Le lettere di Claude Monet

Le lettere di Claude Monet (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte” Rizzoli Editore)

Parigi, 20 febbraio 1856 Al pittore Eugène Boudin

Non potete credere quale interesse troverete venendo subito a Parigi. C’è un’esposizione di dipinti moderni che comprende le opere della scuola del 1830 e che prova che non siamo tanto in decadenza come si dice. Vi sono 18 Delacroix splendidi, tra gli altri La barca di don Juan del Salon del 1855.

Vi sono altrettanti Decamps, una dozzina di Rousseau, di Dupré, vi sono anche da sette a otto Mariihat, e tutti dei più belli. E perciò, è splendido, e non dubito che vi farà piacere. […] Venite, non avrete che da guadagnare.

E poi sappiate anche che il solo buon pittore di marine che noi abbiamo, Jongkind, è morto per Parte; è completamente folle. Gli artisti fanno una sottoscrizione per provvedere […].

Quanto a me, mi trovo bene qui, disegno figure con sicurezza; è una cosa formidabile! Del resto, all’accademia, dove non vi sono che paesaggisti, cominciano ad accorgersi che è una buona cosa.

Ho dimenticato di dirvi che Courbet e Corot brillano anche in questa esposizione, così come Millet. C’è il suo quadro rifiutato al Salon, La Morte e il boscaiolo. Una bella cosa. […]

Honfteur, 15 luglio 1864 Al pittore Frédéric Bazille

Quaggiù, caro mio, è stupendo e scopro ogni giorno motivi sempre più belli. C’è di che uscirne pazzi, tanto sento il desiderio di fare tutto, la testa mi scoppia […].

Honfleur, 26 agosto 1864 Al pittore Frédéric Bazille

[…] Siamo molto numerosi in questo momento a Honfleur. Accanto a parecchi pessimi pittori, un mucchio di buffoni, abbiamo una piccola cerchia molto piacevole. Jongkind e Boudin sono qui, ci capiamo a meraviglia e non ci lasciamo più […].

Dieppe, 10 febbraio 1882 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…] Ora, per questa esposizione ‘, vi dirò che le mie idee sono molto ferme al riguardo. Al punto in cui siamo bisogna che una mostra sia ben fatta o non farla, ed è necessario che siamo ‘tra noi’, e non bisogna che una sola nube venga a compromettere il nostro successo. È possibile fare una mostra del genere quest’anno? Io so che non è possibile, poiché ci si è impegnati con certe persone, quindi, con mio grande rincrescimento, rifiuto assolutamente di farne parte a queste condizioni. Del resto, anche se lo volessi, mi sarebbe assolutamente impossibile, a meno di ritornare subito a Poissy e rinunciare al mio progetto di lavorare qui, dato che ci terrei a rivedere e a scegliere da me i

miei quadri e ad assistere alla loro sistemazione. Vi ringrazio tuttavia del vostro gentile intervento. So che mi parlate nel mio interesse, ma la cosa è troppo seria per essere fatta alla leggera. Ho già scritto ieri a Caillebotte in questo stesso senso.

Pour ville, 18 settembre 1882 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Troverete che manco di coraggio, ma io non ci resisto più e sono in un completo scoraggiamento. Dopo alcuni giorni di bello, ecco di nuovo il tempo rimettersi al brutto, ancora una volta devo mettere da parte gli studi cominciati. Ci divento pazzo e disgraziatamente me la prendo con le mie povere tele. Un gran quadro di fiori, che avevo appena fatto, l’ho distrutto, come tre o quattro tele che ho, non solamente grattate, ma bucate.

È assurdo, lo riconosco, ma sento il momento del ritorno arrivare, vedo che la natura si trasforma completamente, allora perdo ogni coraggio vedendo che ho speso denaro in anticipo senza aver fatto niente di buono.

Insomma, sono deciso a piantare tutto e a ritornare subito. […]

Poùsy, 6 marzo 1883 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Ricevo la vostra lettera e vi ringrazio delle parole incoraggianti che mi inviate. Ammiro la vostra fede e la vostra fiducia, ma senza condividerle: trovo che quando ci si rivolge al pubblico, e questo risponde col silenzio e l’indifferenza, è un insuccesso. Quanto a me, faccio’pochissimo caso dell’opinione dei giornali, ma bisogna pur riconoscere che, ai nostri tempi, non si fa niente senza la stampa, e vi assicuro che se i colleghi di cui mi parlate trovano poco importante il silenzio dei giornali nei miei confronti ‘, sapranno comunque ben garantirsi il loro appoggio quando sarà il turno della loro mostra, e avranno ragione, poiché è fuor di dubbio che ciò eccita la curiosità pubblica e, per conto mio, non vi è persona che non mi parli di questo silenzio e non lo deplori. Non c’è più niente da fare adesso. Mi auguro per voi e per me che qualche collezionista appoggi la mostra, ma non è un gran passo avanti e da parte mia sarò contrario per molto tempo a nuovi tentativi.

Poissy, 7 marzo 1883 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…] Non desidero venire a Parigi in questo momento, non potrò che constatarvi il mio insuccesso e vedere persone che me ne parlano, alcune con gioia, altre deplorandolo.

[…] Quando nei giornali eravamo criticati, spesso insultati, dicevamo che ciò provava il nostro valore, che nessuno altrimenti si sarebbe occupato di noi. Allora che pensare di questo silenzio?

Non crediate che aspiri a vedere il mio nome nei giornali.

Sono molto superiore a questo e non mi curo dell’opinione della stampa e dei sedicenti critici d’arte, uno più stupido dell’altro.

Dal lato artistico non cambia niente, conosco il mio valore, e sono più severo verso di me che chiunque altro. Ma è dal lato commerciale che bisogna vedere le cose. E non riconoscere che la mia mostra è stata annunciata male, preparata male, è non voler vedere la verità. Bisognava a tutti i costi garantirsi in anticipo l’appoggio della stampa, poiché anche i collezionisti intelligenti sono sensibili alla minore o maggiore risonanza dei giornali. Io non ho, credetelo, l’ambizione di essere popolare […].

Giverny, 27 dicembre 1883 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…] Dovete pensare che, della grande quantità di studi che ho fatto, non tutti possono venire avviati al commercio: alcuni possono essere molto buoni, credo, e altri, anche un po’ vaghi, possono diventare buone cose ritoccandoli con cura, lo ripeto;

ma questo non può essere fatto dalla mattina alla sera e non sarebbe ne vostro ne mio interesse pretendere in ogni caso di mostrarne molti, essendo mia ambizione darvi solo le cose di cui sono del tutto soddisfatto, a costo di domandarvi più denaro. Spero che lo capirete; perché altrimenti diventerò una macchina per dipingere e vi ingombrereste di un mucchio di cose incomplete e che potrebbero solo disgustare i collezionisti meglio disposti.

Il mio amor proprio di pittore si oppone al fatto che lasci vedere delle tele in uno stato incompleto.

Giverny, 12 gennaio 1884 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…] Voglio passare un mese a Bordighera, uno dei più bei posti che abbiamo visto nel nostro viaggio. Da lì spero di portarvi tutta una serie di cose nuove.

Perciò vi domando di non parlare a nessuno di questo viaggio, non perché ne voglia fare un mistero, ma perché ci tengo a farlo da solo: come mi è stato piacevole fare il viaggio come turista con Renoir, cosi mi sarebbe imbarazzante farlo in due per lavorare: ho sempre lavorato meglio nella solitudine e secondo le mie sole impressioni.

Bordighera, 24 gennaio 1884 A M.me Alice Hoschedé

[…] Faccio un mestiere da cani, io, e non risparmio le gambe; salgo, poi ridiscendo e poi ancora risalgo; fra uno studio e l’altro, come riposo, esploro ogni sentiero, sempre alla ricerca del nuovo; e così giunta la sera ne ho abbastanza. Pranzo bene, faccio le solite quattro chiacchiere con voi, mi metto a letto e, incrociate le braccia, penso beatamente a Giverny, un occhio alle mie tele appese al muro, poi un po’ di lettura e, crac, un bel sonno per tutta la notte.

Bordighera, 26 gennaio 1884 A M.me Alice Hoschedé

[…] Oggi ho lavorato ancora di più: cinque tele, e domani conto di iniziarne una sesta; andiamo abbastanza bene, dunque, sebbene tutto mi sia assai difficile da fare. Queste palme mi fanno dannare, e poi i motivi sono estremamente difficili da riprodurre, da trasferire sulla tela; è tanto folto dappertutto; è delizioso da vedere; si può passeggiare indefinitamente sotto le palme, gli aranci, i limoni e anche sotto gli splendidi ulivi, ma

‘ Monet ha in corso una personale da Durand-Ruel (r-25 marzo, boulevard de la Madeleine, 9; 56 opere). quando si cercano soggetti è molto difficile. Vorrei fare certi aranci e limoni che si stagliano contro il mare azzurro, non riesco a trovarli come voglio. Quanto all’azzurro del mare e del ciclo, è impossibile.

Bordighera, 29 gennaio 1884 A M.me Alice Hoschedé

[…] Lavoro come un forsennato su sei tele al giorno. Faccio molta fatica, poiché non riesco ancora a cogliere il tono di questo paese; a volte sono spaventato dai colori che devo adoperare, ho paura di essere terribile, eppure sono ancora ben al disotto; è atroce la luce. Ho già degli studi che hanno richiesto sei sedute, ma è tanto nuovo per me che non riesco a finire […].

Bordighera, 3 febbraio 1884 A M.me Alice Hoschedé

[…] Adesso sento bene il paese, oso mettere i toni terra e rosa e blu; è magia, è delizioso, e spero che vi piacerà […]. Sappiate una volta per tutte che siete tutta la mia vita coi miei figli, e che lavorando non faccio che pensare a voi; ciò è cosi vero che ogni oggetto che faccio, che scelgo, mi dico che occorre riprodurlo proprio bene perché voi vediate dove sono stato e la cosa com’è.

Bordighera, 5 marzo 1884 A M.me Alice Hoschedé

[…] Ora dipingo con colori italiani che ho dovuto far venire da Torino. Del resto ho anche consumato tutte le mie tele, le scarpe, le calze, persino i vestiti, e arriverò malconcio; gli abiti mi si sono logorati al sole: soltanto io ritornerò ancora in gamba, anche se sono stanco, talvolta molto stanco di questo lavoro, di questa lotta continua; riposarmi accanto a voi mi sarà di gran conforto […].

Bordighera, 11 marzo 1884 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…] Farò forse gridare un po’ i nemici del blu e del rosa, per

via di questo splendore, questa luce fantastica che mi applico a rendere; e quelli che non hanno visto questo paese o che l’hanno visto male grideranno, ne sono sicuro, all’inverosimiglianza, sebbene io sia molto al di sotto del tono : tutto è colore cangiante e fiammeggiante, è ammirevole; e ogni giorno la campagna è più bella, e io sono incantato del paese.

Giuerny, 24 ottobre 1884 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Lavoro molto, ma dire che sono soddisfatto e che ho molte cose buone da darvi, non è esatto; quanto più vado avanti, tanto più faccio fatica a portare a termine uno studio, e in questo periodo, quando la natura cambia tanto d’aspetto, sono obbligato ad abbandonare certe tele prima che siano definitivamente compiute. Vi assicuro che mi do da fare, e se dicono che lavoro sottogamba, si ingannano poiché faccio ciò che penso.

Giuerny, 3 novembre 1884 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…} Quanto al rifinito, o piuttosto al leccato, poiché è questo che il pubblico vuole, non sarò mai d’accordo con lui. Giverny, 28 luglio 1885 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Lavoro a oltranza, ma sempre più faticosamente: cioè, divento molto esigente. Ho due tele alle quali lavoro da un mese, ma confesso che alcune di queste tele le vedrei con rincrescimento partire per il paese degli Yankees e vorrei riservarne una scelta per Parigi, poiché è soprattutto là e là solamente che c’è ancora un po’ di gusto.

Fresselines, 24 aprile 1889 Allo scrittore Gustavo Geffroy

Caro amico, sono desolato, quasi scoraggiato e affaticato al punto di esserne un po’ malato. Non arrivo a nulla di buono, e malgrado la vostra fiducia ho paura che tutti questi sforzi non approdino a nulla.

Mai ho avuto uguale sfortuna con il tempo! Mai, tre giorni favorevoli di seguito, di modo che sono obbligato a trasformazioni continue, perché tutto spunta e rinverdisce. Io che speravo di dipingere la Creuse come l’abbiamo vista!

In breve, a forza di trasformazioni inseguo la natura senza poterla agguantare, e poiché questo fiume che diminuisce, si rigonfia, un giorno verde poi giallo, adesso a secco, mentre domani sarà un torrente dopo la terribile pioggia che cade in questo momento.

Sono in una grande inquietudine, scrivetemi, ho grande bisogno di contorto […].

22 giugno 1890 Allo scrittore Gustavo Geffroy

Ho ripreso ancora certe cose impossibili da fare: dell’acqua con erba che ondeggia sul fondo… meravigliosa a vedersi, ma c’è da impazzire a volerla fare. Insomma, mi attacco sempre alle stesse cose.

21 luglio 1890 Allo scrittore Gustavo Geffroy

[…] Sono nero e profondamente disgustato dalla pittura. È senz’altro una tortura continua! Non attendete di vedere del nuovo, il poco che ho potuto fare è distrutto, raschiato o bucato. Voi non vi rendete conto del tempo spaventoso che non ha cessato di fare da due mesi. C’è da diventare matti furiosi, quando si cerca di rendere il tempo, l’atmosfera, l’ambiente.

Oltre a questo, a tutte le noie, eccomi stupidamente colpito dai reumatismi. Pago così le sedute sotto la pioggia e la neve, e ciò che mi affligge è pensare che bisogna rinunciare a sfidare ogni tempo e a lavorare fuori, salvo con il bei tempo. Che stupidità, la vita!

7 ottobre 1890 Allo scrittore Gustavo Geffroy

[…] Sgobbo molto, mi stordisco su una serie di effetti differenti [dei pagliai], ma in questa stagione il sole tramonta così presto che non posso seguirlo. […] Divento di una lentezza, nel lavorare, che mi esaspera; ma più vado avanti, più mi rendo conto che occorre lavorare molto per arrivare a rendere quel che cerco: l’istantaneità, soprattutto lo sviluppo, la medesima luce riprodotta dappertutto, e più che mai le cose facili venute di getto mi disgustano. Insomma. sono sempre più arrabbiato per il bisogno di rendere ciò che provo, e faccio giuramenti di non restare ancora troppo impotente, perché mi pare che farei dei progressi. Vedete che sono in buona disposizione. Spero che anche voi, che siete giovane, avrete scrollato la vostra indolenza e che possiate produrre qualcosa di stupendo.

Rouen, 13 aprile 1892 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…] Sono assolutamente scoraggiato e scontento di ciò che ho fatto qui: ho voluto fare troppo bene e ho finito col guastare quello che era fatto bene. Da quattro giorni non posso lavorare e decido di abbandonare tutto e di ritornarmene a casa; ma non voglio nemmeno sballare le mie tele, voglio vederle solamente fra qualche tempo; quindi vi avvertirò non appena mi sono un po’ calmato.

Giverny, 4 maggio 1892 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Verrò a Parigi venerdì per la mostra di Renoir, che sarà un godimento per me […].

Rouen, 28 mano 1893 Allo scrittore Gustavi Geffroy

[…] Il mio soggiorno qui va avanti: ciò non vuoi dire che sono prossimo a terminare le mie cattedrali. Ohimè, non posso che ripeterlo: quanto più vedo, tanto più vado male nel rendere ciò che sento; e mi dico che chi dice di avere finito una tela è un tremendo orgoglioso. Finire, volendo dire completo, perfetto; e lavoro a forza senza avanzare, cercando, brancolando, senza sboccare a granché, ma al punto da esserne stremato.

Rouen, 30 marzo 1893 ^~    Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…] Lavoro moltissimo, ma non posso pensare di fare altro che la cattedrale. È un lavoro enorme.

Sanduiken (Oslo), 26 febbraio 1895 Allo scrittore Gustavo Geffroy

Sono stupito di tutto quel che vedo in questo meraviglioso paese. Ho fatto passeggiate di quattro giorni in treno, in montagna, sui fiordi, sui laghi: è meraviglioso! Tutto ciò, molto spesso con un freddo di -25″ a mezzogiorno, ma non avendo mai sofferto, con grande meraviglia dei norvegesi, che sono più freddolosi di me. Sono come in un incantesimo, malgrado l’alimentazione perfida; e che sangue cattivo mi sono fatto per non poter dipingere tutto ciò che vedo!

Non sapevo dove girare la testa, e scoraggiato, ho sbagliato più volte nel prendere il treno e rientrare […].

Infine, ho trovato un angolo passabile per le pose, ed eccomi all’opera dopo qualche giorno soltanto. Ho messo in opera otto tele che, se non sono troppo contrariato dal tempo, vi daranno, spero, un’idea della Norvegia, dei dintorni di Oslo, paese meno terribile di quanto pensassi.

Avrei dovuto andare a nord; ma non è possibile in questa stagione; e poi è tutto rudemente bello lo stesso! Non ho potuto vedere un po’ di mare, ne acqua di qualunque specie: tutto è gelato e ricoperto di neve. Occorrerebbe vivere qui un anno per fare qualcosa di buono e, ancora, prima avere visto e fatto conoscenza con il paese.

Oggi, ho dipinto una parte della giornata, sotto la neve punizione del falsario, i due quadri siano distrutti alla presenza di testimoni o che mi siano rimandati.

Il agosto 1908 Allo scrittore Gustane Geffroy

[…] Sapete che sono assorbito dal lavoro. Questi paesaggi d’acqua e di riflessi sono divenuti un’ossessione. È al di là delle mie forze di persona anziana, e voglio tuttavia arrivare a rendere ciò che sento vivamente. Ne sono distrutto […], ricomincio […] e spero che da tanto sforzo esca qualcosa.

Venezia, 7 dicembre 1908 Allo scrittore Gustavo Geffroy

[…} Preso dal lavoro, non ho potuto scrivervi, lasciando a mia moglie la cura di darvi notizie. Essa ha dovuto dirvi del mio entusiasmo per Venezia. Ebbene, questo non ha fatto che crescere, allo stesso tempo di tutta questa luce inimitabile. Io me ne rattristo. È così bello! Ma occorre farsi una ragione […]. Mi consolo al pensiero di ritornarvi l’anno prossimo, perché non ho potuto fare che qualche assaggio, qualche avvio di lavoro.

Ma che disgrazia non essere venuto qui quando ero più giovane! Quando avevo tutte le energie! Passo ugualmente momenti deliziosi, dimenticando quasi di essere il vecchio che sono.

Giverny, 10 ottobre 1911 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

[…] Non ho bisogno di dirvi quanto sia triste la mia vita ormai e che duri momenti ho passato da quando vi ho visto. Comincio solamente adesso a riprendermi un po’ e penso di rimettermi al lavoro. Ecco l’inverno, e restare inattivo con queste giornate tristi mi sarebbe troppo penoso. Prima proverò a terminare qualche tela di Venezia […].

Giverny, 10 maggio 1912 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Sono molto commosso della vostra lettera amichevole e sarei molto felice di vedervi, sebbene dubito che voi mi persuadiate a ritornare su una decisione che non ho preso alla leggera, e se da così lungo tempo mi avete trovato scontento di ciò che faccio, questo era il mio pensiero. E più che mai oggi, constato quanto il successo immeritato che ho ottenuto, sia fittizio. Spero sempre di arrivare al meglio, ma l’età e il dolore hanno esaurito le mie forze. So molto bene in anticipo che troverete le mie tele perfette. So che, esponendole, avranno grande successo, ma mi è indifferente, poiché io le considero brutte e ne sono certo.

7 giugno 1912 Allo scrittore Gustavo Geffroy

[…] Grazie di tutto cuore dei vostri due begli articoli di cui sono fiero. No, non sono un grande pittore, grande poeta, io non so… So soltanto che faccio ciò che penso per esprimere ciò che provo davanti alla natura, e che più spesso, per arrivare a rendere ciò che sento vivamente, dimentico del tutto le regole più elementari della pittura, se ne esistono qualche volta. Bravo, lascio bene apparire degli errori, per fissare le mie sensazioni. Ma non sarà sempre così, ed è ciò che mi dispera. Giverny, 29 giugno 1914 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Desidero sempre scrivervi per avere vostre notizie, ma, come sapete, mi sono rimesso al lavoro. Quando mi ci metto, lo faccio seriamente, tanto che, alzato fin dalle 4 del mattino, sgobbo tutta la giornata, e venuta la sera sono talmente sfinito dalla stanchezza che ho dimenticato tutti i miei doveri, non badando che al lavoro che ho intrapreso. […]

Io sto bene, per quanto possibile; la mia vista va finalmente bene. Grazie al lavoro, grande consolazione, tutto va bene.

Giverny, 15 giugno 1918 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Qui va bene, le notizie sugli assenti [al fronte] sono buone; ma, ohimè, che vita angosciosa viviamo tutti. Io continuo, e confesso di averne un po’ di vergogna, a lavorare, benché a volte abbia desiderio di piantare tutto, e qualche volta arrivo a domandarmi che cosa farei se sopraggiungesse una nuova sorpresa da parte del nemico. Credo che allora dovrei come tanti altri abbandonare tutto. Bisogna sperare tuttavia che siano state prese tutte le precauzioni per contenere il nemico e bisogna armarsi di pazienza e di coraggio; mi sarebbe duro abbandonare tutto a questi sporchi crucchi.

Givfrny, 22 novembre 1921 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

In riscontro alla vostra gentile lettera, vorrei potervi rispondere secondo il vostro desiderio, ma mi è impossibile per varie ragioni. La prima è che, ora, essendo la donazione allo Stato della mia decorazione ‘ un fatto compiuto, che il locale sarà pronto a primavera, non ho che giusto il tempo necessario per il completamento del lavoro. Insomma, non sono pronto per una mostra. Ho da rivedere dal vero la più parte di queste tele.

Giverny, 7 luglio 1922 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Rispondo subito alla vostra domanda. Lavoro moltissimo e vorrei dipingere tutto prima di non vedere del tutto, ma sono molto sfortunato col tempo, e questo mi impedisce di ricevere amici che sarei felice di vedere, ma che mi capiterebbero proprio quando il tempo mi sarebbe favorevole.

Giverny, 20 novembre 1923 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Lavoro sodo alle mie decorazioni [Ninfee} per essere pronto al tempo stabilito.

Giverny, 17 giugno 1925 Al mercante d’arte Paul Durand-Ruel

Tutte le mie scuse per avervi impedito di venire domenica scorsa. Ero nella tristezza e nello scoraggiamento.

 Sono le dodici tele con Ninfee, lunghe circa quattro metri ciascuna, che nell’ottobre del 1920 Monet progettava di donare allo Stato perché venissero collocate in un padiglione da costruirsi nel giardino dell’Hotel Biron (Musée Rodin). Nell’aprile del 1921, in un incontro con Paul Leon e Georges Salles, si stabiliscono le modalità della donazione e si decide di sistemare le tele all’Orangerie delle Tuileries. Nell’inverno, Monet lavora con un architetto alle modifiche dell’Orangerie.

Biografia e vita artistica di Claude Monet

Pagine correlate alla biografia di Claude Monet: Prima serie di opere – Seconda serie di opere – Terza serie di opere –la critica – le lettere Il periodo artistico – Tra l’Impressionismo ed il Post Impressionismo.

Claude Monet: la vita artistica e l’Impressionismo

Monet - Autoritratto
Claude Monet: Autoritratto

Claude Monet (1840 – 1926), l’Impressionista degli Impressionisti, viene avviato ed educato all’Arte dal petit-maìtre di Honfleur, Eugène Boudin (1824-1898) che lo incita, sempre più, a tenere presente soprattutto la prima impressione del soggetto che si trova a dover dipingere, e poi a prendere in considerazione tutto il resto, senza tradirne la freschezza con aggiunte di cose estranee, ad osservare attentamente la natura traendo da essa tutte le varietà degli attimi ed infine a gettare sulla tela il fiume in piena che scaturisce dal profondo del suo animo. Il motivo è dipinto dal vivo: vivo è il soggetto e vive sono le sue emozioni.

Caricatura di Leon Manchon
Claude Monet: Caricatura di Leon Manchon

Monet, che già da giovanissimo sorprende tutta la popolazione di Le-Havre con le sue caricature, sviluppa le sue caratteristiche pittoriche diventando un serio pittore paesaggistico. Egli è spesso accompagnato dal suo maestro nell’esplorazione interna della città e delle varie coste del Nord. Molto presto Boudin si accorge che il suo allievo ha superato il maestro, quindi lo sollecita ad uscire fuori dall’ambiente natio ed a recarsi a Parigi, per poter stringere amicizia con pittori e personalità che contano nel mondo dell’Arte.

Monet infatti si reca a Parigi nel 1859, trascorre intere giornate al Salon, dove in quel periodo, sono esposti i dipinti di Corot e Daubigny; incomincia a frequentare la Brasserie des Martyrs, punto d’incontro nevralgico di artisti appartenenti al realismo, preferendola agli insegnamenti accademici presso le botteghe di celebri pittori. Si tiene lontano dalla pittura dei grandi artisti con formazione accademica perché egli ama troppo il calore della vita, il sentimento umano, la luce, il movimento, la cattura dell’attimo fuggente, tutte cose che non vorrebbe mettere in secondo piano, ma sviluppare il più possibile con una nuova tecnica rivoluzionaria. Rifiuta nettamente lo studio del chiaro-scuro perché l’applicazione di questa regola – sempre uguale in ogni suo schema – ruba la freschezza e l’immediatezza dell’emozione da rappresentare sulla tela.

Tutto questo però non piace al padre, quindi per accontentarlo frequenta i corsi liberi alla Académie Suisse (scelta fra le tante perché praticata soprattutto da parecchi paesaggisti) ed altri corsi presso Gleyre. L’unico vantaggio che ricava da questi corsi è la sincera amicizia con Pissarro. Monet continua per la sua strada che incomincerà a farsi, di giorno in giorno, sempre più in salita anche se interessante.

Vela sulla senna di monet
Claude Monet: Vela sulla Senna ad Argenteuil, 1874 (1873?), 50 x 64 cm. Collezione privata.

La sua tavolozza si fa sempre più pulita e limpida, i suoi tocchi sempre più frammentati ma decisi, la giustapposizione di macchie sempre più presente nelle tele: la tecnica è già quella dell’Impressionismo sebbene manchi ancora qualcosa. Si affiancano a Monet altri pittori, che trascinati dal suo entusiasmo, vanno anch’essi a Fontainebleau per provare l’emozione della pittura dal vivo, la cattura dell’attimo e l’impressione naturale, un istante prima della pennellata sulla tela. Questi sono Bazille, Renoir e Sisley, i quali dovranno in seguito fare a meno degli insegnamenti di tre Grandi Maestri come Manet (quel Manet non ancora impressionista) per il primo, Courbet per il secondo e Corot per il terzo.

Promenade di Monet
Claude Monet: Promenade (la passeggiata), cm 100 x 81, National Gallery of Art Washington.

Claude Monet, che ha già abbondantemente sperimentato l’en plein-air e, che fra tutti è il più temerario ed il più libero da preconcetti, assume un costante atteggiamento atto a spronare tutti gli altri avventurieri verso la conquista impressionista. La prima conquista è la trasformazione del linguaggio della paesaggistica: da statico a dinamico, realizzato per mezzo di un’intima partecipazione dell’artista, che cambia la sua sensibilità al continuo mutamento della luce, dell’atmosfera, dello scorrere della vita quotidiana, scandita da molteplici “attimi”.

Il biennio 1865 – 1866, per quanto riguarda la sua carriera artistica, è di estrema intensità, raggiunge livelli elevati con conseguenti successi proprio per il suo nuovo e rivoluzionario linguaggio pittorico: il pubblico e gli studiosi di Storia dell’arte vengono colpiti dalle sue opere per le vibrazioni cromatiche, la brillantezza, la briosità, l’effetto luce, il movimento, la musicalità e, soprattutto per i messaggi emotivi e per la originale creatività dell’artista.

Il bacino ad Argenteuil
Claude Monet: Il bacino ad Argenteuil, cm. 60 x 80, Museo d’Orsay Parigi

A questo punto si aprono completamente le porte dell’indipendenza, non solo per Monet, ma anche per il movimento impressionista da lui fortemente voluto. Il gruppo di Claude è finalmente libero e padrone assoluto della propria tecnica e, neanche i grandissimi esponenti della pittura – come Courbet e Corot che impartiscono autorevoli lezioni – riescono più a correggere la gestualità, il tocco, l’improvvisazione che fissa “l’attimo”, le macchie di colore puro e, soprattutto l’esclusione di qualsiasi ripensamento riguardante i particolari che sono entrati nella tela come un fiume in piena. Gli anni che seguono il 1870 sono per Monet di vera gloria, ma il gruppo impressionista stenta ancora a decollare.

Numerose sono le riunioni del gruppo – Monet, Renoir, Pissarro – ai quali si aggiunge anche Sisley, per cercare di organizzare una mostra, ma non trovano né fondi né altri pittori che possano prendere parte con quote di partecipazione. Soltanto nel 1874, unendosi al gruppo Degas e Berthe Morisot, riescono a convincere altri pittori e ad allestire la tanto desiderata mostra, che però non riuscirà a cambiare lo stato delle cose.

Donne in giardino di monet
Claude Monet: Donne in giardino, 1867, 255 × 205 cm Musée d’Orsay Parigi

Dovranno passare altri anni di scherno ed umiliazioni per affermarsi, grazie anche all’apporto di nuovi talenti come Burty, Riviere, Silvestre, Martelli, Huysmans e Duranty. Dopo il 1880, quando il pubblico e gli studiosi di Storia dell’arte accettano di buon grado il nuovo modo di rappresentare la realtà, il gruppo entra in crisi perché due dei suoi grandi esponenti fondatori, Renoir e Pissarro, sentono il bisogno di ritornare alle forme classiche (il primo) ed alla ulteriore frammentazione delle macchie (il secondo), avvicinandosi al nuovo scientifico metodo iniziato dal giovane Seurat. Ma … l’Impressionismo no! Ormai è partito a vele spiegate e continuerà ad essere apprezzato sempre più.

Cenni biografici su Claude Monet

Nasce a Parigi, secondo figlio di Claude Auguste e di Louise Justine Aubry. La famiglia Monet nel 1845 si trasferisce a Le Havre dove il padre inizia a gestire un negozio di forniture per le navi insieme al fratello della moglie Jacques Lecadre. Già da molto giovane comincia a fare disegni, a matita e carboncino, e a vendere i suoi lavori come caricature (alla bella somma di circa 15 franchi l’una) di personalità che vivono in città, acquistando fama e un bel gruzzolo.

Nel 1856 studia disegno in privato da Jacques François Ochard, insegnante che opera nella scuola da lui frequentata, dove conosce il pittore Eugène Boudin, il suo vero, primo e grande maestro, che gli insegna i trucchi della pittura e come ogni cosa dipinta dal vivo abbia sempre una certa forza, una potenza, una grande vivacità di tocco, che mai si ritroverebbero all’interno di un atelier. Eugène Boudin lo indirizza perciò alla pittura dei paesaggi en plein air e con lui partecipa ad una sua mostra a Rouen con la sua prima opera, Veduta di Rouelles.

Monet scriverà nelle sue memorie che Boudin” intraprese la sua opera di insegnamento con instancabile gentilezza. I miei occhi si aprirono e compresi finalmente la natura; imparai al tempo stesso ad amarla. L’analizzai nelle sue forme con la matita, la studiai nei suoi colori. Alcuni mesi dopo annunciai a mio padre che volevo diventare un pittore e che sarei andato a vivere a Parigi per imparare l’Arte della Pittura”.

Nel 1857 muore sua madre Louise Justine Aubry. Il padre di Monet chiede al Municipio di Le Havre che gli venga corrisposta una borsa di studio che lo aiuti a studiare a Parigi. Non gliela concedono, ma grazie ai risparmi accumulati, Claude parte deciso per la capitale, per studiare presso l’Académie Suisse, al Quai des Orfèvres, dove non ci sono professori ma solo modelli. Qui conosce Delacroix, Pissarro e Courbet. Con Pissarro stringe una forte amicizia e con lui va spesso a mangiare alla Brasserie des Martyrs, frequentata dagli artisti realisti, oltre che dal critico Duranty e Baudelaire.

Frequentando il Café Guerbois conosce Manet e Constant Troyon, pittore della Scuola di Barbizon nei Salons. Constant Troyon incomincia ad apprezzarlo e gli consiglia di approfondire le sue ricerche nel disegno frequentando la scuola di Couture. Claude Monet non dà ascolto a quel consiglio, e segue soprattutto la pittura del pittore di paesaggi Daubigny; il 24 maggio 1860 esce sulla rivista Diogène la sua ultima bellissima caricatura, quella di Lafenière, un notissimo attore del suo periodo. In ottobre gli arriva la chiamata per il servizio militare. Va quindi ad Algeri nel 1861 nel Reggimento dei Cacciatori d’Africa e, viene affascinato dai colori e dalla luce e di quei posti. 

Opere di Monet (si vedano soprattutto quelle con descrizioni dettagliate)

  • 1864 Natura morta, Musée d’Orsay di Parigi, anno 1866.

  • La terrazza a Sainte-Adresse, Metropolitan Museum of Art di New York, anno 1865.

  • Déjeuner sur l’herbe, Parigi, Musée d’Orsay, anno 1867.

  • Signora in giardino a Sainte-Adresse, Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo, anno 1866.

  •  Donne in giardino, Parigi, Musée d’Orsay, anno 1870.

  • L’Hotel des Roches Noires à Trouville, Musée d’Orsay, anno 1867.

  • Spiaggia a Sainte-Adresse, Art Institute di Chicago, anno 1868.

  • La colazione, Städelsches Kunstinstitut di Francoforte , anno 1870.

  • Spiaggia a Trouville, Wadsworth Atheneum di Hartford anno 1873.

  • Colazione in giardino, Parigi, Musée d’Orsay , anno 1872.

  • Il bacino di Argenteuil, Parigi, Musée d’Orsay, anno 1873.

  • Riposo sotto i lillà, Musée d’Orsay, anno 1872.

  • Impression, soleil levant, Musée Marmottan Monet di Parigi, anno 1881.

  • Lavacourt d’inverno, National Gallery di Londra, anno 1873.

  • I papaveri, Parigi, Musée d’Orsay, anno 1872.

  • Regate ad Argenteuil, Parigi, Musée d’Orsay. anno 1873.

  • Il carnevale al boulevard des Capucines, Mosca, Museo Puškin anno 1874.

  • Il ponte di Argenteuil, Neue Pinakothek di Monaco. anno 1873.

  • Lillà al sole, Mosca, Museo Puškin.  anno 1881.

  • Tempo calmo a Pourville, Kunstmuseum di Basilea. anno 1874.

  •  Il ponte della ferrovia ad Argenteuil, Parigi, Musée d’Orsay . 1874.

  • Le barche, regate ad Argenteuil, Parigi, Musée d’Orsay. anno 1875.

  • Strada coperta di neve ad Argenteuil, Bridgestone Museum of Art di Tokyo. anno 1876.

  • Il ponte ad Argenteuil, National Gallery di Washington. anno 1877.

  • Il giardino degli Hoschedé a Montgeron, San Pietroburgo, Ermitage. anno 1877.

  • Stagno a Montgeron, San Pietroburgo, Ermitage. anno 1880.

  • La Montalbaantoren ad Amsterdam, Collezione Bührle di Zurigo. anno 1877.

  • I tacchini, Parigi, Musée d’Orsay. anno 1877.

  • La Gare Saint-Lazare, Cambridge, Fogg Art Museum. anno 1877.

  • La Gare Saint-Lazare, Parigi, Musée d’Orsay. anno 1877.

  • La Gare Saint-Lazare, Parigi, Musée d’Orsay. anno 1878.

  • La rue Montorgueil a Parigi – Festa del 30 giugno anno 1878.

  • Scogli a Belle-Ile (Le guglie di Port-Coton), Museo Puškin di Mosca. anno 1887.

  • La barca blu, Madrid, Collezione Thyssen-Bornemisza. anno 1886.

  • Covone a Giverny, San Pietroburgo, Ermitage. anno 1886.

  • Donna con il parasole girata verso sinistra, Parigi, Musée d’Orsay. anno 1888.

  • Prati a Giverny, San Pietroburgo, Ermitage. anno 1888.

  • Mattino ad Antibes, Museum of Art di Cleveland anno 1887.

  • La barca a Giverny, Parigi, Musée d’Orsay . anno 1889.

  • Covone presso Giverny, Mosca, Museo Puškin. anno 1894.

  • La Cattedrale di Rouen mezzogiorno, Mosca, Museo Puškin. anno 1894.

  • La Cattedrale di Rouen, primo sole, Parigi, Musée d’Orsay. anno 1891.

  • Pioppi sull’Epte, Londra, Tate Gallery. anno 1894.

  • La Cattedrale di Rouen, effetti di luce mattutina, Parigi, Musée d’Orsay. anno 1894.

  • La Cattedrale di Rouen, la sera, Mosca, Museo Puškin. anno 1894.

  • La Cattedrale di Rouen in pieno sole, Parigi, Musée d’Orsay. anno 1898.

  • Ninfee rosa, Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. anno 1899.

  • Lo stagno delle ninfee, armonia verde, San Pietroburgo, Ermitage . anno 1897.

  • La Senna a Giverny, Parigi, Musée d’Orsay.

  • 1900, Lo stagno delle ninfee, armonia rosa, Parigi, Musée d’Orsay. anno 1899.

  • Ninfee bianche, Mosca, Museo Puškin. anno 1904.

  • Il Parlamento di Londra, Parigi, Musée d’Orsay. anno 1903.

  • Il Ponte di Waterloo, San Pietroburgo, Ermitage. anno 1918.

  • Ninfee rosa, Parigi, Musée d’Orsay. anno 1910.

  • Il ponte giapponese, Parigi, Musée Marmottan. anno 1918.

  • Ninfee, Museum of Modern Art di New York. anno 1917.

  • Autoritratto, Musée de l’Orangerie di Parigi anno 1918.

  • Ninfee blu, Parigi, Musée d’Orsay. anno 1918.

  • Vasca con ninfee, Parigi, Musée d’Orsay.

Bibliografia relativa a Claude Monet

Claude Monet: bibliografia

Claude Monet, impressionista degli impressionisti e padre della pittura impressionista.

  • “Les archives des impressionistes”, Lionello Venturi, Parigi 1939 e New York 1939.

  • “L’impressionismo”, Carlo Ludovico Ragghianti, Torino, 1944.

  • “L’impressionisme”, J. Leymarie,  Genève, 1964.

  • “Claude Monet”, W. C. Seitz, Milano, 1964.

  • “La via dell’impressionismo. Da Manet a Cézanne”, Lionello Venturi., Einaudi, Torino, 1970.

  • “L’arte moderna”, Giulio Carlo Argan, Sansoni Firenze, 1971.

  • “Monet 1870 – 1889”, Luigina Rossi Bortolatto, Rizzoli, Milano, 1972.

  • “Monet al Jeu de Paume”, F. Bellonzi, Novara, 1981.

  • “Monet. M”, Gemin, Bologna, 1987.

  • “Impressionismo”, P. Pool, Milano, 1988.

  • “Monet, Francesco Arcangeli”, Nuova Alpha, Bologna, 1989.

  • Monet, Gérard Georges Lemarie, Giunti, Firenze, 1990

  • “Claude Monet. La vita e le opere”, S. Scroccati, Milano, 1992.

  • “Monet” Y. Taillandier. Milano, 1993.

  • “Monet”, D. Wildenstein, Milano, 1995.

  •  “Monet”,  I. Del Secco Cappelli, Firenze, 1996.

  • “Claude Monet dagli esordi alla crisi dell’Impressionismo”, C. Zambianchi. Roma, 2000.

  • “Claude Monet 1849–1926”, C. Heinrich, Milano, 2001.

  • “Monet”, R. Tassi – V. Gavioli, Milano, 2003.

  • “Claude Monet. Lettere da Giverny”, G. Mori – S. Zancanella, Conegliano, 2004.

  • “Monet”, F. Nicosia, Firenze 2005 – Milano 2005.

Claude Monet: citazioni

Claude Monet: citazioni (tratte dai “Classici dell’Arte” Rizzoli Editore)

Pagine correlate all’artista: Biografia e vita artistica – Le opere prima serie – Le opere seconda serie – Le opere terza serie – Il periodo artistico: l’Impressionismo francese – Le lettere – Bibliografia.

Cosa hanno detto le più autorevoli voci della Storia dell’arte su Claude Monet:

[…] Bisogna che scriviamo un nome nuovo. Non conosciamo Claude Monet, l’autore della Punta della Hève e della Foce della Senna a Honfleur. Queste – crediamo – sono opere di inizio e vi manca quella finezza che si ottiene solamente a prezzo di un lungo studio; ma il gusto dei colori armoniosi nel gioco dei toni analoghi, il sentimento dei valori, l’aspetto dell’insieme, una maniera ardita di vedere le cose e d’imporsi all’attenzione dello spettatore, queste sono qualità che Monet possiede già ad alto grado. La sua Foce della Senna ci ha bruscamente fermati al passaggio e non la dimenticheremo più. Eccoci interessati ormai a seguire nei suoi tentativi futuri questo sincero pittore di marine […]. P. mantz, in “Gazette des Beaux-Art»”, 1865.

[…] Confesso che la tela che mi ha fermato più a lungo è Camille di Claude Monet. Si tratta d’una pittura energica e viva. Avevo percorso quelle sale così fredde e così vuote, stanco di non incontrare talenti nuovi, quando ho scorto questa giovane che si trascina il lungo vestito stagliandosi sul muro come se ci fosse un buco. Non avete un’idea di quanto sia bello ammirare un po’, quando si è stanchi di ridere e di alzare le spalle.

Non conosco Monet, credo anche di non aver mai guardato attentamente una sua tela. Mi sembra di essere tuttavia un suo vecchio amico;

e questo perché il suo quadro mi racconta tutta una storia di energia e di verità.

Qui, c’è più di un realista, c’è un interprete delicato e forte che ha saputo rendere ogni dettaglio senza cadere nell’aridità    […]. E. zola, Les realiste! au Salon (Mon Salon), 1866.

[…] Oh, fu davvero una giornata tremenda quella in cui osai recarmi alla prima mostra [degli impressionisti] sul boulevard des Capucines assieme a Joseph Vincent, paesaggista, allievo di Bertin, premiato sotto diversi governi.

L’imprudente era andato lì senza pensarci, credeva di vedere della pittura come se ne vede dovunque, buona e cattiva, più cattiva che buona, ma che non attentasse ai buoni costumi artistici, al culto della forma, al rispetto dei maestri. Ah, la forma. Ah, i maestri. Non ne abbiamo più bisogno, mio povero amico! Tutto questo è cambiato.

[…] Il poveretto ansava, sragionando così, pacatamente, e nulla poteva farmi prevedere il penoso incidente che avrebbe provocato la sua visita a quella mostra.

Sopportò persino, senza prendersela di più, la vista delle Barche da pesca che escono dal porto di Monet, forse perché lo strappai a quella pericolosa contemplazione prima che le deleterie figurine in primo piano riuscissero a produrre il loro effetto.

Ebbi purtroppo l’imprudenza di lasciarlo troppo a lungo dinanzi al Boulevard des Capucines, pure di Monet.

— Ah, ah! — ghignò — questo sì che è riuscito. Eccola qui l’impressione, o altrimenti non capisco nulla; vogliate solo dirmi che cosa rappresentano quelle striscioline nere in basso.

— Ma — risposi — sono persone che passeggiano.

— Sicché, quando passeggio per il boulevard des Capucines appaio così? Fulmini di Giove;

ma, insomma, vi prendete forse gioco di me? […].

Gettai un’occhiata all’allievo di Bertin, il cui volto era adesso di un rosso cupo. Ebbi il presentimento di una catastrofe imminente; doveva essere Monet a dargli il colpo finale.

— Ah, eccolo, eccolo! — asciamo dinanzi al n. 98. — Che cosa rappresenta questa tela? Guardate il catalogo.

Impressione, sole nascente.

— Impressione, ne ero sicuro. Ci dev’essere dell’impressione, là dentro. E che libertà, che disinvoltura nell’esecuzione! La carta da parati allo stato embrionale è ancor più curata di questo dipinto.

— Ma che avrebbero detto Bidault, Boisselin, Bertin, dinanzi a questa tela importante?

— Non venitemi a parlare di quegli schifosi pittorucoli! — urlò il povero Vincent.

L’infelice rinnegava i suoi dèi […].

Il vaso, alla fine, traboccò. Il cervello classico del vecchio Vincent, assalito da troppe parti insieme, venne sconvolto del tutto.

Si fermò dinanzi al custode che vigila su tutti quei tesori e, prendendolo per un ritratto, cominciò a farne una critica alquanto rigorosa : — Ma quanto è brutto! — fece, alzando le spalle. — In faccia ha due occhi, un naso e una bocca. Non sono di sicuro gli impressionisti che si sarebbero lasciati andare in tal modo al particolare. Con tutte le cose inutili che il pittore ha sprecato in questa faccia, Monet avrebbe fatto almeno una ventina di custodi.

— Se circolaste un poco? — gli disse il ritratto.

— Lo sentite? Non gli manca neppure la parola. Quel pedante che lo ha dipinto ce ne deve aver messo di tempo per farlo! — E per dare al suo aspetto tutta la serietà che occorreva, il vecchio Vincent si mise a ballare la danza dello scotennatore davanti al guardiano, gridando con voce strozzata: – Hugh! Io sono nell’impressionismo in marcia, la spatola vendicatrice. Boulevard des Capucines di Monet, la Casa dell’impiccato e 1′‘Olimpia moderna di Cézanne! Hugh! Hugh! Hueh'”.      L. leroy, in “Le Charivari”, 1874.

[…] Ho visto spuntare l’alba di questo ritorno alla semplicità franca, ma non credevo che i suoi progressi fossero così rapidi. Essi sono fragranti, scoppiano quest’anno. La gioventù vi è lanciata tutta intera; e, senza rendersene conto, la folla da ragione agli innovatori. Sono i quadri dipinti dal vero, con l’unica preoccupazione di far giusto, che attirano; si passa vicino a pitture di maniera, cioè concepite e dipinte nello studio, senza l’aiuto del modello. Ebbene, gli impressionisti hanno avuto parte a questo movimento. Le persone che sono andate da Durand-Ruel, che hanno visto i paesaggi così giusti e vibranti di C. Monet, Pissarro, Sisley, i ritratti così fini e così vivi di Renoir o della signorina Morisot, gli interni così pieni di promesse di Caillebotte, i superbi studi coreografici di Degas, non lo mettono in dubbio. Per questi pittori, l’aria aperta è un diletto, la ricerca dei toni chiari e l’eliminazione del bitume un vero atto di fede. Sarebbe necessario che fossero al Salon per confermare con la loro presenza l’evoluzione compiuta e darle tutta la sua importanza […]. I. A. castagnary, in “Le Siecle”, 1876.

[…] L’invio di Monet si compone d’una serie di paesaggi presi dal vero al Petit-Gennevilliers o nei dintorni di Argenteuil, che si distinguono sempre per le qualità di esecuzione franca,’ di sentimento reale e di bella luce. Ma Monet ha voluto provare che sapeva fare dell’altro oltre che paesaggio. Ha aggiunto una figura di grandezza naturale, dall’aspetto più impressionante. È una parigina dal viso caparbio, dai capelli biondi, vestita con un costume giapponese di una ricchezza inaudita. L’abito di mollettone rosso è coperto di ricami in seta e oro con figure fantastiche d’un rilievo sorprendente. Con un movimento grazioso, la donna, che gioca con un ventaglio, si gira verso lo spettatore. Il personaggio si stacca su un fondo blu neutro e su un tappeto di stuoia. Gli appassionati che cercano il colore solido, gli impasti risoluti, troveranno un vero godimento in questo quadro un po’ strano […].    A Pothey  in Press 1876.

[…] I ‘ghiacci’ di Monet sotto un cielo rosso sono di una malinconia intensa e i suoi studi di mare con le onde che si infrangono sugli scogli sono le marine più vere che io conosca. Aggiungete a queste tele, alcuni paesaggi, delle vedute di Vétheuil e un campo di papaveri fiammeggiante sotto il cielo pallido, di un colore ammirevole. Certo, il pittore che ha dipinto alla brava questi quadri è un gran paesaggista il cui occhio, ora guarito (ci tiene!) coglie con sorprendente fedeltà tutti i fenomeni della luce. Come è vero il pulviscolo delle sue onde sbattute da un colpo di sole, come scorrono i suoi fiumi, screziati dai formicolanti colori delle cose che vi si riflettono, come nelle sue tele il piccolo soffio freddo dell’acqua sale nel fogliame e passa sulle punte dell’erba! […] È con gioia che posso fare l’elogio di Monet. poiché è ai suoi sforzi e a quelli dei suoi colleghi impressionisti del paesaggio che soprattutto si deve il riscatto della pittura […]. Pissarro e Monet sono infine usciti vittoriosi dalla terribile lotta. Si può dire che i problemi così ardui della luce, nella pittura, si sono infine sciolti sulle loro tele […].  J. K. huysmams, L’Art Moderne, 1883.

[…] Da migliaia e migliaia d’anni l’occhio umano è di fronte al pianeta che gli rimanda tutto palpitante, le onde di vita scaturite dall’incendio solare. Tutto ciò che ci è pervenuto dei monumenti dell’arte, dalla scure primitiva di una proporzione felice e di una colorazione potente, dai profili d’orso e di mammut che un Leonardo dell’età della pietra disegna sulle ossa del museo di St. Germain fino alla Cattedrale di Monet, ci permette d’apprezzare sommariamente le fasi di visione per dove la nostra razza è passata.  G. clemehceau, in “La Justice”, 1895.

[…] In generale un motivo semplicissimo basta a Monet, un mucchio di fieno, qualche tronco esile che si eleva verso il cielo, un gruppo di arbusti. Ma si afferma anche disegnatore potente quando affronta temi più complessi. Nessuno come lui sa ergere una roccia nelle onde tumultuose, far comprendere l’enorme struttura di uno scoglio che riempie tutta la tela, disporre un villaggio su una collina dominante un fiume, dare la sensazione di un gruppo di pini contorti dal vento, gettare un ponte su un fiume, esprimere il carattere del suolo che giace sotto il sole dell’estate. Tutto ciò è costruito con vastità, esattezza e forza, sotto la sinfonia deliziosa o ardente degli atomi luminosi. I toni più imprevisti si alternano nel fogliame; da vicino ci si stupisce di vederlo listato con strisce arancio, rosse, blu, gialle, e a distanza la freschezza delle fronde verdi appare evocata con infallibile verità.

L’occhio ricompone ciò che il pennello ha dissociato e ci si accorge con stupore di tutta la scienza, di tutto l’ordine segreto che ha diretto questo ammucchiamento di macchie che sembravano spruzzate in una pioggia furiosa. È una vera musica d’orchestra in cui ogni colore è uno strumento con un ruolo distinto, e i cui momenti, con le loro tinte diverse, costituiscono i temi successivi. Monet resta uno dei più grandi paesaggisti nella comprensione del carattere proprio di ogni suolo studiato, ciò che è la suprema qualità della sua arte.  C. mauclair, L’Impressionnisme, son histoire, son esthétique, ses maìtres, 1904.

[…] Un tema unico in queste tele, unico e tuttavia diverso : il Tamigi. Fumo e nebbia ; forme, masse architettoniche, prospettive, tutta una città sorda e grondante nella nebbia, nebbia essa stessa; la lotta della luce, e tutte le fasi di questa lotta; il sole prigioniero della foschia, oppure che perfora, in raggi scomposti, la profondità colorata, irradiante, formicolante dell’atmosfera ; il dramma molteplice, infinitamente mutevole e sfumato, oscuro o fantastico, delizioso, fiorito, angoscioso, terribile, dei riflessi sulle acque del Tamigi; incubo, sogno, mistero, incendio, fornace, caos, giardini galleggianti, invisibile, irreale, e tutto ciò dalla natura, quella natura particolare a questa città prodigiosa, creata per i pittori e che i pittori, fino a Monet, non hanno saputo vedere, non hanno potuto esprimere: di cui essi hanno visto ed espresso solamente l’esile accidente pittoresco, l’aneddoto piatto, ma non l’insieme, ma non l’anima fumosa, magnifica e formidabile, che è qui davanti a noi finalmente realizzata.  O. mirbeau, Vues de la Tamise a Londres, 1904.

[..,] Monet non coglie più la luce con la gioia della conquista di colui, il quale, avendo atteso la sua preda, si contrae per trattenerla. Egli la traduce come la più sensibile fra le danzatrici traduce un sentimento.

Si combinano dei movimenti e non sappiamo come si scompongono. Sono così ben legati gli uni agli altri che paiono un unico movimento, cosicché la danza è chiusa e perfetta come un cerchio […].

Nessun pittore ormai potrebbe liberarsi dei problemi che Claude Monet ha posti o risolti. L’opera di Claude Monet è passata già nel linguaggio della pittura, come l’opera di uno scrittore di genio passa nel linguaggio scritto e l’arricchisce. Non è questione di pittura chiara o di pittura scura. II problema della luce è più vasto di quello della luminosità. Un Rembrandt che nascerà domani dovrà della gratitudine a Claude Monet.   O. mirbeau, Les ‘Venise’ de Claude Monet, 1912.

Dopo aver dipinto pagliai e cattedrali,

II grande mare e la foresta

E lunghi pioppi dalle cime ineguali,

La notte che si avvicina e il giorno che appare;

Dopo aver dipinto il fiume dalle anse lente E la dolce prateria dai lontani orizzonti E le rocce infuocate e i greti brucianti, Le albe, i meriggi, le sere e i mattini;

Dopo aver dipinto il vento e la luce

E l’aria mutevole nelle stagioni

E la faccia pura e grave della terra

Che la neve riveste col suo bianco mantello;

Dopo aver dipinto mille tele, trofeo Smagliante e sereno che non guasta nessun fiele, Siete venuto a sedervi sulla riva della Ninfea Dove si addormenta l’acqua fiorita sotto il cielo;

Ogni fiore specchiato nell’acqua che lo riflette Vi offre i suoi colori per incantarvi gli occhi E ogni foglia è una tavolozza Che, docile alle vostre dita, vi invita ai suoi [giochi ;

Poiché ne il tempo, ne la fatica, ne la gloria, ne

[l’età Ne il suo grande sforzo hanno stancato la vostra

[mano, E per voi, o Monet, il più bei paesaggio Sarà sempre quello che dipingerete domani.   H. de régnier, Claude Monet, in “Le Mercure de France”, 1921.

[…] Monet non si è limitato solo alla giustapposizione dei toni e, quindi, all’analisi della luce; egli ha liberato la pittura del suo tempo dal metodo accademico degli impasti tradizionali, rigettando l’ispirazione letteraria o allegorica, e, in virtù del suo temperamento anticlassico, l’ha ricondotta a un sano realismo. […]

È logico dunque che questo ribelle (ricordiamo qui Jongkind e Boudin e i primi anni. in faccia al mare a Le Havre) pur nell’ossessio-nante ricerca di cogliere le infinite variazioni luminose, errando talvolta nell’applicare il ‘meto do’ a tali ricerche, dovesse giungere, negli ultimi anni, ai limiti estremi della sensibilità, col dar vita al suo sogno delle Ninfee. La pittura di Monet, liberata da ogni interpretazione critica o letteraria, è “osservazione di valori più delicati nei toni” e, si può aggiungere, miracolo di gusto nell’armonizzarli. E non è poco, anche se le parole son nude. […]

Nelle Ninfee, abbandonata la giustapposizione, Monet raggiunge, con maggiore intensità, la luce, con robusti impasti sulla tavolozza, e con sapienti realizzatrici sovrapposizioni. Mettiamo oggi accanto a questo miracolo luminoso una tela di Seurat o di Pissarro : apparirà grigia.

Le Ninfee per tale connubio delle qualità istintive del genio di Monet, dettato solo dalla sensibilità, senza restrizioni teoriche, son lì a dire quanto fosse vitale l’impressionismo per giungere a così grandi altezze, fuori dei limiti di quelle leggi che regolano […] – ahimè! – la pittura proprio nel tempo in cui il cubismo era già passato alla storia e cento altre scuole si susseguivano febbrili, secondo il costume di questo secolo irrequieto di ricerca.

E troppo si dimentica – mentre le Ninfee son lì a dirlo, trionfali – quanto deve tutta la pittura moderna all’impressionismo che, oggi, con tanta leggerezza rinnega.  G. marchiori, in “Corriere Padano”, 21 luglio 1931.

La frase di Cézanne: “Monet non è che un occhio, ma […] che occhio”, indica chiaramente la funzione del pittore nella storia del gusto, ma non basta a giustificare la sua arte. […]

Senza dubbio Monet è stato un genio inventivo della visione, ha saputo vedere nel rapporto di luci e di colori quello che nessun altro, prima di lui aveva veduto. Per la sua concentrazione nella luce e nei colori, ha trovato la forma più adatta ai valori di luce-colore, astraendoli dagli altri elementi della pittura ed esaltandoli. Ne basta, perché dipingendo col preciso intento di rappresentare luce-colore, ha escluso spontaneamente, quasi senza awederse-ne, ogni elemento esteriore letterario sociale, come e più radicalmente di quel che aveva fatto Manet. […]

La conquista dell’autonomia dell’arte era cosi compiuta, e tutta la pittura d’allora in poi si è diretta al medesimo fine. […]

[Nelle ‘serie’] Monet cerca i motivi di eccezione, s’immerge in tentativi impossibili, si dichiara disgustato di tutto ciò che riesce facilmente, e fa prodigi di abilità tecnica. Le sfumature sono omogenee, rigorosamente concertate. Ma più le sfumature si affinano, meno conservano la loro vitalità, più la luce è curata e ricercata, meno essa si sprigiona da una nebbia che tutto avvolge e che cancella l’oggetto rappresentato. Quel che resta è un bisogno di grandezza, di potenza, di sforzo eroico. Certo lo studio della luce nelle serie è un programma scientifico, ma la realizzazione pittorica rivela tendenze sentimentali. L’espressione dell’inesprimibile, del mistero, di sentimenti così generali che perdono il loro carattere concreto e la loro evidenza artistica, rivela in Monet quel medesimo gusto donde nacque il simbolismo. Qui Monet appare un velleitario, perché quel che rimane in lui d’impressionismo gli impedisce di realizzare appieno il nuovo ideale.  L. venturi, Les Archives de l’Impressionnisme, 1939.

[…] La posizione di caposcuola avuta da Manet prima del 1870 passa incontestabilmente a Monet nella decade successiva, che si può considerare la più gloriosa dell’impressionismo e che viene a ragione definita il periodo di Argenteuil.

L’amicizia, la fiducia da cui si sente circondato in campo artistico, l’eccitazione della scoperta portano Monet al suo pieno fulgore. Senza abbandonare del tutto la figura e le scene di interni di cui abbiamo molti esempi notevoli datati al 1874, l’artista sembra trovare nel paesaggio la sua naturale vocazione espressiva. Il Ponte della ferrovia, le Regate, le Barche a vela, il Bacino di Argenteuil senza dubbio sono i capolavori suoi e le più perfette realizzazioni dell’impressionismo, in cui la spontaneità della visione sviluppa di necessità la magia di uno stile nuovo. Monet accentua e scompone il colore puro con un’arditezza senza pari, non solo per esaltare la superficie della tela – massima preoccupazione di un pittore – ma anche per esprimere concretamente la trasparenza e la vibrazione dello spazio, il luminoso volgere del sole, il moto della luce che è la festa e la vita eterna della natura. […] L’infallibile precisione dell’occhio da il senso della pienezza della visione. Monet ha confidato a un giovane pittore che avrebbe desiderato nascere cieco e recuperare all’improvviso la vista per non sapere nulla degli oggetti e trovarsi in uno stato vergine davanti alle apparenze, desiderio che serve a chiarire paradossalmente la sua estetica della sensazione. Nel momento in cui i filosofi discutono circa la preminenza della vista e del tatto nella rivelazione del mondo esterno, istintivamente egli accorda alla vista una funzione assoluta e autonoma, al contrario del realismo per il quale la vista era semplicemente un organo sussidiario J. leymarie, L’Impressionnisme, 1959.

Opere di Claude Monet (seconda serie)

Alcune tra più celebri opere di Claude Monet (seconda serie)

Seconda serie di opere di Claude Monet. In questa pagina le opere seguono un ordine cronologico. I quadri presentati sono Camille Monet e la cugina sulla spiaggia, Mulini a Zandam, Regate ad Argenteuil, Ruscello di Robec, Riposo sotto i lillà, Colazione in giardino, Promenade (la passeggiata), Gladioli, Papaveri, Il ponte della ferrovia ad Argenteuil, Effetto neve al tramonto ad Argenteuil, ecc.

La descrizione delle opere

23 monet - Camille Monet e la cugina sulla spiaggia a Trouville

Camille Monet e la cugina sulla spiaggia, cm. 38 x 46, Musée Marmottan, Parigi.

24 monet - Mulini a Zaandam

Mulini a Zandam, cm. 48 x 74, Wildenstein, New York.

24 monet - Regate ad Argenteuil

Regate ad Argenteuil, cm. 48 x 73, Museo d’Orsay, Parigi.

25 monet - il ruscello di Robec

Ruscello di Robec, cm. 50 x 65, Museo, d’Orsay, Parigi.

26 monet - riposo sotto i lillà

Riposo sotto i lillà, cm 50 x 65, Museo d’Orsay, Parigi.

27 Monet - colazione in giardino

Colazione in giardino, cm. 162 x 203, Museo d’Orsay, Parigi.

28 Monet - Gladioli

Gladioli, cm. 60 x 81, Institute of Arts, Detroit.

76 Monet - Promenade

Promenade (la passeggiata), cm 100 x 81, National Gallery of Art, Washington (n° 87).

29 Monet - i papaveri

Papaveri, cm. 50 x 65, Museo d’Orsay, Parigi.

30 Monet - il ponte della ferrovia ad Argenteuil

Il ponte della ferrovia ad Argenteuil, cm. 55 x 72, Museo d’Orsay, Parigi.

31 Monet - il ponte di Argenteuil

Il ponte ad Argenteuil, cm. 60 x 81, Nue Pinakothek, Monaco.

32 Monet - Estate

Estate, cm. 75 x 80, Nationalgalerie, Berlino.

33 Monet - effetto di neve al tramonto ad Argenteuil

Effetto neve al tramonto ad Argenteuil, cm. 53 x 64, Musée Marmottan, Parigi.

Altre opere

34 Monet - nevicata ad Argenteuil

Nevicata ad Argenteuil, cm. 57 x73,  Museum of Fine Arts, Boston.

35 Monet - il bacino di Argenteuil

Il bacino ad Argenteuil, cm. 60 x 80, Museo d’Orsay, Parigi.

36 Monet - i tacchini

I tacchini, cm. 174 x 172, Museo d’Orsay, Parigi.

37 Monet - la stazione di Saint Lazare

La stazione di Saint-Lazare, cm. 82 x 100 Fogg Art Museum, Cambridge.

38 Monet - crisantemi

Crisantemi, cm. 54 x 65, Museo d’Orsay, Parigi.

39 Monet - rive della Senna attraverso i rami

Le rive della Senna attraverso i rami, cm. 52 x 63, Musée Marmottan, Parigi.

40 Monet - campo di papaveri presso Vetheuil

Campo di papaveri presso Vetheuil, cm. 70 x 90, Buhrle, Zurigo.

41 Monet - strada a Vetheuil d'inverno

Strada a Vetheuil d’inverno, cm. 53 x 72, Konstmuseum, Goteborg.

42 Monet - nebbia a Vetheuil

Nebbia a Vetheuil, cm. 60 x 71, Musée Marmottan, Parigi.

43 Monet - la brina

La brina, cm. 61 x 100, Museo d’Orsay, Parigi.

44 Monet - veduta di Vetheuil d'inverno

Veduta di Vetheuil d’inverno, cm. 60 x 100, Albright Knox Art Gallery, Buffalo.

45 Monet - Lavacourt d'inverno

Presunta Lavacourt d’inverno, cm. 59 x 81, National Gallery di Londra.

46 Monet - dirupo a Dieppe

Dirupo a Dieppe, cm. 66 x 82, Kunsthaus, Zurigo.

47 Monet - passeggiata sulla scogliera

Passeggiata sulla scogliera, cm. 65 x 81, Art Institute, Chicago.

48 Monet - la Manneporte a Etretat

La Manneporte a Etretat, cm. 65 x 81, Metropolitan, Museum New York.

Opere di Claude Monet (terza serie)

Alcune fra le più importanti opere di Claude Monet (terza serie)

Qui sotto è riportata la terza serie dei capolavori del grande pittore dell’Impressionismo francese Claude Monet. Anche qui, come nella pagina precedente, le opere seguono un ordine cronologico: Primavera, Burrasca a Etretat,  Barche sulla spiaggia a Etretat, Limoni a Bordighera, Battelli ibernanti a Etretat, Campo di papaveri presso Giverny, Poly pescatore a Belle-Ile, Donna con parasole, Scogli a Belle Ile, ecc.

I dipinti

49 Opere di Claude Monet (terza serie) - Primavera

Primavera, cm. 60 x 79, Lione Musée des Beaux Arts.

50 Monet - burrasca a Etretat

Burrasca a Etretat,  cm. 80 x 100, Lione Musée des Beaux Arts.

51 Monet - barche sulla spiaggia a Etretat

Barche sulla spiaggia a Etretat, cm. 66 x 81, Museo d’Orsay, Parigi.

52 Monet - limoni a Bordighera

Limoni a Bordighera, cm. 73 x 60, Ny Carlsberg Glyptotec.

53 Monet - battelli ibernanti a Etretat

Battelli ibernanti a Etretat, 65 x 81 cm. Art Institute, Chicago.

54 Monet - campo di papaveri presso Giverny

Campo di papaveri presso Giverny, cm. 67 x 83, Museum of Fine Arts of Boston.

55 Monet - Poly pescatore a Belle-Ile

Poly pescatore a Belle-Ile, cm. 74 x 53, Musée Marmottan, Parigi.

56 Monet - Donna con parasole

Donna con parasole, cm. 131 x 88, Museo d’Orsay, Parigi.

57 Monet - tempesta a Belle-Ile

Tempesta a Belle-Ile, cm. 64 x 81, Museo d’Orsay, Parigi.

58 Monet - scogli a Belle-Ile

Scogli a Belle-Ile, cm. 65 x 81, Museo d’Orsay, Parigi.

59 Monet - campi in primavera

Campi in primavera, cm. 74 x 93 Staatsgalerie, Stoccarda.

60 Monet - in barca sull'Epte

In barca sull’Epte, cm. 133 x 145, Museu de Arte, San Paolo.

61 Monet - il ponte a Vervit

Il ponte di Vervit, cm. 65 x 92, Musée Marmottan, Parigi.

62 Monet - Cattedrale di Rouen

Cattedrale di Rouen e gli effetti di luce durante la giornata (1° serie di opere).

68 Monet - il bacino delle ninfee

Il bacino delle ninfee, cm. 89 x 100, Museo d’Orsay, Parigi.

69 Monet - lo stagno delle ninfee

Lo stagno delle ninfee, cm. 90 x 92, Museo d’Orsay, Parigi.

70 Monet - veduta di Venezia

Vedute di Venezia (palazzo da Mula), cm. 62 x 58, National Gallery of Art Washington.

71 Monet - la casa di Giverny fra le rose

La casa di Giverny fra le rose, cm. 89 x 100 Musée Marmottan di Parigi,

72 Monet - ninfee

Ninfee – cm. 197 x 340: Particolari delle nuvole, del mattino, dei riflessi e del tramonto. Louvre (Orangerie) Parigi.

Opere di Claude Monet

Le più significative opere di Claude Monet

I dipinti di Monet nelle tabelle di cui sotto: Autoritratto, La Grenouillère, Il ponte di Argenteuil, Donne in giardino, Lungo la Senna, ecc…

I dipinti

Attenzione! Le opere elencate in questa pagina, a differenza delle altre “serie”, non sono disposte in ordine cronologico.

0 Opere di Claude Mone

Autoritratto, 1917 , 70 x 55 cm. Louvre, Parigi.

1 la grenouillere

La Grenouillère, 1869, 74.6 x 99.7 cm. New York, Metropolitan Museum. La Grenouillère, 1869, 73 x 92 cm. National Gallery di Londra.

2 il ponte di argenteuil

Il ponte di Argenteuil, 60 x 80, 1874, Museo d’Orsay, Parigi.

3 donne in giardino

Donne in giardino, 1867,  255 × 205 cm  Musée d’Orsay, Parigi.

4 Lungo la Senna

Lungo la Senna – Il battello studio di Monet, cm 50 x 64, Otterlo Rijksmuseum Kröller-Müller.

5 a pranzo

A pranzo, 1868 olio su tela cm.191 x 125.

6 colazione sull'erba

Colazione sull’erba,1866 olio su tela 124 × 181 cm. Parigi, Musée d’Orsay.

7 sole nascente

Impressione, sole nascente, 1872,  Musée Marmottan, Parigi.

8 vela sulla senna

Vela sulla Senna ad Argenteuil, 1873, Collezione privata.

9 La gare

La Gare Saint-Lazare, 1877, Chicago, Art Institute.

10 barche sulla spiaggia

Barche sulla spiaggia di Étretat, 1883, Parigi, Musée d’Orsay.

11 bordighera

Bordighera, 1884, Art Institute Chicago.

12 la cattedrale di rouen

La Cattedrale di Rouen in sei vedute, 1894,  National Gallery of Art Washington.

13 il parlamento di londra

Il parlamento di Londra, 1904, Parigi, Musée d’Orsay.

14 bacino ad argenteuil

Bacino ad Argentuil, 1874, dimensioni cm.  54 x 74, Museum of Art Providence.

La casa di Monet ad Argenteuil, cm 63 x 52.

La casa di Monet ad Argenteuil, cm 63 x 52.

16 donna con parasole

Donna con Parasole,1886, cm 131 x 88 Parigi, Museo d’Orsay.

17 famiglia monet

Famiglia Monet in giardino, 1875, cm 61 x 80, collezione privata.

18 mare presso antibes

Mare presso Antibes, 1888, cm. 60,5 x 63, collezione privata.

19 mulino ad amsterdam

Mulino ad Amsterdam, anno 1874,  cm 56 x 65, collezione privata.

20 ninfee

Ninfee, 1907, cm 200 x 215 Zurigo, collezione privata.

21 rosai nel giardino

Rosai nel giardino a Montgeron, 1876, cm 60 x 81, collezione privata.

22 signora in giardino

Signora in giardino a Sainte-Adresse, 1867, dimensioni 82,3 × 101,5 cm. S. Pietroburgo, Museo dell’Ermitage.

Autoritratto di Claude Monet

Autoritratto di Claude Monet

Claude Monet: Autoritratto
Claude Monet: Autoritratto, 1917 , 70 x 55 cm. Museo d’Orsay, Parigi.

Seconda serie  opere     Terza serie di opere

Sull’opera: “Autoritratto di Monet” è un dipinto autografo di Claude Monet realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1917, misura 70 x 55 cm. ed è custodito nel Museo d’Orsay a Parigi.

L’artista realizzò questo dipinto, ricco di efficaci gradazioni cromatiche e di contrasti, all’età di sessantasei anni.

Le due Grenouillere (New York e Londra) di Claude Monet

Claude Monet: Le due Grenouillere (New York e Londra)

La Grenouillere (Metropolitan Museum)

Claude Monet: La Grenouillere (Metropolitan Museum)
Claude Monet: La Grenouillère, 1869, 74.6 x 99.7 cm. New York, Metropolitan Museum

Seconda serie di opere    Terza serie di opere

Sull’opera: “Grenouillère” è un quadro autografo di Monet realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1869, misura 74.6 x 99.7 cm. ed è custodito a New York, Metropolitan Museum.

Nella “Grenouillère” è già evidenziato il nuovo modo di Monet nel concepire la pittura. In quest’opera la natura è viva ed il movimento si percepisce profondamente.

Per tre quarti della tela è l’acqua la protagonista principale che, con un punto di ripresa abbastanza rialzato, domina globalmente su gran parte della superficie e, diciamolo pure, ogni pennellata ha un suo particolare significato emotivo.

Osservando la distesa dell’acqua ne percepiamo il movimento la sentiamo venire verso di noi, la immaginiamo oltrepassare i limiti della tela.

La Grenouillère, 1869, 73 x 92 cm. National Gallery di Londra
Monet: La Grenouillère, 1869, 73 x 92 cm. National Gallery di Londra

Le barche in primo piano sembrano essere state volontariamente tagliate da Monet per conferire tale effetto al movimento dell’acqua. Ma si badi bene, che a capo di quel “volontariamente tagliate” non sta la ragione ma una reazione alla percezione del mondo esterno che circonda l’artista.

Monet dipinse tre “Grenouillère”: una è raffigurata sopra, una è andata perduta e l’altra è raffigurata qui a lato.

Barche sulla spiaggia di Etretat di Claude Monet

Claude Monet: Barche sulla spiaggia a Etretat

Claude Monet: Barche sulla spiaggia di Étretat
Claude Monet: Barche sulla spiaggia di Étretat, 1883, 66 x 81 Parigi, Musée d’Orsay.

Seconda serie di opere  Terza serie di opere

Sull’opera: “BARCHE SULLA SPIAGGIA A ÉTRETAT è un dipinto autografo di Monet realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1883, misura 66 x 81 cm. ed è custodito a Parigi, Musée d’Orsay.

Ètretat, era una rinomata stazione balneare francese, dove si recavano per fare il bagno anche moltissimi stranieri provenienti da ogni parte d’Europa. La bellissima scogliera era quella che si vede nel dipinto in esame. Qui trovarono rifugio in grandi Corot, Delacroix, Boudin,  Diaz ed anche Matisse.

Monet, che non era un nuovo frequentatore di Etretat, si spingeva nella ricerca di nuove emozioni pittoriche, soprattutto verso quelle intensamente tragiche della natura: si recava spesso nella spiaggia sopra citata nei primi due mesi del 1883 e, più di rado negli anni seguenti fino al 1886.

Quando andava per dipingere portava con sé una grande quantità di materiale come colori tele, cavalletto, stracci ed altre cose che lo sovraccaricavano, perciò veniva seguito da gruppi di ragazzini che si offrivano per il trasporto delle ingombranti attrezzature.

L’opera che andiamo ad esaminare racchiude nell’asimmetria compositiva un parte della spiaggia di Etretat, il bagnasciuga, il mare, la scogliera ed il cielo.

Sono visibili nel mare le due piccole vele, sulla spiaggia sostano molte barche “tirate a terra” e un grande movimento di figure umane. l’impianto compositivo assomiglia a quello delle stampe giapponesi del periodo, ma il cromatismo è quello del Monet di sempre: pennellate decise e cariche di fresche emozioni tratte attimo dopo attimo “en plein air” con un cromatismo predominante caldo, efficace, ed integrato, oltre che dalle ocre dorate ed dagli arancioni, da leggeri viola e delicati blu.   vedi l’altra versione fotografica