Storie di San Bernardino del Perugino

Storie di San Bernardino di Pietro Perugino

Storie di San Bernardino - Guarigione di una giovane, cm. 57
Guarigione di una giovane, cm. 75 x 57
Risanamento del cieco e sordomuto
Risanamento del cieco e sordomuto, cm. 76 x 56,7

Descrizione e storia dei dipinti

Sull’opera: Le “Storie di San Bernardino” sono raffigurazioni appartenenti ad una serie di otto dipinti – qualcuno autografo – di Pietro Vannucci detto il Perugino. L’artista le realizzò  con tecnica tempera su tavola nel 1473. Le misure si aggirano intorno ai 75-78 x  56-57 cm.. Le tavole sono custodite nella Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia.

La storia

Le otto tavole, tutte realizzate con tecnica a tempera su tavola riguardano gli episodi miracolosi del Santo. Le opere, che in origine si trovavano nell’oratorio di San Bernardino a Perugia, rappresentano la cosiddetta “Nicchia di San Bernardino”.

Lo scopo per il quale la committenza ordinò i dipinti al Perugino non è mai stato accertato ma qualche studioso di storia dell’arte avanzò l’ipotesi che servissero alla decorazione dell’armadio contenente il gonfalone. Altri invece pensarono che fossero desinati a formare gli sguinci della ‘nicchia’ dove lo stesso gonfalone veniva conservato (Bertini Calosso, 1945). Altri ancora sostenevano che servissero quasi da cornice per  la stessa “nicchia”.

Il tema

Le raffigurazioni presenti in questa pagina riguardano un’opera totalmente autografa del Perugino: Guarigione di una giovane. L’altra opera, prevalentemente a lui attribuita, è il Risanamento del cieco e sordomuto Riccardo Micuzio dall’Aquila.

Quindi, per ragguagli particolareggiati delle due opere, cliccare:  Guarigione di una giovane   –   Risanamento del cieco e sordomuto Riccardo Micuzio dall’Aquila

Storie di San Bernardino di Pinturicchio, Perugino e d’Amelia

Pinturicchio, Perugino e d’Amelia: Storie di San Bernardino

San Bernardino risana una fanciulla (1473)
Sopra: Pietro Perugino – San Bernardino risana una fanciulla (1473)

Sull’opera: “Le Storie di san Bernardino” appartengono ad un ciclo di otto dipinti realizzati con tecnica a tempera su tavola intorno al 1473. Essi sono generalmente riferiti, con riserve, alla “Bottega del 1473” o a un “Maestro”. Di certo vi parteciparono Pinturicchio, Perugino e Piermatteo d’Amelia. Le opere si trovano nella Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia.

Descrizione e storia delle opere

Le tavole vennero commissionate nel 1473 dai Francescani di Perugia per la decorazione di due ante che dovevano ricoprire una nicchia con la statua di San Bernardino nell’omonimo oratorio. In quell’anno l’ordine, più che mai politicizzato, si occupava di diffondere il messaggio del santo senese, canonizzato nel 1450: il ciclo doveva raffigurarne i miracoli di san Bernardino.

All’opera pare che abbiano partecipato cinque pittori, tra cui anche nomi di grande prestigio. Tutti però dovevano attenersi a un unico linguaggio, il cui progetto viene generalmente assegnato al giovanissimo Pietro Perugino, da pochissimo tempo riconosciuto come un grande maestro dopo che si iscrisse, nel 1472, alla compagnia di San Luca a Firenze.

Il ciclo di tavole fu smantellato in epoca sconosciuta e venne poi ritrovato nella chiesa di San Francesco al Prato a Perugia. L’aspetto originale dei dipinti e collocazione primitiva dei pannelli è a tutt’oggi oggi oggetto di grandi discussioni tra gli studiosi.

Grandi sono gli influssi di Piero della Francesca – a quei tempi conosciutissimo a Urbino – soprattutto nelle vaste architetture in cui vengono rappresentate le scene del santo. Le figure di ogni tavola sono assai piccole e occupano soltanto la fascia inferiore. La luminosità è netta e chiara, il cromatismo delicato, mentre le parti in ombra riflettono i chiarori del contesto generale, proprio sul modello di Piero. La purezza architettonica lascia trasparire una meditazione con la scuola di Urbino.

Raffigurazione delle tavole

San Bernardino risana una fanciulla

Pietro Perugino – San Bernardino risana una fanciulla (1473).

Miracolo del bambino nato morto

Pietro Perugino e Pinturicchio – Miracolo del bambino nato morto (1473)

Storie di san Bernardino, anno 1473, tecnica a tempera su tavola, Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia.

Pinturicchio – Liberazione di un prigioniero dopo l’apparizione post mortem del santo (1473).

Pinturicchio - Guarigione del cieco (1473)

Pinturicchio – Guarigione del cieco (1473).

Pinturicchio - San Bernardino richiama alla vita un uomo morto trovato sotto un albero

Pinturicchio – San Bernardino richiama alla vita un uomo morto trovato sotto un albero (1473).

Pietro Perugino e la sua bottega - San Bernardino risana Giovanni Antonio da Parma ferito con una pala

Pietro Perugino e la “Bottega del 1473” – San Bernardino risana Giovanni Antonio da Parma ferito con una pala (1473).

Pietro Perugino e la "Bottega of 1473" San Bernardino appare di notte a Giovan Antonio Tornaro, ferito in un agguato, e lo risana

Pietro Perugino e la “Bottega del 1473” San Bernardino appare di notte a Giovan Antonio Tornaro, ferito in un agguato, e lo risana (1473).

Pietro Perugino a la "Bottega del 1473" - San Bernardino guarisce Nicola di Lorenzo da Prato, travolto da un toro (1473)

Pietro Perugino a la “Bottega del 1473” – San Bernardino guarisce Nicola di Lorenzo da Prato, travolto da un toro (1473).

Fortezza e temperanza con sei eroi antichi del Perugino

Il Perugino: Ornamentazione del Cambio – Fortezza e temperanza con sei eroi antichi

Il Perugino: Ornamentazione del Cambio - Fortezza e temperanza con sei eroi antichi
Perugino: Fortezza e temperanza con sei antichi eroi, (affresco prevalentemente attribuito all’artista) cm. 291 x 400, anno 1497.

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        Sull’opera: “Fortezza e temperanza con sei eroi antichi” è un affresco prevalentemente attribuito a Pietro Vannucci detto il Perugino, appartenente al ciclo della “Ornamentazione del Cambio”, realizzato  nel 1497,  misura 291 x 400 cm. ed è custodito nel Collegio del Cambio a Perugia.

La Maddalena di Palazzo Pitti del Perugino

Il Perugino: La Maddalena di Palazzo Pitti

Il Perugino: La Maddalena di Palazzo Pitti
La Maddalena, cm. 47 x 34, Palazzo Pitti, Firenze.

Sull’opera: “La Maddalena” è un dipinto autografo di Pietro Vannucci detto il Perugino, realizzato con tecnica ad olio su tavola nel 1500,  misura 47 x 34 cm. ed è custodito a Palazzo Pitti, Firenze.

La veste, sotto lo scollo, reca la scritta “S. MARIA MADALENA”. Sul retro della tavola è riportata un’altra scritta che si collega certamente all’antica e ferma assegnazione dell’opera a Leonardo da Vinci.

Il riferimento autografico al Vannucci, con relativa cronologia compresa nel quinquennio 1496-1500, fu avanzato dal Cavalcaselle (1829-1897), e quindi accolto all’unanimità dagli studiosi di Storia dell’arte.

Uno dei pochi studiosi di storia dell’arte che non aderirono a tale assegnazione fu il Bombe, il quale, tuttavia, ammetteva che la tavola potesse essere identificata in una “voce” dell’inventario mediceo della villa di Poggio Imperiale, relativo ad un’opera attribuita, per l’appunto, proprio al Perugino.

Prudenza e Giustizia con sei savi antichi del Perugino

Il Perugino: Ornamentazione del Cambio – Prudenza e Giustizia con sei savi antichi

Il Perugino: Ornamentazione del Cambio - Prudenza e Giustizia con sei savi antichi
Prudenza e Giustizia con sei savi antichi (affresco attribuito all’artista) cm. 293 x 418, anno 1497.

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 Sull’opera: “Prudenza e Giustizia con sei savi antichi” è un affresco attribuito a Pietro Vannucci detto il Perugino, appartenente al ciclo della “Ornamentazione del Cambio”, realizzato  nel 1497,  misura 293 x 418. cm. ed è custodito nel Collegio del Cambio a Perugia.

Sotto sono raffigurati i particolari dell’opera:

18 perugino - ornamentazione del cambio
Particolare sinistro, cm. 293 x 209.
19 perugino - ornamentazione del cambio

Particolare destro, cm. 293 x 209.

Pala di Vallombrosa – Assunzione della Vergine di Pietro Perugino

Pietro Perugino: Pala di Vallombrosa – Assunzione della Vergine

Il Perugino: Pala di Vallombrosa - Assunzione della Vergine con quattro santi
Pietro Perugino: Pala di Vallombrosa l’Assunzione della Vergine con quattro santi, cm. 415 x 246, Galleria degli Uffizi, Firenze.

Sull’opera: “Pala di Vallombrosa” o  la “Assunzione della Vergine con quattro santi” è un dipinto di Pietro Vannucci detto il Perugino, realizzato (con collaboratori) impiegando la tecnica ad olio su tavola nel 1500,  misura 415 x 296 cm. ed è custodito nella Galleria degli Uffizi a Firenze.

I santi sono stati identificati – da sinistra – in Giovanni Guadalberto (o Gualberto), fondatore dell’ordine vallombrosano ed edificatore dell’omonimo monastero; Bernardo degli Uberti, monaco vallombrosano (più tardi divenuto cardinale); Benedetto, promotore della regola dell’ordine vallombrosano; l’arcangelo Michele, patrono della chiesa di Vallombrosa. Sotto, si legge: “PETRVS PERVSINVS PINXIT AD MCCCCC”.

Discordanti i pareri di due studiosi di storia dell’arte: Adolfo Venturi scorgeva nella presente composizione il lavoro di un Vannucci ormai esausto, mentre il Cavalcaselle – viceversa – la collegava addirittura ad un ringiovanimento dell’artista che aveva, in quel periodo, contatti con Raffaello.

“Madonna con i santi Giovanni Evangelista e Maddalena in adorazione del bambino” del Perugino

Il Perugino: Madonna con i santi Giovanni Evangelista e Maddalena in adorazione del bambino

Il Perugino: Madonna con i santi Giovanni Evangelista e Maddalena in adorazione del bambino
Madonna con i santi Giovanni Evangelista e Maddalena in adorazione del bambino, cm. 87 x 72, Pierpont Morgan Library, New York.

Sull’opera: “Madonna con i santi Giovanni Evangelista e Maddalena in adorazione del bambino” è un dipinto autografo di Pietro Vannucci detto il Perugino, realizzato con tecnica ad olio su tavola nel 1500-03,  misura 87 x 72 cm. ed è custodito nella Pierpont Morgan Library di New York.

Il Williamson, non essendo convinto della tradizionale identificazione di San Giovanni Battista, la intitolò “Le tre Marie”.

Mason Perkins (1910) ipotizzò che nelle aureole delle due figure laterali si potessero leggere i nomi dei rispettivi santi, che il tempo e le varie ripuliture hanno cancellato (tuttavia, la zona sopra la santa reca la scritta: “SA … PROM [?] …”).

Lo Gnoli e altri studiosi di storia dell’arte accolgono il fatto che secondo la tradizione, nell’Ottocento, l’opera si trovasse a Perugia presso una monaca di famiglia nobile, e che essa l’abbia poi ceduta a terzi.

Da documentazioni certe il dipinto risulta acquistato a Firenze da Q. R. Sittwell di Chesterfield, che più tardi la fece pervenire alla sede odierna.

Per quanto riguarda la cronologia, il periodo che gira intorno al 1500, ipotizzato dal Williamson, viene universalmente accolto dagli studiosi di Storia dell’arte, con variazioni che non superano il 1503.

Lotta fra amore e castità del Perugino

Il Perugino: Lotta fra amore e castità

Il Perugino: Lotta fra amore e castità
Lotta fra amore e castità, cm. 192, Louvre, Parigi.

Sull’opera: “Lotta fra amore e castità” è un dipinto autografo di Pietro Vannucci detto il Perugino, realizzato con tecnica a tempera su tavola nel 1505,  misura 156 x 192 cm. ed è custodito nel Museo del Louvre a Parigi.

Esiste una ricca corrispondenza dalla quale si ricavano notizie certe sulla genesi dell’opera in esame.

Isabella Gonzaga (Ferrara, 1474 – Mantova, 1539)  conosceva ormai la fama del Perugino, all’epoca uno dei più grandi pittori della nostra penisola, di cui voleva affiancare un dipinto a quelli già esposti nel suo “studiolo”, tra i quali spiccavano pitture del Giambellino, Mantegna e di altri importanti artisti dell’epoca. Il contratto venne stipulato il 13 gennaio 1503.

Nella trattativa, Isabella d’Este espresse  per iscritto i suoi desideri con tanta accuratezza da permettere al Perugino di soddisfare  ogni sua esigenza.

Il seguente brano costituisce un vero aiuto al chiarimento del tema, peraltro raccomandatole dall’umanista Paris de’ Ceresari: “La poetica nostra inventione, la quale grandemente desidero da voi …. è una battaglia di Castità contro di Lascivia, cioè Pallade et Diana combattere virilmente contro Venere et Amore. Et Pallade vol parere quasi de havere come vinto Amore, havendoli spezato lo strale d’oro et l’arche d’argento posto sotto li piedi, tenendolo choll’una mano per il velo che il cieco porta inanti li ochi, con l’altra alzando l’asta, (che) stia posta in modo di ferirlo. Et Diana al contrasto de Venere devono mostrarsi eguale nella vittoria; et che solamente in la parte extrinseca del corpo, come ne la mitra et la ghirlanda, overo in qualche velettino che habbi intorno, sia lei saettata Venere: et Diana dalla face di Venere li habbia brusata parte della vesta, et in nulla altra parte sìan fra loro percosse. Dopo queste quatro deità, le castissime seguace ninphe di Pallade et Diana habbino con varii modi et atti, come a voi più piacerà, a combattere asperamente con una turba lasciva di fauni, satiri et mille varii amori; et questi amori, a rispetto di quel primo, debbono essere più picholi, con archi non d’argento, ne cum strali d’oro, ma di più vil materia, come di legno o ferro o d’altra cosa che vi parrà; et per più d’expressione et ornamento della pittura d’allato di Pallade li vuole essere la oliva, arbore dedicata a lei, dove lo seno li sia riposto col capo di Medusa, facendoli posare fra quelli rami la civetta, per essere ucciello proprio di Pallade; d’allato di Venere si debba farli el mirto, arbore gratissima a lei. Ma, per maggior vaghezza, li vorrebbe una acomoddata fontana, cioè uno fiume, overo mare, dove si vedesero passare in sochorso d’Amore fauni, satiri et altri amori, et chi di loro n(u)otando passasse el fiume, et chi volando et chi sopra bianchi cigni cavalcando, se ne venissero a tanta amorosa impresa; et, sopra el lito del detto fiume o mare, love con altri iddei, come nemico di Castità, trasmutato in tauro portasse via la bella Europa; et Mercurio, qual aquila sopra la preda girando, volasse intorno ad una njnpha di Pallade, chiamata Glaucera, la qual nei braccio tiene uno cistello, ove sono li sacri della detta iddea; e Polifemo ciclope con un sol occhio coresse direto a Galatea; et Phebo, a Daphne già conversa in lauro; et Pluton, rapita Proserpina, la portasse allo infernale suo regno; et Neptuno pigliasse una ninpha et (l’avesse) conversa quasi tutta in cornice (cornacchia)”.

In primo piano – appesa con una cordicella rossa –  davanti alla dea dell’amore, si nota una targa scura dove è scritta la parola “VENERE”. Un’altra simile, di colore chiaro e appesa all’albero sulla sinistra, non reca alcuna scritta.

Isabella, nel notare che l’inizio dei lavori veniva sempre rimandato, sollecitò più volte l’artista, ma nonostante ciò nella Primavera del 1504 la composizione non era ancora iniziata.

Ai primi solleciti seguirono altre numerose missive che si protrassero fino al 1505, anno in cui Il Perugino iniziò la stesura del dipinto.

Finalmente, il 9 giugno, l’opera era pronta ed il 30 dello stesso mese venne consegnata alla committente, che ne rimase subito soddisfatta “per essere ben designato et ben colorito”.

Accortasi che l’opera era stata realizzata con tecnica a tempera anziché ad olio, Isabella espresse all’artista tutto il suo rammarico.

Nel 1605 l’opera venne trasferita dallo studiolo ad altro ambiente della Reggia di Mantova. Più tardi, insieme ad altre composizioni del Perugino, pervenne al cardinale Richelieu (o alla famiglia di questi). Infatti i periodi potrebbero essere tre: il più certo è quello tra il 1624-27, un altro potrebbe essere dopo il 1630, un altro ancora nel 1652, quando il ministro era già morto).

Dal 1801 la tavola si trova nel Museo del Louvre.

Lo sposalizio della Vergine del Perugino

Lo sposalizio della Vergine del Perugino

Lo sposalizio della Vergine del Perugino
Lo sposalizio della Vergine del Perugino, cm. 234 x 185, Musée des Beaux Arts, Caen.

Sull’opera: “Lo sposalizio della Vergine” è un dipinto variamente attribuito a Pietro Vannucci detto il Perugino, realizzato con tecnica ad olio su tavola nel 1500-04, misura 234 x 185 cm. ed è custodito nel Musée des Beaux Arts, Caen.

L’opera in esame può essere verosimilmente identificata con la pala che decorava la cappella del Santo Anello nella cattedrale di Perugia.

Da documentazioni certe si ricava che, nel 1485, la pala venne commissionata al Pinturicchio, e che, non potendo questi realizzarla, nel 1499 fu affidata al Perugino.

Probabilmente  il Vannucci vi lavorò in un periodo compreso tra il 1500 ed il 1504. Durante l’occupazione napoleonica, del dipinto non si seppe più nulla (girava la voce che fosse finito in America o perduto in pieno Atlantico in un naufragio).

Nel 1839, invece, si trovava nel Musée des Beaux Arts di Caen (fonte: Passavant). Appena i vecchi proprietari lo vennero a sapere, lo richiesero più volte al Museo, ma invano.

La tradizionale attribuzione al Vannucci, accolta da molti studiosi di storia dell’arte, tra i quali il Lanzi (1785), creò più tardi perplessità nel Berenson (1896) e nella Logan (1896 e 1900), che l’assegnavano allo Spagna, noto anche come Giovanni di Pietro (1450 – Spoleto, 1528), considerando il dipinto come opera derivante dall’omologa composizione di Raffaello (1504).

Tale ipotesi venne respinta con decisione da L. Manzoni (1898), da Engerard (1900), da Bombe e dalla maggior parte degli studiosi successivi, eccetto Adolfo Venturi (che avanzò il nome di Andrea da Assisi), e si ritornò a considerarla del Perugino, ammettendo aiuti più o meno vasti.

Polittico di Sant’Agostino – Il presepio di Pietro Perugino

Pietro Perugino: Polittico di Sant’Agostino – Il presepio

Pietro Perugino: Polittico di Sant'Agostino - Il presepio
Pietro Perugino: Polittico di Sant’Agostino Il presepio, cm. 263 x 147 (l’intera tavola: leggi sotto), Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia.

Sull’opera: “Il presepio” è un dipinto autografo di Pietro Vannucci detto il Perugino, appartenente al “Polittico di Sant’Agostino”, realizzato con tecnica ad olio su tavola nel 1506-10,  misura 263 x 147 cm. ed è custodito nella Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia.

La struttura compositiva di questo dipinto è più o meno la stessa impiegata in altre importanti opere del Vannucci, tra le quali il “Presepio” dell’ “Ornamento del Cambio”.

In primo piano si svolge la scena tradizionale; a sinistra, l’angelo annuncia ai pastori l’avvenimento; al centro, in alto, due angeli ai lati della “colomba dello Spirito santo”.

L’opera, che si trovava nella chiesa di Sant’Agostino, subì molti spostamenti all’interno di essa, dove vi rimase fino al 1863, anno in cui fu trasferita nella Galleria Nazionale dell’Umbria, alla quale pervenne alquanto alterata da vaste ridipinture che ne estendevano la superficie originale (258 X 136.5 cm.) fino ad occupare l’intero supporto.

Un accurato restauro, eseguito nello scorso secolo, ha liberato la tavola dalle inopportune riverniciature, oltre ad aver riportato il cromatismo agli antichi splendori, mettendo in evidenza anche la compattezza della stesura pittorica, sebbene assai sottile.

Per quanto riguarda la cronologia, gli studiosi di Storia dell’arte propendono ad una datazione intorno al 1510, preferibilmente prima e non dopo tale anno.