veneto. […] Il gusto per Raffaello impera nei freschi di palazzo Farnese e in numerose altre opere, mescolato a motivi di interpretazione michelangiolesca (nudi e schiavi) e anche a qualche attenzione per i manieristi migliori, come il Rosso : qui viene molto apprezzato anche il sistema di coordinazione compositiva raffaellesco, mentre in altre opere, specialmente pale d’altare, si trova molto ben compresa la composizione veneta, ottenuta per linee direttive diagonali svolte in continuità, e senza centro di raccordo (specialmente Tiziano, meno Tintoretto).  O. L. ragghianti, I Carracci e la critica d’arte nell’età barocca, in ‘La Critica” 1933.

D’altra parte l’arte di […] Annibale è di importanza decisiva ai fini dell’adattamento di te­mi trascendenti al nuovo spirito misurato e controllato. A confronto con Ludovico, colpisce nell’opera di Annibale la maggior compattezza dei suoi elementi, la magistrale eppur sottile padronanza del chiaroscuro e la resa canonica (e da ultimo volutamente classica) della massa corporea e dell’atteggiamento fisico. I rapporti con il Correggio sono innegabili, specie nei primi anni, ma non così determinanti come è stato affermato. Il fuso registro cromatico del Correggio, l’eleganza del Parmigianino, hanno ceduto il passo nell’opera di Annibale a una concezione ben più robusta, e le sue armonie tonali risultano incredibilmente calde e sature. W. friedlander, Mannerism and (…..) 1928-29 (1957).

Venuto a Roma, in un ambiente più liberale e sfogato, e, dopo i primi contatti, chissà quanto commossi, con i frammenti della vera antichità, subito adibito ad un soggetto squisitamente antichizzante, la vòlta farnesiana, il suo atteggiamento non muta; anche l’arte antica è reimmaginata per via di affettuosa verisimiglianza, non per via metodica. Invece di restituire, come avrebbe fatto più tardi il neoclassico Mengs, una decorazione arieggiarne l’antico (e non gli mancavano certo i modelli), Annibale immagina, per forza d’illusione, sulle favole antiche questa favola « lombarda » : che, cioè, un dotto cardinale collezionista abbia, nel cielo aperto di un suo portico luminosissimo, issato certi termini classici che van sostenendo cammei giganti e antichi affreschi di soggetto erotico; di modo che su tutti cedesti frammenti, su codesta aerea Galleria d’arte del passato, trascorre e si proietta la luce liquida e bionda di un autunno romano del primo Seicento; e con quel suo diffondersi di sottinsù, ridona un senso di presenza inquieta, un che di momentaneo alle membra marmate dei termini che van reggendo, patetici, i frammenti di un mondo per sempre irrestituibile.

E non è detto che questa, di immaginare per affettuosa verisimiglianza e poi di immergere nella luce moderna, fosse la peggior via d’intendere e di raffigurarsi qualche cosa dell’antico. Ecco perché ci sembra ormai insopportabile condizione l’odierna, in cui i cugini francesi trattan di greco antico, sic et simpliciter, il loro Poussin, pretta creatura dei bolognesi, e noi sembriamo persino esserci scordati di poter chiamare appropriatamente latini Annibale e, dopo di lui (genus unde latinum), almeno il Domenichino e l’AlbaniR. longhi, Momenti della pittura bolognese 1935

Dal 1585 circa in avanti noi possiamo seguire grado a grado la sua evoluzione verso un grande stile monumentale. Chiamato a Roma dal cardinale Odoardo Farnese per lavorare nel suo palazzo, divenne il creatore di una ‘grande maniera’, di uno stile drammatico, sostenuto dallo studio attento dell’antichità e della natura, uno stile in cui egli ottenne un equilibrio tra la tradizione romana della forma compatta da un lato, e il colore veneto e lo ‘sfumato’ correggesco dall’altro; tra lo studio scientifico dell’espressione e del movimento, e l’emozione individuale. Tale stile conteneva i germi sia del Barocco sia delle correnti classiche del Seicento. R. wittkower, Thè Drawings of the Carracci in the Collectìon of Her Majesty the Queen at Windsor Castle, 1952.

Posso forse concludere ribadendo che non sto avanzando smodate pretese a favore della statura artistica dei Carracci; sto solo chiedendo che le loro opere vengano guardate – e godute! – con occhi nuovi e nel loro effettivo valore, senza preconcetti. E mentre mi sembra sufficientemente ovvio che Annibale (se anche non fu un genio supremo) produsse una buona quantità di opere davvero grandi, e dimostrò nella sua magistrale Galleria che un’opera monumentale di vaste proporzioni può essere accuratamente pianificata e ciò nonostante non perdere in vitalità e intensità, non può esservi dubbio, per esempio, che la sua infermità inficiò per parecchi anni la qualità della sua arte. D. mahon,  1953.

Quanto ad Annibale egli fu, ai suoi tempi, il maggior riformatore d’una tradizione, che per brevità chiameremo classica, o umanistica, di grandezza e di felicità umana; temperamento di popolano a mezza via tra la rievocazione spirituale di quel mondo che non era il suo, e un principio di corruzione ‘alessandrina’, che forse gli faceva credere che nella sfera dei potenti fosse ancora il buono e il vero; ma talvolta, soltanto, che nelle loro favole mitologiche fosse ancora il pretesto a un diletto profondamente, dolcemente edonistico. Era questa scelta a dettargli l’opinione riportata dal Malvasia: ‘Forzato pure a dire il suo parere sopra una Giuditta del Caravaggio, non so dir altro, rispose, se non che ella è troppo naturale’. In quella parola, ‘forzato’, potrebbe suonare un imbarazzo, una nostalgia per i suoi primi anni bolognesi. F. arcangeli, Sugli inizi dei Carracci, in “Paragone”, 1956.

Citazioni e critica nei secoli su Annibale Carracci

Citazioni e critica nei secoli su Annibale Carracci (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)

Pagine correlate al Carracci: Biografia e vita artistica – Le opere – Elenco delle opere – Il periodo artistico.

Quello che ha detto la critica ufficiale della Storia dell’arte di Annibale Carracci

Chi die l’esser al nulla,

Ecco, che’n nulla è sciolto.

Chi le tele animò, senz’alma giace,

Al gran pittor che porse

Spesso a i morti color senso vivace,

Morte ogni senso ogni colore ha tolto:

Ben tu sapresti or forse

Farne un altro Natura eguale a quello,

S’havessi il suo pennello.    G. B. marino, la morte d’Annibale Carrocci, 1619

Fu pittore universale, sacro, profano, ridicolo, grave e vero pittore poiché faceva di sua fantasia senza tener il naturale davanti; benissimo compositore, espresse gl’affetti et hebbe gran decoro. Alcuni credono che dipengesse più fresco e con maggior dolcezza mentre fu in Bologna, e cercan di demostrarlo con la S. Margherita in S. Catherina d,e’ Funari fatta in Bologna et della Coronation della Madonna sopra il medesimo quadro fatta a Roma, ma credo che sempre operasse bene, e la Coronatione è fatta in un subito e forse di suo disegno, ma non de suo pennello.   G. mancini, Trattalo della pittura, 1620.

Annibale Caracci, havuti li buoni ammaestramenti da Ludovico suo cugino, e maggiore d’età di già valent’huomo, e in buon credito da lui fu messo per la via di riuscire nella dipintura eccellente.G. baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetti…, 1642.   

Annibale ancora fece in Bologna l’Assunta nel Tempio de’ Padri Francescani; ove si vede, quanto egli all’hora seguitasse, e imitasse la maniera del dipingere usata dal Coreggio. Andò poi a Roma, ove si compiacque sommamente dell’opere nobilissime di Raffaello, e della dolcissima sua maniera; e lo seppe tanto assecondare, che ne riuscì ad eminenza di gran perfettione: indi poi si ridusse a quella bellissima maniera, propria di lui, e la quale è detta la maniera, e lo stile del Carraccio. A prova di che basta ricordare la bella, e ammirabile Galleria, che si vede in Roma nel magnificentissimo Palazzo de’ Sere-ciss. Farnesi. Rimase egli ancora appagato molto de’ bellissimi concetti di Michel’Angelo Buonarroti, e lui parimente volle imitare; onde avvenne, che assecondando Allibale i due detti valent’huomini, parve, che deponesse la sua prima maniera, con che imitato haveva, e assecondato l’eccellentissimo Coreggio.   […] Queste due differenti impostazioni che si allontanano entrambe dalla disciplina esatta e rigorosa dei primi Maestri, gettavano tutti pittori in un assoluto libertinaggio; e si può dire che la bella Arte della Pittura si sarebbe presto perduta, se il Cielo non avesse fatto nascere Annibale Carracci, per salvarla dalle mani di coloro che la trattavano così male.    A. félibien, 1666-88.

Siamo obligati a gli studij, e alla sua eruditio-ne, venerandolo come ristauratore, e principe dell’arte restituita, e inalzata da lui nuovamente alla vita del disegno, e del colore, raccogliendola per terra in lombardia, e in Roma. Si accordò principalmente alla soavità, e purità del Correggio, e alla forza e distributione de’ colori, di Titiano, e dalla naturale imitatione di questo maestro passò alle più perfette idee, e all’arte più emendata de’ Greci, perche quali statue di Agatia, o di Glicone farai superiori a quelle sue finte di chiaroscuro nelli modelli de’ Termini della Galeria Farnese? quali Hercoli, o se ti pare giganti di Michel Angelo preporrai a gli Hercoli e Politemi da lui dipinti. Mostrò egli il modo di far profitto da Michel Angelo, non da altri conseguito, e hoggi affatto abbandonato; perché lasciando la maniera, e le anatomie del Giuditio, si rivolse, e riguardò li bellissimi ignudi de’ partimenti nella volta di sopra; e con eguai lode, gli espose nella Galeria. Dedicossi a Raffaelle, e da questo, come da suo maestro, e guida nelle storie, migliorò l’inventione, e si distese a gli affetti, e alla gratia della perfetta imitatione. Il suo proprio stile fu l’unire insieme l’idea, e la natura, accumulando in se stesso le più degne virtù de’ maestri passati; e parve che la gran madre per sua cagione, non si curasse di accrescere sopra se stessa l’audacia, e la gloria dell’arte.    G. P. bellori, Le vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, 167….

Colà portatisi in tanto, e ravvisando di motte Opere ad Ogiio sparse per quella Reggia, l’abbatterono al fine nella famosa non meno, che ammirabile Galleria, dipinta a fresco, quale per sempre ad onta dell’invidia sarà eternamente apprezzata per un singolar portento del Pennello del grand’Annibale Caracci, poiché fl disegno in essa in compagnia d’un perfetto colorito, eccellentemente trionfa, e gli Artificio le Maestrie, e le vaghe inventioni vie sempre per quelle pareti, per meraviglia d’ogn’ingegno, ad ogn’hora risplendono.    L Scaramuccia “Le finezze dei pennelli italiani” 167…

Tali e tante sterminate fatiche fec’egli, però solo in questa Galleria, sforzando troppo il naturai suo talento; dando perciò nello statuino un poco anch’egli, e perdendo quella risoluzione veneziana e lombarda che colà manca, e di che tanto abbondava, poco fidandosi del suo gran sapere. C. C. malvasia, Felsina Pittrice, 1678.

D’anni 18 comparve in pubblico con due tavole d’Altare; per meglio francarsi in quella vasta maniera imparata, volle in persona vedere l’opere più famose di Parma, e di Venezia, tornando cosi erudito, che superati tanti emoli, che lo dispregiavano, come scorretto, e ladro dell’altrui fatiche, ebbe l’onore d’essere ricercato da Principi, e da qualificati Signori. Col tempo aggiunse a tanti studj la veduta di Roma, che moderò quel gran fuoco, e l’avvalorò di grazia tanto singolare, che applicato alla famosa Galleria Farnese, riuscì l’opera più magnifica, che uscisse mai dai suoi pennelli. È indicibile il riferire i disegni, ed i tanti quadri, in grande, in piccolo, a olio, e a fresco, sì publici, come particolari, che dipinse; le stampe, e gli Autori ne danno però gran contezza; in quelli si leggono i dolci prezzi, per i quali lavorò; la modestia, con la quale visse: il vestire dismesso, e quasi abjetto; la naturale semplicità j il contragenio con Agostino. P. orlandi, Abecedario pittorico, 1719.

 […] Annibale Carracci è senza dubbio uno dei più grandi disegnatori di ogni tempo. P.J. mariette,  1741.

I disegni di Annibale Carracci sono molto apprezzati per la grande precisione e l’imitazione perfetta della natura. Una sorprendente facilità eguaglia in lui la fermezza del tocco, i suoi paesaggi e i suoi personaggi sono ammirevoli.    A. J. d’àrgenville 1745.

Circa cinquant’anni dopo Raffaello prese a fiorire la scuola dei Carracci […]. Costoro erano eclettici e cercarono di unire la purezza degli antichi e di Raffaello e la sapienza di Michelangelo con la dovizia e l’abbondanza della scuola veneziana, specialmente di Paolo [Veronese], e con la gaia pennellata lombarda del Correggio.    J. winckelmann, Abhandiung von der Faehìgkeit der Empfindung des Schoenen in der Kunst, 176.

Mandò al Mondo per istabilirle l’Impero un nuovo Triumvirato nella cara unione di tre Fratelli degni d’ogni lode, il primo Lodovico, che diede lume così bello, Annibale et Agostino Caracci, nati in Bologna. Questi appresi gli alimenti primieri dalla Scuola di Lombardia sotto gl’insegnamenti del Tintoretto sostenuti da un bei genio et addottrinati dal loro buon gusto naturale del quale non se ne prende lezione, che con l’acutezza d’un raffinato intelletto, fecero a poco, a poco risorgere la Pittura alla cognizione delle sue smarrite sembianze. G. B. passeri, Vite de’ pittori, scultori et architetti…, 1772.

 […] Annibale variava poco le forme, e dove Corteggio faceva i contorni ondati, egli li faceva circolari, e non mai convessi. Non dico niente del Colorito, perché mai i Carracci vi si resero insigni; furono anzi sempre opachi. […] Annibale […] riunì lo stile delle Statue antiche colla grandiosità di Lodovico; ma disprezzò le sottigliezze dell’Arte e le riflessioni filosofiche. A. R. mengs, Opere, 178

I Carracci furono in pittura ciò che gli eclettici furono in filosofia. Essi cercarono le qualità delle varie scuole allo scopo di riunire in sé tutte quelle perfezioni che forse è possibile immaginare riunite solo idealmente. F. W. B. von ramdohr, 178.

La Galleria [Farnese] è l’opera più importante di Annibale Carracci; la si considera tra gli esempi più insigni di bella pittura, e quasi a pari delle più grandi opere di Raffaello, che pure non sono d’un così gradevole colorito, ne d’una così buona conservazione […].M. de lalande, Voyage en Italie, 178.

Quando io considero che Annibale al patrimonio della sua scuola aggiunse anche le ricchezze che gl’ingegni dei Greci in più luoghi e in più secoli adunarono nel loro stile; quando rifletto a’ progressi che, veduto in Roma il suo nuovo stile, fecer Domenichino e Guido e l’Albano e il Lanfranco, e i lumi che ne trasse l’Algardi a vantaggio della scultura, come il Passeri da luogo a supporre, e il miglioramento che per lui ebbe la tanto amena, piacevole, deliziosa pittura delle Fiandre e della Olanda; mi par più vicino al vero il sentimento comunissimo fuor di Bologna, che Annibale sia il maggior pittore della famiglia. L. lanzi, Storia pittorica dell’Italia, 1789.

Annibale si caratterizza per la fierezza, per un disegno più profondo, e per un’esecuzione più ferma. I suoi chiariscuri della Galleria Farnese sono per il disegno preferiti ai suoi quadri. Ma gli si rimprovera d’aver saputo imitar l’antico nell’esterno, non già nell’interno, cioè di non aver saputo rappresentare quell’espressione che è lo scopo del disegno. F. milizia, Dizionario delle belle arti del disegno. 1797.

Annibale, superiore agli altri due [Carracci] per capacità esecutive e preparazione accademica, era inferiore a entrambi per gusto, sensibilità e discernimento; a schiacciante riprova di tale inferiorità basti ricordare il suo capolavoro, la opera su cui si basa la sua fama, la galleria di palazzo Farnese, un’opera il cui vigore esecutivo è eguagliato solo dalla debolezza e incongrua della concezione. Se occorresse dare una definiizone di ornamentazione impropria, i soggetti della galleria Farnese potrebbero essere citati come l’esempio più calzante […] come dovremmo classificare uno che, con la Cappella Sistina e il Vaticano sotto gli occhi, rimpinza la sede dell’austerità religiosa e della dignità episcopale con un caotico coacervo di favole banali e orgiastiche baldorie, senza allegoria, senza allusioni, al semplice scopo di gratificare una puerile ostentazione di audacia esecutiva e vigore accademico? H. R. fussli, Lectures on Painting, 1801.

Ma i Carracci non hanno certo bisogno di argomenti in difesa dei loro principi, quando esiste un’opera (che tutti dobbiamo ricordare) come Le tre Marie al Sepolcro, in cui confluiscono gli esiti più eccellenti del disegno, del chiaroscuro, del colore, della composizione e dell’espressione, ciascuno a un grado che raramente abbiamo visto superato; se avesse posseduto una pari dignità e bellezza di carattere non esiterei a considerare quest’opera al livello della migliore produzione moderna.   J. Opie Lectures on Painting, 1807.

Quantunque a buon diritto l’arte della scuola bolognese possa essere definita eclettica, il paesaggio del Carracci e del Domenichino non può essere considerato tale, poiché ciascuno possiede un carattere suo proprio. Il paesaggio di Annibale Carracci, benché severo, è ampio e poetico, non ha nulla a che fare con l’ambiguo termine ‘classico’ e si adatta mirabilmente ai fauni, ai satiri e alle altre creature mitologiche che lo animano, come si può constatare in quel felice esempio che è il Fan e Apollo [Bacco e Sileno] della nostra National Gallery. J. constable, Lectures of Paintins, 1833.

La più importante tra le scuole eclettiche è quella fondata a Bologna dalla famiglia Carracci. […] Fondamenti di questa scuola furono l’osservazione della natura e l’imitazione dei grandi maestri. Questo fece sì che essi tentassero di amalgamare in un tutto unico le singole qualità di quei maestri, oppure (ancor più rozzamente) che nelle loro opere dipingessero singole figure, secondo il loro precipuo carattere, alla maniera di questo o quel maestro. F. kugler, Handbuch der Geschickte der Molerei, 1837.

Carracci, grande spirito, grande talento, grande abilità, parlo almeno di quello che ho visto, ma niente che entusiasmi e dia emozioni incancellabili. E. delacroix, Journal, 24 novembre 185.

Le forme ignude di questo artista mostrano una tipologia fondata su buoni esempi ma uniforme. la quale, in virtù del suo carattere troppo astratto e in certo modo convenzionale, soddisfa più un canone rigoroso del corpo umano, che non la sua resa vivace e veridica. Nonostante una conoscenza approfondita dell’anatomia e un’esatta riproduzione della muscolatura, manca quel sottile e piacevole gioco dei muscoli che si è soliti ammirare in natura e in cui si da a riconoscere la vita che vi è sottesa. A causa di tale peculiarità lo stile del Carracci ricorda i tratti generali dell’antica statuaria romana. Ne peraltro dovrebbe essere apprezzato per le sue forme massicce, ciò che pure è avvenuto. Le sue figure mostrano sì ampie dimensioni e un’espressione di forza, ma non certo il carattere e l’altezza spirituale di quelle michelangiolesche, specie i Profeti e le Sibille. E ben poco egli sacrificò alla grazia, di cui maggiormente avvertiamo la mancanza nelle figure femminili. G. K. naoler, Neues Allgemeises  …., 1835-52.

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Paesaggio con la deposizione di Annibale Carracci

Annibale Carracci: Paesaggio con la deposizione

Carracci - paesaggio con la deposizione
Annibale Carracci: Paesaggio con la deposizione, cm. 120 x 189 Galleria Doria Pamphili, Roma.

Prima serie opere Carracci

Sull’opera: “Paesaggio con la deposizione” è un dipinto autografo di Annibale Carracci realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1604, misura 120 x 89 cm. ed è custodito nella Galleria Doria Pamphili a Roma.

Riguardo l’autografia della composizione in esame, non vi sono contrasti fra gli studiosi di storia dell’arte nel corso dei secoli.

Anche questo capolavoro, come le altre opere estreme del Carracci, è un meraviglioso esempio di quella paesaggistica ‘ideale’ espressa con tal vigore da segnare il passaggio dalla sofisticata paesistica manierista al nuovo modo di rappresentare gli aspetti naturalistici, come faranno Poussin, Lorrain ed il del nostro Zampieri meglio conosciuto come Domenichino.

Pietà (Le tre Marie) di Annibale Carracci

Annibale Carracci: Pietà (Le tre Marie)

Annibale Carracci: Pietà (Le tre Marie)
Annibale Carracci: Pietà (Le tre Marie), cm. 93 x 103 National Gallery di Londra.

Prima serie opere Carracci

 Sull’opera: “Pietà (Le tre Marie)” è un dipinto autografo di Annibale Carracci realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1606, misura 93 x103 cm. ed è custodito nella National Gallery di Londra.

Dell’opera in esame non parlarono le fonti ufficiali ma si sa che apparteneva, già prima del 1690,  al marchese di Seignelay e che più tardi passò agli Orléans.

Dal 1799 non apparteneva più alla collezione di questa famiglia e non si seppe più nulla fino a quando, nel 1913, pervenne, dall’Earl of Carlisle (Castle Howard) alla National Gallery di Londra. Anche quest’opera, come gli altri lavori estremi del Carracci, evidenzia un raggiungimento di notevole levatura artistica.

Riguardo la cronologia, il Mahon (1957) gli assegna il 1604 trovandosi in pieno accordo con il catalogo del Cavalli (“L’ideale classico…”), per l’alta qualità non compatibile con l’eventuale degradamento fisico dovuto alla malattia del 1605.

Più attendibile sembra però l’ipotesi di Posner che ipotizza il 1606 evidenziando similitudini con il San Diego della Cappella Herrera (attualmente al Prado di Madrid) realizzato in un periodo compreso dal 1604 al 1606.

Uno studio preparatorio per il Cristo è custodito al Rijksmuseum di Amsterdam

Il battesimo di Cristo (in San Gregorio a Bologna) di Annibale Carracci

Annibale Carracci: Il battesimo di Cristo (in San Gregorio a Bologna)

Annibale Carracci: Battesimo di Cristo
Annibale Carracci: Battesimo di Cristo, cm. 383 x 225 chiesa di San Gregorio Bologna.

Seconda serie opere

Sull’opera: “Battesimo di Cristo” è un dipinto autografo di Annibale Carracci realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1585, misura 383 x 225 cm. ed è custodito nella chiesa di San Gregorio a Bologna.

L’opera è datata in basso con numeri romani. Secondo Boschloo (1974) fu commissionata dai frati e dal priore della chiesa di San Gregorio nel 1583.

Alcuni esponenti della critica moderna come Foratti (1913, Voss (1924) e Mahon (1957), hanno evidenziato in questa composizione una certa ascendenza alla pittura manierista, e in modo particolare, quella del Correggio.

Questa ipotesi viene rifiutata da Bodmer (1924), mentre l’Arcangeli (1956) coglie in essa l’influenza del Barocci. Addirittura, Friedländer nel “Mannerìsm and Anti-Mannerism in Italian Painting” (1957) ne evidenzia soprattutto gli aspetti anti-manieristici.