Gerolamo Giovenone (Vercelli, intorno al 1490 – 1555)
Sopra, un’opera dell’artista: Trittico Raspa, Trino (Vercelli), chiesa di S. Bartolomeo.
Biografia
Gerolamo Giovenone discende da una famiglia di artisti che lavoravano il legno, la cui produzione si basava soprattutto sulla realizzazione di opere di intarsio, nonché di cornici per pale d’altare e di strutture per grandi polittici.
Nacque a Vercelli intorno al 1490 e si formò presso la bottega di Giovanni Martino Spanzotti (Casale Monferrato, intorno al 1455 – Chivasso, non dopo il 1527/28), uno tra i principali esponenti di quel rinnovamento allora in atto anche nel Rinascimento piemontese.
In tale ambiente conobbe Defendente Ferrari (Chivasso, 1480/85 – Torino, 1540 circa), allievo e collaboratore del suo stesso maestro, da cui trasse quegli spunti che gli permisero di superare i primi momenti con un brillante esordio.
A questa fase è riferita la Madonna con Bambino e Santi (collezione Johnson a Filadelfia), da cui si evidenziano gli influssi Spanzotti-Ferrari (Polittico della Compagnia dei Calzolai della Cattedrale San Giovanni Battista di Torino, 1498-1504).
Allo stesso periodo appartengono anche opere come l’Adorazione dei Magi dell’Arcivescovado di Vercelli, il Trittico Raspa di Trino Vercellese e la Pala Buronzo (1514, attualmente custodita presso la Galleria Sabauda di Torino), ove – in quest’ultima – appaiono le sacre e delicate figure dei soggetti principali insieme a quelle della famiglia donatrice.
L’artista non fu statico nel portare avanti le proprie peculiarità pittoriche e cercò oltre modo di innovare il suo linguaggio orientandosi verso lo stile di Gaudenzio Ferrari (Valduggia, 1475/80 – Milano, 31 gennaio 1546), quando questi era ormai divenuto il principale punto di riferimento della pittura settentrionale, soprattutto quella piemontese e, in parte, lombarda fino a Milano.
Il Giovenone, tuttavia, non uscì mai dal suo generale schema compositivo mantenendo, soprattutto nel campo figurativo, uno stile abbastanza equilibrato e privo di invenzioni, senza mai nulla togliere al fattore espressivo: uno stile che certamente piacque alla committenza come dimostrano i prestigiosi ordinativi di quel periodo presso la sua bottega a Vercelli.
Nell’ultima fase della sua attività artistica il linguaggio pittorico di Gerolamo si allineò con quello di Bernardino Lanino, suo genero ed allievo di Gaudenzio Ferrari.
Le sue opere sono custodite in musei italiani e stranieri quali: Szépművészeti Múzeum, Budapest – Museum of Art di Philadelphia, Johnson Collection, Filadelfia – MUS’A, Sassari – National Gallery, Londra – Accademia Carrara, Bergamo – Pinacoteca di Brera, Milano – Galleria Sabauda, Torino – Museo Francesco Borgogna, Vercelli – Museo del Territorio Biellese, Biella – Museo Civico d’Arte Antica, Torino.
Alcune opere di Gerolamo Giovenone
Adorazione del Bambino, Vercelli, Museo Borgogna.
Assunzione della Vergine, Budapest, Museo delle Belle Arti.
Polittico, Collegiata di Sant’Agata (Santhià).
Pala Buronzo, Torino, Galleria Sabauda.
Deposizione, Biella, Museo del Territorio di Biella.
Trittico Raspa (foto sopra raffigurata), Trino (Vercelli), chiesa di S. Bartolomeo.
Bibliografia
Edoardo Villata, Simone Baiocco Gaudenzio Ferrari, Gerolamo Giovenone: un avvio e un percorso, anno edizione 2004, Allemandi.
Sopra, un’opera dell’artista: We Two Boys Together Clinging (Noi Due ragazzi Aggrappati Assieme), anno 1961.
La foto sopra raffigurata è a bassa risoluzione ed è stata inserita al solo scopo didattico.
Breve biografia
David Hockney è stato uno dei massimi interpreti della Pop Art. Nato in Inghilterra, si trasferì in California, dove subito identificò attraverso un’inedita luministica, il paesaggio urbano e la cultura del ‘Golden State’.
David, ancora vivente ed annoverato tra i più celebri artisti contemporanei (quando scriviamo siamo in data 11 marzo 2014), non è soltanto pittore ma disegnatore, incisore, fotografo e scenografo.
Agli inizi degli anni sessanta divenne uno dei principali rappresentanti della Pop art anglosassone.
Intraprese molti viaggi negli Stati Uniti per poi stabilirsi definitivamente in California. L’elemento figurativo diventa per l’artista il cardine su cui gioca tutta la sua produzione artistica che, come già sopra accennato, non si limita alla sola pittura. Hockney realizzò, infatti, anche collages fotografici impiegando la vecchia ed amata “Polaroid”.
Collaborò con Alfred Jarry alla sua opera teatrale “Ubu re”, allestita nel 1963 al Royal Court Theatre di Londra.
Negli anni settanta si dedicò alle scenografie de “La carriera di un libertino” (1974) per il Glyndebourne Festival Opera e de “Il flauto magico” (1978) messo in scena al Metropolitan Opera di New York.
Nel 1994 realizzò i disegni per i costumi della Turandot, esibita alla San Francisco Opera.
Winsolw Homer (Boston, 24 febbraio 1836 – Prout’s Neck, 29 settembre 1910)
Cenni biografici e stile dell’artista
Sopra, un’opera dell’artista
Winslow Homer, come molti altri pittori statunitensi, approdò in ambito artistico da autodidatta.
Nel triennio 1854-56 lavorò come apprendista nella tipografia di un certo Bufford di Boston.
Più tardi iniziò a collaborare con la rivista Ballou’s Monthly e per i fratelli James e John Harper (la J. & J. Harper, l’attuale HarperCollins di Murdoch).
Nel 1859 si recò per la prima volta a New York, ove frequentò un breve corso serale presso l’Accademia del disegno.
In questo periodo realizzò alcuni bozzetti con tematiche relative alla guerra civile, che poco dopo riportò su tela diventando celebre come pittore di scene di vita militare (Prigionieri, 1866, Sharpshooter on picket duty, ecc.).
Winslow, nonostante la rapida ascesa alla notorietà, continuò a perfezionare gradatamente il suo stile raggiungendo importantissimi risultati dopo i quaranta anni.
Lo stile di Winsolw Homer
Artista originale e franco da ogni movimento artistico, Winslow fondava la sua pittura sull’immediatezza della visione da riprodurre, con quel realismo che di lì a poco si sarebbe potuto considerare assai prossimo all’Impressionismo francese.
Insigne paesaggista e specializzato in marine, il pittore seppe rendere in modo insuperabile il movimento cromatico, la solidità delle rocce, l’agitazione del mare, lo scroscio delle acque e loro corsa.
La tecnica, che nel corso della sua attività artistica subì lentissimi ma continui sviluppi, permise all’artista una pennellata immediata, decisa, vigorosa e solida.
I temi preferiti sono le scene con i pescatori, i marinai della Nuova Inghilterra e la vita di frontiera, non troppo elaborate ma con effetti di alta monumentalità.
Homer è considerato uno fra i più alti esponenti della pittura americana.
Bibliografia
W. H. Downes, Life and Works of W. H., anno 1911, Boston;
K. Cox, W. H., New York 1914; B. C. K., in Thieme-Becker, Künstl.-Lex., XVII, anno 1924, Lipsia;
L M. Bryant, American Pictures-and their Painters, anno 1925, New York;
E Neuhaus, History and Ideals of American Art, 1anno 931, Stanford, Cal..
Edward Hopper (Nyack, 22 luglio 1882 – New York, 15 maggio 1967)
Sopra, un’opera dell’artista: Summer Interior (anno 1909), Whitney Museum of American Art
Le due foto sono a bassa risoluzione ed inserite al solo scopo didattico (comunque pubblicate in America tra il 1923 ed il 1963 con un copyright non più rinnovato)
Cenni biografici
L’artista americano, definito da molti il “pittore della solitudine urbana”, utilizzava spesso composizioni e tagli fotografici tipo quelli dei pittori impressionisti (Monet, Manet, Pissarro, Sisley, Toulouse-Lautrec, ma anche Daumier, Courbet e Goya) con le cui opere entrò in diretto contatto nei soggiorni parigini del 1906 e 1909.
Tuttavia il suo linguaggio pittorico è integrato da molti fattori che lo rendono del tutto personale tanto che, ancor oggi, viene spesso imitato ed adottato da fotografi e cineasti di ogni genere.
Nei suoi dipinti a sfondo paesaggistico appaiono architetture, strade di città, spazi interni di appartamenti, di teatri, uffici e luoghi di vario genere. Le scene, pur essendo descritte con una coloristica piuttosto brillante, non trasmettono segnali di grande vitalità. I volumi e le dilatazioni spaziali sono reali ma con convincono l’inconscio del fruitore a cui arrivano informazioni quasi metafisiche caricandolo di una certa dose di inquietudine. Infatti André Breton nel periodo del suo esilio newyorkese, in una sua intervista del 1941 pubblicata su View, accostava i dipinti di Hopper a quelli di Giorgio De Chirico.
La struttura compositiva risulta talvolta geometrizzante ed il gioco della luminosità, artificioso e sofisticato, è sempre freddo, mentre i dettagli vengono spesso sintetizzati o trascurati rendendo deserta e silenziosa la scena rappresentata. Talvolta appare più di una figura umana, e quando questo avviene sembra mancare lo scambio di sentimenti fra i soggetti, che diventano incomunicabili tra loro. Infatti in quelle rare scene i loro sguardi non si incontrano mai e, fra l’altro, sembrano uscire dal dipinto facendo sì che l’osservatore non riesca mai a capire dove siano diretti: Hopper “dipingeva il silenzio”.
Il suo dipinto più celebre, i “Nighthawks” (I nottambuli) realizzato nel 1942, è oggi il simbolo della “solitudine” della metropoli contemporanea, ed è considerato una delle icone dell’arte del XX secolo.
Le opere più significative di Edward Hopper
Nudo che sale sul letto, anno 1903 – 1905 circa.
Autoritratto, anno 1903 – 1906.
Gradini a Parigi, anno 1906.
Le pont des Arts, anno 1907.
La bottega del vino, anno 1909.
Interno d’estate, anno 1909.
Blackwell’s Island, anno 1911.
Angolo di New York, anno 1913.
Soir Bleu, anno 1914.
Yonkers, anno 1916.
Stazione di una piccola città, anno 1918 – 1920.
East river, anno 1920-1923.
Ristorante a New York, anno 1922 circa.
Marciapiedi a New York, anno 1924 – 1925.
Casa vicino alla ferrovia, anno 1925.
Self-portrait (autoritratto), anno 1925 – 1930.
Eleven A.M. (Le undici di mattina), anno 1926.
The city (La città), anno 1927
Automat (Tavola calda), anno 1927.
Two on the aisle (Platea, 2ª fila a destra), anno 1927.
Night windows (Finestre di notte), anno 1928.
The lighthouse at two lights (Il faro a Two lights), anno 1929.
Chop Suey, anno 1929.
Railroad sunset (Tramonto sulla ferrovia), anno 1929.
Corn Hill, Truro, anno 1930.
Early sunday morning (Domenica mattina presto), anno 1930.
Hotel Room (Stanza d’albergo), anno 1931.
Room in New York, anno 1932.
House at dusk (Casa al crepuscolo), anno 1935.
Compartement C, Car 293 (Scompartimento C, carrozza 293), anno 1938.
Cape Cod evening (Sera a Cape Cod), anno 1939.
New York movie (Cinema a New York), anno 1939.
Gas (Benzina), anno 1940.
Office at Night (Ufficio di notte), anno 1940.
Nighthawks (I nottambuli), anno 1942.
Estate, anno 1943.
Approaching a city (Entrando in una città), anno 1946.
Sera d’estate, anno 1947.
Seven A.M. (Le sette del mattino), anno 1948.
Conference at night (conferenza di notte), anno 1949.
Cape Cod morning (Mattina a Cape Cod), anno 1950.
First row orchestra.
Rooms by the sea (stanze sul mare), anno 1951.
Sole di mattina, anno 1952).
Office in a small city (Ufficio in una piccola città), anno 1953.
South Carolina Morning (Mattino in South Carolina), anno 1955.
Four lane road (Superstrada a quattro corsie), anno 1956.
Western motel (Motel nel west), anno 1957).
A woman in the sun (Una donna nel sole), anno 1961.
Jasper Johns (Augusta, Georgia, U.S.A., 15 maggio 1930)
Sopra, un’opera dell’artista: Tre bandiere, anno 1958, Whitney Museum of American.
La foto sopra raffigurata è a bassa risoluzione ed è stata inserita al solo scopo didattico.
Cenni biografici
Jasper Johns, ancora vivente e annoverato tra i più celebri artisti contemporanei internazionali (quando scriviamo siamo in data 1 marzo 2014), è stato uno dei più importanti esponenti del New Dada, il movimento artistico americano assai prossimo al Nouveau Realisme francese, ove i semplici oggetti – quelli che comunemente usiamo ogni giorno – vengono raffigurati in un’opera d’arte. Tali considerazioni richiamano certamente l’arte Dada di Marcel Duchamp.
L’artista, che nacque a Augusta (Georgia) il 15 maggio 1930, passò la sua fanciullezza ad Allendale (South Carolina) e studiò all’università della South Carolina nel periodo compreso tra il 1947 e 1948, quindi si trasferì a New York dove, nel 1949, si iscrisse alla Scuola di Design “Parsons”.
A proposito del periodo di Allendale l’artista scrisse: «nel luogo dove sono cresciuto non c’erano artisti e non c’era arte, quindi non sapevo veramente cosa significasse. Pensavo che significasse che sarei stato in una situazione differente rispetto a quella in cui stavo».
Negli anni cinquanta Jasper Johns riuscì ad imporsi con successo negli ambienti artistici americani proponendo un inedito rapporto tra il mondo reale e quello da rappresentare nel dipinto, che solitamente era riferito alla vita quotidiana, semplice e comune di noi tutti.
Il pittore, che rifiutava nettamente l’espressionismo, soprattutto quello astratto, privilegiava la forma ed i fattori costitutivi dell’oggetto da rappresentare, evitando ogni componente gestuale durante la realizzazione dell’opera.
Johns risolse le problematiche relative alla raffigurazione del reale attraverso l’inserimento stesso dell’oggetto, ovvero il ready-made integrato nel dipinto: il ready-made e, per l’appunto, un oggetto d’uso comune – prodotto dall’uomo, dalle macchine o dalla natura stessa – che un artista promuove come opera d’arte senza alterare nessuna sua caratteristica estetica.
Pittore Francesco di Giorgio Martini (Siena, 1439 – Siena, 29 novembre 1501)
Sopra, un’opera dell’artista: Madonna col Bambino e due santi, Pinacoteca Nazionale di Siena
Biografia
Francesco Di Giorgio Martini, uno fra gli artisti più versatili e creativi nel mondo dell’arte tra il Quattrocento ed il Cinquecento, nacque a Siena nel 1439.
Fu pittore, architetto, scultore, ingegnere e medaglista. Di Francesco non ci sono arrivate molte notizie riguardo la sua formazione artistica, che pare si sia svolta tra il 1470 ed il 1476 presso la bottega del Vecchietta (Siena, 1410 – Siena, 1480).
Si sa invece che i primi lavori di pittura, come la Natività e l’Assunzione, entrambi custoditi nella pinacoteca di Siena, furono realizzati in quella città, come testimoniano i chiari influssi dello stesso Vecchietta e di Neroccio di Lando (con quest’ultimo l’artista in esame ebbe anche una bottega).
Le prime opere di Francesco di Giorgio si avvicinano, per stile e cromatismo, anche a quelle di Masaccio e del Sassetta. Più tardi l’artista risentì la pittura del Botticelli e del Pollaiolo.
Dopo il periodo senese l’artista orientò i suoi interessi verso l’architettura civile e militare abbandonando quasi completamente la pittura.
Di fondamentale importanza fu il soggiorno ad Urbino presso la corte di Federico da Montefeltro (Gubbio, 7 giugno 1422 – Ferrara, 10 settembre 1482), iniziato nel novembre del 1477 con l’incarico di portare a compimento il Palazzo Ducale già disegnato ed avviato dall’architetto Luciano Laurana (La Vrana, 1420 – Pesaro, 1479), di cui Francesco ne sviluppò la già eccellente filosofia urbanistica.
Ebbe altresì importanti incarichi nella progettazione di edifici religiosi e civili.
A quel tempo nel Ducato di Urbino il clima artistico e culturale aveva raggiunto livelli importanti e vi arrivavano da ogni parte grandi esponenti di ogni settore: letterati, scultori, architetti, pittori … Laggiù, Francesco riuscì a sviluppare le sue ricerche sperimentando le novità relative all’architettura, soprattutto quelle nel campo militare. Edificò articolati complessi di Rocche e Fortificazioni nei territori di Federico da Montefeltro ristrutturando, tra l’altro, quelli che egli stesso riteneva migliorabili. In poco tempo divenne il più grande esponente dell’ “Architettura militare di Transizione”, così chiamata proprio in seguito alle grandi modifiche degli architetti di allora per soddisfare le nuove esigenze belliche: nascevano le prime armi da fuoco e l’artiglieria aveva ormai preso il sopravvento su tutti gli altri sistemi di attacco e di difesa.
Dopo la Morte di Federico, avvenuta nel 1482, l’artista si sposto più volte da Urbino essendo chiamato a svolgere prestigiosi incarichi a Gubbio, a Cortona (riuscitissima fu la sintesi fra i sistemi planimetrici a pianta centrale e longitudinale nella chiesa di Santa Maria delle Grazie al Calcinaio), ad Ancona, a Jesi (Palazzo Comunale, realizzato nel biennio 1485-86).
Nel 1489 fece ritorno nella città natale dove fu nominato architetto ufficiale della Signoria; si occupò anche di scultura e ricoprì parallelamente altre cariche pubbliche.
Nel 1490 Francesco, Chiamato da Gian Galeazzo Sforza (Abbiategrasso, 20 giugno 1469 – Pavia, 21 ottobre 1494) partì per Milano dove conobbe Leonardo da Vinci con il quale collaborò ai progetti del Tiburio per il Duomo della città e della cattedrale di Pavia.
Nel 1491 partecipò al concorso indetto da Lorenzo il Magnifico (Firenze, 1º gennaio 1449 – Firenze, 9 aprile 1492) per la realizzazione della facciata della chiesa di San Lorenzo a Firenze.
Nel biennio 1494-95, in occasione dell’assedio di Castel Nuovo da parte delle truppe di Carlo VIII, Francesco fu chiamato a Napoli dagli aragonesi come ingegnere militare.
Nel 1995-96 l’artista soggiornò a Loreto per un sopralluogo alla cupola della Basilica che sembrava stesse crollando.
Ritornato a Siena fu capomastro, nel 1499, all’Opera del duomo.
Francesco di Giorgio Morì il 29 novembre 1901.
Opere pittoriche
Pio II nomina cardinale suo nipote (Biccherna), anno 1460, Archivio di Stato, Siena.
Madonna con due angeli, intorno agli anni 1465-1466, Lowe Gallery, Coral Gables (Florida).
Natività, anno 1465 circa, Art Association Galleries, Atlanta.
Madonna del Terremoto (Biccherna), anno 1467, Archivio di Stato, Siena.
Madonna col Bambino e angeli, intorno all’anno 1468, Pinacoteca Nazionale, Siena.
Madonna col Bambino, santi e angeli, intorno all’anno 1469, Museum of Fine Arts, Boston.
Madonna annunciata, intorno all’anno 1469, Pinacoteca Nazionale, Siena.
Natività, intorno all’anno 1470, Metropolitan Museum of Art, New York.
Dio Padre, intorno all’anno 1470, National Gallery of Art, Washington.
Madonna col Bambino, santa Regina, Santa Lucia e due angeli, intorno all’anno 1470, Pinacoteca Nazionale, Siena.
Madonna col Bambino e angeli, intorno all’anno 1471, Pinacoteca Nazionale, Siena.
Annunciazione, anni 1470-1472, Pinacoteca Nazionale, Siena.
Madonna col bambino, intorno all’anno 1472, Musée du Petit Palais, Avignone.
Incoronazione della Vergine, anni 1472-1474, Pinacoteca Nazionale, Siena.
Incoronazione della Vergine, anni 1472-1474, Pinacoteca Nazionale, Siena.
Natività con i santi Bernardo e Tommaso d’Aquino, anno 1475, Pinacoteca Nazionale, Siena.
Città ideale (attribuzione controversa), intorno all’anno 1477, Gemäldegalerie, Berlino.
Adorazione del Bambino, intorno all’anno 1485-90, chiesa di San Domenico, Siena.
Madonna col Bambino, santa Caterina e angeli, intorno all’anno 1490, Fundación Colección Thyssen-Bornemisza, Pedralbes.
Nascita della Vergine, intorno agli anni 1488-1494, chiesa di Sant’Agostino, Siena.
Madonna col Bambino e due santi, intorno all’anno 1495, Pinacoteca Nazionale, Siena.
Cartoni per le tarsie lignee dello Studiolo di Federico da Montefeltro (di dubbia assegnazione, contesa con Botticelli, Bramante e Baccio Pontelli), Palazzo Ducale di Urbino, Urbino.
Cristo denudato, intorno all’anno 1501, Pinacoteca Nazionale, Siena.
Architettura civile
Palazzo ducale di Urbino. Portato a compimento dal cantiere con ampliamenti. Il suo progetto, documentato, è relativo alle scuderie. La rampa elicoidale delle stesse scuderie è anch’essa autografa, mentre la Cappellina del Perdono gli viene attribuita.
Palazzo Pubblico di Cagli anno 1476, Cagli (PU).
Palazzo ducale di Gubbio anno 1480 Gubbio (PG).
Palazzo ducale di Urbania (di dubbia assegnazione, contesa con Baccio Pontelli), Urbania (PU).
Palazzo della Signoria di Jesi, anni 1486 – 1498, Jrsi (AN).
Palazzo del Governo ad Ancona, anno 1493, progettato dal’artista e realizzato da Michele di Giovanni e suo figlio Alvise.
Palazzo ducale di Mercatello sul Metauro anno 1474, Mercatello sul Metauro (PU).
Villa Le Volte a Siena (di dubbia assegnazione, contesa con Baldassarre Peruzzi).
Architettura religiosa:
Monastero e Chiesa di Santa Chiara a Urbino, attribuito.
Chiesa di San Bernardino degli Zoccolanti, Mausoleo Ducale di Urbino, Urbino.
Chiesa di San Sebastiano in Valle Piatta a Siena.
Chiesa di Santa Maria delle Grazie al Calcinaio a Cortona.
Architettura militare:
Mura di Jesi, seconda metà del Quattrocento.
Castello di Gallipoli.
Fortificazione di Costacciaro (dal 1477), con un innovativo rivellino acuto (documentata).
Rocche illustrate nel trattato:
Rocca di Sassofeltrio (1478-1486), andata distrutta.
Rocca di Cagli (1478-1482) in parte smantellata nel 1502
Rocca di Serra Sant’Abbondio (1478-1486), a forma romboidale, tipica di Francesco di Giorgio; andata distrutta.
Rocca roveresca di Mondavio(progettata intorno al 1483-1485), Mondavio (PU) .
Rocca di Tavoleto (1478-1486), andata distrutta.
Rocca roveresca di Mondolfo (PU) (dal 1483-1485), demolita a fine Ottocento.
Rocche attribuite:
Rocca di Colmatrano, mura urbiche e Castello Gabrielli di Cantiano (PU) (ristrutturazione del 1478).
Rocca ubaldinesca di Sassocorvaro (PU) (1476 – 1478).
Rocca e mura urbiche di Gubbio (opera ristrutturata nel 1481), Gubbio (PG).
Fortilizio e mura urbiche di Sant’Agata Feltria (opera ristrutturata nel 1474), Sant’Agata Feltria (RN) .
Fortezza malatestiana di Monte Cerignone (PU).
Rocca di San Leo (opera ristrutturata negli anni 1475 al 1478).
Castello di Frontone (PU) (limitatamente al puntone).
Rocca malatestiana di Fossombrone (PU) (opera ristrutturata nel 1470); fu smantellata dal Valentino nel 1501; attualmente rimangono alcune rovine.
Rocca e mura urbiche di Pergola (PU).
Lavori alla Rocca aldobrandesca (Monte Argentario, fraz. Porto Ercole) e costruzione del Bastione di Santa Barbara a Porto Ercole, Monte Argentario (GR).
Castello Aragonese (Taranto) 1486-1492.
Castello Orsini-Colonna di Avezzano, Avezzano (AQ).
Bibliografia
A cura di Corrado Maltese, Francesco di Giorgio Martini, Trattati di Architettura, Ingegneria e Arte Militare, Ed. Il Polifilo, anno ed. 1967, Milano.
AA.VV., Nel segno di Federico, Ed. Bolis, anno 1984.
Ralph Toledano, Francesco di Giorgio Martini pittore e scultore, Electa, anno ed. 1987, Milano.
F.MARIANO, Francesco di Giorgio: la Pratica Militare, anno 1989, Edizioni Quattro Venti, Urbino.
A cura di Francesco Paolo Fiore e Manfredo Tafuri, Francesco di Giorgio architetto, anno ed. 1993, Electa, Milano.
Piero Torriti, Francesco di Giorgio Martini, anno 1993, Giunti.
Alberto Mazzacchera, La Rocca e il Palazzo Pubblico del duca Federico da Montefeltro. Nuovi documenti e riflessioni sulle fabbriche di Francesco di Giorgio a Cagli in Contributi e ricerche su Francesco di Giorgio nell’Italia Centrale, Urbania 2006.
Patinier Joachim (Bouvines o Dinant 1480 circa – Anversa 1524)
Sopra, un’opera dell’artista: San Cristoforo trasporta il Bambino Gesù (intorno al 1520), Monastero dell’Escorial
Cenni biografici
Patinier Joachim è stato un celebre pittore fiammingo, attivo soprattutto ad Anversa.
L’artista si specializzò nel paesaggio e in scene a sfondo storico. Famose sono le sue vedute paesistiche, con uno stile assai vicino a quelle della scuola danubiana.
Attratto dalla pittura di Gerard David (Oudewater, Gouda, 1460 circa – Bruges 1523) e di Hieronymus Bosch, talvolta collaborava con J. van Cleve e Q. Metsys, dipingendo direttamente i propri sfondi paesaggistici nei loro supporti pittorici.
L’importanza storica dell’artista in esame sta, per l’appunto, nell’aver conferito piena autonomia al paesaggio, spesso giocato su corpose tonalità tendenti al blu cobalto ed al verde, con forti contrasti tra zone pacatamente abitate e zone impervie, o sconvolte vegetazioni, in una natura resa sempre bizzarra e suggestiva. Secondo gli studiosi le sue figure non meritano grande rilievo e vengono considerate come semplici fattori integrativi delle sue suggestive vedute.
Le opere più significative dell’artista
Tentazione di sant’Antonio, 1515 circa, olio su tavola, 155 x 173 cm, Museo del Prado, Madrid.
Battesimo di Cristo, olio su tavola, 59,5 x 77 cm, Kunsthistorisches Museum, Vienna.
Paesaggio con la fuga in Egitto, 1515-1516, olio su tavola, 32 x 58 cm, Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid.
Paesaggio con san Girolamo, 1515-1519, olio su tavola, 74 x 91 cm, Museo del Prado, Madrid.
San Girolamo nel deserto, 1520 circa, olio su tavola, 78 x 137 cm, Musée du Louvre, Parigi.
Passaggio agli Inferi, 1515-1524 circa, olio su tavola, 64 x 103 cm, Museo del Prado, Madrid.
San Girolamo in un paesaggio roccioso, 1520 circa, olio su tavola, 36,5 x 34 cm, National Gallery, Londra.
Trittico, 1520 circa, olio su tavola, 118 x 81 cm (riquadro centrale), 121 x 36 cm (riquadri laterali), Metropolitan Museum of Art, New York.
San Cristoforo trasporta il Bambin Gesù, 1520 circa, olio su tavola, 48 x 59,5 cm, Rockox House, Anversa.
Paesaggio con la fuga in Egitto, olio su tavola, 17 x 21 cm, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten, Anversa.
Paesaggio con la fuga in Egitto, 1524 circa, olio su tavola, 51 x 96 cm, Ermitage, San Pietroburgo.
Paesaggio con la predica di san Giovanni Battista, tavola, 36,5 x 45 cm, Musées Royaux des Beaux-Arts, Bruxelles.
Paesaggio col riposo durante la fuga in Egitto, olio su tavola, 68 x 83 cm,, Strossmayer Gallery Zagabria.
Paesaggio roccioso con san Girolamo, olio su tavola, 47,2 x 37,3 cm, Museum Mayer van den Bergh, Anversa.
Riposo durante la fuga in Egitto, tavola, 121 x 177 cm, Museo del Prado, Madrid.
Bibliografia: Stefano Zuffi, Il Cinquecento, Electa, Milano 2005.
Frida Kahlo (Coyoacán, 6 luglio 1907 – ivi, 13 luglio 1954)
Sopra, un’opera dell’artista: Autoritratto, 1926, olio su tela, 31 x 23, collezione privata, Mexico City.
Foto a bassa risoluzione inserita al solo scopo didattico
Cenni biografici
Kahlo Frida seppe bene integrare il suo stile surrealista alle immagini legate alla terra di origine (“Roots”, 1943, Collection of Marilyn O. Lubetkin e “The Two Fridas”, 1939, Museo de Arte Moderno, Ciudad de México).
La casa in cui visse con il marito Diego Rivera, ove svolse la sua carriera artistica, fu donata nel 1955 allo stato messicano ed attualmente è conosciuta come Museo Frida Kahlo casa Azul a Coyoacán.
Frida, ancora molto giovane (non aveva ancora compiuto i 18 anni), fu vittima di un bruttissimo incidente stradale che le condizionò drasticamente la vita, facendola calare in un profondo isolamento che soltanto l’amore per l’arte avrebbe potuto poi mitigarne le conseguenze, aprendole una seppur piccola finestra di dialogo con il mondo esterno.
Il tema più ricorrente dell’artista è l’autoritratto, derivato certamente dal tormentoso rapporto con il suo corpo martoriato da quel terribile evento. L’incidente, avvenuto su un autobus, gli procurò la rottura di alcune vertebre lombari, del femore della gamba sinistra, delle costole e dell’osso pelvico, nonché la deturpazione della vagina, letteralmente trapassata da un passamano che le entrò dal fianco.
Le sue creazioni offrono una visione della donna non più alterata dallo sguardo maschile e, frequentemente, si orientano in tematiche di folclore messicano, molto spesso sfumate di humor, atte a difendere il suo popolo.
La sua pittura trasmette con forza il suo stato d’animo ed il suo modo di percepire l’ambiente che la circonda.
In molte sue composizioni, generalmente di piccolo formato, che spesso includono anche la figura di un bambino (probabilmente la sua personificazione), si avverte un notevole impatto fra il fattore “fantastico” e gli elementi, a prima vista incongruenti, a cui viene aggregato.
Nell’ultima fase della sua carriera artistica non appaiono più composizioni legate al movimento, di cui negò con forza il suo passato attivismo.
Tre importanti mostre le furono dedicate: quella del 1938 a New York, del 1939 a Parigi, del 1953 a Ciudad de México.
L’autoritratto di Frida Kahlo venduto a quasi 35 milioni di dollari
Autoritratto di Frida Kahlo battuto a quasi 35 milioni di dollari
Dalle notizie Reuters, del Novembre 2021, un autoritratto di Frida è stato battuto ad un asta di New York (uffici di Sotheby’s a Manhattan) per una cifra di poco inferiore ai 35 milioni di dollari. Un record, questo, che rende l’opera come la più costosa fra gli artisti latinoamericani.
Nel dipinto in questione, intitolato ‘Diego y yo”, appare il ritratto della pittrice che volle configurare il volto con i lineamenti di Diego Rivera, suo marito. Infatti, nella composizione, sulla fronte appare un qualcosa simile ad un “terzo occhio”.
Il presente record ha superato di gran lunga quello del precedente artista latinoamericano che apparteneva allo stesso Diego Rivera, la cui opera, “Los Rivales”, fu battuta nel 2018 per 9,76 milioni di dollari.
Ritornando al “Diego y yo” di Frida Kahlo, che fu realizzato nel 1949, non si conosce ancora il nome dell’acquirente. Si pensi che il prezzo include tasse per 3,9 milioni di dollari.
Il battitore dell’asta – e senior director di Sotheby’s – Oliver Barker nel presentare il dipinto ad inizio asta ha proferito le testuali parole: “Si tratta di uno dei lavori più importanti di Frida Kahlo mai andati all’incanto e siamo elettrizzati al pensiero che accada qui”
Le opere
Autoritratto (anno 1926), olio su tela, 31 x 23, collezione privata, Mexico City.
Ritratto di Miguel N. Lira (anno 1927), Instituto Tlaxcalteca de Cultura, Tlaxcala.
Ritratto di Alicia Galant (anno 1927), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
L’autobus (anno 1929), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
Autoritratto con scimmia (anno 1930), Albright-Knox Art Gallery, Buffalo (New York).
Autoritratto (anno 1930)
Ritratto di Eva Frederick (anno 1931), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
Frida e Diego (anno 1931), San Francisco Museum of Modern Art, San Francisco.
Ritratto di Luther Burbank (anno 1931), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
Autoritratto al confine tra Messico e Stati Uniti (anno 1932).
Ospedale Henry Ford (o Il letto volante) (anno 1932), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
La mia nascita (anno 1932).
Autoritratto dedicato a Lev Trockij (anno 1934), National Museum of Women in the Arts, Washington D.C.
Il mio vestito è appeso là (o New York) (anno 1933).
Qualche piccola punzecchiatura (anno 1935), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
Frida e l’aborto (anno 1936), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
I miei nonni, i miei genitori e io (anno 1936).
La mia balia e io (anno 1937), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
Il piccolo defunto Dimas Rosas all’età di tre anni (anno 1937), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
Ricordo (anno 1937).
I frutti del cuore (anno 1938).
Ciò che ho visto nell’acqua e ciò che l’acqua mi ha dato (anno 1938).
Quattro abitanti del Messico (anno 1938).
Il cane itzcuintli con me (anno 1938).
Il suicidio di Dorothy Hale (anno 1939), Phoenix Art Museum, Phoenix.
Due Nudi nella Giungla (La Terra Madre) (anno 1939), Proprietà privata.
Le due Frida (anno 1939), Museo de Arte Moderno, Ciudad de México.
Autoritratto con i capelli tagliati (anno 1940), Museum of Modern Art, New York.
Altro Autoritratto con collana di spine (anno 1940).
Autoritratto per il Dr. Eloesser (anno 1940).
Altro Autoritratto con scimmia (anno 1940).
Il sogno (o Il letto) (anno 1940).
Io con i miei pappagalli (anno 1941).
Cesto di fiori (anno 1941).
Autoritratto con scimmia e pappagallo (anno 1942).
La novella sposa che si spaventa all’aprirsi della vita (anno 1943).
Autoritratto con scimmie (anno 1943).
Ritratto come una Tehuana (anno 1943).
Retablo (anno 1943 circa).
Radici (anno 1943), Proprietà privata.
Pensando alla morte (anno 1943), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
Fantasia (anno 1944), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
Diego e Frida 1929-1944 (anno 1944).
La colonna spezzata (anno 1944), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
Il fiore della vita (anno 1944), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
Ritratto di Donna Rosita Morillo (anno 1944), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
La maschera (anno 1945), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
Il pulcino (anno 1945), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
Ritratto con scimmia (anno 1945), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
Mosè (o Il nucleo solare) (anno 1945).
Senza speranza (anno 1945), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
Albero della speranza mantieniti saldo (anno 1946).
Il piccolo cervo (anno 1946).
Autoritratto con i capelli sciolti (anno 1947).
Il sole e la vita (anno 1947).
Autoritratto (anno 1948).
L’abbraccio amorevole dell’universo, la terra, Diego, io e il signor Xolotl (anno 1949).
Diego e io (anno 1949), Proprietà privata (venduto a 35 milioni di dollari).
Ritratto di mio padre (anno 1951), Museo de Frida Kahlo, Ciudad de México.
Autoritratto con ritratto del Dr. Farill (anno 1951).
Perché voglio i piedi se ho le ali per volare (anno 1953), Museo de Frida Kahlo, Ciudad de México.
Autoritratto con Stalin (o Frida e Stalin) (anno 1954 circa), Museo de Frida Kahlo, Ciudad de México.
Autoritratto con Diego nel mio Cuore (anno 1953-1954), Proprietà privata.
Il marxismo guarirà gli infermi (anno 1954 circa), Museo de Frida Kahlo, Ciudad de México.
Il cerchio (anno 1954 circa), Museo Dolores Olmedo Patiño, Ciudad de México.
Bibliografia:
Diego e Frida, Jean-Marie Gustave Le Clézio, Il Saggiatore editore, 1997.
¡Viva la vida! – Cacucci Pino – Feltrinelli editore, 2010.
Kazimir Severinovič Malevič (Kiev, 23 febbraio 1878 – Leningrado, 15 maggio 1935)
Sopra, un’opera dell’artista: Quadrato nero, 1915, olio su tela, Museo di Stato Russo di San Pietroburgo.
Biografia
Malevič Kazimir Severinovič viene considerato dagli studiosi come una tra le più dotate ed attive figure dell’avanguardia, sia russa che europea.
Assorbì la lezione delle avanguardie occidentali e, dopo averle superate, approdò ad una pittura del tutto inedita, formulando il Suprematismo (nel 1915, in collaborazione con il poeta Majakovskij, ne redasse il manifesto), basato sulla supremazia della pura sensibilità ed orientato sull’affrancamento dell’arte dal mondo oggettivo.
Malevič continuò le sue ricerche – sviluppandole ulteriormente verso l’astrazione assoluta – sul cubismo, raggiungendo i limiti della rappresentazione pittorica (si veda il Quadrato nero sopra raffigurato).
Malevič presso l’opinione pubblica rimarrà per sempre uno dei pittori più controversi dell’arte novecentesca: c’,è infatti, chi considera la sua opera come un essenziale rinnovamento ed invece chi la ritiene basata su rettangoli, quadrati, cerchi e poligoni in genere, ricoperti da colore uscito direttamente dal tubetto, che neanche merita di essere considerata arte.
Alcune opere dell’artista
Provincia , intorno all’anno 1907, Stedelijk Museum di Amsterdam, Amsterdam.
Autoritratto, anni 1908-10, Galleria Tret’jakov, Mosca.
Il taglialegna, anno 1911, Stedelijk Museum, Amsterdam.
Quadrato nero su fondo bianco, anno 1913, Museo Russo, San Pietroburgo.
Un uomo inglese a Mosca, anni 1913-1914, Stedelijk Museum, Amsterdam.
Quadrato rosso, anno 1915.
Quadrato nero, anno 1914-15.
Giallo, arancione, verde – anno 1916, Stedelijk Museum, Amsterdam.
Composizione suprematista: bianco su bianco, anno 1918, Museum of Modern Art, New York.
Composizione non figurativa, anno 1925.
Donne in un campo, anno 1928-29.
Cavalleria rossa, anno 1928-32.
Paesaggio con cinque case, anno 1928-32.
Ragazza con bastone rosso, anni 1932-33.
Supremus N. 56, anno 1936, Museo Russo, San Pietroburgo.
Pittore-scultore-incisore Henri Matisse (Le Cateau-Cambrésis, 31 dicembre 1869 – Nizza, 3 novembre 1954)
Sopra, un’opera dell’artista: Armonia in rosso (foto a bassa risoluzione inserita a solo scopo didattico)
Biografia
Henri Émile Benoît Matisse, artista francese, è il più celebre esponente del Fauvismo, il movimento che dette una forte spinta nella nascita dell’Espressionismo.
Tuttavia il linguaggio fauvista rispetto alle coeve crescenti novità tedesche, dai contenuti tragici in cupe atmosfere, risultò una variante «continentale» e solare di quello che poi diventò l’Espressionismo tedesco.
Il vigore cromatico, la vera peculiarità dei pittori fauvisti, che altresì condannavano il decorativismo dell’Art Nouveau e l’evasione spirituale del Simbolismo, è una vera e propria espressione di gioia, che resta una costante in tutta l’opera di Matisse.
Il dipinto per i fauvisti doveva comporsi esclusivamente dal colore: senza dover per forza riprodurre ciò che rappresenta la natura, la scelta del colore e della sua variazione tonale doveva provenire dal profondo dell’anima. Il colore dei fauvisti, affrancato dalla realtà, esprime perciò i vari stati emozionali dell’autore che provengono dall’oggetto che esso sta osservando.
Il movimento fauvista – la prima esperienza moderna che, come già sopra accennato, sorpassa il rapporto tra l’effettivo colore dell’oggetto e quello destinato al supporto pittorico per la sua rappresentazione – fu la prima minaccia per l’Impressionismo francese.
I presupposti delle scelte di questo gruppo vanno ricercate negli influssi derivati dalla pittura di Van Gogh, Gauguin e, soprattutto, Cezanne. Da quest’ultimo trassero il modo di rappresentare le forme – scomposizione e ricomposizione – senza seguire le leggi della prospettiva, e da Van Gogh e Gauguin l’impiego del colore per esprimere le forze interiori.
Il pittore in esame iniziò la sua attività artistica intorno al 1890 a Parigi. Frequentò lo studio del simbolista Gustave Moreau (Parigi, 1826 – Parigi, 1898) e studiò presso l’École des Beaux-arts nella stessa capitale francese. In tale periodo incontrò André Derain (Chatou, 1880 – Garches, 1954), Pierre-Albert Marquet (Bordeaux, 1875 – Parigi, 1947) e Maurice de Vlaminck (Parigi, 1876 – Rueil-la-Gadelière, 1958) con i quali strinse quella sincera amicizia che fece nascere il gruppo dei Fauves. Il primo contatto con il pubblico avvenne al Salon d’Automne nel 1905.
Il linguaggio pittorico di Matisse risulta consolidato già dalla prima fase della sua attività artistica.
Tutte le sue opere si risolvono sul piano bidimensionale, sacrificando al cromatismo effetti di profondità e definizione dei dettagli, che tuttavia viene steso sulla tela con vigorosa ed intensa vivacità mai vista prima in pittura.
Nei suoi dipinti i colori primari, a cui sono accostati i rispettivi complementari, sono stesi senza alcun addolcimento tonale. Tale fatto evidenzia l’intento dell’artista di enfatizzarne il contrasto timbrico.
Alcune opere di Matisse
Natura morta con libri, anno 1890, la sua prima opera, Musée Matisse, Nizza
La tavola imbandita, anno 1897, Collezione privata, Stavros S. Niarcos
Lusso, calma e voluttà, anno 1904, Museo d’Orsay, Parigi
Donna con cappello, anno 1905, Museum of Modern Art, San Francisco
Madame Matisse (conosciuto anche come Ritratto con la riga verde), anno 1905, Statens Museum for Kunst, Copenaghen
Finestra aperta, anno 1905, National Gallery of Art, Washington
Gioia di vivere (oppure Matisse), anno 1906, Barnes Foundation, Merion
Conversazione, anno 1908, Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo
La stanza rossa, anno 1908, Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo
La danza, anno 1909, prima versione con minori dettagli e colori meno accesi, Museum of Modern Art, New York
Musica, anno 1910, Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo
La danza, anno 1910, seconda versione è più vicina alla coloristica fauvista, Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo
I pesci rossi, anno 1912, Museo Puškin, Mosca
Nudo rosa, anno 1935, Museum of Art, Baltimora
La camicetta rumena, anno 1940, Centre Pompidou, Parigi
Jazz, anno 1947, illustrazione per Jazz, papier découpé
La tristezza del re, anno 1952, Centre Pompidou, Parigi.