Madonna col bambino, un Santo vescovo, e Sant’Onofrio di Lorenzo Lotto

Lorenzo Lotto: Madonna col bambino, un Santo vescovo, e Sant’Onofrio

Lorenzo Lotto: Madonna col bambino, un Santo vescovo, e Sant'Onofrio
Madonna col Bambino un Santo vescovo e Sant’Onofrio, cm. 53 x 67, Galleria Borghese, Roma.

Sull’opera: “Madonna col Bambino un Santo vescovo e Sant’Onofrio” è un dipinto autografo di Lorenzo Lotto, realizzato con tecnica a olio su tavola nel 1508, misura  53 x 67 cm. ed è custodito nella Galleria Borghese, a Roma. 

L’opera è riportata nell’inventario della collezione Borghese già dal 1693. Secondo la maggior parte degli studiosi la coloristica di questa composizione, eseguita in toni vitrei ed assai vigorosi su uno sfondo praticamente nero con minime variazioni, richiama la visione di Dürer e, specificatamente, quella realizzata quando questi si trovava a Venezia nel 1506: “Cristo fra i dottori” – Lugano, Thyssen.

 Il messaggio psicologico del dipinto in esame è tutto incentrato sullo slanciante dialogo dei sensi tra il vivace bambino ed il giovane santo, ma, allo stesso tempo, non non viene certamente trascurato quello più pacato e pensieroso tra la Madonna e l’anziano e austero sant’Onofrio, personaggio prettamente düreriano.

Si presume che l’opera fosse stata realizzata nel periodo che prelude il suo spostamento per Roma.

San Gerolamo penitente (Castel Sant’Angelo) di Lorenzo Lotto

Lorenzo Lotto: San Gerolamo penitente (Castel Sant’Angelo)

Lorenzo Lotto: San Gerolamo penitente (Castel Sant'Angelo)
San Gerolamo penitente, cm. 85 x 61, Museo di Castel Sant’Angelo, Roma.

Sull’opera: “San Gerolamo penitente” è un dipinto autografo di Lorenzo Lotto, realizzato con tecnica a olio su tavola probabilmente intorno al biennio 1509-10, misura 85 x 61 cm. ed è custodito nel Museo di Castel Sant’Angelo a Roma. 

 L’opera, che è semplicemente firmata con la scritta “L. Lotus”, pervenne nel museo attraverso il “dono Menotti”.

Il Boschetto (1953) la riferisce intorno al 1506, ma è più verosimile la cronologia ipotizzata dalla maggior parte degli studiosi – tra i quali il Berenson (1955) è il maggior sostenitore – che la pensano realizzata alcuni anni dopo il San Gemiamo del Louvre (tavola di 48 x 40 cm.).

 Infatti anche lo Zampetti, nella sua seconda edizione del catalogo della mostra di Venezia del 1953, assegna alla tavola un periodo più tardo – consigliato verbalmente anche dal Pallucchini –  che si riferisce al biennio romano dell’artista, cioè agli anni 1509-10.

Secondo il Pallucchini (1965-66) in questa composizione manca “quella tensione misteriosa e allucinante che dava tanto carattere al San Gerolamo del Louvre. In compenso v’è una nuova larghezza di respiro nell’evocazione dell’ambiente paesistico che dilaga in una spazialità sentita in una rasserenata luce meridiana”

Osservando bene la figura principale ci accorgiamo che un classicismo del tutto nuovo permea  il nudo del santo.

Crocifissione (Monte San Giusto) di Lorenzo Lotto

Lorenzo Lotto: Crocifissione (Monte San Giusto)

Lorenzo Lotto: Crocifissione (Monte San Giusto)
Crocifissione, cm. 450 x 250, Chiesa di Santa Maria in Telusiano, Monte San Giusto.

Sull’opera: “Crocifissione” è un dipinto autografo di Lorenzo Lotto, realizzato con tecnica a olio su tavola nel 1531, misura 450 x 250 cm. ed è custodito nella Chiesa di Santa Maria in Telusiano a Monte San Giusto. 

 L’opera è firmata e datata con la semplicissima scritta “Lotus 1531”. Fu commissionata al Lotto dal legato apostolico Nicolò Bonafede, probabilmente in occasione della pace con la famiglia degli gli Orsini nel 1531 (fonte: Zapperi, “Dizionario biografico degli italiani”, XI, 1969).

 Il Cicconi (1923) ipotizzava che l’opera fosse stata realizzata a Venezia e il ritratto del donatore – visibile a sinistra in basso – aggiunto soltanto in un secondo tempo, in loco.

Nella descrizione dello straordinario episodio, che secondo la Santi è probabilmente l’espressione più alta dell’artista, riaffiora quell’intenso ed angoscioso espressionismo narrativo, assai vicino alla pittura di Gaudenzio Ferrari (1475/1480 – 1546), già presente negli affreschi dell’oratorio Suardi, e qui presentatoci – forse spinto dal Pordenone (Giovanni Antonio de’ Sacchis, 1484 – 1539 ) – con turbamento assai più enfatizzato e con articolazione più complessa in un luminismo, a dir poco, esasperato.

A proposito dell’opera in esame, il Banti nel 1953 scriveva che l’artista era intento “a cercar con affanno i motivi umani di fedeltà al dogma cattolico”.

Pala della Trasfigurazione (Recanati) di Lorenzo Lotto

Lorenzo Lotto:Pala della Trasfigurazione (Recanati)

Lorenzo Lotto: Pala della Trasfigurazione (Recanati)
Trasfigurazione (elemento della Pala della Trasfigurazione a Recanati), cm. 300 x 203, Pinacoteca Comunale di Recanati.

Sull’opera: “La Trasfigurazione” è un dipinto autografo di Lorenzo Lotto, un elemento della “Pala della Trasfigurazione a Recanati”, realizzato con tecnica a olio su tavola nel 1510-12, misura 300 x 203 cm. ed è custodito nella Pinacoteca Comunale di Recanati. 

L’intero ciclo, cioè la “Pala della Trasfigurazione a Recanati”, viene citata nelle “Vite” (1568) del Vasari che l’ammirò a Recanati nella chiesa di Castelnuovo. La descrizione vasariana comprende anche la predella (purtroppo andata perduta in un periodo imprecisato) “con tre storie di figure piccole… quando Cristo mena gli apostoli al monte Tabor, quando era nell’orto e quando ascende al cielo”.

La tavola principale, quella raffigurata nella presente pagina, rimase in tale chiesa fino al 1890. Anche gli scomparti laterali andarono perduti ma vennero – con certa sicurezza – i identificati con il “Cristo che conduce gli apostoli al monte Tabor” (olio su tavola di 29 x 59 cm., Ermitage, Leningrado) e con la “Assunzione” (olio su tavola di 27 x 58 cm., Pinacoteca di Brera, Milano). A proposito di quest’ultima non si capisce perché il Vasari, riferendosi a questa, avesse parlato di “Ascensione”.

La cronologia della pala ha suscitato nell’arco dei secoli accese discussione fra gli studiosi di storia dell’arte. Il Ricci (1894) ed il Giannuzzi (“NRM” 1894) la riferivano intorno al 1526, ma il Berenson (1895), con l’approvazione di molti altri eminenti studiosi, la collocò a ridosso del soggiorno romano dell’artista, assai vicino alla realizzazione della Deposizione (pagina successiva), firmata e datata nel 1512.

Il Pallucchini accettò tale datazione con una piccola riserva, ovvero, che non fosse superato il tardo 1912 dal momento che esistono documentazioni da cui si ricava che il Lotto fosse a Bergamo già dal dicembre dello stesso anno.

LA TRASFIGURAZIONE

L’opera è firmata con la scritta “Laurentius Lotus”. Si trova nella Pinacoteca Comunale di Recanati dal 1890, quando venne restaurata dal Centenari (fonte: Zampetti nel “L. Lotto nelle Marche”, ed. 1953).

Nella seconda metà del secolo scorso subì un altro restauro, che ha rivelato l’ottima qualità della stesura pittorica. Secondo la maggior parte della critica, la tavola in esame è senza dubbio uno dei dipinti più affascinanti – ma allo stesso tempo, sconcertanti – del Lotto. Si evidenzia un forte contrasto tra lezione raffaellesca, presente in ogni parte della composizione, e la volontà di sovvertire la stessa in una patetica irruenza che trasfigura l’armonia dell’intera struttura compositiva di tipo classico, soprattutto nella spazialità che qui perde di profondità, fino a diventare rarefatta e bidimensionale.

La Deposizione (Iesi) di Lorenzo Lotto

Lorenzo Lotto: La Deposizione (Iesi)

Lorenzo Lotto: La Deposizione (Iesi)
Deposizione, cm. 298 x 197, Pinacoteca Civica di Iesi.

Sull’opera: “Deposizione” è un dipinto autografo di Lorenzo Lotto, realizzato con tecnica a olio su tavola nel 1512, misura 298 x 197 cm. ed è custodito nella Pinacoteca Civica di Iesi. 

 La tavola, che è firmata e datata dall’artista con la scritta “Laurentius Lotus MDXII”, era ubicata nella chiesa di San Flaviano dei padri minori conventuali. Venne commissionata al Signorelli (Cortona, 1445 – Cortona, 1523) dalla confraternita del Buon Gesù di lesi ma, a causa dell’evidente negligenza di quest’ultimo di procedere nella realizzazione, la stessa Confraternita l’affidò al Lotto (fonte: Zampetti, L. Lofio nelle Marche, 1953).

Rimasta in quella chiesa anche dopo la completa ricostruzione della stessa, avvenuta nel 1759, fu trasferita nella pinacoteca nella seconda metà dell’Ottocento (certamente in un periodo compreso tra il 1861 e il 1892). Si presuppone che la pala in esame sia stata l’ultima opera riferibile al soggiorno marchigiano, poiché – a questo – seguì immediatamente la pausa romana.

A differenza dell’opera precedente, qui si respira in pieno la lezione della pittura raffaelliana, non inquinata da elementi stilistici contrastanti di grande rilievo (si veda la descrizione  della Trasfigurazione, pagina precedente) e si può certamente affermare che questa tavola costituisce  un chiaro omaggio al Sanzio: non c’è dubbio infatti che l’artista si sia rifatto alla Deposizione (Pala Baglioni) della Galleria Borghese (1507). Permangono, tuttavia, alcune reazioni personali alla lezione dell’urbinate che però non riguardano la struttura spaziale.

A proposito dell’opera in esame i critici scrivevano:

Pallucchini, nel 1965-65: “il civilissimo equilibrio raffaellesco s’incrina in un’agitazione sentimentale popolaresca”.

Pignatti, nel 1953, parlava di una volumetria armoniosamente conclusa in termini di sferica geometria e, allo stesso tempo, delicatamente definiti con un tratto più dolce ed un cromatismo che da cristallino e squillante diventava ….. diventa “più trasparente e più dolce tanto da apparire improvvisamente imbiondito e sfumato”.

 

Susanna e i vecchioni (Uffizi) di Lorenzo Lotto

Lorenzo Lotto: Susanna e i vecchioni (Uffizi)

Lorenzo Lotto: Susanna e i vecchioni (Uffizi)
Susanna e i vecchioni, cm. 61 x 46, Uffizi, Firenze.

Sull’opera: “Susanna e i vecchioni” è un dipinto autografo di Lorenzo Lotto, realizzato con tecnica a olio su tavola nel 1517, misura 61 x 46 cm. ed è custodito nella Galleria degli Uffizi a Firenze (proveniente dalla Collezione Contini Bonacossi nella stessa città). 

 L’opera in esame, che è datata e firmata con la scritta “Lotus pictor 1517”, in precedenza apparteneva alla collezione londinese Benson.

Secondo gli studiosi di Storia dell’arte questa meravigliosa tavola è il preludio di tutta la futura attività che il Lotto svolgerà nel bergamasco, in cui la decisa naturalezza compositiva, derivata soprattutto dall’esperienza romana, viene integrata con una amabilità di sentimento e con un gusto elegante per il naturalistico, certamente in linea con la tradizione della pittura lombarda del periodo.

A proposito del dipinto, il Pallucchini negli anni 1965-66 scrisse che avvertiva “un senso di spazio ampio all’orizzonte che è eco ben viva della cultura figurativa dell’Italia centrale […] ammorbidito in una vaporosità di toni verdi chiari che rivelano un certo influsso lombardo postleonardesco”.

Madonna con il bambino e i santi (Bergamo) di Lorenzo Lotto

Lorenzo Lotto: Madonna con il bambino e i santi (Bergamo)

Lorenzo Lotto: Madonna con il bambino e i santi (Bergamo)
Madonna con il Bambino e i santi, cm. 287 x 268, Chiesa di Santo Spirito, Bergamo.

Sull’opera: “Madonna con il Bambino e i santi” è un dipinto autografo di Lorenzo Lotto, realizzato con tecnica a olio su tavola nel 1521, misura 287 x 268 cm. ed è custodito nella Chiesa di Santo Spirito a Bergamo. 

 L’opera in esame, che risulta datata e firmata dall’artista con la scritta “L. Lotus 1521”, viene identificata con la tavola ricordata dal Michiel, al quale seguì l’accenno del Ridolfi (1648) e del Tassi (1793).

La struttura compositiva si presenta in un’intavolazione a semicerchio nella quale si potrebbe scorgere ancora qualche residuo della lezione raffaellesca, interpretata però con una personale emotività, integrata con gusti settentrionali, che rimuovono i caratteri classici, e con uno spiccato cromatismo, che secondo il Pallucchini (1965-66), si evidenzia “con stacchi netti e fulgidi in una luce meridiana piena, intensa, dentro una fastosa ricchezza di partiti formali sciolti in ritmi traboccanti” …… ed ancora, sul gruppo degli angeli, che definisce “straordinari …….. dove “la fantasia cromatica del Lotto tocca una vibrazione di un timbro qualitativo eccezionale: azzurri perla, gialli, rosa, verdi s’alternano in una luminosità rarefatta”.

Anche il Pignatti (1953), a proposito della tavola, scrive: “non si tratta di riconoscere un’influenza formale dell’uno nell’altro artista, quanto piuttosto un’affinità di caratteri […] restando al Correggio la tendenza ad un’estasi coloristica e ad una stilizzazione decorativa, dove gli interessi del Lotto sono invece per una concreta trasposizione di fatti naturali in un linguaggio di poesia essenzialmente narrativa”.

Santa Caterina d’Alessandria (Washington) di Lorenzo Lotto

Lorenzo Lotto: Santa Caterina d’Alessandria (Washington)

Lorenzo Lotto: Santa Caterina d'Alessandria
Santa Caterina d’Alessandria, cm. 57 x 50, National Gallery of Art (Kress), Washington.

Sull’opera: “Santa Caterina d’Alessandria” è un dipinto autografo di Lorenzo Lotto, realizzato con tecnica a olio su tavola nel 1522, misura 57 x 50 cm. ed è custodito nella National Gallery of Art (Kress) a Washington. 

 Anche la tavola in esame, come le numerosissime altre opere dell’artista, è datata e firmata con una semplice scritta: “Laurentius Lotus 1522”. Prima di pervenire  alla galleria americana era custodita, certamente fino al 1929, nella Galleria Leuchtemberg.

Più tardi passò per la collezione Contini Bonacossi di Firenze, la quale la vendette (1933) a Samuel H. Kress che la donò alla National Gallery di Washington prima del 1941 (fonte: Rusk Shapley, 1968).

L’itinerario storico dell’opera però sembrerebbe iniziare assai prima, quando il Ridolfi (1648) ricordava una “Santa Caterina legata alla ruota mezza figura” in casa Gussoni, verosimilmente a Venezia,  che tuttavia molti studiosi rifiutano di identificarla con quella della presente pagina.

Affreschi di Trescore di Lorenzo Lotto

Lorenzo Lotto: Affreschi di Trescore

17 Lotto - Affreschi di Trescore

Particolare della Vestizione di Santa Chiara.

18 Lotto - Affreschi di Trescore

Particolare delle benedizioni di Santa Chiara.

19 Lotto - Affreschi di Trescore

Altro particolare delle benedizioni di Santa Chiara.

20 Lotto - Affreschi di Trescore

Altro particolare delle benedizioni di Santa Chiara.

21 Lotto - Affreschi di Trescore

Veduta parziale della parete di sinistra.

22 Lotto - Affreschi di Trescore

Particolare delle storie di Santa Barbara.

Affreschi di Trescore , Oratorio Suardi, Trescore Balneario, (Bergamo).

Sull’opera: “Affreschi di Trescore” è un ciclo pittorico di Lorenzo Lotto, appartenente – per l’appunto – agli “Affreschi di Trescore”, decoranti l’oratorio Suardi a Trescore Balneario, (Bergamo). L’intera opera fu portata a compimento nel 1524. 

 II bellissimo ciclo pittorico, la cui precisa cronologia fu ricavata da un’iscrizione attualmente pressoché indecifrabile, venne portato a compimento nell’anno 1524. L’opera di affresco fu commissionata dai conti Suardi (Battista, Paolina e Orsolina).

Iniziando dalla parete di sinistra vediamo raffigurate, in una sequenza discontinua – ma con descrizione abbastanza unitaria – le “Storie di santa Barbara. Sulla parete di fronte, entro riquadri, che più rispecchiano il periodo cinquecentesco, delimitati da lesene architettoniche, possiamo ammirare le “Storie’ di santa Chiara”. Nella parete d’ingresso sono descritte le “Storie” di santa Caterina d’Alessandria e della Maddalena, purtroppo assai alterate dal tempo. Nella parete di sinistra è raffigurata la scena di “Cristo e i donatori”, dove l’immagine del Messia,  grande e maestosa, dalle cui braccia aperte si formano moltissimi tralci che s’arrotolano al di sotto del cornicione, formando dei tondi (dieci medaglioni in tutto) con – nel loro interno – raffigurate immagini di “Santi e martiri”, che proseguono anche nel soffitto, dove sta il “Pergolato con putti”, una composizione realizzata in modo illusionistico a guisa di un profondo cielo, intrecciando un vivace pergolato fatto di numerosissimi grappoli sui quali giocano vivaci putti, i cui cartigli alludono al sangue di Cristo evidenziandone l’uva come simbolo. Nella parete di destra ed in quella di fronte, lungo il cornicione sono raffigurati degli oculi con mezze figure di Profeti e Sibille. Ai lati della parete sinistra si possono ammirare le “Storie di santa Barbara”, e la “Caduta degli eretici”, dove i protagonisti, mentre stanno recidendo le ramificazioni della sacra vite, vengono violentemente rovesciati verso il basso dalle scale e dalle torri, impiegate per l’empia salita.

Il presente ciclo costituisce per molti studiosi l’espressione più alta della narrativa naturalistica dell’artista che qui, in modo particolare, si esprime usando vivaci toni popolari, conferendo alla stesura pittorica una candida spontaneità di racconto, tenendo costantemente presente degli aspetti quotidiani e domestici.

In tutti gli scomparti del ciclo traspare la raffinata e meditata riflessione religiosa dell’artista: le grandezza e la pacatezza delle figure del Cristo, dei beati e dei profeti conferiscono, come afferma il Brizio (“BSPA” 1965), un positivo e valido significato al dramma dei santi, che accettano con naturale modestia e fortissima fiducia il livello dell’umile condizione umana.

Negli episodi di santa Chiara traspare poi quel soffio vitale di attiva religiosità, sempre presente nel sollievo del dolore e delle fatiche della singola persona e dei popoli, cosa assai comune agli spiriti più avveduti del Cinquecento.

L’iconografia impiegata dal Lotto in questo ciclo è quella relativa alla tradizione paleocristiana e medioevale, che si evidenzia principalmente nelle ragioni profonde della vita cristiana. Analizzando il ciclo in chiave più sbilanciata verso il figurativo l’artista si riporta, come già fatto in passato, alla tradizione della pittura realista lombarda, principalmente quella del pittore-scultore  Gaudenzio Ferrari (Valduggia, 1475-80 – Milano, 1546) (fonte: Brizio in “BSPA” 1965), e – come afferma il Pallucchini nel 1965-66) – al “magico naturalismo nordico”.

Infine, con questi affreschi l’artista si libera del tutto dagli schemi della pittura “colta” che lo formò in gioventù, come la lezione leonardesca e quella raffaellesca, e si getta in un linguaggio fresco e spontaneo. Questo stile che vede il Lotto insistere sull’humus lombardo, sarà uno dei fondamentali punti di riferimento per la pittura bergamasca e bresciana.

Annunciazione (Recanati) di Lorenzo Lotto

Lorenzo Lotto: Annunciazione (Recanati)

Lorenzo Lotto: Annunciazione (Recanati)
Annunciazione, cm. 166 x 114, Pinacoteca Comunale di Recanati.

Sull’opera: “Annunciazione” è un dipinto autografo di Lorenzo Lotto, realizzato con tecnica a olio su tavola nel 1527, misura 166 x 114 cm. ed è custodito nella Pinacoteca Comunale di Recanati. 

 Nella tavola appare la firma dell’artista con la semplice scritta “L. Lotus”. Da documentazioni si sa che il dipinto rimase nell’oratorio di Santa Maria sopra Mercanti – sede per cui fu commissionata al Lotto – fino all’anno 1953, quando per ragioni di sicurezza fu trasferita nella Pinacoteca di Recanati.

Per quanto riguarda la cronologia, il Gianuizzi (“NRM” 1894) la riferisce al 1526, mentre il Boschetto (1953) ipotizza l’anno successivo; il Berenson (1955) la ritarda ulteriormente al 1527-28.

Nel dipinto si respira un evidente anticonformismo che rende ancor più preziosa la stesura pittorica: appare altamente significativa quella turbata fantasia visionaria – che d’altronde è presente in modo più o meno marcato in tutta l’attività dell’artista – a ridosso del ritorno da Bergamo (biennio 1526-27).