Pittore e scultore Ernst Max

Max Ernst (Brühl, 2 aprile 1891 – Parigi, 1º aprile 1976)

Ernst Max: L'Ange du Foyer
Sopra, un’opera dell’artista: L’Ange du Foyer,  (anno 1937)

L’opera raffigurata è a bassa risoluzione ed è stata inserita al solo scopo didattico

Cenni biografici

Ernst Max è stato uno dei principali esponenti del Surrealismo.

Riuscì a bene integrare la parola del linguaggio poetico alla forma dell’immagine: dalle sue ricerche sulla ‘scrittura automatica’ – effettuate con  André Breton (Tinchebray, 1896 – Parigi, 1966), Francis Picabia (Parigi, 1879 – Parigi, 1953), René Crevel (Parigi, 1900 – Parigi, 1935), Éluard (Saint-Denis, 1895 – Charenton-le-Pont, 1952), François Picabia (Parigi, 1879 – Parigi, 1953)  e altri – nacquero i suoi celebri collages e, quindi, i romanzi-collage (“La femme 100 têtes”, anno 1929; “Reve d’une petite fille qui voulut entrer au Carmel”, 1930; “Une semaine de bonté, 1934”), considerati tra le opere più legate alle teorie del movimento surrealista. Ernst realizzò composizioni fantastiche, a sfondo paesaggistico e di vario genere.

L’artista fu anche un ottimo scultore (Capricorne, 1948) e Objects trouvés).

Dal 1909 al 1914 studiò filosofia a Bonn frequentando anche dei corsi di psicologia [Eugenia Dossi, Le Garzantine – Arte, Garzanti, 2002, p. 373.] e di arte degli alienati. Ben presto si accorse che la via da percorrere fosse quella dell’arte e non quella intrapresa: si formò nell’ambito delle avanguardie tedesche.

Nel 1918 fondò a Colonia, insieme a Johannes Theodor Baargeld (Stettino, 9 ottobre 1892 – Chamonix, 18 agosto 1927)  e Hans Jean Arp (Strasburgo, 16 settembre 1887 – Basilea, 7 giugno 1966), il gruppo dadaista. Più tardi, nel 1922, aderì al movimento surrealista, di cui ne divenne un importantissimo esponente.

Collaborò con Paul Éluard (Saint-Denis, 1895 – Charenton-le-Pont, 1952), illustrando i suoi poemi, e con Paul Éluard (Saint-Denis, – Charenton-le-Pont, 1952) a Littérature.

Nel biennio 1938-39 realizzò la decorazione della sua abitazione a Saint-Martin d’Ardèche (Avignone).

Nel 1939 fu catturato ed deportato in un campo di concentramento.

Dal 1941 al 1953 visse negli Stati Uniti, ove ebbe contatti con i surrealisti ivi rifugiati.

Ritornato a Parigi Max sviluppò la sua sensibilità verso la materia, con composizioni dove il fattore surrealistico-intellettuale si associa e dissocia seguendo un fortissimo senso poetico.

Nel 1954 partecipò alla Biennale di Venezia vincendo il primo premio per la pittura.

Alcune delle opere più significative dell’artista

Piccola macchina costruita da minimax dadamax in persona  (anni 1919-1920).

Aquis sommerso  (anno 1919).

L’éléphant Célèbes  (anno 1921)

Oedipus Rex  (anno 1922).

Ubu imperator  (anno 1923).

Storia naturale  (anno 1925).

La Vergine picchia Gesù davanti a tre testimoni  (anno 1926).

La grande foresta  (anno 1927).

Il bacio con la lingua  (anno 1927).

Foresta e colomba  (anno 1927).

Foresta imbalsamata  (anno 1933).

L’Europa dopo la pioggia II  (anni 1940-1942).

La Vestizione della Sposa  (anno 1940).

L’antipapa  (anni 1941-42).

Napoleone nel deserto  (anno 1941).

Il re che gioca con la regina  (anno 1944).

Immortel  (anno 1966).

Pittore Jackson Pollock

Jackson Pollock (Cody, Wyoming, 1912 – New York 1956)

Biografia

The Key
Sopra, un’opera dell’artista: The Key, 1946, olio su tela, 59 x 84, The Art Institute of Chicago.

Jackson Pollock è stato uno fra i più grandi interpreti della pittura contemporanea statunitense.

Viene considerato – insieme a Arshile Gorky Khorkom (1904 – Sherman, 1948) e Willem de Kooning (Rotterdam, 1904 – New York, 1997) il padre dell'”Action Painting“, ovvero l’ideatore della grammatica della cosiddetta pittura “gestuale” o di “azione” (Action Painting – Dripping Art) dell’Espressionismo astratto: «Continuo ad allontanarmi dai tradizionali strumenti del pittore come cavalletto, tavolozza, pennelli ecc. Preferisco bastoncini, cazzuole, coltelli e lasciar colare il colore oppure un impasto fatto anche con sabbia, frammenti di vetro o altri materiali.» [Jackson Pollok].

L’artista nacque a Cody (Wyoming) nel 1912 [David Piper. The Illustrated History of Art, riferimenti alle pagine 460-461]. Il padre era agricoltore, divenuto in seguito un agrimensore statale.

Trascorsa l’infanzia in Arizona e California, nella seconda metà degli anni Trenta frequentò la Manual High School a Los Angeles ed i corsi del pittore realista Thomas Hart Benton (Neosho, 1889 – Martha’s Vineyard, 1975) presso l’Art Students’ League a New York, città in cui si stabilì dal 1929. Più tardi (periodo 1935-42), nella stessa New York, partecipò al Federal Arts Project.

In un primo tempo fu attratto dal linguaggio visionario di Albert Pinkham Ryder (New Bedford, 1847 – New York, 1917) e dai disegni degli indiani Navaho, ricchi di un’articolata e complessa simbologia.

Nel corso della sua formazione artistica volle orientarsi anche verso la violenta pittura espressionista del messicano José Clemente Orozco (Ciudad Guzmán, 1883 – Città del Messico, 1949) per poi rincorrere i contemporanei sviluppi della pittura europea, soprattutto quelli relativa al surrealismo  di Max Ernst (Brühl, 1891 – Parigi, 1976) e alle esperienze di Pablo Picasso. È questo il periodo della “Figura stenografica” (1942), de “La lupa” (1943), entrambe custodite nel Museum of Modern Art di New York, del  Blue (o Moby Dick, 1943, Ohara Museum of Art e de “La donna-luna spezza il cerchio” (1943, Musée National d’Art Moderne di Parigi).

Più tardi, incoraggiato dal critico d’arte Clement Greenberg (1916 – 1994) e dalla collezionista Peggy Guggenheim (New York, 1898 – Camposampiero, 1979), nella cui galleria ebbe costantemente per circa cinque anni (1943-48) uno spazio espositivo tutto a sua disposizione, nella seconda metà degli anni Quaranta, incominciò ad allontanarsi dalle fantastiche e totemiche anatomie, proponendo un astrattismo di forte impronta gestuale, attraverso il quale veniva direttamente proiettata la parte più intima della natura umana: l’inconscio.

Decisiva fu la svolta del 1948 quando il suo stile subì gli influssi del pittore francese André Aimé René Masson (Balagny-sur-Thérain, 1896 – Parigi, 1987), assai più determinanti che non quelli di Joan Mirò (Barcellona, 1893 – Palma di Maiorca, 1983) e dello stesso Picasso, nonché del mecenatismo della Guggenheim che regolarmente acquistava le sue tele quando il pittore era ancora sconosciuto al grande pubblico.

Impiegando un nuovo modo di fare arte, ovvero una tecnica che di fatto consisteva nell’applicare il colore al supporto facendolo uscire direttamente dal tubetto o nel far sgocciolare sulla stessa superficie un barattolo contenente una vernice più fluida (drip, dripping), Pollok realizzò composizioni – moltissime delle quali di notevoli dimensioni – di gradevole e raffinato cromatismo, frutto esclusivo del ciclico susseguirsi delle proprie pulsioni inconsce. Si ricordano a tal proposito: Nella profondità del mare, anno 1947, Museum of Modern Art di New York; Numero 7, anno 1949, Staatsgalerie, Stoccarda; Pittura, anno 1948, Musée National d’Art Moderne do Parigi.

Figura di spicco della scuola di New York, il Pollok, nel triennio 1950-52, abbandonò tutte le gradazioni cromatiche che non fossero inerenti al bianco e nero (Eco. Numero 25, anno 1951, Museum of Modern Art di New York; Numero 32, anno 1950, Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen, Düsseldorf), stesi sulla tela a corpose pennellate – dritte ed angolose, ma sempre decise ed incalzanti – per poi tornare nuovamente alle passate forme circolari in un rinnovato approccio con la figura.

L’artista morì nel 1956 a New York in seguito ad un incidente stradale.

La Pittura d’azione, così chiamata in quanto i segni lasciati dal colore sulla superficie del supporto lasciano sempre intuire al fruitore dell’opera i gesti compiuti dall’esecutore. Per ottenere un effetto più incisivo è necessario, quindi, che si crei uno stretto rapporto tra l’artista e la tela, che dovrà essere di grandi dimensioni – meglio se commisurate all’altezza dell’autore – ed appoggiata per terra per dar modo al pittore di girare intorno ad essa e «lavorare» – come dice il Pollok – «da tutti e quattro i lati e letteralmente essere in essa». Così facendo – secondo i sostenitori di questa tecnica – l’opera acquista vita propria, indipendente dalle emozioni dell’artista, il quale avrà il compito di scoprirla e portarla alla luce. Sarà poi il fruitore a ricevere le emozioni, che certamente varieranno da individuo ad individuo.

Le opere principali di Jackson Pollok

  • Stenographic Figure (1942) – Museum of Modern Art, New York.

  • Male and Female (1942) – Philadelphia Museum of Art.

  • Moon-Woman Cuts the Circle (1943) Musée National d’Art Moderne di Parigi.

  • Mural (1943) – University of Lowa Museum of Art.

  • Blue (Moby Dick) (1943) – Ohara Museum of Art.

  • The She-Wolf (1943) – Museum of Modern Art, New York.

  • Troubled Queen (1945) – Museum of Fine Arts, Boston.

  • The Key (1946) – Art Institute of Chicago.

  • Eyes in the Heat (1946) – Peggy Guggenheim collection, Venezia.

  • Shimmering Substance (1946) – Museum of Modern Art, New York.

  • The Tea Cup (1946).

  • Cathedral (1947).

  • (Full Fathom Five 1947) – Museum of Modern Art, New York.

  • Enchanted Forest (1947) – Peggy Guggenheim collection, Venezia.

  • Number 5 (1948) – Collezione David Martinez.

  • Painting (1948).

  • Summertime: Number 9A (1948) – Tate Modern, Londra.

  • Number 8 (1948).

  • Number 10 (1949) – Museum of Fine Arts, Boston.

  • Number 3 (1949).

  • Autumn Rhythm (Number 30), 1950 – Metropolitan Museum of Art, New York.

  • Number 1, (1950) (Lavender Mist) – National Gallery of Art, Washington.

  • One: Number 31, 1950 – Museum of Modern Art, New York.

  • Number 29, 1950 – National Gallery of Canada, Ottawa.

  • No. 32 (1950).

  • Number 7 (1951) – National Gallery of Art, Washington.

  • Blue Poles: No. 11, 1952 – National Gallery of Australia, Canberra.

  • Convergence (1952) – Albright-Knox Art Gallery, Buffalo.

  • Easter and the Totem (1953) – Museum of Modern Art, New York.

  • Portrait and a Dream (1953).

  • The Deep (1953).

  • Ocean Greyness (1953).

Bibliografia

  • Catalogo della mostra, Francis V. O’Connor, Jackson Pollock (Museum of Modern Art di New York, anno 1967) OCLC 165852.

  • Carmine Benincasa, Opere 1930-1956, Marsilio, anno 1983, Venezia. (Mostra di Palazzo Venezia a Roma, 1983, organizzata dal Metropolitan museum of art e la regione laziale).

  • Richard Taylor; Adam Micolich; David Jonas: Fractal Expressionism, Physics World, anno 1999.

  • Pepe Karmel ed. Jackson Pollock: Interviews, Articles, and Reviews. The Museum of Modern Art, New York, anno 1999.

  • Richard P. Taylor. Caos e regolarità nell’arte di Pollock. Le Scienze numero 413, anno 2003.

  • Marika Herskovic, New York School Abstract Expressionists Artists Choice by Artists, (anno 2000, New York School Press).

  • Marika Herskovic, American Abstract Expressionism of the 1950s An Illustrated Survey, (anno 2003, New York School Press.

Michelino da Besozzo (Besozzo, 1370 circa – 1455 circa)

Pittore e miniatore Michelino Molinari

Biografia

Annunciazione
Sopra, un’opera dell’artista: Annunciazione (prima metà del Quattrocento), Offiziolo Bodmer

Michelino da Besozzo è considerato dalla critica come uno dei massimi esponenti del Gotico Internazionale.

La sua attività artistica la svolse soprattutto in Lombardia.

Nel 1388 realizzò la decorazione con le Scene della vita di sant’Agostino nel secondo chiostro della basilica di San Pietro in Ciel d’oro a Pavia.

Tra il 1395 e il 1405 l’artista illustrò con le sue miniature il Libro d’Ore (Avignone, Biblioteca comunale).

Dello stesso periodo è anche un disegno rappresentante la Natività, oggi conservato nella Biblioteca Ambrosiana a Milano.

Sempre riguardo alla miniatura, tra il 1390-1400, eseguì su quattro pergamene (appartenenti ad un Libro d’Ore, oggi smembrato), “I quattro santi” (Louvre , Cabinet des Dessins, Parigi).

La prima opera datata di Michelino riasale al 1403, una miniatura ove viene rappresentato l’Elogio funebre di Gian Galeazzo Visconti (Parigi, Bibliothèque nationale de France, Ms lat. 5888).

Nel periodo che va dal 1404 al 1418 circa, il pittore soggiornò nel Veneto spostandosi in diverse zone: esistono documentazioni che 1410, in contemporanea a Gentile da Fabriano, si trovava a Venezia.

Nel 1414 collaborò con altri miniatori veneti al codice Cornaro con la rappresentazione delle Epistole di san Gerolamo (attualmente alla British Library di Londra, Egerton 3266).

Lo Sposalizio mistico di santa Caterina, una tavola firmata con la scritta “ Michelinus feci” (conservata nella Pinacoteca Nazionale di Siena), è riferibile al 1420 circa.

Altra tavola autografa è lo Sposalizio della Vergine databile 1435 circa (Metropolitan Museum di New York).

Più difficile è il riferimento cronologico di una delle sue opere più prestigiose, conosciuta come l’Offiziolo Bodmer.

Nel 1418 il pittore, chiamato per i lavori nel Duomo di Milano, rientrò nel capoluogo lombardo. Da documentazioni certe si ricava che nel 1421 ricevette, insieme al figlio Leonardo, il saldo per la realizzazione dei dipinti destinati all’altare dei santi Quirico e Giuditta. Altre ricevute di pagamento – tra 1423 e il 1425 – attestano l’esecuzione di disegni per la vetrata di santa Giuditta, di cui, ancora oggi rimangono diverse immagini all’interno di un’altra vetrata.

Riferito intorno al 1430 è l’affresco della Madonna col Bambino e santi dell’abbazia di Viboldone (San Giuliano Milanese).

La Madonna del roseto, di dubbia assegnazione – altri studiosi l’attribuiscono a Stefano da Verona (1379 circa – 1438 ca.) – è conservata nel Museo di Castelvecchio a Verona.

Le ultime opere realizzate dall’artista sono gli affreschi del “Corteo dei Magi” per la chiesa di Santa Maria di Podone (Curia Arcivescovile, Milano) e del Palazzo Borromeo (Rocca di Angera), documentati al 1445-1446, di cui rimangono diversi frammenti.

Pittore Pordenone: biografia

Giovanni Antonio de’ Sacchis detto Pordenone (Pordenone, 1484 circa – Ferrara, 1539)

Affreschi nel Duomo di Cremona
Sopra, un’opera dell’artista: Affreschi nel Duomo di Cremona

Biografia

L’artista in esame si formò sulla scia degli artisti della scuola di Tolmezzo (attivissima nel Friuli nel Quattrocento e Cinquecento) e di Pellegrino di San Daniele, come testimonia il “Trittico di san Michele Arcangelo, san Giovanni Battista e san Valeriano”, realizzato ad affresco nel 1506 nella pieve di Santo Stefano a Valeriano, Pinzano al Tagliamento (Pordenone).

Ben presto il Pordenone addolcì la durezza della sua pittura giovanile quando entrò a contatto con i dipinti del Giorgione , come dimostrano gli affreschi nella chiesa di San Lorenzo a Vacile (1508, Spilimbergo, provincia di Pordenone), la “Madonna e santi” (1511, Accademia di Venezia) e l’altra “Madonna e santi” (intorno al 1518, nella chiesa Parrocchiale di Alviano).

Più tardi il pittore, dopo un probabile viaggio a Roma (in tal caso riferibile al 1518), si orientò verso una pittura più vasta e drammatica (decorazione della cappella Malchiostro, realizzata nel 1519 nel Duomo di Treviso).

Tra il 1520 e il 1522, succeduto – non si conosce per quale motivo – al Romanino, partecipò ai lavori nel duomo di Cremona con il ciclo della Passione che realizzò, in un’articolata struttura compositiva, le varie tematiche integrando le suggestioni della pittura nordica con la lezione romana.

Di indole eclettica, l’artista attinse a stilemi diversi ispirandosi al Correggio e al Parmigianino per gli affreschi in S. Maria di Campagna a Piacenza (“Padre Eterno, angeli, profeti e sibille”, “Sposalizio mistico di santa Caterina”, “Storie dell’infanzia di Cristo”) realizzati intorno al 1430-32, e al Tiziano in alcune pale d’altare, a cui rinnovò con le proprie peculiarità la struttura compositiva (S. Lorenzo Giustiniani e santi, 1532, Accademia di Venezia).

Il Pordenone fu attivo soprattutto nelle zone friulane (Noli me tangere a Palazzo Tinghi, 1534, Udine) e venete (Annunciazione, 1537, Murano, S. Maria degli Angeli).

Nel 1538 fu chiamato da Ercole II a Ferrara, città in cui morì nel corso dell’anno successivo. (Fonti della ricerca: Enciclopedia Treccani).

Opere del Pordenone

Trittico di san Michele Arcangelo, san Giovanni Battista e san Valeriano (affresco), anno 1506, pieve di Santo Stefano a Valeriano, Pinzano al Tagliamento (provincia di Pordenone).

Santi Rocco ed Erasmo (affresco su un pilastro), anno 1506, Duomo di Pordenone.

Ciclo di affreschi, anteriore all’anno 1508, chiesa di San Lorenzo a Vacile, Spilimbergo (provincia di Pordenone).

Pareti con Storie dei santi Lorenzo e Sebastiano, Apostoli e Resurrezione di Cristo.

Volta con Cristo risorto, Profeti, Evangelisti e Dottori della Chiesa.

Madonna e santi, anno 1511, Gallerie dell’Accademia, Venezia.

Ciclo di affreschi, triennio 1511-1513, proveniente da Susegana (Treviso), cappella gentilizia del castello di San Salvatore a Collalto, andati perduti.

Padri della Chiesa, profeti ed evangelisti, biennio 1513-1514, affreschi absidali, chiesa di Sant’Ulderico a Villanova, Pordenone.

Madonna e santi, biennio 1513-1514, chiesa parrocchiale di Vallenoncello, Pordenone.

Madonna della Misericordia col Bambino, anno 1515, pala d’altare, Duomo di Pordenone.

San Prosdocimo e san Pietro, biennio 1515-1516, tecnica a tempera su tavola, North Carolina Museum of Art, Raleigh.

Trasfigurazione, biennio 1515-1516, tecnica a tempera su tavola, 93 x 64 cm, Pinacoteca di Brera, Milano.

Cristo, anno 1516, tecnica ad affresco nella volta, chiesa di San Pietro, Travesio (Pordenone).

Ritratto di musico, periodo 1515-1520 circa, tecnica a olio su tela, 53 x 52 cm, Kunsthistorisches Museum, Vienna.

Cappella dell’Annunziata, anno 1519, affreschi nel Duomo di Treviso.

Madonna e santi e fregi, affreschi, chiesa parrocchiale, Alviano (Terni).

Madonna col Bambino tra i santi Ilario, Taziano, Antonio Abate e Giovanni Battista, anno 1520, chiesa dei Santi Ilario e Taziano in frazione Torre, Pordenone.

Salita al Calvario, anno 1521, tecnica ad affresco, Duomo di Cremona.

Cristo davanti a Pilato, anno 1521, tecnica ad affresco, Duomo di Cremona.

Deposizione, anno 1521, tecnica ad affresco, Duomo di Cremona.

Cristo inchiodato alla Croce, anno 1521, tecnica ad affresco, Duomo di Cremona.

Crocifissione, anno 1521, tecnica ad affresco, Duomo di Cremona.

Scene della vita della Vergine, anno 1524, scomparti delle cantorie, Duomo di Spilimbergo (Pordenone).

Assunzione della Vergine, Caduta di Simon Mago e Conversione di san Paolo, anno 1524, portelle d’organo, Duomo di Spilimbergo (Pordenone).

Natività, anno 1524, tecnica ad affresco, chiesa di Santa Maria dei Battuti, Pinzano al Tagliamento (Pordenone).

Madonna col Bambino e santi, anno 1525 circa, tecnica a olio su tela, chiesa parrocchiale, Susegana (Treviso).

Madonna col Bambino, anno 1525, tecnica ad affresco, chiesa di San Martino, Pinzano al Tagliamento (Pordenone).

Pietà, anno 1526, tecnica ad affresco, chiesa di San Pietro, Travesio (Pordenone).

Trittico con la Madonna in trono tra i santi Giacomo, Lorenzo, Antonio abate e Michele arcangelo, anno 1526, chiesa di San Lorenzo Martire, Varmo (Udine).

Decollazione di san Paolo, anno 1526, tecnica ad affresco, chiesa di San Pietro, Travesio (Pordenone).

Adorazione dei Magi, anno 1526, tecnica ad affresco, chiesa di San Pietro, Travesio (Pordenone).

Conversione di Saul, 1526, tecnica ad affresco, chiesa di San Pietro, Travesio (Pordenone).

Santi Martino e Cristoforo, biennio 1528-1529, tecnica a olio su tavola, ciascuno 250 x 140 cm, chiesa di San Rocco, Venezia.

Deposizione di Cristo, biennio 1529-1530, tecnica ad affresco, cappella Pallavicino, chiesa dell’Annunziata, Cortemaggiore (Piacenza).

Disputa sull’Immacolata Concezione, pala d’altare, biennio 1529-1530, Museo di Capodimonte, Napoli.

Cupola con Padre Eterno, angeli, profeti e sibille, affreschi, triennio 1530-1532, chiesa di Santa Maria di Campagna, Piacenza.

Storie dell’infanzia di Cristo, affreschi, triennio 1530-1532, chiesa di Santa Maria di Campagna, Piacenza.

Sposalizio mistico di santa Caterina, pala d’altare, anni 1530-1532, chiesa di Santa Maria di Campagna, Piacenza.

San Lorenzo Giustiniani e santi, pala d’altare, anno 1532, Gallerie dell’Accademia, Venezia.

Noli me tangere, anno 1532, affresco staccato, Galleria Franchetti, Venezia.

Storie di Giasone, anno 1532, affreschi, già a Genova, facciata di palazzo di Fassolo, andati perduti.

San Ludovico di Tolosa (dal soffitto di una Scuola veneziana), periodo 1530-1535 circa, tecnica a olio su tavola, 29,8 x 29,8 cm, National Gallery, Londra.

San Bonaventura (dal soffitto di una Scuola veneziana), periodo 1530-1535 circa, tecnica a olio su tavola, 29,8 x 29,8 cm, National Gallery, Londra.

Trinità, periodo 1530-1535 circa, Duomo di San Daniele del Friuli.

San Rocco nella foresta nutrito da un cane, anno 1534, tecnica a olio su tela, olio, 60×92 cm, Accademia Carrara, Bergamo.

Noli me tangere, biennio 1534-1535, tecnica a olio su tela, Duomo di Cividale del Friuli (Udine).

Lavori vari, anno 1535, già a Venezia, Palazzo Ducale, andati perduti.

Gigantomachia, anno 1535, affreschi, palazzo Tinghi, Udine.

San Luca, anni 1535-1537, tecnica a olio su tavola, 75 x 75 cm, Szépmûvészeti Múzeum, Budapest.

Milone dilaniato dal leone, anni 1535-1537, tecnica a olio su tela, 204 x 308 cm, Smart Museum of Art, Chicago.

Testa di vecchio, tecnica a olio su tela, 18,5 x 16,5 cm, Galleria Nazionale, Parma.

Pala dell’Annunciazione, anno 1537, chiesa di Santa Maria degli Angeli, Murano (Venezia).

Disegni

Morte di san Pietro Martire, anni 1526-1528, disegno su carta, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, Firenze.

Continenza di Scipione, anni 1530-1535 circa, 19,60×25 cm, National Gallery of Scotland, Edimburgo.

Pélias invita Giasone a partire alla ricerca del Toson d’oro, anni 1533-1535 circa, tecnica a sanguigna su carta, 15,40 x 13,60 cm, Cabinet des Dessins, Parigi.

San Cristoforo, Metropolitan Museum, New York.

Cristo stante, Metropolitan Museum, New York.

Studio per un’Annunciazione, anni 1537, 38,9 x 25 cm, Royal Collection, Castello di Windsor.

Studio di decorazione per un pilastro, Metropolitan Museum, New York.

Bibliografia

Giorgio Vasari, “Vite de’ più …” (edizioni 1550 e 1568).

Giuseppe Fiocco, Giovanni Antonio Pordenone, Udine, anno 1939 (prima edizione) e Padova (1943 seconda edizione)

Italo Furlan, Giovanni Antonio Pordenone, Prefazione di G. Fiocco, anno 1966, Pordenone.

Charles E. Cohen, The drawings of Giovanni Antonio da Pordenone, anno, Firenze.

Il Pordenone, catalogo della mostra a cura di Caterina Furlan, introduzione di R. Pallucchini, Pordenone, Ex Convento di San Francesco, 21.7-11.11.1984, Milano, 1984.

Il Pordenone, Atti del Convegno internazionale di studio, Pordenone, 23-25.8.1984, cura di Caterina Furlan, anno 1985, Pordenone.

Caterina Furlan, Il Pordenone, anno 1988, Milano.

Charles E. Cohen, The art of Giovanni Antonio da Pordenone between dialect and language, volume 1 e 2, anno 1996, Cambridge.

Amedeo Calligaris, Taccuino – Considerazioni Critiche su Giovanni Antonio de Sacchis detto il Pordenone, anno 1997, Gorizia.

Francesco Boni De Nobili, Giovanni Antonio de’ Sacchis, Il Pordenone, De Bastiani, anno 2013, Godega S.U.

Pittore Andrea Previtali, conosciuto anche come il Cordeliaghi

Il Cordeliaghi (Berbenno, c. 1480 – Bergamo, 1528)

Sacra Famiglia con san Girolamo
Sopra, un’opera del Cordeliaghi: Sacra Famiglia con san Girolamo, intorno al 1525, Palazzo Vescovile, Brescia.

Biografia

Andrea Previtali, di cui non si conosce l’esatta data di nascita, che viene tradizionalmente riferita intorno al 1480, nacque in un borgo della valle Imagna, presso Bergamo.

La sua capacità artistica, già manifestata sin dalla giovane età, lo condussero presto a Venezia, allora uno dei più importanti centri artistico-culturali della nostra penisola.

Qui si formò sotto la guida del Giambellino, che lo volle come allievo nella propria bottega.

Le opere del primo periodo del Cordeliaghi, tra cui spiccano ritratti ed incantevoli vedute paesistiche, risentono anche le influenze della pittura di artisti come Giorgione, Carpaccio e Palma il Vecchio (con quest’ultimo gli influssi sono reciproci), che frequentò durante il suo soggiorno presso la Serenissima.

Intorno al 1511 l’artista fece rientro nel bergamasco. A Bergamo il suo stile incominciò ad avvicinarsi sempre più a quello di Lorenzo Lotto.

I suoi numerosi dipinti, principalmente a sfondo religioso con immagini luminose ed assai prossime alla realtà, sono il frutto di perizia tecnica e raffinato gusto.

Le principali opere di Andrea Previtali

Annunciazione, santuario di Santa Maria Annunziata in Meschio, Vittorio Veneto.

Madonna col Bambino e donatore, 1502, Museo civico di Padova.

Sposalizio di santa Caterina, Venezia, San Giobbe.

San Benedetto in cattedra e santi, Bergamo, Duomo di Bergamo.

Sacra conversazione Casotti, Bergamo, Accademia Carrara.

Incoronazione della Vergine, Milano, Accademia Brera.

La vergine ed il bambino con i santi Giovanni Battista e Caterina, Londra, National Gallery.

La vergine ed il bambino adorati da due angeli, Londra, National Gallery.

La vergine ed il bambino con germoglio d’ulivo, Londra, National Gallery.

La vergine ed il bambino con frate supplicante e santa Caterina, Londra, National Gallery.

Scene delle egloghe di san Tebaldo, Londra, National Gallery.

Salvator mundi, Londra, National Gallery.

Ritratto di uomo, (recto) Memento mori, (verso), Milano, Museo Poldi Pezzoli.

La beatitudine di Cristo, Londra, National Gallery.

Sommersione dell’esercito del faraone nel Mar Rosso, Venezia, Gallerie dell’Accademia.

Il riposo durante la fuga in Egitto, The Faringdon Collection at Buscot Park, Oxfordshire, UK.

Sant’Antonio abate, san Cristoforo e san Nicola da Tolentino, Museo Arte Sacra, Alzano Lombardo, BG.

Natività, Gallerie dell’Accademia, Venezia.

San Francesco Stigmatizzato, affresco, secondo Chiostro della Basilica madonna dei Miracoli di Motta di Livenza, Treviso.

Madonna col bambino, affresco trasportato, Treviso, Santuario Madonna dei Miracoli di Motta di Livenza.

Sacra Famiglia con san Girolamo, 1525 circa, Brescia, Palazzo Vescovile.

Bibliografia

Jane Turner (a cura di), The Dictionary of Art. 25, pp. 569-570., anno 1996, New York, Grove.

Mauro Zanchi, “Andrea Previtali. Il coloritore prospettico di maniera belliniana”, Ferrari Editrice, anno 2001, Bergamo.

Pittore Francesco Galli, detto Francesco Napoletano

Francesco Napoletano (Napoli, 1470 ca. – Venezia, 1501)

Polittico di San Nicola
Sopra, un’opera dell’artista in collaborazione con il Civerchio ed altri artisti:  Polittico di San Nicola, 1495, tempera su tavola, Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia

Biografia

La formazione artistica di Francesco Napoletano si svolse presso la bottega di Leonardo da Vinci.

Nell’ambiente lavorativo del grande maestro, Francesco è considerato uno tra i più dotati ed enigmatici allievi.

Del pittore in esame abbiamo poche e frammentarie notizie e il catalogo della sua produzione è assai problematico.

Per cercare di ricostruire questa figura artistica del tardo Quattrocento possiamo partire dalla paletta (firmata, di cui parleremo in seguito) del Museo di Zurigo, ove è rappresentata una Madonna in trono tra i santi Giovanni Battista e Sebastiano, da cui prevale uno stile predominante: quello di Leonardo.

Per diversi secoli la critica fu concorde nel classificare il pittore come un seguace leonardesco di poco conto, che non era riuscito a fare tesoro dei precetti del suo celebre maestro, ma alcuni documenti ritrovati recentemente presso il Fondo Notarile dell’Archivio di Stato di Milano hanno largamente rivalutato l’artista.

Dall’atto, datato 21 agosto 1501, steso a Venezia, spiccano diverse notizie importanti: la famiglia di Francesco era di origini napoletane ma non vengono riportati luogo e data di nascita del pittore.

Nel 1501 probabilmente Francesco era già scomparso e lasciava due figli ancora adolescenti (cosa che induce a pensare avesse avuto una morte prematura); il suo cognome era Galli e non Napoletano.

Un altro documento, datato 1502, indica invece le cause della morte, del tutto attribuibili alla peste. Queste testimonianze, quindi, sono una piccolissima ma utile integrazione alla biografia dell’artista, da cui si ricava anche che il Napoletano – assieme a Marco d’Oggiono (1475 ca. – 1530 ca.), Giovanni Antonio Boltraffio (1467 – 1516) , e Salai (1480 – 1524) – fu uno fra i primi discepoli di Leonardo quando questi era attivo a Milano intorno al 1490.

Lo stile della Pala di Zurigo è considerato, infatti, il più precoce accostamento al leonardismo e fa presupporre che l’attività artistica del Napoletano abbia avuto inizio proprio nella prima bottega milanese di Leonardo da Vinci.

Enigmatico è anche il suo soggiorno a Venezia, come d’altronde i viaggi di altri seguaci di Leonardo che si ritrovarono nello stesso periodo (marzo del 1500) nella città lagunare: i motivi di tali spostamenti sono tutt’ora sconosciuti dalla storiografia: così Marco d’Oggiono, i fratelli Gobbo (Cristoforo Solari; 1468 – 1524) e Solario (Andrea Solari; 1470 circa – 1524), Boltraffio e Giovanni Agostino da Lodi (470 circa – <1519), come pure lo stesso Leonardo e Salai.

Opere più significative di Francesco Napoletano

Madonna col Bambino in trono e due angeli, National Museum, Stoccolma.

Madonna in trono tra i santi Giovanni Battista e Sebastiano, Kunsthaus, Zurigo.

San Sebastiano (tavola del Polittico di San Nicola da Tolentino), Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia.

Madonna col Bambino, Pinacoteca di Brera, Milano.

Ritratto di giovane, Nelson-Atkins Museum of Art, Samuel U. Kress Collection, Kansas City.

Cristo Redentore, Ringling Museum of Art, Sarasota.

Madonna col Bambino (Madonna Lia), Pinacoteca del Castello Sforzesco, Milano.

Bibliografia:

 M.T. Fiorio, Francesco Napoletano (e Pseudo Francesco Napoletano) in I Leonardeschi, l’eredità di Leonardo in Lombardia, anno 1988, Milano.

P. C. Marani, Leonardo e i leonardeschi a Brera, anno 1987, Milano.

Pittore Mark Rothko

Mark Rothko (Daugavpils, 25 settembre 1903 – New York, 25 febbraio 1970)

Sopra: una foto contenente otto opere dell’artista (tratta dal sito di “jizaino.end.at”)

Lo stile

Grande pittore americano, famoso soprattutto per le opere eseguite durante gli anni Cinquanta. Il suo linguaggio pittorico non è di facile collocazione.

Rothko è molto vicino all’estremismo purista, ma non può essere considerato purista; è molto vicino anche all’estremismo dell’action painting e non può essere considerato neppure un pittore gestuale.

Se altresì viene collocato al centro tra i due linguaggi, si allontana troppo da entrambi.

Cenni biografici

 Al compimento dei dieci anni di età dell’artista la sua famiglia emigrò negli USA. Laggiù, tra il 1912 ed il 1913 Mark frequentò la Yale University.

Più tardi (1925), a New York, si iscrisse ai corsi d’arte di M. Weber presso la Art Students League.

Nel 1935 fondò, insieme a Adolph Gottlieb (New York, 1903 – New York, 1974), il “The Ten”, un gruppo a tendenze espressioniste, con il quale organizzò annualmente manifestazioni artistiche per circa un decennio.

L’amicizia con la collezionista Peggy Guggenheim (New York, 1898 – Camposampiero, 1979), che conobbe nella prima metà degli anni Quaranta, nonché gli stretti rapporti con i pittori William Baziotes (Pittsburgh, 1912 – New York, 1963), Barnet Newman (1905 – 2970) e Robert Motherwell (Aberdeen, 1915 – Provincetown, 1991), con i quali istituì nel 1948 la scuola “Subject of the artist”, segnarono quel cambiamento che portò il Rothko ad abbandonare il naturalismo biomorfico di stampo surrealista (Il Seppellimento, 1946, attualmente al Whitney Museum di New York) per orientarsi verso una pittura più astratta, consistente in vasti spazi cromatici a forma rettangolare casualmente sovrapposti, che diventeranno la peculiarità della successiva produzione (Numero 10, 1950, custodito nel Museum of Modern Art di New York).

Interessato all’esperienza visiva, intesa anche come forma didattica, Rothko si dedicò, tra il 1929 ed il 1954, all’insegnamento, che svolse presso la Center Academy (fino al 1952) e il Brooklyn College (dal 1951 al 1954).

La sua pittura, costituita da una semplicissima struttura formale ed un cromatismo di forte espressività (Nero su nero, 1964, della National Gallery of art di Washington; Rosso chiaro su nero, 1957, della Tate Gallery di Londra), viene riassunta nei quattordici pannelli realizzati tra il 1967 ed il 1969 per la cappella Menil di Houston, un ciclo pittorico considerato dall’artista stesso come il risultato finale di tutte le sue ricerche, che effettivamente furono tragicamente interrotte il 25 febbraio 1970 dall’estremo suo atto: il suicidio.

Pittore Luca Spinelli

Luca Spinelli (1350 – 1410) (padre dell’ancor più celebre pittore Spinello Aretino)

Luca Spinelli: In limbo
Sopra, un’opera di Luca Spinelli: In limbo

Cenni biografici:

Nascita:  Arezzo 1350.

Morte: Arezzo 1410.

Formazione artistica: inizia come allievo nella bottega di Jacopo del Casentino, è influenzato più tardi dalla pittura dell’Orcagna (appartenente al gruppo dei pittori post-giotteschi) e soprattutto dalla scuola senese come si rivela nella brillantezza delle gamme cromatiche dei suoi affreschi.

Periodo di appartenenza: Tardogotico.

La sua pittura: Post-Giottesca.

Dove è artisticamente attivo: prevalentemente in Toscana  a Firenze, Pisa e, soprattutto ad Arezzo.

Alcune sue opere: Diversi affreschi nella chiesa di Santa Maria Novella, Affreschi Ad Arezzo andati per la maggior parte perduti eccetto la Crocifissione nel Duomo, Storie di San Benedetto a Firenze nella sacrestia di S. Miniato al Monte, affreschi “i Miracoli dei santi Potito ed Efeso” a Pisa sul muro del Camposanto, affresco della Storia di Alessandro a Siena nel Palazzo Pubblico.

Pittore Girolamo di Romano, meglio conosciuto come il Romanino

Il Romanino (Brescia, 1484 circa – 1566 circa)

Lo scaccia-importuni
Sopra, un’opera dell’artista: Lo scaccia-importuni, affresco, Palazzo del Buonconsiglio, Trento.

Breve biografia

Girolamo di Romano (o Romani), bresciano, meglio conosciuto come il Romanino, compie la sua prima formazione artistica sotto la guida del Ferramola (1478 circa – 1528).

Il suo amore per il Giorgione lo porta però ad una pittura dalla quale traspaiono tutte le caratteristiche di questo grande artista (Pala di San Francesco a Brescia e la Pala al Museo di Padova).

Più tardi aggiungerà ai toni scuri gamme tendenti al verde, e la sua pittura si avvicinerà più al Tiziano, come testimoniano gli affreschi con “Le storie di Cristo” (nel duomo cremonese) e ad altri due grandi artisti come il Lotto ed il Palma.

La ricchezza immaginativa e l’amore per la bellezza e l’eleganza, che sono le caratteristiche principali del Romanino, lo rendono sfarzosamente decorativo sia nelle tematiche religiose che nella ritrattistica.

Questo artista lascia a Trento importanti testimonianze della sua pittura (Affreschi al Castello) e consegna alla sua terra, rilevanti capolavori come “I santi Faustino e Giovita” nella Galleria Tosio e Martinengo, “Lo Sposalizio” ed una serie di affreschi (“la Resurrezione di San Lazzaro”, “la cena in casa del fariseo”, “San Giovanni e San Matteo”) in San Giovanni Evangelista.

Andy Warhol

 Pagina correlata: “Querelle” di Andy Warhol

Andy Warhol (Pittsburgh, 6 agosto 1928 – New York, 22 febbraio 1987)

(Pittore e scultore, produttore cinematografico e regista, attore e sceneggiatore, direttore della fotografia e montatore)

Marilyn Monroe
Ritratto di Marilyn Monroe

Le foto rappresentate sono a bassissima risoluzione e inserite al solo scopo didattico

La sua arte

Artista brillante e controverso, Andy Warhol è il più grande esponente della Pop-Art, nonché una delle icone più rappresentative dell’arte contemporanea internazionale.

Campbell's soup
Campbell’s soup

Famosissimi sono i suoi cicli serigrafici in cui vengono enfatizzati i concetti per cui l’arte possa essere riprodotta e commercializzata.

I cicli serigrafici riferiti alle icone dei mass-media – una particolare riformulazione della serie delle ninfee o  della Cattedrale di Rouen, entrambe di Claude Monet –  sono oggi considerati come una delle pietre miliari dell’arte contemporanea, che continuano ad influenzare gli artisti di ogni nazionalità.

Cenni biografici

Di origine slovacca, dopo aver studiato al Carnegie Institute of Technology (l’odierna Carnegie Mellon University) di Pittsburgh, nel 1949 si stabilì a New York, dove iniziò la sua attività come grafico pubblicitario, mostrando subito il suo talento artistico ed ottenendo dal pubblico numerosi consensi.

Nel 1961 esordì con le serigrafie ispirate al fumetto, alle immagini tratte dai giornali ed ai prodotti commerciali. Con l’esasperata realizzazione “in serie” delle sue opere Warhol portò alle estreme conseguenze il principio della riproducibilità dell’arte – e dell’opera in se stessa – come prodotto della commercializzazione: famosi sono i ritratti di Marilyn Monroe, Campbell’s soup, ecc..

Già a quel tempo, nel suo studio, che era anche un frequentatissimo luogo d’incontro per artisti ed intellettuali, Andy Warhol promuoveva manifestazioni multimediali, che immancabilmente riportava in pellicola. Tali filmati dimostrano quello che poi fu il suo grande interesse per la fotografia e la cinematografia.

L’artista morì a New York il 22 febbraio 1987, in seguito a complicanze dovute ad un intervento chirurgico alla cistifellea.